buddenbrook

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  • in risposta a: mafia capitale bozza #13483
    buddenbrook
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    Presentazione problema debito fuori bilancio

    Cominciamo a sfatare due miti. Il primo è che l’eccessivo ricorso alle spese poste nel debito non a bilancio programmato è un problema che il legislatore ha cercato fin dagli anni 80 di normare. Il secondo è che l’utilizzo “patologico” e non più straordinario di questa procedura è frequentemente riscontrabile sulla quasi totalità delle province e comuni italiani. Questa definizione fornita dal Ministero dell’interno con la circolare del 20 settembre 1993:
    “Il debito fuori bilancio è definito come “un’obbligazione verso terzi per il pagamento di una determinata somma di denaro […] assunta in violazione delle norme giuscontabili che regolano i procedimenti di spesa degli enti locali”

    Il riconoscimento del debito fuori bilancio spetta al consiglio comunale o provinciale che poi lo trasmette alla Corte dei Conti. E’ quest’ultima che verifica che non vi siano eventuali danni patrimoniali o responsabilità nel caso in cui il riconoscimento sia avvenuto al di fuori delle ipotesi previste dalla legge. Secondo l’art. 194 del Testo Unico Enti Locali (TUEL) ci sono cinque casi in cui si può derogare al normale processo di stanziamento di fondi per la previsione di bilancio.
    – sentenze esecutive
    – copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di istituzioni
    – ricapitalizzazione di società di capitali costituite per l’esercizio di servizi pubblici locali
    – procedure espropriative o di occupazione d’urgenza per opere di pubblica utilità
    – acquisizione di beni e servizi nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’ente

    Gli enti locali possono effettuare spese solo se sussiste l’impegno contabile registrato sul competente programma del
    bilancio di previsione e l’attestazione della copertura finanziaria. A meno che…
    A meno che non ci sia urgenza o eccezionalità. Secondo l’art.191 TUEL:
    “Per i lavori pubblici di somma urgenza, cagionati dal verificarsi di un evento eccezionale o imprevedibile, la Giunta,
    qualora i fondi specificamente previsti in bilancio si dimostrino insufficienti […] sottopone al Consiglio il provvedimento di riconoscimento della spesa con le modalità previste dall’articolo 194″

    Tutto chiaro?
    Almeno — per chi non è addentro alla materia — si potrebbe rispondere: non del tutto.

    Faccio due esempi di debito fuori bilancio; uno regolare, l’altro no. Anche se una netta demarcazione — si vedrà più avanti — non è così semplice come ad un primo sguardo potrebbe sembrare.

    Violento temporale. Una vecchia strada viene devastata. E’ una spesa che deve essere sostenuta pur non essendo prevista ed in più l’ente decide di rifare la strada con materiali nuovi e dotandola di un marciapiede rialzato visto che — in passato — ci sono stati parecchi investimenti di pedoni. Questo è un caso di spesa che viola i principi contabili ma può essere messa fuori bilancio in quanto spesa non prevista (violento temporale) e di pubblica utilità (una volta distrutta la strada tanto vale rifarla in modo che arrechi utilità per la comunità).

    Arrivo di migranti da zone di guerra. Evento imprevisto anch’esso e quindi messo come debito fuori bilancio. I migranti vengono portati in centri di accoglienza per identificazione e richiesta asilo. L’ente contatta una ditta o cooperativa per la fornitura di servizi adeguati allo scopo. Passa un anno… passa il secondo anno… il terzo… e i migranti aspettano ancora nel centro di accoglienza di sapere cosa possono fare e dove possono andare. La ditta o cooperativa continua a fatturare e l’ente, ogni anno, continua a mettere questa spesa come “non prevista” in modo tale da far risultare il proprio operato fiscale più virtuoso, creando in pratica degli avanzi fittizi (o disavanzi più in linea con la linea programmatica di spesa di bilancio).

    Quindi come si nota il problema non è tanto (o meglio non solo) la spesa in se quanto il fatto di considerala nel bilancio di previsione o no. Nel secondo caso la spesa deve essere imprevista oppure — se spalmata su più anni — arrecare pubblica utilità per la cittadinanza. Comunque sia, nel caso di acquisto di beni o servizi che vanno al di là della gestione annuale, i successivi bilanci devono contenere la spesa in previsione; detto in altre parole l’acquisto deve emergere e diventare spesa programmata. Se questo non succede… beh se questo non succede la giunta che verrà dopo (magari di colore politico diverso) si troverà un bilancio che sembrerà in ordine ma che sotto sotto avrà parecchie fatture da onorare. Fatture prevedibilmente impreviste.

    in risposta a: La III guerra mondiale Quarta Parte — Pronta — #13005
    buddenbrook
    Partecipante

    La III guerra mondiale
    Le guerre nei Balcani

    “Andavo alle superiori. Il mio ricordo va a Pasqua 1991. Il 29 Marzo, per l’ esattezza. Prime vittime da entrambi le parti. Il militare Josip Jovic fu il primo. Stranamente… nome croato, cognome serbo.”

    Le guerre nella ex Jugoslavia sono state una serie di conflitti che si sono svolte dall’anno 1991 al 1999. Le operazioni belliche hanno riguardato l’intero territorio nazionale. Dopo la morte del Maresciallo Tito, Josip Broz, e la conseguente disgregazione dell’apparato di potere del Partito Comunista Jugoslavo, si verificò una escalation di tensioni nazionalistiche di carattere etnico.

    1) Prima Parte
    1.1) Premessa storica
    1.2) La Jugoslavia post Tito
    2) Seconda Parte
    2.3) I nazionalismi etnici travolgono i Balcani
    2.4) Ma perché proprio il Kosovo?
    2.5) Armatevi e partite
    3) Terza Parte
    3.6) Non si scherza più
    3.7) La parola alle armi
    3.8) La guerra serbo-croata
    4) Quarta Parte
    4.9) L’assedio di Vukovar
    4.10) Come si arriva allo sontro armato
    4.11) La diplomazia inadeguata
    4.12) E per finire arriva la guerra totale
    5) Quinta Parte
    5.5) La guerra civile in Bosnia Erzegovina

    ———————————————————————————

    Di seguito le fonti che ho utilizzato, oltre ovviamente alle informazioni di Snatch.
    Fonti

    [1] BBC The Death Of Yugoslavia. Documentario BBC, 1995. Norma Percy, Brian Lapping.
    [2] Gli stupri etnici nelle guerre dell’ex Jugoslavia. Lo sguardo delle scrittrici migranti. Nicola Ruzza.
    [3] Kosovo – Kosova Una terra – due storie. Progetto “Victory project force”.
    [4] L’Italia e le crisi jugoslave di fine secolo (1991-1999). Massimo Bucarelli.
    [5] Il dramma jugoslavo: storia e religioni di una ex nazione. Massimiliano Marcucci
    [6] LA GUERRA D’INDIPENDENZA SLOVENA E CROATA NELLA STAMPA ITALIANA (1990-92). MICHELA GRAZIOSI.
    [7] Kosovo: le dicerie ed il grande esodo. 29 aprile 2015. Christian Gesellmann, Valentina Nicolae.
    [8] IL KOSOVO: UN PO’ DI STORIA. Asvi.
    [9] C’ERA UNA VOLTA LA JUGOSLAVIA Storia del conflitto che ha portato alla disgregazione dei Balcani. Paola Manca.
    [10] LA GUERRA NEI BALCANI. Rivista Telematica Nuova Didattica.
    [11] IL TRIBUNALE DELL’AJA E I CRIMINI DI GUERRA IN EX JUGOSLAVIA. Martino Lombezzi.
    [12] Una retrospettiva storica sulla storia della Jugoslavia. Romano Rhodio.
    [13] UCK: L’ESERCITO DI LIBERAZIONE DEL KOSOVO. Emma Riva.
    [14] Wikipedia.

    ———————————————————————————

    Andavo alle superiori. Il mio ricordo va a Pasqua 1991. 29/03 per esattezza. Prime vittime da entrambi le parti. Josip Jovic era il primo, si. Stranamente, ha il nome croato, cognome serbo. Lo stato croato inviò delle forze speciali a Plitvice, dove i serbi nei giorni precedenti facevano da noi chiamata “balvan revolucia”, cioè la rivoluzione del tronco (perché mettevano i tronchi sulle strade per segnare il loro territorio). La famosa rivoluzione della minoranza serba che voleva annetersi alla Serbia atraverso la Bosnia (dettagli che in mezzo c’era un’altro paese). E anche loro erano inganati dal Milosevic. Ho conosciuto uno ( in Italia, a Desenzano D/G) che al epoca era li a buttare giù gli tronchi in mezzo alla starda. Gli ho domandato semplicemente (più per lo sfotto) cosa usava, l’ascia o motosega. Non aveva mica capito poveraccio, anche se vantava una laurea in Academia delle Belle Arti. Lui http://newartpopovic.com/autore.html .
    Cmq li avevo capito che la guerra è imminente. Già prima di Vukovar c’erano altri masacri nelle zone occupate dei separatisti serbi; mandavano degli camioncini con le vittime trucidate a colpi anche di armi bianche. Non dimenticerò mai quel immagine, in tv hanno avvisato delle scene forti, ma quello…uomini (civili) masacrati a colpi di ascia. Era luglio o agosto del ’91, vado a memoria. Giorno dopo giorno la situazione peggiorrava. Abitavo in Istria, zona non toccata dalla guerra, però sulla linea area del aereoporto militare di Pola. Vedevo i MIG alzarsi, dopo in tv appariva l’alarme per le città interesate: Zadar, Sibenik, Petrinja…
    Io mi ritengo fortunata, la guerra lo vista solo in tv. Ho degli amici serbi, musulmani. Però, capisco chi non può perdonare: ho visto una scena a mio avviso la più brutta (anche se ho visto dei corpi martoriati) di un padre a Slavonski Brod, che stringeva tra le braccia il cadavere di suo figlio di appena sei anni. Ucciso da un colpo di mortaio in un parco giochi. La disperazione di quel uomo…tanti figli sono morti, ma quella scena.
    Figlio dei amici di famiglia e morto a 18 anni mentre faceva la naia. In trasferta in Bosnia, stranamente. Ai genitori (figlio unico) gli hanno “datto” un appartamento.
    Un mio amico e morto in guerra. Aveva appena 18 anni. Ok, era un “volontario”, cioè era nel riformatorio, e Tudjman diede un’opportunita ai carcerati di uscire per combattere. Anche ai carcerati. Conoscevo uno famoso. Dopo la guerra era indagato per 100 omicidi ( come il responsabile di una divisione formata da ex carcerati). Non li ha commessi lui, ma i suoi sottoposti contro i serbi. Civili maggior parte, uno dei peggiori massacri di civili serbi successi da noi. Era intoccabile perché protetto da Tudjman in persona. La famosa Handzar divisia. C’era una ancora più famosa in seconda guerra mondiale, dei ustascia. Ero presente quando un polizioto li portava una comunicazione dal tribunalee, quasi strisciava in ginocchio (il polizioto). Tre anni fa e morto, quindi finita l’indagine.
    Ho anche un zio che faceva parte delle forze armate croate. Volontario anche lui, entrò a fare parte delle “Puma”, il battaglione più famoso dopo le Tigri (non quelle di Arkan). Non lo vedo/sento da anni, troppo nazionalista. Mia madre, sua sorella, nel ’92 uscì di casa materna (in visita) dopo una lite a base nazionalista, non si sono mai più sentiti ne visti. E siamo tutti croati, ma a nostro avviso la tolleranza viene prima.
    Sempre mentre ero alle superiori, hanno trasferito un intera scuola da Osijek nel mio paese e scuola. Nella loro città c’era la guerra in corso, erano evacuati per ovii motivi; donne, bambini e ragazzi. Quando si alzzavano gli aerei da Pola, questi si nascondevano, noi no. Loro avevano diverse esperienze. Traumi. La città di Osijek era messa male, quasi come Vukovar.
    Era una guerra orribile. Io (ok, ero giovane, non ero cosciente di tante cose) non avrei mai pensato che potrebbe succedere una guerra simile; vicini contro gli vicini, parenti contro gli parenti. Crimini orribili, masacri. In Bosnia ancora peggio. Stavamo così bene. Il nazionalismo è questo budde.

    in risposta a: La III guerra mondiale Quarta Parte — Pronta — #13003
    buddenbrook
    Partecipante

    eccomi

    Senti, per il momento mi basta questo. Hai dei ricordi dell’inizio del conflitto. Nel senso… tenendo conto che non c’è un vero e proprio inizio si può dire che dall’uccisione del militare croato,Josip Jovic, fatto a marzo fino all’assedio di Vukovar di agosto il lasso di tempo è lungo.

    Insomma quando guardavi la tv o parlavi con gli amici hai un ricordo netto di un giorno particolare in cui hai pensato “ok, mo’ so caxxi adesso parte la guerra” o è stata una escalation difficile da definire?

    ——————–

    In pratica prime avvisaglie Marzo

    Evento chiaro agosto

    La vita scorreva normalmente tra questi mesi o si sentiva la tensione?

    in risposta a: La III guerra mondiale Quarta Parte — Pronta — #12972
    buddenbrook
    Partecipante

    La storia di Vukovar che è stata sacrificata per avere appoggio internazionale la conosco, però non l’ho messa se no diventava lunghissimo il pezza, che è già lungo si suo.

    Il casino è nato perché il presidente aveva promesso armi pesanti che poi non sono arrivate.

    La parte dell’Istria è corretta? E’ vero che per un periodo c’era bisogno del passaporto per passare da un posto della città ad un altro?

    in risposta a: La III guerra mondiale Terza Parte — Corretta — #12939
    buddenbrook
    Partecipante

    Parte da aggiungere

    La ragioni delle alleanze internazionali non hanno una ragione razionale singola che analizza il solo presente storico ma hanno radici profonde e sono radicate nella popolazione in forma di memoria collettiva. Di solito ci può essere una sorta di “ringraziamento” per le comuni battaglie storiche, o anche influenze di carattere culturale, oppure entrambe le cose. Insomma viene percepita da parte di due popolazioni una sorta di legame. Ad esempio il legame tra Germania e Croazia è risultato molto forte durante la guerra serbo-croata e non si spiega con affinità ideologiche o economiche (o comunque non solo). Una risposta di un cittadino croato illumina meglio di svariati libri di politica e saggistica internazionale.
    “C’è il colegamento storico tra loro e noi. E sempre stato un paese amico. La Croazia per secoli faceva parte dell’ Impero Austriaco. Lo scambio culturale è stato sempre presente. Tra gli primi ginnasi da noi c’erano quelli fondati dai gesuiti austriaci (Augustineum). Ancora oggi c’è la minoranza tedesca, rimasta anche dopo la II Guerra Mondiale. Nticamente eravamo visti dalla Austria-Ungheria e della Germania come i guardiani del Vecchio Continente che si opponevano all’avanzata Ottomana.” Snatch

    in risposta a: La III guerra mondiale Terza Parte — Corretta — #12849
    buddenbrook
    Partecipante

    Grazie Snatch!

    La quarta parte sarà incentrata sulla guerra serbo-croata a partire dall’assedio di Vukokar.

    Intanto mi segno alcuni passaggi interessanti del tuo post che vedrò come svilupparli.

    1) Piccoli accorgimenti su Slovenia, De Michelis(infame) etc.
    come viene vista l’Italia dalla Croazia

    2) Tito li capì che non può tenere a bada i vari nazionalismi e che la “fratellanza e uguaglianza” non può durare in eterno
    Da questa frase sono portato a pensare che gli abitanti dei Balcani non si sono mai sentiti una nazione. Tito ha fallito?

    3) Ho un amico che al epoca fecce la naia in Slovenia.
    Argomento da sviluppare

    4) Non per niente era la Germania che stava dalla nostra parte. Helmut Josef Michael Kohl grazie.
    Cosa lega Germania e Croazia? E’ sempre stato così? Argomento che forse posso trattare più avanti quando parlo del comportamento dell’Europa.

    in risposta a: La III guerra mondiale Terza Parte #12841
    buddenbrook
    Partecipante

    La III guerra mondiale
    Terza Parte

    Precedenti
    Link Prima Parte
    Link Seconda parte

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    6) Non si scherza più

    “La lotta alle cause della paura produce a sua volta paura” Lars Svendsen

    In Italia spesso si parla di “strategia della tensione” quando ci si riferisce ad un determinato periodo storico — anche indicato come “anni di piombo”, traccabile a grandi linee a partire dall’anno 1969 al 1981 — per indicare l’uso da parte del potere della paura per attuare una certa visione politica. Il termine “potere” qui è indicato nella sua estensione massima, estensione che va da pubblici poteri istituzionali a sconosciuti gruppi di potere e di lobby dell’elite sociale. Nel nostro paese non si è mai capito chi fossero i colpevoli politici o chi stesse dietro a chi o a cosa. La verità giudiziaria ha portato a bradelli di verità penale. La verità storica non si è mai poggiata su solide basi; siano esse giudiziare o di archivio. Quello che conta è che noi italiani siamo a conoscenza della possibilità di utilizzare la paura e il terrore a scopo politico. E di farlo in modo criminale.

    La successione degli eventi nei Balcani dopo la manifestazione di Belgrado è la traduzione della “dottrina” astratta nella politica reale. La cosa che sconvolge è la limpidezza e linearità degli eventi se guardati col senno di poi. Qui non si tratta di pensare ad una concezione della storia puramente “meccanicistica” ma gli attori in causa erano consapevoli che — senza prese di coscienza colletive del gruppo dirigente locale o senza un deciso intervento estero USA, UE o Russo — la questione si avvia fatalmente a prendere una svolta militare.

    Ne abbiamo una prova plastica nella riunione tra i rappresentanti politici delle varie regioni con i capi militari federali della Jugoslavia. Dopo le manifestazioni, le proteste e gli scioperi, Borisav Jovic (in accordo con Milosevic) propone lo stato militare d’emergenza. Ha bisogno di almeno cinque voti; il quorum per dare il potere di “ordine pubblico” all’esercito è quello.

    Si “fronteggiano”, politici e militari, durante un summit che a definirlo carico di tesione non si dà appieno l’idea. Il delegato del Kosovo e quello della Bosnia sono quelli che più hanno da perdere da una escalation di violenza etnica, avendo nei loro territori la mescolanza maggiore di etnie e gruppi religiosi diversi. Alla fine si decide di non decidere e Milosevic, nei giorni seguenti, continua a pressare per un intervento armato interno atto a ristabilire il potere sovrano della Jugoslavia unita. Alleati naturali del leader serbo troviamo i militari capeggiati dal Generale Veljko Kadijevic.

    Quindi… i delegati regionali durante la riunione non hanno una visione comune. Milosevic sconfessa il ruolo della “burocrazia che non sa decidere”. Il Generale Kadijevic durante uno dei colloqui avvenuto nei giorni dopo il primo incontro si fa scappare — forte dell’appoggio della Serbia — una frase di repertorio classico delle crisi sociali e politiche: “Se non vi decidete, saremo noi ad agire”.

    E cosa può mai accadere dopo questi eventi?
    Questo…

    7) La parola alle armi

    Comincia così questa orribile guerra civile. Nel silenzio assordante della comunità internazionale. Con le varie popolazioni nazionali ed etniche che si guardano tra di loro con sospetto. Nella speranza che non sia possibile che si scateni una guerra civile nella moderna Europa. Che alla fine, sì, certo, dopo tutto si metteranno d’accordo.

    Rispettando rigorosamente l’ordine cronologico, la prima crisi e la conseguente battaglia avviene ai confini sloveni. La guerra tra l’armata federale jugoslava e la Slovenia è conosciuta come la “guerra dei dieci giorni”. Dopo la dichiarazione di indipendenza slovena, il Presidende Milan Kucan dichiara che la nazione è disposta a difendere i propri confini anche con la forza. In realtà a Milosevic questa guerra non interessa non essendoci minoranze serbe di un certo peso nella nuova nazione indipendente. Vengono messi in piedi alcuni battaglioni con riservisti e reclute; con numerosi tank i militari federali si avviano ai confini della Slovenia cercando di unirsi ai compagni residenti nel territorio. Questo non accade perché le forze di polizia e dell’esercito passato dalla parte di Kucan, con una semplice difesa armata, allontana i combattenti jugoslavi.

    Questa non è ancora guerra civile nelle sue forme più devastanti. La Slovenia, regione relativamente ricca del nord, si “sgancia” con disinteresse serbo. C’è da dire anche che Milosevic vuole ritardare i combattimenti che ritiene — per lui e per i serbi — importanti perché la Russia ha già fatto sapere che non interverrà in aiuto della Jugoslavia anche se gli americani e gli europei decidessero un’azione armata o di polizia internazionale dei caschi blu dell’ONU. Insomma, cinicamente verrebbe da dire, i serbi e i militari jugoslavi (da sempre in maggioranza serba, a livello politico e non solo numerico) non vogliono “giocarsi la carta militare” in assenza di una vera contropartita. In Slovenia non c’è.

    Anzi, la ritirata viene auspicata dai serbi in ottica strategica per poi rivendicare maggiori diritti in regioni ben più importanti. E soprattutto abitate da serbi. Si arriva così alla fine della guerra slovena con un accordo tra le parti e le instituzioni internazionali di un “cessate il fuoco” e “congelamento” della situazione attuale per la durata di tre mesi. La battaglia ha tratti spesso tragicamente incoerenti, e viene combattuta da molti giovani e coscritti dell’armata jugoslava senza addestramento adeguato, senza sapere perché. Si arriva alla situazione grottesca in cui il capo dell’esercito telefona a Belgrado per chiedere se deve considerarsi in guerra o no. Altre situazioni sono invece tragicamente assurde: come l’elicottero che porta aiuti e viveri nel paese abbattuto dalle forze di polizia e militari slovene condotto da… uno sloveno che prestava servizio nell’esercito.

    8) La guerra croato-bosniaca.

    In Slovenia non ci sono interessi etnici o materiali serbi. In Croazia, sì. Ed è proprio qui che l’esercito viene utilizzato a pieno regime la prima volta. E’ qui che si materializza il veleno dell’odio etnico, già abbondantemente presente a livello ideologico.

    Si arriva ad un muro contro muro tra serbi e croati. Non starò a giustificare le successive violenze, né cercherò di convincere con le mie tesi della ragionevolezza di una parte nei confronti dell’altra. Voglio solo far presente che entrambe le parti — specificamente a questo argomento e senza guardare al passato — hanno le loro ragioni; sono logiche e comprensibili. Sfortunatamente inconciliabili senza dialogo. Incompatibili senza politica che media gli interessi conflittuali. E infatti la politica nei Balcani ha abdicato da un pezzo. Come si nota anche dalle parole di Gianni De Michelis, l’allora Ministro degli Esteri.

    La comunità europea si sveglia dal torpore. La prima ad entrare nel dibattito in maniera ferma e diretta è la nuova Germania unita che vuole ritagliarsi subito il ruolo di potenza egemone nel continente a spese di Francia e Italia. I diplomatici tedeschi prendono subito le parti della Crozia indipendente. Anche la diplomazia del Vaticano riconosce subito lo stato indipendete della Croazia. In Europa le divergenze sulla linea politica tedesca sono numerose; Francia, UK e Italia sono neutrali se non apertamente dalla parte serba; gli USA — il cui presidente è George Bush Junior — in un primo momento non si interessa dato che anche la Russia si defila (a parte qualche prova di dialogo tentato da Michail Gorbacev).

    Qualche vittoria diplomatica arriva al massimo ad ottere sporadici “cessate il fuoco” di poca importanza. Ad agosto del 1991 Franjo Tudman ricorre ad un ultimatum. Se l’esercito federale — ormai quasi del tutto di parte serba — non ritira i propri uomini all’interno delle caserme locali croate, la Croazia sarebbe intervenuta militarmente. Milosevic non aspettava altro.

    Lo riconoscete?

    Sì, è lui Ratko Mladic. Insieme alle truppe regolari — per quanto questo termine sia del tutto inappropriato — degli stati belligeranti si mescolano milizie paramilitari del tutto fuori controllo e fuori da ogni logica di codice militare.

    Di seguito un esempio di propaganda serba di un’organizzazione paramilitare come questa.

    Lo stato maggiore serbo decide di attaccare Vukovar con armi pesanti. La Croazia lo sa e dispone quasi tutte le sue forze a difesa della città. E’ la prima volta, dopo la II Guerra Mondiale, che in Europa si combattono due eserciti nemici. Siamo nel Luglio del 1991; la guerra diventà realtà e a Vokovar si vedono scene che non si vedevano dal 1945. L’assedio alla città da parte dell’Armata Federale Jugoslava — aiutata internamente dai gruppi paramilitari serbi — diventa l’inizio delle ostilità che daranno vita ad uno dei più terribili scontri civili del secolo.

    Nel silenzio assordante della comunita europea, degli UK, USA e Russia, cominciano i massacri. La città di Vukovar diventa un ammasso di macerie.

    in risposta a: terza parte Buddenbrook ( bozza) #12813
    buddenbrook
    Partecipante

    test

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