La III guerra mondiale Terza Parte — Corretta —

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  • #12842
    buddenbrook
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    La III guerra mondiale
    Terza Parte

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    Link Seconda Parte

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    6) Non si scherza più

    “La lotta alle cause della paura produce a sua volta paura” Lars Svendsen

    In Italia spesso si parla di “strategia della tensione” quando ci si riferisce ad un determinato periodo storico — anche indicato come “anni di piombo”, tracciabile a grandi linee a partire dall’anno 1969 al 1981 — per indicare l’uso da parte del potere della paura per attuare una certa visione politica. Il termine “potere” qui è indicato nella sua estensione massima, estensione che va da pubblici poteri istituzionali a sconosciuti gruppi di potere e di lobby dell’elite sociale. Nel nostro paese non si è mai capito chi fossero i colpevoli politici o chi stesse dietro a chi o a cosa. La verità giudiziaria ha portato a bradelli di verità penale. La verità storica non si è mai poggiata su solide basi; siano esse giudiziarie o di archivio. Quello che conta è che noi italiani siamo a conoscenza della possibilità di utilizzare la paura e il terrore a scopo politico. E di farlo in modo criminale.

    La successione degli eventi nei Balcani dopo la manifestazione di Belgrado è la traduzione della “dottrina” astratta nella politica reale. La cosa che sconvolge è la limpidezza e linearità degli eventi se guardati col senno di poi. Qui non si tratta di pensare ad una concezione della storia puramente “meccanicistica” ma di poter ipotizzare che gli attori in causa erano consapevoli che — senza prese di coscienza colletive del gruppo dirigente locale o senza un deciso intervento estero USA, UE o Russo — la questione non si poteva che avviare fatalmente verso una svolta militare.

    Ne abbiamo una prova plastica nella riunione tra i rappresentanti politici delle varie regioni con i capi militari federali della Jugoslavia. Dopo le manifestazioni, le proteste e gli scioperi, Borisav Jovic (in accordo con Milosevic) propone lo stato militare d’emergenza. Ha bisogno di almeno cinque voti; il quorum per dare il potere di “ordine pubblico” all’esercito è quello.

    Si “fronteggiano”, politici e militari, durante un summit che definire carico di tesione non rende pienamente l’idea. Il delegato del Kosovo e quello della Bosnia sono quelli che più hanno da perdere da una escalation di violenza etnica, avendo nei loro territori la mescolanza maggiore di etnie e gruppi religiosi diversi. Alla fine si decide di non decidere e Milosevic, nei giorni seguenti, continua a pressare per un intervento armato interno atto a ristabilire il potere sovrano della Jugoslavia unita. Alleati naturali del leader serbo troviamo i militari capeggiati dal Generale Veljko Kadijevic.

    Quindi… i delegati regionali durante la riunione non hanno una visione comune. Milosevic sconfessa il ruolo della “burocrazia che non sa decidere”. Il Generale Kadijevic durante uno dei colloqui avvenuto nei giorni dopo il primo incontro si fa scappare — forte dell’appoggio della Serbia — una frase da repertorio classico delle crisi sociali e politiche: “Se non vi decidete, saremo noi ad agire.”

    E cosa può mai accadere dopo questi eventi?
    Questo…

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    7) La parola alle armi

    Comincia così questa orribile guerra civile. Nel silenzio assordante della comunità internazionale. Con le varie popolazioni nazionali ed etniche che si guardano tra di loro con sospetto. Nella speranza che non sia possibile che si scateni una guerra civile nella moderna Europa. Che alla fine, sì, certo, dopo tutto si metteranno d’accordo.

    Rispettando rigorosamente l’ordine cronologico, la prima crisi e la conseguente battaglia avviene ai confini sloveni. La guerra tra l’armata federale jugoslava e la Slovenia è conosciuta come la “guerra dei dieci giorni”. Dopo la dichiarazione di indipendenza slovena il 25 Giugno 1991, il Presidente Milan Kucan annuncia che la nazione è disposta a difendere i propri confini anche con la forza. In realtà a Milosevic questa guerra non interessa non essendoci minoranze serbe di un certo peso nella nuova nazione indipendente. Vengono messi in piedi alcuni battaglioni con riservisti e reclute; con numerosi tank i militari federali si avviano ai confini della Slovenia cercando di unirsi ai compagni residenti nel territorio. Questo non accade perché le forze di polizia e dell’esercito passato dalla parte di Kucan, con una semplice difesa armata, allontana i combattenti jugoslavi.

    Questa non è ancora guerra civile nelle sue forme più devastanti. La Slovenia, regione relativamente ricca del nord, si “sgancia” con disinteresse serbo. C’è da dire anche che Milosevic vuole ritardare i combattimenti che ritiene — per lui e per i serbi — importanti perché la Russia ha già fatto sapere che non interverrà in aiuto della Jugoslavia anche se gli americani e gli europei decidessero un’azione armata o di polizia internazionale dei caschi blu dell’ONU. Insomma, cinicamente verrebbe da dire, i serbi e i militari jugoslavi (da sempre in maggioranza serba a livello numerico oltre che politico) non vogliono “giocarsi la carta militare” in assenza di una vera contropartita. In Slovenia non c’è.

    Anzi, la ritirata viene auspicata dai serbi in ottica strategica per poi rivendicare maggiori diritti in regioni ben più importanti. E soprattutto abitate da serbi. Si arriva così alla fine della guerra slovena con un accordo tra le parti e le istituzioni internazionali di un “cessate il fuoco” e “congelamento” della situazione attuale per la durata di tre mesi. La battaglia ha tratti spesso tragicamente incoerenti, e viene combattuta da molti giovani e coscritti dell’armata jugoslava senza addestramento adeguato, senza sapere perché. Si arriva alla situazione grottesca in cui il capo dell’esercito telefona a Belgrado per chiedere se deve considerarsi in guerra o no. Altre situazioni sono invece tragicamente assurde: come l’elicottero che porta aiuti e viveri nel paese abbattuto dalle forze di polizia e militari slovene condotto da… uno sloveno che prestava servizio nell’esercito.

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    8) La guerra serbo-croata.

    In Slovenia non ci sono interessi etnici o materiali serbi. In Croazia, sì. Ed è proprio qui che l’esercito viene utilizzato a pieno regime la prima volta. E’ qui che si materializza il veleno dell’odio etnico, già abbondantemente presente a livello ideologico. Al potere c’è Franjo Tudman, vincitore delle elezioni croate del 22 Aprile 1990 con il partito nazionalista HDZ (Hrvatska Demokratska Zajednica) che arriva al 41,9% dei voti. Si arriva ad un muro contro muro tra serbi e croati.

    Non starò a giustificare le successive violenze, né cercherò di convincere con le mie tesi della ragionevolezza di una parte nei confronti dell’altra. Voglio solo far presente che entrambe le parti — specificamente a questo argomento e senza guardare al passato — hanno le loro ragioni; sono logiche e comprensibili. Sfortunatamente inconciliabili senza dialogo. Incompatibili senza politica che media gli interessi conflittuali. E infatti la politica nei Balcani ha abdicato da un pezzo. Come si nota anche dalle parole di Gianni De Michelis, l’allora Ministro degli Esteri.

    La comunità europea si sveglia dal torpore. La prima ad entrare nel dibattito in maniera ferma e diretta è la nuova Germania unita che vuole ritagliarsi subito il ruolo di potenza egemone nel continente a spese di Francia e Italia. I diplomatici tedeschi prendono subito le parti della Croazia indipendente. Anche la diplomazia del Vaticano riconosce subito lo stato indipendente della Croazia. In Europa le divergenze sulla linea politica tedesca sono numerose; Francia, UK e Italia sono neutrali se non apertamente dalla parte serba; gli USA — il cui presidente è George Bush Junior — in un primo momento non si interessa dato che anche la Russia si defila (a parte qualche prova di dialogo tentato da Michail Gorbacev).

    Qualche vittoria diplomatica arriva al massimo ad ottere sporadici “cessate il fuoco” di poca importanza. Ad agosto del 1991 Tudman ricorre ad un ultimatum. L’esercito federale — ormai quasi del tutto di parte serba — deve ritirare i propri uomini all’interno delle caserme locali croate; inoltre il governo croato annuncia che è pronto ad utilizzare le forze armate per la attuazione della disposizione e la difesa dei propri confini. Milosevic non aspettava altro.

    Lo riconoscete?

    Sì, è lui: Ratko Mladic. Insieme alle truppe regolari — per quanto questo termine sia del tutto inappropriato — degli stati belligeranti si mescolano milizie paramilitari completamente fuori controllo. Forze di assalto composte da fondamentalisti ideologizzati, ex soldati, criminali comuni; non riconoscono nessun codice militare. Armate e violente.

    Come questa.

    Lo stato maggiore serbo decide di attaccare Vukovar con armi pesanti. La Croazia lo sa e dispone quasi tutte le sue forze a difesa della città. E’ la prima volta, dopo la II Guerra Mondiale, che in Europa si combattono due eserciti nemici. Siamo nel Luglio del 1991; la guerra diventa realtà e a Vokovar si vedono scene che non si vedevano dal 1945. L’assedio alla città da parte dell’Armata Federale Jugoslava — aiutata internamente da gruppi paramilitari serbi — diventa l’inizio delle ostilità che daranno vita ad uno dei più terribili scontri civili del secolo.

    Nel disinteresse imbarazzato della comunita europea, degli UK, USA e Russia, cominciano i massacri. La città di Vukovar diventa un ammasso di macerie.

    #12843
    Anonimo
    Inattivo

    Reinizio. Piccoli accorgimenti su Slovenia, De Michelis(infame) etc.
    Ci fu una volta, tanto tempo tempo fa la cosiddetta “primavera Croata” nel lontano 1970. Dei intellettuali fecero la rivolta contro il centralismo serbo. Conseguenza di ciò fu il cambiamento della Costituzione; Tito li capì che non può tenere a bada i vari nazionalismi e che la “fratellanza e uguaglianza” non può durare in eterno. Il 19/05/1991 ci fu il referendum, ha votato il 83,56% avventi diritto, l’esito era il si del 94,17%. La strada per la indipendenza tanto desiderata era spianata. Ed anche per la guerra.
    Slovenia; si narra che la guerra era una messa in scena, del tipo – io ti faccio una guerra lampo, poi ritiro le truppe che stranamente si fermeranno in Croazia, dove c’è il nostro vero interesse. Questa cosa non è un segreto, non unico – sembra che c’è sia un’altro per la guerra in Bosnia. Ritirando l’esercito dalla Slo, le truppe si sono trasferite in Cro, non per transitare, ma per operare. Per realizzare la “grande Serbia” fino al mare. “Dove c’è il serbo c’è la Serbia”, detto serbo. Ho un amico che al epoca fecce la naia in Slovenia. Gli avevano detto che la patria è attaccata dai nemici esterni. Dopo una settimana era a casa. Finita li. Chicca; da noi in Cro si dice che possiamo invadere la Slo con un circolo dei cacciatori. Gli sondaggi in slo parlano chiaro; chi valuti come il peggior nemico, cioè chi rappresenta la vera minaccia per la Slovenia-croati.
    De Michelis (infame, nemico del popolo croato)
    Era ministro degli esteri al epoca. Per lui non c’era una guerra tra le nazioni in atto, ma la guerra civile. Ricordiamoci l’interesse italiano del periodo, cioè l’affare telecom Serbia. Di sicuro ne sapete più di me sulla vicenda. Sta di fatto che anche grazie a lui tra gli altri (dettaglio: l’erede al trono del regno di Jugoslavia ha come matrigna la Queen Elisabeth). Alcune cose si spiegano grazie a questo. Non per niente era la Germania che stava dalla nostra parte. Helmut Josef Michael Kohl grazie.
    Ti spiego il significato dello stemma serbo – solo l’unione salva il serbo. Lo stemma non lo metto, perché ogni volta che ci provo mi si blocca tutto.

    #12844
    Anonimo
    Inattivo

    Poi se hai delle domande o se mi riccordo dell’altro aggiungo.

    #12845
    Anonimo
    Inattivo

    Ah si, il famoso disegno di Tudjman sulla divisione della Bosnia disegnata su un tovagliolo ad una cena in Gb e mostrata ad un diplomatico inglese, Ashdown. Tudjman per noi istriani era un nazionalista e basta, mai preso più del 10% in Istria, per definizione antifascista. Tudjman, ex generale del Yu, anzi il più giovane generale di Tito. Uno dei tanti partecipanti della primavera croata. Ma grande nazionalista. Criminale di guerra imho.

    #12849
    buddenbrook
    Partecipante

    Grazie Snatch!

    La quarta parte sarà incentrata sulla guerra serbo-croata a partire dall’assedio di Vukokar.

    Intanto mi segno alcuni passaggi interessanti del tuo post che vedrò come svilupparli.

    1) Piccoli accorgimenti su Slovenia, De Michelis(infame) etc.
    come viene vista l’Italia dalla Croazia

    2) Tito li capì che non può tenere a bada i vari nazionalismi e che la “fratellanza e uguaglianza” non può durare in eterno
    Da questa frase sono portato a pensare che gli abitanti dei Balcani non si sono mai sentiti una nazione. Tito ha fallito?

    3) Ho un amico che al epoca fecce la naia in Slovenia.
    Argomento da sviluppare

    4) Non per niente era la Germania che stava dalla nostra parte. Helmut Josef Michael Kohl grazie.
    Cosa lega Germania e Croazia? E’ sempre stato così? Argomento che forse posso trattare più avanti quando parlo del comportamento dell’Europa.

    #12863
    Anonimo
    Inattivo

    1) L’Italia non viene vista male in Croazia. Il problema fu De Michelis che i suoi viaggi li faceva quasi esclusivamente a Belgrado.Essendo ministro degli esteri di un paese europeo, con una guerra alle porte, sembrava di stare di parte. A suo avviso si trattava di una guerra civile, ovvero non serviva nessun intervento trattandosi di una cosa interna.
    2) Tito era coscente di ciò che poteva succedere con il nazionalismo. Non si può dire che c’entra le religione. C’entra proprio il nazionalismo. Nel 1928, regno di Jugoslavia, re serbo, era ucciso un parlamentare croato molto noto (+ altri due) in mezzo al parlamento, da un nazionalista serbo. Dissidi c’erano sempre. Tito durante la guerra era riuscito mettere tutti d’accordo, vincendo la guerra (la seconda guerra mondiale) ha visto la possibilità di unire i popoli in uno stato. La frase fratellanza e uguaglianza si ripeteva spesso, non come uno spauricchio, imho proprio per non cadere, di nuovo, nel nazionalismo. Egli stesso era croato, e per non essere accusato di nazionalismo e/o favoritismi, ha scelto di vivere a Belgrado. Nazionalisti croati (dissidenti) erano perseguitati in giro per il Mondo. Anche qualche serbo, ma erano molti in meno. Storicamente visto oggi, la Jugoslavia di Tito era un fallimento. Non so quanta colpa ne ha lui, o se c’è la. Si stava bene, questo si.
    3) La leva militare si faceva in giro per la Jugoslavia. Conosco dei ragazzi (lo erano al epoca) che hanno avuto la “fortuna” di fare la leva al inizio dei primi accenni della guerra. Roba da ridere per alcuni; mio vicino stava a Zara (CRO). Modus operandi era uguale per tutti: niente TV, quindi no notizie. Erano avvisati che c’è in atto un attacco dal esterno. Ragazzi erano armati, alcuni hanno anche sparato alla folla di cittadini (protestavano contro l’esercito che non si voleva ritirare essendo la Cro oramai uno stato indipendente) fuori dalle caserme. Ragazzi al interno erano impauriti, non sapevano cosa veramente succedeva…Dopo l’aresa,una volta usciti dalle caserme sono stati anche picchiati dai cittadini (mio vicino docet). I dalmati sono dispettosi.
    4) La Germania. C’è il colegamento storico tra loro e noi. E sempre stato un paese amico. La Croazia per secoli faceva parte del impero austriaco. Scambio anche culturale. Tra gli primi ginasi da noi c’erano quelli fondati dai gesuiti austriaci (Augustineum). Ancora oggi c’è la minoranza tedesca, rimasta anche dopo la II WW (vendete c’erano nei loro confronti). Praticamente eravamo i guardiani del Vecchio Continente dalla avanzata Ottomana. Se guardi il confine croato-bosniaco, è lo stesso confine di 300-400 anni fa tra i due imperi. La Croazia di Pavelic era alleata alla Germania nazista. Teteski vengono in massa da noi al mare. Continuo a non capire il nesso di tutta questa “amicizia” politica . Il calcio è un’altra storia.

    #12939
    buddenbrook
    Partecipante

    Parte da aggiungere

    La ragioni delle alleanze internazionali non hanno una ragione razionale singola che analizza il solo presente storico ma hanno radici profonde e sono radicate nella popolazione in forma di memoria collettiva. Di solito ci può essere una sorta di “ringraziamento” per le comuni battaglie storiche, o anche influenze di carattere culturale, oppure entrambe le cose. Insomma viene percepita da parte di due popolazioni una sorta di legame. Ad esempio il legame tra Germania e Croazia è risultato molto forte durante la guerra serbo-croata e non si spiega con affinità ideologiche o economiche (o comunque non solo). Una risposta di un cittadino croato illumina meglio di svariati libri di politica e saggistica internazionale.
    “C’è il colegamento storico tra loro e noi. E sempre stato un paese amico. La Croazia per secoli faceva parte dell’ Impero Austriaco. Lo scambio culturale è stato sempre presente. Tra gli primi ginnasi da noi c’erano quelli fondati dai gesuiti austriaci (Augustineum). Ancora oggi c’è la minoranza tedesca, rimasta anche dopo la II Guerra Mondiale. Nticamente eravamo visti dalla Austria-Ungheria e della Germania come i guardiani del Vecchio Continente che si opponevano all’avanzata Ottomana.” Snatch

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