Caro (vice)Direttore

Siamo da diverso tempo abituati a vedere Marco Travaglio (auto)accreditarsi come “erede di Montanelli“. Quando si ricorda al vicedirettore del FQ che Montanelli non si sarebbe mai prestato a certi endorsement a favore di questo o quel partito, Travaglio arriccia il nasino e ricorda che “anche Montanelli aveva le sue simpatie”.
Lasciando intendere che, se fosse ancora con noi oggi, si sarebbe comportato esattamente come il suo erede.
Sarà vero?
“La Rete non dimentica”, si è soliti dire. Da passatista inveterato e lettore appassionato, chioserei: “i libri nemmeno”. Ed è con l’ausilio di alcune pagine ingiallite che cercherò di dimostrare come si sarebbe rapportato Indro in una situazione politica molto simile a quella attuale.
Torniamo indietro con la memoria al 1975; la crisi economica e sociale è sempre più drammatica, il “pericolo comunista” è dietro l’angolo e Montanelli ha da poco fondato il suo quotidiano, “Il Giornale Nuovo”, che ospita la rubrica “Caro Direttore”, nella quale è lo stesso Indro a rispondere alle missive dei lettori.
Tra queste, una in particolare attira l’attenzione: è di Aldo Sandulli, promotore dell’ Associazione Alleanza Laica,il cui intento è quello di coalizzare tre partiti laici (PSDI, PRI, PLI) per sostituire l’ormai affannata DC ed accoglierne eventuali transfughi.
Il 6/3/1975 Sandulli scrive quindi a Montanelli per promuovere la sua iniziativa:

[…] E’ la prima volta che in Italia un movimento nasce spontaneamente dal basso, in difesa della democrazia. Desideriamo che esso conservi il carattere e la purezza inziali. Abbiamo lavorato e continueremo a lavorare senza un apparato, quasi artigianalmente. Chi vuole collaborare con noi lo fa di propria iniziativa, e organizzandosi autonomamente. Non sollecitiamo aiuti finanziari o di alcun altro genere.

La risposta di Montanelli, apparentemente, non lascia adito a dubbi:

Sulla nostra ospitalità potrete sempre contare: ve la diamo in questa che è una delle pagine più lette del Giornale. Io non so che cosa potrà produrre il movimento d’opinione di cui lei [..] ha assunto autorevolmente la guira. Ma so ch’esso ha già compiuto un miracolo […]: ha costretto i partiti a tendere l’orecchio alla voce del cittadino. E’ una novità assoluta, ed è una grande novità

Sembra proprio che, dopotutto, Travaglio non abbia torto nel dire che il suo appiattimento sul sostegno al M5s sarebbe stato benedetto da Montanelli.
Almeno finchè non arriviamo alla missiva del giorno successivo.
Il 7/3/1975 il lettore Rinaldo Rinaldi, dopo un’analisi della situazione, invia quattro firme a sostegno di AL, e Montanelli così lo redarguisce:

Grazie per i proseliti che lei ha fatto all’Alleanza, di cui tuttavia la prego di non sbagliare indirizzo. Le adesioni non vanno mandate a noi, che non siamo l’Alleanza, ne siamo soltanto dei buoni amici.

E laddove il lettore considera ormai perduta e superata l’esperienza della DC, così ragiona Indro:

La Democrazia Cristiana non dobbiamo ancora darla per perduta. Meriterebbe largamente di esserlo. Ma se noi già la consideriamo tale, togliamo ai suoi uomini migliori (qualcuno ce n’è) la possibilità di raddrizzare la barca e la sospingiamo definitivamente in braccio al famoso “compromesso”. Io mi auguro che gli stessi artefici dell’Alleanza Laica, a cominciare da Sandulli, tengano ben presente questa situazione. […] Secondo me esso non deve cercar di sottrarre alla DC quell’elettorato che tuttora si sforza di mantenerla ancorata alla sua storica vocazione di forza centrista. Dev’essere pronto ad accoglierlo in caso di naufragio e deve offrire alla DC un’alternativa, come oggi si dice, che la liberi dal vassallaggio obbligato ai socialisti di domani.Questo è, o dovrebb’ essere, il senso dell’operazione.

Non esattamente un “tutti a casa!!!1!11!”, insomma. Che lo si chiami “compromesso” o “inciucio” poco conta: il concetto è chiaro.
Molti lettori si dimostrano comunque sorpresi: ma come, Montanelli ha sempre parlato male della DC, ed ora invece ne prende le difese, seppur a modo suo?
E Alleanza Laica, allora? Indro non si sottrae ai chiarimenti.
A Giancarlo Boldrin, che considera AL “unica ed ultima barriera antidittatoriale, proprio alla Democrazia “Cristiana” dove, pur fra tanto caos di intrallazzi e di fini, albergano delle forze sicuramente democratiche alla disperata ricerca di se stesse”, replica così

Il vero motivo per cui noi abbiamo secondato l’Alleanza Laica è la necessità, o almeno l’opportunità, di dar vita a un raggruppamento di forze moderate che possa offrire rifugio anche ai cattolici in fuga dalla DC, se questa sprofondasse in una crisi veramente mortale. E’ chiaro che tale raggruppamento potrebbe rivelarsi benefico e molto utile al chiarimento politico italiano anche al di fuori di questa eventualità, e quindi noi continueremo ad appoggiarlo. Ma dev’essere altrettanto chiaro che, pur seguitando a dare della Democrazia Cristiana e dei suoi sciagurati esponenti il giudizio più negativo, questo crollo non lo seconderemo: ce lo impedisce la nostra coscienza d’italiani e di democratici che prevale su qualsiasi passione di parte.

Una posizione chiarissima e lungimirante, anni luce distante dal “sono tutti uguali, sono vecchi, largo al nuovo”. Sì ma… Montanelli non aveva poco sopra lodato l’iniziativa di un movimento che nasce dal basso perchè spazzi via questa politica marcia e corrotta? Certo. Ma, come spiega ad Annamaria Beltracchini il 20/3/1975:

Lei dice che questo giornale sostiene il voto per la DC. E si sbaglia. Questo giornale non perde occasione di proclamarsi “laico”, e la stessa ospitalità accordata ai sostenitori dell’Alleanza Laica, mi pare che lo dimostri. Ma, prima che laici (se lo metta bene in testa, cara signora, e la invito a rifletterci sopra), noi siamo degl’italiani che cercano di operare con qualche senso di responsabilità. E quali che siano le colpe -certamente tantissime e gravissime- della DC, solo gl’italiani irresponsabili possono augurarsi il crollo, anche se meritato, di questo partito. Perchè ciò significa, automaticamente, la promozione dei comunisti a partito di maggioranza relativa, e quindi il loro avvento al potere. […]. Lei fa tutto un fascio (è il caso di dirlo, mi pare) della classe politica italiana, e lo butta nella spazzatura. Gran parte di essa merita questo destino. Ma buttandocela tutta, quale servigio crede lei che renderemmo al nostro Paese? Una classe politica non s’improvvisa. Quindi dobbiamo fare i conti con quella che c’è. E a quella che c’è bisogna chiedere ciò che può darci.

E, per essere ancora più chiari, ecco la replica a C. Pirovano (11/2/1975), che auspicava “non un dittatore ma una personalità oggi fuori dalla mischia decisa a mettersi alla testa di un movimento (non lo vorrei chiamare partito) che ci permetta di uscire dal letamaio nel quale siamo sommersi”:

E’ perfettamente logico e umano che in una emergenza come quella che stiamo vivendo ci si aggrappi alla speranza di un demiurgo che operi il miracolo del salvataggio, come fece De Gaulle per i francesi nel ’58. E le do atto che questa speranza non ha nulla di antidemocratico perchè De Gaulle non fu un dittatore. Ma noi non abbiamo un simile uomo e, se lo avessimo, non potrebbe fermarsi sul limite su cui De Gaulle si fermò; dovrebbe travalicarlo, e diventare Mussolini o Allende perchè la democrazia italiana non ha strutture che possano resistere a un cosiffatto potere: ha soltanto dei demagoghi che sarebbero i primi a mettersi in riga osannando il padrone e costringendolo a diventare tale. […] Un movimento di opinione si può crearlo, e noi siamo qui per questo. Ma non per propugnare soluzioni miracolistiche che a nostro modo di vedere la situazione non consente. Le carte che possiamo giuocare sono quelle del mazzo. Possiamo influenzare i partiti, o almeno certi partiti, purchè rinunziamo al sogno impossibile di crearne uno nuovo che fatalmente diventerebbe come gli altri. Possiamo migliorare la Costituzione purchè abbandoniamo la chimera di ribaltarla. Il passo va misurato sulle gambe di un Paese che le ha corte, terribilmente corte. E noi non vogliamo vender fumo.

Altri tempi, si dirà. Altre situazioni. Vero.
All’epoca non potevi bannare i lettori che ponevano le domande più scomode.
Toccava rispondere, caro (vice)direttore.

Gli estratti provengono da “Caro Direttore” di Indro Montanelli, Rizzoli 1991, pgg. 64-70-73-86.
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