La pazza storia della moneta (e due)

Eravamo rimasti alla fondazione delle banche, le banche furono una specie di punto di non ritorno nell’evoluzione della civiltà umana, con la formalizzazione di quest’istituzione il concetto di moneta in senso stretto (l’oro) perde progressivamente la sua centralità in favore del “credito” e “debito”, rivoluzionando il concetto di risparmio e creando un nuovo valore: l’imprenditorialità.

L’innovazione introdotta dalle banche è quella d’aver unito due cose che fino a quel momento erano considerate inconciliabili : il risparmio e l’investimento. Fin da quando era stato possibile risparmiare (cioè da quando è stata creata la moneta) il risparmio era difficile; era difficile tenere al sicuro la moneta e più se ne conservava, nella propria casa, più si era a rischio di furti e malversazioni… per non parlare dell’invidia, si pensi che tanti spagnoli venivano denunciati alla Sacra Inquisizione perché il denunciante aveva diritto a parte degli averi dell’inquisito (e la Chiesa si teneva il resto). Peggio ancora, essendo la quantità di moneta finita l’aumento del risparmio faceva diminuire la moneta circolante, cosa che produceva una depressione dei consumi e finiva per stozzare le attività commerciali ed industriali, impoverendo la comunità.

Grazie all’introduzione delle banche l’accumulo di moneta non solo smette d’essere un freno per l’economia ma diventa un qualcosa che contribuisce a svilupparla visto che le cifre depositate nelle banche venivano reinvestite continuamente pur restando (nominalmente) al sicuro in banca. Sia chiaro, non sempre gli investimenti andavano a buon fine ma l’interesse chiesto sui prestiti permetteva alle banche di rientrare da eventuali insolvenze mantenendo in vita la banca e dando dei margini di profitto.

Non che i banchieri fossero umanisti in lotta per l’evoluzione della società umana, erano semplicemente persone che pensavano al profitto ed al successo per sé e per la loro famiglia/città/stato, semplicemente in quel caso l’interesse della comunità coincideva con quello dei singoli, cosa che rese  i banchieri ricchi e potenti ben oltre le loro più rosee aspettative. Dopo i secoli “bui” del medioevo in cui la ricchezza era rappresentata mestamente da forzieri stracolmi nelle segrete dei castelli entra il luminoso rinascimento in cui la ricchezza è nelle ariose stanze fiorentine arricchite d’opere d’arte e di manufatti d’arte (frutto di copiosi investimenti tanto in Italia quanto all’estero).

 

La riserva frazionaria ed il signoraggio secondario.

Ma esattamente qual’è il fattore che ha determinato un successo così sconvolgente delle banche ? In buona sostanza il ricorso alla riserva frazionaria (esistente ancora oggi) grazie al quale la banca trattiene solo una minima parte della moneta realmente depositata (quanto necessario per liquidare eventuali prelievi) ed investe il resto.

Nonostante la disponibilità di moneta in un determinato momento sia minima i depositi sono comunque garantiti dalla banca che risponde “personalmente” per le cifre depositate (in pratica l’overbooking applicato alla moneta).

Grazie a questo meccanismo le banche “creano” potere d’acquisto (non moneta) sostituendo, in pratica, il denaro depositato con la “fiducia” riposta nella banca: chi deposita affida i suoi soldi alla banca e la banca gli promette di ridarglieli quando gli serviranno. La quantità di moneta complessiva in circolazione è sempre la stessa solo che la parte depositata in banca viene quasi interamente rimessa in circolo ed è assimilabile a nuova moneta.

Questo è quello che viene infatti chiamato “signoraggio secondario”: mentre il “signore” (l’autorità) crea valore battendo moneta le banche creano valore rimettendo in circolo il risparmio. Ovviamente le banche non hanno il potere di creare moneta per cui è possibile che una banca non riesca a restituire i depositi (e quindi fallisca) portando con sé tutti i depositi dei suoi clienti. Questo è successo, succede e potrà sempre succedere (dal punto di vista teorico) tuttavia, vista l’importanza delle banche per l’economia e la comunità esistono particolari meccanismi interbancari e legislativi per tutelare almeno parzialmente i depositari: ad esempio in Italia tutti i depositi sono garantiti fino a 100.000 euro.

 

Il signoraggio primario ed il gold standard.

Visto che abbiamo parlato del signoraggio secondario torniamo a parlare del signoraggio primario. L’autorità preposta a battere moneta poteva creare potere d’acquisto semplicemente acquistando l’oro ed usandolo per coniare valore, il margine di guadagno per l’autorità era dato dalla differenza di valore fra l’oro acquistato ed il valore delle monete ottenute con quell’oro. Fino a qui è tutta roba già detta.

Poco dopo (uno o due secoli) la fondazione delle banche (che d’ora in poi chiameremo “banche commerciali”) anche l’autorità s’adeguerà e fonderà delle istituzioni che, seppure diverse come funzioni e strumenti, prenderanno anch’esse il nome di “banca”.

Le banche centrali o banche nazionali avranno quindi il potere di signoraggio (la prerogativa di battere moneta) e la gestione delle casse (il tesoro) della comunità. In questa situazione nel tempo avvenne qualcosa di particolare: le banche centrali cominciano ad emettere note di banco di tagli “standard” da utilizzare in sostituzione della moneta vera e propria.

La ragione è abbastanza semplice: è più facile, quando c’è da liquidare una grossa cifra, lavorare con le note di banco che con la moneta vera e propria; se ne parla ad esempio in La roba di Verga dove per pagare le tasse finanche il latifondista Mazzarò, visceralmente attaccato alla moneta (intesa in senso stretto) era costretto, per ragioni di praticità, a servirsi delle banconote.

Inizia così a diffondersi, intorno al XIX secolo il corso della carta-moneta,  parallelo a quello della moneta propriamente detta: note di banco (d’ora in poi banconote) che possono essere scambiate con monete d’oro di pari valore in qualsiasi momento presso qualsiasi sede della banca centrale.

Questo è quello che comunemente viene riferito come gold standard.

In questo sistema la moneta e l’oro in sé è ancora unità di misura per le transazioni ma la praticità ha portato a sostituire, a poco a poco, la moneta in sé con un suo “rappresentante” di carta, che nella mente della popolazione acquista lo stesso valore. Succede così che sempre più spesso la gente compra e vende con le banconote mentre le monete d’oro (e l’oro sfuso) equivalente restano al sicuro nelle sedi della banca centrale: nascono le riserve auree in senso moderno.

 

Dal gold standard alla moneta odierna.

Tutto andò bene per molto tempo ma gli eventi della storia fecero sì che di quando in quando la convertibilità fra banconote ed oro venisse impedita, per legge, in situazioni particolari: in questi casi si parlava di corso forzoso.

Questa cosa, ad esempio, avvenne in Francia dopo la rivoluzione, quando la quantità di beni sequestrati alla Chiesa ed alla nobiltà venne stimata ma si rivelò difficilmente convertibile in valuta: lo Stato emise dei titoli relativi a quelle ricchezze, solo che questi titoli non avendo una convertibilità immediata avevano un potere d’acquisto “fluttuante” (e finivano per valere molto meno del valore d’emissione), potere che variava in base alla semplice legge della domanda e dell’offerta.

Questo come altri erano tentativi estremi di tenere in piedi paesi in crisi ma a poco a poco si vide che con i giusti correttivi l’idea di una moneta non convertibile poteva funzionare e si sviluppò una dottrina che continuò ad essere rivista e perfezionata fino a quando, un giorno, tutti gli Stati abbandonarono la convertibilità dell’oro (questo passaggio iniziò con la conferenza di Bretton Woods del 1944 insieme a tantissime altre innovazioni economiche e commerciali che non discuterò qui).

 

Conseguenze dell’abbandono del gold standard.

Questo è un concetto molto importante nell’evoluzione dell’economia. Quando s’è creata la moneta s’è scelto l’oro perché aveva alcune caratteristiche (quantità limitata, difficilmente contraffabile, resistente alla corrosione ed in genere all’invecchiamento) che oramai potevano essere ottenute con comuni fogli di carta cotone e qualche accorgimento, che senso aveva continuare a trascinarsi dietro l’oro ?

Col gold standard nella pratica a circolare erano quantità di potere d’acquisto rilasciate dalla banca centrale (le monete d’oro o le banconote convertibili in monete d’oro); eliminando la convertibilità a girare sarebbero state le stesse banconote e le stesse monete (magari non d’oro) ed il loro valore, quella quantità di potere d’acquisto che rappresentavano era comunque preservato.

La “durevolezza” dell’oro sulle monete metalliche è facilmente replicabile con le monete in metallo mentre per le banconote le banche centrali semplicemente offrono il servizio (gratuito) di cambio per cui le banconote usurate possono essere scambiate con banconote nuove di pari valore. L’unico aspetto dell’oro che viene a mancare togliendo la convertibilità e la stabilità nelle emissioni di valuta visto che non essendoci più la disponibilità dell’oro a “frenare” l’emissione sarebbe facile ed economico stampare quantità enormi di banconote.

 

Prerogative della banca centrale.

Non essendoci miniere di “lire”, “euro” o “dollari” la “quantità limitata” di moneta non dipende dalla scarsa disponibilità in natura ma da una precisa politica della banca centrale che è l’unica (in quanto “proprietaria” della prerogativa di signoraggio) che ha il diritto di stampare le proprie banconote.

Questo è importante perché si vede immediatamente la similitudine col passato… quando dal nuovo continente arrivò in Spagna una quantità impressionante d’oro quello che avvenne non fu un generalizzato arricchimento ma l’inflazione: c’era così tanto oro che essendo i beni legati al meccanismo domanda-offerta i prezzi salirono per adeguarsi, analogamente la stampa di grosse quantità di denaro produce, in condizioni simili, un equivalente inflazione con impoverimento dei risparmiatori.

Di contro la carenza di valuta fa stagnare i mercati e provoca l’impoverimento della comunità. In questo però la banca centrale ha un vantaggio nel non dipendere dall’oro: ha due strumenti (prestiti ed emissione di valuta) per cercare di mantenere in equilibrio il mercato.

Sì perché la banca centrale potendolo stampare presta denaro (ovviamente con un interesse); i destinatari di questi prestiti sono le banche commerciali che a loro volta usano il denaro prestato per mantenere in attivo l’economia. In questo c’è una cosa importante da dire: la banca centrale presta con un interesse molto basso mentre le banche commerciali (che ricevono i prestiti dalla banca centrale) hanno interessi notevolmente più alti, questo perché ci si aspetta che le banca commerciali restituiscano sempre i prestiti mentre le banche commerciali sanno bene che una parte dei prestiti fatti non verrà restituita. La “forbice” fra i due interessi è quindi di tutela e serve a mantenere solvente la banca.

Quando c’è troppa liquidità per evitare l’inflazione la banca nazionale può alzare gli interessi sui prestiti, quando c’è poca valuta può abbassare gli interessi o emettere nuova valuta. Le banche commerciali “completano” e complementano la banca centrale.

 

Cos’è una moneta oggi ?

Rimane sempre valido l’assunto che la moneta (o la valuta, fate voi) è sempre una rappresentazione di una quantità di potere d’acquisto.

Partiamo da principio, in uno stato le leggi sono fatte in modo da incoraggiare gli scambi nella valuta “locale” e scoraggiare tutti gli altri scambi, inoltre lo stato pretende che le tasse vengano pagate nella valuta “locale” e paga con la stessa valuta. In questa maniera si crea un circolo in cui i cittadini sono portati a procurarsi continuamente valuta locale, cosa che crea domanda e quindi da valore alla valuta stessa. Gli stati falliti infatti sono sostanzialmente quelli in cui gli scambi interni non avvengono più nella valuta nazionale ma con una valuta straniera, prova che lo Stato in sé non ha più il potere d’imporre la propria valuta.

Possiamo quindi dire che una moneta è un progetto, una specie di patto fra la banca centrale ed i cittadini: io ti do questo “gettone” che ha un certo valore e tu lo usi, ed io in cambio dei diritti che ho su di esso (quelli di poter gestire gli aspetti relativi all’emissione) t’assicuro una certa stabilità del suo potere d’acquisto.

E’il caso della FED (la banca centrale statunitense) e della BCE (la banca centrale europea): ambedue emettono moneta ed ambedue hanno degli obiettivi (contenimento dell’inflazione per la BCE, contenimento dell’inflazione e massimizzazione dell’occupazione per la FED) che cercano d’assicurare sfruttando le loro prerogative e le leve che hanno sulle banche commerciali e sugli stati che usano le loro valute.

 

E l’oro delle riserve auree ?

L’oro, svincolato dal suo valore di moneta continua ad avere un suo “status symbol” tant’è che è considerato un “bene rifugio” ed ha un suo valore che dipende dal solito meccanismo di domanda-offerta. Le banche nazionali hanno ingenti quantità d’oro che gli derivano da quando l’oro era ancora in sé “moneta” e lo usano pur spostandolo pochissimo dalle proprie riserve.

Fatta salva infatti una piccola quantità che viene venduta al dettaglio (per usi metallurgici o per la produzione di preziosi) l’oro delle banche nazionali è usato (in forza del suo “valore”) come assicurazione sui prestiti (della banca centrale stessa o dello Stato, dipende da chi ne detiene nominalmente la proprietà) e, di quando in quando, venduto.

Non che l’oro venduto lasci tanto facilmente la riserva aurea, spesso rimane fisicamente dov’è ed a muoversi è solo il certificato di proprietà… ma come abbiamo visto tanto basta per commerciare.

 

Disclaimer.

Quanto detto è una rozza esemplificazione in base a quel che so ed a quel che ho capito, è facile che qua e la ci sia qualche errore o imprecisione ma in generale il discorso è quello e funziona.

C’è una prima parte di questo “articolo” e forse ci sarà una terza parte che parla anche di debito pubblico e simili, ma per ora mi pare che di carne al fuoco ce ne sia abbastanza.

 

G.D.E.

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