Scafi, scafisti e blocchi navali

In questi ultimi giorni, a seguito della tragedia del mare in cui pare circa 800 immigranti provenienti dale coste libiche sono morti causa il rovesciamento dell’imbarcazione durante le attivita’ di soccorso da parte di un mercantile portoghese, abbiamo assistito ad una improvvisa “resurrezione” delle coscienze dei Paesi dell’Unione Europea, accompagnate da innumerevoli “piani di azione” di tipo militare da mettere subito in atto.

 

Si e’ parlato di:

  • “blocco navale”
  • bombardamento scafi in porto
  • incursioni di forze speciali per sabotare le imbarcazioni
  • occupazione militare delle coste libiche
  • varie ed eventuali (sic!)

 

Prima di andare ad analizzarle una per una sotto il profile fattibilita’, cerchiamo di capire come funziona questa tratta degli esseri umani. Successivamente vedremo anche se esistono opzioni militari possibili, secondo le regole internazionali e la loro efficienza.

Da qualche tempo a questa parte, il migrante non e’ piu’ un africano od asiatico in cerca di opportunita’ di lavoro o di migliorare la propria vita. E’ una persona che fugge ad una Guerra civile, ad una pulizia etnica, a terrorismo islamico diffuso, in generale a situazioni di Guerra o comunque di violenza diffusa.

Pensate che da qualche tempo genitori imbarcano bambini piccoli soli pur di farli arrivare in occidente.

Quindi si tratta di persone che si muovono spinte dalla paura, disperazione, certezza di morire in patria.

Il migrante ha qualche migliaio di dollari da parte, contatta i trafficanti nel proprio paese e si mette in viaggio.

Viaggio che normalmente attraversa tutto il deserto del Sahara, con tappe e tempi che possono divenire biblici, in quanto e’ normale che ad ogni tappa lo schiavista alzi il prezzo ed il migrante debba perdere tempo per raccattare I soldi necessari.

Durante il viaggio moltissima gente muore. Senza statistiche, pero’

Quindi il migrante che arriva sulle coste libiche ha gia’ passato tutto il passabile, e’ sopravvissuto al deserto, alle angherie, ha speso parecchi soldi, eppure ancora ha voglia e la forze di resistere e di imbarcarsi su barche su cui io non farei neanche un pediluvio.

Non e’ che arriva a Zuwara e si imbarca subito. No, viene messo in “lager” dove viene vessato, spesso sfruttato, bastonato, allo scopo di togliergli l’ultima tranche di denaro, prima di essere buttato a forze sulla barca.

Quindi li puo’ passare anche mesi, dipende da quando gli arrivano o racimola gli ultimi soldi.

Il giorno che tocca a lui, viene messo sull’imbarcazione, spesso chiuso nella stiva, e poi Dio provvede.

Al trafficante da questo momento non interessa piu. Ha pagato per imbarcarsi, non per rimanere in vita o raggiungere davvero l’Italia o Malta.

Se arriva vivo bene. Se non arriva, meglio.

Considerato tutto cio’ mi viene una domanda spontanea:

Ma il migrante, che ha passato tutto questo e non sa neanche dove si trovi, puo’ essere davvero dissuaso dall’imbarcarsi dall’assenza eventuale di navi occidental che magari possono soccorrerlo?

La presenza o meno di queste navi, quindi di una operazione tipo Mare Nostrum, incide nella sua decisione di provarci?

Io credo proprio di no.

Quindi l’assunto che “incentiva l’immigrato a provarci” mi sembra non vero. Sono le condizioni di vita nel Paese d’origine che lo incentive, e quando arriva sulle coste mediterranee “il piu’ e’ fatto”.

 

Ora che abbiamo piu’ chiaro come funziona e quali sono le reali situazioni e motivazioni, possiamo andare a vedere se tecnicamente le opzioni sbandierate in questi giorni sono fattibili e soprattutto se utili e quanto piu’ possibile scevre di effetti collaterali.

 

  • Blocco Navale

Il blocco navale è un tipo di azione militare finalizzata a impedire l’accesso e l’uscita di navi dai porti di un territorio. Il blocco navale è disciplinato, in ambito giuridico, dalla Dichiarazione di Parigi del 1856. Secondo la Dichiarazione di Londra del 1909, che però non è mai entrata in vigore, un blocco navale non avrebbe potuto essere esteso oltre i porti e le coste appartenenti alla nazione contro la quale si è in guerra. In Italia esso è regolamentato dal Regio Decreto 1438 del 1938.

In concomitanza da quanto è stabilito dalla Convenzione di Ginevra, il blocco navale è regolamentato nei seguenti punti

  • Prima di attuare il blocco navale la forza militare che lo attua deve comunicare alle nazioni terze non belligeranti la definizione geografica della zona soggetta al blocco stesso
  • l’imparzialità del blocco nei confronti delle nazioni non belligeranti
  • la possibilità di catturare qualsiasi imbarcazione mercantile che violi il blocco e il suo deferimento a un apposito tribunale delle prede
  • la possibilità di attaccare qualsiasi imbarcazione mercantile nemica che opponga resistenza al blocco navale
  • l’obbligo da parte della forza militare che attua il blocco di permettere il passaggio di carichi contenenti beni di prima necessità e medicinali per la popolazione locale.

Quindi per prima cosa bisognerebbe dichiarare lo stato di belligeranza con la Libia.

Poi bisognerebbe capire e definire i caveat da applicare ad una imbarcazione in condizioni pessime di navigabilita’, disarmata, che non trasporta materiale utile per azioni militari, ma solo gente inerme di tutte le eta’ e sesso, che decida di non fermarsi all’alt e di tornare indietro: si affonda? Si sperona? Gli si spara sopra? Si lascia passare?

E se poi questi lanciano il mayday? Si ignora, contravvenendo alle leggi internazionali del mare? Si interviene, salvandoli e ricevendone contestualmente all’imbarco a bordo formale richiesta di asilo politico? In questo secondo caso il blocco navale si trasforma in Mare Nostrum…

E poi, a che distanza dalla costa mettiamo il dispositivo? Si e’ detto poche miglia. Bene. Perfetto. Per I trafficanti che cosi possono inviare migrant a mare su bagnarole di plastica (quelle per lavare i panni) tanto c’e molto vicino chi li raccatta….

Infine, quante navi devono formare il dispositivo?

Direi che il blocco navale non e’ applicabile giuridicamente e soprattutto non utile a regolare ed impedire il flusso di immigrazione clandestina.

 

  • Bombardamento scafi in porto

Giuridicamente e’ un puro atto di Guerra, se condotto sul territorio di un altro Stato.

Si e’ parlato di uso di UAV’s armati.

Tecnicamente ha due problemi, uno contingente ed uno di sistema.

Quello contingente e’ che a l’Italia non e’ in possesso di version armate di UAV, che vengono attualmente usati solo per scopi di ricognizione ed intelligence.

Il problema di sistema e’ che gli scafi sono dei normalissimi vecchi scafi di legno in uso ai pescatori del Nord Africa, senza particolari sistemi di riconoscibilita’ di scafi per immigranti.

Quindi si andrebbe a bombardare scafi che potrebbero essere tranquillamente imbarcazioni da pesca, ormeggiate in un porto peschereccio. Immaginate quante richieste di risarcimento si riceverebbero….

Se poi aggiungiamo che oggi I sistemi d’arma saranno pure intelligenti, ma ancora non sanno distinguere lo scafista od il trafficante dal civile di passaggio o dal pescatore oppure dal migrante messo li apposta come scudo umano…capirete che parliamo di aria fritta, imho.

Diciamo che e’ altamente improbabile che un Governo possa produrre caveat che prevedono questo tipo di problematiche.

 

  • Incursioni di forze speciali per sabotare le imbarcazioni

Anche qui entriamo in una azione di Guerra, anche se “cover” quindi non dichiarata e non ammessa se ben fatta.

Si potrebbe fare, inviando nel porto un team di Incursori usciti da un sommergibile fuori dell’imboccatura del porto, che arrivano, minano quante piu possibili imbarcazioni e le fanno esplodere.

Oppure prendono la piu grande (se basta) e l’affondano all’imboccature del porto, allo scopo di bloccarne l’accesso.

Si potrebbe anche fare. Nel primo caso con risultati abbastanza temporanei (e danni collaterali), nel secondo un risultato piu’ proficuo.

Per lo meno si costringerebbero le organizzazioni criminali a cercarsi un altro porto.

Il tutto si potrebbe fare purche’ negandolo fino alla fine del mondo, perche’ di atto di Guerra si tratta. Si tratta comunque di fare una bel risk analysis, per quanto alle probabilita’ di riuscita, conseguenze sul traffico illegale, sull’attivita’ della popolazione civile, sui “danni collaterali” accettabili e soprattutto sul rischio di eventuale insuccesso, nonche’ su eventuali perdite.

 

  • Occupazione militare delle coste libiche

Ci spendo una sola riga. Atto che puo’ essere solo conseguenza di risoluzione ONU con l’agreement del Governo riconosciuto, almeno. Sforzo immenso viste le dimensioni del Paese e soprattutto rischi altissimi di conflitto asimmetrico continuo. Li’ c’e’l’ISIL…

Alla fine vediamo che di soluzioni militari fattibili con alta possibilita’ di raggiungere lo scopo di fermare l’immigrazione clandestine e soprattutto di fermare i nuovi mercanti di esseri umani sono molto ridotte (eufemismo).

 

Cosa quindi si puo’ fare?

 

Non ho le conoscenze e le capacita’ per dare soluzioni (non sarei dove sono, altrimenti!), ma posso dare alcuni spunti, basati sulla mia esperienza, limitata conoscenza e soprattutto buon senso.

Senza parlare delle soluzioni politiche, quali aiuti ai Paesi d’origine, risoluzione dei conflitti, cose che rientrano nei grandi discorsi, credo che nella pratica si possa sicuramente cercare non di “svuotare il mare con un cucchiaino”, ma di rendere la vita difficile ai mercanti.

Come?

Prima di tutto sfruttando l’intelligence, andando a scoprire nomi, meccanismi, procedure, per poi andare a colpirli qui (spesso sono da noi) oppure anche li, in forma mirata.

Poi si potrebbe per esempio “premiare” chi una volta raccolto dai soccorsi indichi immediatamente lo scafista, il quale deve finire in carcere con pene certe e lunghissime.

Affondare le imbarcazioni in alto mare, appena dopo il salvataggio delle persone a bordo.

A livello militare e di polizia non credo si possa fare davvero molto di piu.

Come avete visto non ho trattato il problema delle operazioni in mare, semplicemente perche’ e’ dovere di chiunque vada per mare intervenire per salvaguardare la vita umana.

Sempre e comunque. A prescindere dal motivo per cui un essere umano si trova per mare.

Non e’ solo questione di rispetto di leggi internazionali.

E’ questione di umanita’. Di solidarieta’ umana.

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