“Siamo In Guerra” – la recensione

Di Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo
Editore: Chiarelettere (collana Reverse)
Pagine: 208 (edizione cartacea)
183 (edizione digitale .Mobi per Kindle, da me consultata).
NB: i numeri di pagina citati accanto agli estratti sono stati desunti utilizzando CaLibre, quindi non coincidono con la versione .Mobi

“È in corso una guerra tra due mondi, tra due diverse concezioni della realtà. Può apparire lenta, quasi impercettibile, invece è feroce e sempre più rapida, caratterizzata da continue imboscate e avanzamenti improvvisi. È nascosta dai media, temuta dai politici, contrastata dalle organizzazioni internazionali, avversata dalle multinazionali.”

2011: la crisi economica morde, il governo Berlusconi è nella sua parabola discendente, e sugli scaffali delle librerie plana il volume la cui premessa è virgolettata là sopra.
Già dalle prime righe, quindi, appare evidente la differenza di stile e linguaggio rispetto alla successiva opera del duo Grillo- Casaleggio, coadiuvati dallo stanco Dario Fo (“Il Grillo Canta Sempre Al Tramonto”, di cui trovate qui la recensione).
Tutto lascerebbe inoltre supporre che, nelle pagine successive, troveremo delle feroci invettive contro media, politici e le non meglio precisate “organizzazioni internazionali”.
Ma ciò è solo parzialmente vero.
Già i titoli delle sezioni in cui è diviso il volume sono piuttosto indicativi:

-Ognuno vale uno
-Facebook non perdona
-La comunicazione politica passa dalla Rete
-Niente filtri tra poteri e cittadini
-Politici sotto controllo
-Comunicazione è potere
-Politica: un hobby per la vita
-Una moltitudine inarrestabile
-L’informazione online: più veloce, più libera
-Attenzione ai falsi!
-Siamo tutti giornalisti
-Non si possono oscurare le notizie
-L’informazione economica, questa sconosciuta
-Per una conoscenza libera e condivisa
-L’uomo immobile
-Sostenere Internet è sostenere l’intelligenza
-Musica in Rete: una rivoluzione
-Da YouTube ai film online
-Cose che comunicano
-Le idee contano più del denaro
-Conclusioni

Faccio osservare come “Rete” sia sempre scritta in maiuscolo. Così come nel resto del volume. Con buona pace dei minuscoli -in vari sensi- fruitori della stessa, noti anche come “cittadini”, “gente” e via definendo.
A questo punto, spontanea sorgerà la domanda: come può una tale mole di spunti e tematiche essere affrontata in maniera esauriente in circa 200 pagine?
Ovviamente, non è possibile. Infatti, i vari capitoli in cui le sezioni sono divise raramente superano le cinque- sei pagine, nelle quali si concentrano poco più che spunti ed aneddoti fini a se stessi, tramite i quali si giunge a (s)conclusioni che hanno il sapore dello slogan:

-” I mongoli, che adottarono in anticipo di ottocento anni alcuni dei principi della Rete […] non fecero distinzioni e neppure prigionieri. Come farà Internet. Non ci sarà nessun Prete Gianni a salvare l’Ancien régime.” (“Ognuno vale uno- La Rete è partecipazione”, pag. 28)

-“La Rete è una severa maestra e richiede sempre l’obbligo di trasparenza ai suoi allievi.” (“Niente filtri tra poteri e cittadini- Anche il Quirinale è caduto nella Rete, pag. 71)

-“La reputazione in Rete è un valore assoluto. Non si può mentire a lungo e chi lo fa viene emarginato.” (“Politici sotto controllo- La reputazione è tutto”, pag. 90).

Quest’ultima affermazione è particolarmente interessante, ritorna sovente sotto varie forme nel corso del volume ed è, in un certo senso, la chiave di volta dello stesso. Casaleggio tratteggia infatti la Rete come un grande organismo senziente, indipendente ed incontrollabile, perfettamente in grado di autogestirsi ed espellere i corpi estranei da sè, senza bisogno di controlli e censure, contro i quali si scaglia senza riserve, invocando una sorta di liberalismo digitale totale (se ben ricordo, quello economico non ha portato grandi risultati, ma vabbhè).
Ciò che regola questo delicato sistema, però, non è la verità, ma la credibilità. Sempre secondo Casaleggio, infatti, la grande rivoluzione della Rete è che sono gli utenti stessi a dare priorità alle notizie, a ciò che conta, non tanto in base a quanto queste siano reali, quanto piuttosto realistiche o credibili:

“La fiducia in Rete è un valore economico di enorme importanza ed è espressa spesso con il numero di link (o collegamenti) a un sito. Maggiore è il numero di link, maggiore è la fiducia. Se un’informazione o un’opinione è ritenuta vera e importante, si diffonde immediatamente. In Rete conta la persona, non la testata editoriale. Un giornalista popolare e credibile come Marco Travaglio ha un valore economico superiore alla maggior parte dei quotidiani.” (“L’informazione online: più veloce, più libera – i vecchi media hanno i giorni contati”, pag. 152)

Grassetti miei. Uscita su cui vale la pena riflettere.
Come vale la pena riflettere su altri temi trattati nel volume (dai collegamenti ad Internet tramite telepatia all’interconnessione tra oggetti, Rete ed invidui che ci permetteranno di conversare coi lampioni fino al più vasto, e poco conosciuto, progetto “Terra Reloaded“), che sovente assume l’aspetto di un vero e proprio manuale di informatica, con termini tecnici approfonditi in appositi capitoli e nelle note in coda ad ogni sezione.
Note curiosamente autoreferenziali, aggiungerei, dato che, quando non espunte direttamente da Wikipedia (definita peraltro meno attendibile del «New York Times» di cento anni fa da Paul Saffo, futurologo dell’Institute for the Future di Palo Alto), rimandano quasi tutte al sito di Casaleggio o al blog di Beppe Grillo.
Già, Grillo. Come mai non ne ho ancora accennato?
Perchè, come dicevo, il suo contributo al volume è meramente strumentale alla beatificazione della Rete operata dal suo spin doctor (il quale ci tiene a far sapere, già da pagine 26, che col MoViMento non ha niente a che fare… Checchè ne dica “MicroMega”).
In pratica, funziona così: Grillo racconta alcuni dei risultati ottenuti dal MoViMento tramite il suo blog, dall’operazione “fiato sul collo” ai “V-Day” a “Woodstock 5 stelle”, enfatizzandone i risultati -“straordinario”, “miracolo”, “incredibile” sono solo alcune delle iperboli utilizzate- e lodando, principalmente, lo spirito d’iniziativa di chi quelle manifestazioni le ha organizzate.
Nel capitolo successivo, arriva Casaleggio a spiegare che sì, certo, la gente ha fatto il suo… Ma senza la Rete non sarebbe stato possibile.
E riprende a descrivere le meraviglie delle stampanti 3D che ci permetteranno di acquistare tutto ciò che occorre senza uscire di casa, della coscienza collettiva che ci assorbirà una volta che saremo tutti in Rete (e, per definizione, “più intelligenti”) e degli inceneritori a km zero.
Viene quindi il sospetto che i due mondi in conflitto, di cui si parlava all’inizio, siano proprio i loro.
E che Casaleggio abbia anche qualche conflitto con se stesso.
Nel capitolo “il copyright ha ancora un senso?”, la risposta è netta:

“Se la cultura e la Rete coincidono e la cultura è la rielaborazione del passato, la restrizione imposta dalle nuove leggi sul copyright blocca lo sviluppo della conoscenza. E questo non è accettabile.” (pag. 238).

Che sarebbe condivisibile, se non fosse che il presente volume è Copyright Chiarelettere Editore.
Siamo in guerra, sì.
Contro chi, non si è ancora ben capito.

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