Il Valore Percepito

Nei commenti dell’articolo precedente sono emerse una serie di interessanti discussioni sul valore reale degli oggetti, su cosa lo determini, e sul perché il mercato produca una fascia media di prodotti di bassa qualità. Prendendo come spunto queste domande, nell’articolo di oggi, cercherò di spiegare come un oggetto non venga valutato per il suo valore intrinseco di (tecnica e materiali) quanto per il suo valore psicologico, e come questo assuma una importanza politica.

Prima di continuare mi tocca usare un RANDWARNING! (Ovvero la versione Libertaria di un CIWARNING)

Nell’articolo farò riferimento a von Mises: se non condividete in toto le sue idee non bollate a priori anche il mio articolo, anzi cerchiamo di discutere solo dei punti in oggetto senza divagare sulle diverse filosofie economiche.

L’Economia come studio psicologico

A mio parere l’errore più grande che si può fare studiando e ragionando di economia è percepirla come una materia puramente teorica basata su leggi immutabili, su numeri, e su meccaniche verificabili: questo tipo di logica può funzionare per la definizione delle regole macroeconomiche, ma fallisce miseramente quando si cerca di applicare quelle regole alla microeconomia dove si comincia a considerare la psicologia umana.

Ma l’economia non è divisa tra macro e micro: i prodotti che decidiamo di mettere nel carrello vanno infatti a determinare – una volta allargato lo sguardo ad una visione d’insieme – la macroeconomia, e quindi se entrano in gioco fattori psicologici nella singola transazione economica, allora non possiamo creare leggi macroeconomiche affidabili senza tenere conto della psicologia umana, in particolare della psicologia delle masse e le dinamiche dei gruppi.

Ludwig von Mises fu il primo a ribaltare il concetto dell’economia arrivando ad intenderla come la parte della psicologia che investiga il comportamento umano in una condizione di scarsità. I lavori di Mises, e in generale le teorie della scuola Austriaca che si concentra sull’individuo e sulle sue scelte.

Partendo da questi presupposti andiamo a vedere un paio di concetti interessanti emersi dalla scuola Austriaca

Il valore soggettivo

La teoria economia classica vorrebbe che il valore di un oggetto equivalga al valore delle ore lavorate per ottenere quell’oggetto, ovvero le ore necessarie per la materia prima, la progettazione, la lavorazione, la distribuzione, e così via. Secondo la teoria del valore soggettivo invece un oggetto vale in base a quanto sia in grado di rispondere ai miei personali desideri e necessità.

Questo crea un interessante meccanismo teorico: in uno scambio economico libero entrambi percepiamo un maggiore valore nella merce che stiamo scambiando. Chi scambia un bene con del denaro infatti vorrà abbastanza soldi da giustificare la cessione del bene, mentre chi acquista il bene sarà disposto a spendere determinati soldi. In uno scambio economico libero quindi a livello teorico entrambe le parti ricavano del valore in più rispetto a quello che avevano in partenza; quindi all’aumento delle transazioni aumenta il valore totale del sistema dato che ogni cosa va al suo posto, ogni prodotto va a coprire una necessità. Un gioco basato su questa teoria dell’aumento del valore con gli scambi è la storia della graffetta rossa.

L’utilità marginale

Sei affamato, quindi decidi di comprare un enorme panino, tipo quelli di Poldo: il primo boccone lo mangi con estremo gusto, si scioglie in bocca, e pensi probabilmente che sia la cosa migliore che hai mai assaggiato in vita tua. Mano a mano che vai avanti il panino comincia a pesarti sullo stomaco, e ogni boccone sembra meno gustoso, puoi addirittura arrivare al punto di lasciarne un pezzo nel piatto perché ti è passata la fame.

Questa è l’utilità marginale: il valore percepito di quello che consumiamo diminuisce fino ad arrivare a zero quando siamo sazi. Questa è la ragione per cui gli all you can eat riescono a sopravvivere economicamente, naturalmente a patto che non esista Homer Simpson.

Quanto costa al produttore incrementare l’utilità di un prodotto? Quanto costa fare un panino più grosso? Un treno più veloce? Un orologio più preciso?

L’incremento dell’utilità generale di un prodotto deve generare una utilità marginale sufficientemente alta da poter giustificare l’incremento di prezzo che il mio potenziale cliente (che può essere povero o ricco) è disposto a pagare.

Secondo questo tipo di meccanismo molti treni ad alta velocità perdono completamente valore: un costo totale di costruzione enorme per guadagnare qualche minuto su un viaggio, ovvero un valore marginale quasi del tutto nullo dato che la percezione del tempo varia a seconda delle attività che stiamo facendo.

E dato che stiamo parlando di tempo…

Il tempo è denaro: ma come percepiamo il tempo

A nessuno piace perdere tempo: stare in coda, stare su un mezzo pubblico bloccato nel traffico, stare su una banchina ad attendere il treno. Per questa ragione quando aspettiamo un mezzo siamo rassicurati se c’è un tabellone con gli orari, o ancora meglio un display con il tempo di attesa: la nostra percezione di una attesa infatti migliore se sappiamo per quanto a lungo dovremo attendere, e se gli orari sono rispettati, mentre ogni minuto di ritardo è terribile: nella nostra percezione è molto meglio un mezzo puntuale che impieghi un’ora di un mezzo che impiega mezz’ora ma ritarda di un’altra mezz’ora.

Il valore del marketing

Le poste inglesi riescono a consegnare il 98% delle raccomandate entro il giorno successivo, ma decisero che non era sufficiente e provarono ad arrivare al 99%. Lo sforzo organizzativo e logistico fu immane e naturalmente dopo un po’ lasciarono perdere: se però chiedi ad un inglese qualunque qual’è la percentuale di raccomandate consegnate il giorno dopo ti dirà 50%.

Il dato reale misurabile infatti è – nella percezione personale – solo uno degli elementi che purtroppo forma il nostro giudizio: per questa ragione gli elettori del movimento son convinti che #vinconoloro: perché si circondano di persone con le loro idee, perché con la loro insistenza le persone con idee diverse smettono di invitarli a cena, perché sono convinti che chi non la pensi come loro sia un venduto. E se volete lo stesso ragionamento lo possiamo rivolgere alla stalla, perché occorre avere sempre l’umiltà di riconoscere di non essere le uniche persone al mondo in grado di elaborare giudizi razionali.

In questo spazio tra realtà oggettiva e realtà percepita ci si infila il marketing che aumentare il valore percepito di un oggetto da parte della massa, o di un gruppo.

Il ragionamento politico

E qui entra l’applicazione politica di quanto detto qua sopra: lo stato chiede dei soldi come tasse, questi soldi ci vengono in diversi modi prelevati e scompaiono dalla nostra vista. Non siamo in grado di percepire il valore di questi soldi: non sappiamo (ovvero se avete un grafico a torta preciso per favore condividetelo) quanti di questi soldi vanno in armi, e quindi gli F35 ci sembrano uno spreco; quanti vanno alla macchina politica, e quindi gli stipendi dei parlamentari ci sembrano uno spreco; quanti vanno nelle grandi opere, e quindi la TAV ci sembra uno spreco…

Le tasse sono uno scambio economico obbligatorio del quale non percepiamo il valore: se analizzate i programmi politici Grillini fino alla loro essenza alla fine è questo che vogliono veicolare: creare da una parte una macchina politica che si mangia meno soldi e dall’altra un sistema di democrazia diretta in cui ognuno ha il controllo sui soldi delle sue tasse.

Attenzione: avere il controllo non vuol dire esercitare il controllo ma avere la percezione del controllo.

Ovvero è l’esatta stessa cosa del tabellone con il tempo di attesa di un mezzo pubblico: hai la percezione di avere controllo sul tempo di attesa, non hai nessun modo per far arrivare l’autobus prima, ma sei rassicurato che sta andando tutto bene, è tutto trasparente, è tutto in streaming, hai ancora una possibilità, e se tutti accendiamo una luce possiamo allontanare le tenebre.

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