Partito comunista, tornato grillino

[Avvertenza: chi scrive è un appassionato di storia dei partiti italiani nella Prima Repubblica. Se mi lascio andare a giudizi di valore, siete pregati di farmelo notare. In ogni caso, questo articolo è a titolo personale e non rappresenta necessariamente il punto di vista del Movimento dei Caproni]

Beppe Grillo e il suo MoViMento sono stati paragonati, più di una volta, a Mussolini e ai suoi sodali. Sentire il guru gridare “italiani!” fa senz’altro pensare a quel signore di Predappio, ma andando a parlare delle caratteristiche strutturali del M5S, occorre aggiustare il tiro. Che il bacino elettorale pentastellato tragga giovamento dal decomporsi del centro-destra è fuor di dubbio (i famosi “italioti lobotomizzati”, divenuti “italiani che hanno voglia di cambiare” quando hanno votato dalla parte giusta), ma le caratteristiche del partito (perchè un gruppo che candida alle elezioni è un partito, checchè se ne dica) ricordano più il peggio del vecchio PCI e dei partiti comunisti in generale. Vediamo perchè.

  • Espulsioni ingiustificate. Qui per la verità il PCI era decisamente più chiaro: chi non seguiva la linea del Partito era fuori dal Partito. Pajetta avrebbe riso della “democrazia diretta” e del motto “uno vale uno”. Insomma, Tavolazzi non l’avrebbero espulso neppure dal PCI del ’35.
  •  Il culto del capo. La parola del leader è legge. Nel caso del PCI si trattava sopratutto di Palmiro Togliatti, secondo lo stile sovietico. Nel M5S abbiamo Palmiro Grillogliatti, il “capo politico” (come da comunicato). La sua parola è legge: che si tratti di frasi ambigue sulla mafia, insulti generici e attacchi personali, o sono provocazioni pungenti o sono verità assolute. Se non lo capite, siete dei “troll piddini” (versione moderna dei “trozkisti” di sovietica memoria).
  • L’ambigua politica estera. Sono ben note le collusioni del PCI con l’URSS, almeno fino alla morte di Stalin. Nel caso di Grillogliatti, i suoi attestati di stima per quella culla della democrazia liberale che è l’Iran e l’unanime ammirazione degli adepti per maestri di democrazia come Gheddafi e Assad si commentano da soli. Vanno però dette due cose: ai tempi del PCI, la guerra fredda rendeva più o meno necessaria una scelta di campo, mentre l’appoggio che molti grillini darebbero a certi loschi figuri è dettato sopratutto dalla moda populista del momento. Inoltre, i capi comunisti in Russia ci andavano (qualcuno senza essere sicuro di tornare), mentre i pentastellati l’Iran preferiscono guardarlo da Google Earth.
  • Ambiguità democratica. Il PCI fece i conti molto tardi con la famosa “doppiezza togliattiana”: elogiare il totalitarismo stalinista e allo stesso tempo offrire nelle amministrazioni locali italiane un esempio di politica onesta e democratica. I grillini il problema non se lo pongono; la democrazia è per i piddini. La Verità arriva dal blog del leader, la nuova Pravda.
  • L’attacco personale. Questa brutta caratteristica i comunisti la persero (almeno in parte) dopo il XX Congresso del PCUS. Storiche rimangono le sparate contro il “piccolo-borghese Bordiga”, il “trozkista Bucharin” e “l’avvocato fallito Tasca”. Non si giudicavano le idee o le azioni, si preferiva attaccare l’avversario sulla vita privata. La cosa positiva è che, se Berlinguer avesse mandato “affanculo” Aldo Moro sarebbe stato espulso con ignominia. Nel partito di Grillogliatti ogni “vaffanculo” è una medaglia al valore
  • Le elezioni? Andate benissimo. Nel 1948, in aprile, ci fu la disfatta delle sinistre. La Democrazia Cristiana, da sola, prese il 48% dei voti. PCI e PSI, insieme, poco più del 31%. Prima delle elezioni, la linea del Partito era: vinceremo, avremo la maggioranza assoluta, tutto bene. Dopo le elezioni: non potevamo vincere con tutti i partiti contro! E’ andata benissimo. Il popolo è con noi. Le recenti elezioni in Sicilia ripropongono l’identico copione.

Analizzate le similitudini, è giusto fare qualche cenno sulle differenze: il curriculum medio del deputato comunista era: lavoro in fabbrica-carcere fascista-guerra di Spagna-Resistenza-ricostruzione-Costituente. Insomma, “l’inesperienza è un valore aggiunto” un par de palle. Inoltre, il Partito Comunista (e non era l’unico) era sopratutto un contenitore di idee: morto un segretario, le battaglie, giuste o sbagliate che fossero, continuavano. Chissà cosa succederà quando Grillo si ritirerà dalla vita politica.

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