La sanità dell’eccellenza: la privatizzazione della salute (II parte)

In questo secondo articolo chiarirò quale idea di eccellenza il Celeste avesse e abbia per i cittadini lombardi e per il resto dello stivale. Serve però un breve excursus storico.

L’attuale modello sanitario lombardo nasce con la legge regionale 31/97, forse la più importante riforma intrapresa da Formigoni, immediatamente agli inizi della sua carriera di governatore regionale. Questa legge entra in vigore il 1° gennaio del 1998 e introduce due modifiche principali al sistema precedente:

  • La separazione tra soggetti acquirenti (ASL) da quelli erogatori (le Aziende Ospedaliere) di servizi
  • L’equiparazione di erogatori pubblici agli erogatori privati dal punto di vista del finanziamento

In Lombardia pertanto la ASL diventa soggetto terzo pagante e viene scorporata della sua funzione assistenziale che viene assunta da esterni quali le aziende ospedaliere pubbliche e dagli istituti privati.

Questa direzione data dalla legge 31 è ulteriormente accentuata con il primo PSSR (Piano Socio-Sanitario Regionale) un documento di programmazione pluriennale degli obiettivi di salute e di come raggiungerli che viene elaborato dalla regione in cui:

a)      La Regione fa capire di voler dismettere il ruolo di holding dei servizi sanitari, comprese le AO pubbliche che potranno pian piano diventare fondazioni con la partecipazione di soggetti privati

b)      È previsto che le ASL col tempo cedano gli ultimi servizi rimasti (consultori, SERT, ecc.) a soggetti terzi. La ASL manterrà solo la funzione PAC: pagamento, acquisto, controllo. Le ASL devono solo occuparsi di soldi.

Il piano fa compiere un passo importante alla Regione, conferma la libertà di scelta dei cittadini tra strutture pubbliche e private e dà maggiori possibilità alle categorie più deboli — Formigoni nel 2002

Il primo PSSR viene steso nel 2001. Nel 2002 la Lombardia si trovava con un deficit di 570 milioni di euro. Era prevista inizialmente anche la reintroduzione nel PSSR di un sistema assicurativo-mutualistico obbligatorio per coprire i LEA (livelli essenziali d’assistenza, cioè le prestazioni minime che si dovrebbero garantire ai cittadini), ma ciò avrebbe comportato l’uscita della Lombardia dal SSN, in contrasto con la normativa nazionale che non permette tale autonomia alla regione. Si può supporre che Formigoni probabilmente attendesse già allora che tali poteri gli fossero forniti dal federalismo fiscale introdotto nel 2001, ma ciò non accadde. Il Celeste non ne ha mai fatto mistero, l’idea di Eccellenza che ha per la Lombardia è una sanità privata sul modello americano, in aperto contrasto col sistema universalistico introdotto dalla legge 833/78. Altro che la libertà di scelta del cittadino come principio ispiratore della sua riforma.

I conti in ordine

Dal momento che la popolazione lombarda è aumentata di quasi un milione di abitanti ed è invecchiata, che le prestazioni sanitarie sono aumentate (c’è stato il boom dei ricoveri proprio alla fine degli anni ’90 e la medicina ha fatto dei balzi in avanti) e che la fiscalità nazionale non ha tenuto il passo, bisognava ingegnarsi nel fare della Lombardia un’eccellenza. Come è riuscita la regione più virtuosa d’Italia a mantenere i bilanci positivi nel ventennio del Celeste?

1 – Introducendo i tetti alla spesa (budget) e riducendo le tariffe a consuntivo ogni singolo anno su quanto avrebbe rimborsato la regione, come detto in precedenza. In questo modo si è rimangiato le promesse ai privati e la programmazione delle aziende è diventata difficoltosa per l’incertezza nei rimborsi dell’anno successivo.

Inoltre alla riduzione del budget nel pubblico corrisponde una riduzione del numero dei servizi e un prolungamento delle liste d’attesa per i cittadini lombardi.

2 – Tagliando i servizi socio-sanitari pubblici. Tra il 1997 e il 2006 il SSR Lombardo ha visto una diminuzione del 30,6% delle strutture direttamente gestite dal settore pubblico. I posti letto pubblici ordinari in Lombardia nel ’97 erano 53299. Quelli nelle strutture accreditate erano 13116. Nel 2006 sono passate rispettivamente a 44920 e 14288. Il pubblico ha perso 9000 posti letto e il privato ne ha guadagnati 1000. Il privato è passato dal 24% al 31% dell’offerta di posti letto.

A inizio 2011 i posti letto pubblici, dati Ministero della Salute (relazione sullo stato della Sanità 2011), erano 33872. Sono previsti per il 2013 tagli di altri 2337 posti letto tra pubblico e privato per via del decreto sulla spending review. Da notare che però fino al 2006 il trend è stato solo quello di penalizzare il pubblico e anzi di aumentare i posti nel privato in controtendenza rispetto a tutto il resto d’Italia. E infatti la sanità privata pesa sul 43,8% del bilancio regionale (circa 17,5 miliardi e mezzo di euri) e la Lombardia è la prima regione in Italia per finanziamento al privato, checché neghi il Celeste.

Sorte identica hanno subito i vari Servizi Socio Sanitari pubblici territoriali, per intenderci i consultori famigliari, i SERT (servizi per le tossicodipendenze), i NOA (per l’alcoldipendenza), ecc. che sono stati chiusi o spostati in stabili meno adeguati (vd. anche link al punto 7).

3 – Aumentando la compartecipazione alla spesa sanitaria. I cittadini Lombardi pagano i ticket più alti d’Italia. Dal 2007 al 2011 la compartecipazione alla spesa farmaceutica dei cittadini lombardi è aumentata del 65% passando da 142 milioni di euro a 237. I cittadini lombardi pagano in media un ticket per i farmaci di 3,08 euro, contro i 2,33 della media nazionale o contro gli 1,19 della Toscana (dati Federfarma Gennaio 2012). È l’unica regione che fa pagare i ticket per i farmaci in misura piena a chi ha un reddito inferiore ai 12mila annui.

La Lombardia è anche dal 1° giugno del 2012 la prima regione d’Italia ad aver introdotto il ticket per i codici verdi dei pronto soccorsi, in aggiunta ai codici bianchi. Il ticket pagato è di 25 euri. I codici bianchi e i codici verdi da soli costituiscono circa il 96% degli accessi ai DEA (dipartimenti di emergenza). Dal giugno 2012 circa il 70% delle prestazioni di PS, prima gratuite, sono a pagamento.

Infine i ticket per visite ed esami hanno il massimale più alto in Italia, 66 euro, che pagano pure i redditi minori se non provvisti di esenzioni per patologia o di altra natura.

4 – Pagando in ritardo i fornitori.

5 – Aumentando la fiscalità regionale. Sempre nel 2002, anno del famoso PSSR, la Lombardia maggiora l’addizionale IRPEF da 0,9 all’1,4 %. Dal 2012 è passata all’1,73%.

6 – Scaricando gli oneri socio-assistenziali sui comuni e sulle famiglie, dato che non se ne occupa più la ASL. I buoni/voucher sono un esempio di questo stratagemma. Sulla carta introdotti per valorizzare il contesto famigliare dell’assistito e per passare ad un “welfare leggero”, sono in realtà un demandare ai famigliari di pazienti fragili (disabili, Alzheimer, ecc.) un’assistenza che non può essere fornita da strutture che mancano e costano di più, dietro incentivo economico, con ripercussione su nuclei famigliari già in difficoltà.

7 – Tagliando il personale e bloccando assunzioni e turnover nel settore pubblico. Appaltando molti servizi a privati esterni quali cooperative. Per fare un esempio dalla banale portineria all’Assistenza Domiciliare Integrata. A questo link potete verificare l’esito disastroso nell’ancora lontano 2003, come documentato da un sindacato.

8 – Impoverendo la medicina territoriale.

9 – Bloccando i nuovi accreditamenti per anni.

10 – Il futuro: tagliando ulteriori servizi (in questi mesi sono state cancellate diverse sedi di Continuità Assistenziale nella provincia di Como). E introducendo qualcosa di simile ai DRG sul territorio, di cui parlerò in un futuro articolo. Resta sempre in un cassetto l’idea di introdurre il sistema mutualistico.

L’elenco è lungo e probabilmente c’è tanto altro di cui parlare e da documentare con maggior dettaglio. Tuttavia si possono un po’ tirare le somme in base a quanto descritto. Il modello del Celeste, detto da alcuni anche dell’ASL terzo pagante, dà l’impressione di funzionamento perché non prevede interventi di lungo respiro e perché la Lombardia disponeva già negli anni ’90 di un sistema sanitario ricco di servizi che ancora resiste alla destrutturazione intrapresa dall’amministrazione di centrodestra. Oggi i cittadini Lombardi sono più poveri, lasciati a sé stessi e pagano molto di più, ma l’illusione continua.

È un modello che va in netta controtendenza verso quello previsto dalla legge 833/78 di assistenza universalistica e omnicomprensiva e va contro anche il principio ispiratore di libertà di scelta del cittadino, dato che la scelta diventa secondaria alle disponibilità economiche dell’individuo. È un modello nell’interesse degli amici del privato e non degli elettori.

PS

In tutto questo avevo dimenticato il povero Salvini che se la prende con uno stato ladro. O con gli immigrati.

Sicuro che il ladro sia lo Stato?

Sicurosicuro

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