Il Sutra del Diamante commentato dal maestro Han Shan. Parte 1/2.

Si parla qui dello Vajracchedika-Prajna-Paramita Sutra, meglio conosciuto come il Sutra del Diamante (Nome completo: Sutra della Perfetta Saggezza di Diamante) ed in particolare qui si riporta il “Tagliadubbi di Diamante”, cioè il sutra stesso commentato dall’illuminato maestro Han Shan, nato nel 1546 in Cina sotto la dinastia Ming. Invito i lettori ad acquistare il libro “Ch’an e Zen” – Edizioni Mediterranee che espone in maniera ben più completa quanto verrà qui scritto, oltre ad avere altri numerosi e significativi contenuti.
Questo testo che possiede un insegnamento di natura molto profonda e sottile, tanto che sono pochi coloro che lo intendono perfettamente, è particolarmente importante per la scuola Ch’an o Zen.
E’ quindi un Sutra Mahayana, ed infatti si leggerà a più riprese come esso consideri gli altri insegnamenti come transitori e destinati ad essere una preparazione alla dottrina ben più profonda dello Mahayana.
Vorrei aggiungere che non di rado coloro che comprendono anche solamente in parte la profonda saggezza di questo sutra divengono commossi fino alle lacrime.
Personalmente lo amo particolarmente perché indica direttamente la natura del Dharma senza dilungarsi, usare metafore, abbellimenti od intenti educativi.
Inoltre è un sutra che prende in considerazione donne virtuose così come uomini virtuosi, un segno del marcato egualitarismo nel Mahayana che si rivolge in maniera maggiormente paritaria sia ai monaci che ai laici di ogni estrazione e sesso.
Ovviamente ogni frase va soppesata e ponderata accuratamente proprio per i motivi sopra citati, tanto che non mi sento di raccomandare esattamente questo testo a tutti: avere recepito gli insegnamenti iniziali del Buddhismo ed averli meditati almeno per un po’ di tempo in modo da averne per lo meno una comprensione intuitiva è secondo me un prerequisito alla lettura di questo sutra.
Il testo, che è stato il primo sutra ad essere stato stampato con data certa – l’868 – nella storia, viene spesso frazionato in maniera errata in 32 capitoli e sottotitoli, cosa che qui nel commentario del 1616 non è applicata, mentre viene rispettata la suddivisione in due tronconi dello scritto: nella prima parte vengono spezzate da parte del Buddha le concezioni errate grossolane di Subuthi, e nella seconda, con spesso un riproporsi sotto una nuova luce dei medesimi temi, quelle più sottili e difficili da rintracciare nella propria mente e che sono divenute accessibili proprio grazie alla prima parte dell’insegnamento.
Così spesso le apparentemente inutili ripetizioni o contraddizioni nel testo hanno un ben preciso intento comunicativo della Prajna o saggezza inerente agli esseri.
In particolare  mentre è facile capire cosa siano le discriminazioni grossolane: il credere nell’esistenza delle cose, di una vita, di un io; è più difficile accorgersi che quelle sottili sono le medesime illusioni, ma trasferite per il desiderio dell’ego di conservarsi, al Dharma od Assoluto stesso: si può erroneamente credere che l’Assoluto sia dotato di una esistenza, una personalità, che naturalmente sono i propri; oppure che il proprio ego, le cose,  possano sussitere al suo interno “sub specie aeternitatis”.
Il superamento delle prime permette il raggiungimento di quello stato di beatitudine e calma immobile che deve essere ancora abbandonato per giungere col padroneggiare la seconda parte del sutra alla Prajna completa.
La comprensione del sutra è resa ancora più difficile dato che il Buddha poteva intuire i dubbi e le domande del suo interlocutore Subhuti e ad essi rispondeva senza nemmeno che questi fossero coerentemente espressi.
In questo commentario questi interrogativi sono resi evidenti, cosa che rende possibile al lettore una più facile interiorizzazione dei contenuti.
Han Shan introduce il testo vero e proprio asserendo che mentre da tempo numerosi discepoli nutrivano dubbi sul Buddha e sul suo insegnamento, un giorno fortunato Subhuti percepì nel Buddha qualcosa di straordinario ed all’improvviso lo lodò. L’onorato usò i dubbi del suo interlocutore per reciderli e rivelargli la sua vera Mente di Diamante, operando così anche a beneficio di tutti i presenti.
Il commentatore afferma che tali dubbi si possono raggruppare in tre categorie principali: dubbio su colui che espone, dubbio sul Dharma e dubbio sulle proprie capacità. Vedremo presto come questi sorsero e come il Buddha li risolse.
Le parti in corsivo sono il commento al sutra del settantenne Han Shan che è qui riportato in maniera ridotta.
Ripeto l’invito ad acquistare il libro che è davvero assai bello e contiene molti altri scritti interessantissimi, buona lettura.

Note:
– Il termine Dharma può significare di volta in volta la parola “cosa”, “legge, dottrina od azione morale” e lo stesso Assoluto.
– Riguardo i tre corpi del Buddha: corpo fisico o Rupa-kaya; corpo mentale o del merito o Sambhoga-kaya, ed essenziale o Dharma-kaya. Questi vengono spesso usati come sostantivi della realtà fisica, sottile o della mente, ed Assoluta.
– Se alcuni termini fossero sconosciuti, provate a consultare il glossario del sito.

INIZIO DEL SUTRA

Così io ho udito. Una volta il Buddha soggiornò nel giardino di Jetavana nei pressi di Sravasti con un’ assemblea di 1250 bhiksu (Monaci).
Un giorno all’ora del pasto l’Onoratissimo indossò la sua veste, prese la sua ciotola ed entrò nella grande città di Sravasti per mendicare un po’ di cibo. Dopo aver mendicato di porta in porta egli ritornò. Quando ebbe consumato il Suo pasto, ripose la veste e la ciotola, si lavò i piedi, riordinò il suo seggio e sedette.
A quell’epoca l’anziano Subuthi, che era nell’assemblea, si alzò dal suo seggio, si scoprì la spalla destra, si inginocchiò sul ginocchio destro, giunse rispettosamente le palme delle mani e disse al Buddha: E’ eccezionale, Onoratissimo!

Le attività quotidiane del Tathagata (Titolo del Buddha) erano simili a quelle di altri uomini, ma una cosa era diversa. Quel giorno Subhuti lo scoprì e lo lodò.
Ahimè il Thatagata era da 30 anni con i suoi discepoli ed essi non sapevano ancora nulla dei suoi comuni atti. Poiché non sapevano, pensavano che fossero atti comuni e li lasciavano passare inosservati. Essi pensavano soltanto che egli fosse simile ad altri e perciò sospettavano e non credevano ciò che egli diceva. Se Subuthi non avesse inteso chiaramente, nessuno avrebbe conosciuto veramente il Buddha.


Come il Thatagata protegge e provvede a tutti i Bodhisattva; come bene istruisce tutti i Bodhisattva.

Subuthi lodò il Buddha per questa sua rara qualità, perché egli vide la bontà del suo cuore.
I Bodhisattva erano i discepoli che studiavano la sua dottrina. Erano esattamente coloro che in precedenza avevano la mente Hinayana e incominciavano a sviluppare la mente Mahayana; erano tutti Bodhisattva le cui menti erano turbate dalla concezione del vuoto.

Onoratissimo, quando uomini e donne virtuosi sviluppano la mente della suprema illuminazione, come debbono dimorare le loro menti e come debbono essere domate?

Subuthi chiedeva i mezzi per acquietare la mente. Quando le menti dei discepoli dimoravano nel Hinayana, essi accettavano di salvare soltanto sé stessi, ma non pensavano a salvare tutti gli esseri viventi. Perciò le loro menti erano limitate. Ora dopo vent’anni dell’insegnamento del Buddha essi venivano chiamati esseri dalla mente vasta ed erano Bodhisattva. Era stato ingiunto loro di convertire tutti gli esseri di quaggiù per ricercare il frutto del Buddha lassù. Subhuti già credeva nella Mente-Buddha, ma vedeva nuovi Bodhisattva che avevano appena iniziato a sviluppare la mente vasta d’un Bodhisattva e non erano ancora destati al vuoto relativo così come lo concepivano prima. In precedenza le loro menti potevano aggrapparsi al nirvana del Hinayana per dimorarvi serenamente. Ora essi avevano abbandonato la precedente concezione del vuoto unilaterale, ma non avevano ancora raggiunto il vero vuoto. Perciò quando procedevano oltre non acquisivano nessuna esperienza nuova, e quando tornavano indietro perdevano la loro vecchia dimora. Essi erano perciò chiamati Bodhisattva le cui menti erano turbate dalla concezione del vuoto. Poiché usavano aggrapparsi ai nomi e alle parole essi conservavano ancora la falsa convinzione che vi fosse una reale dimora e che vi fosse veramente un frutto del Buddha da ricercare. Perciò essi pensavano di dover ricercare un frutto del Buddha in cui dimorare. Poiché veniva loro chiesto di convertire tutti gli esseri viventi per poter ottenere il frutto del Buddha, essi dovevano salvare tutti gli esseri viventi prima di poter diventare Buddha essi stessi. Ora essi vedevano innumerevoli esseri viventi e si chiedevano quando tutti quegli esseri viventi sarebbero stati salvati, poiché l’universo non si sarebbe mai vuotato di quegli esseri. Perciò Subhuti deliberatamente sollecitò per loro i mezzi appropriati in modo che le loro menti potessero dimorare nella pace. Tutta l’assemblea aveva riconosciuto che l’Onoratissimo aveva già conseguito il frutto dell’illuminazione. Subuthi aveva visto che la sua mente era serena ed in pace, mentre le menti di coloro che erano decisi a ricercare il frutto del Buddha erano tuttora turbate.
Circa il modo di acquietare la mente un esempio si può trovare nel dialogo fra Bodhidharma ed il Secondo Patriarca Ch’an che era il suo assistente e che sollecitò da lui il mezzo per acquietare la propria mente. Bodhidharma rispose: Portami la tua mente, così che io possa acquietarla. Il Secondo Patriarca disse: Io non posso trovare la mia mente. E Bodhidharma: rispose: Ora ho acquietato la tua mente. Nella scuola Ch’an (Zen in Giappone) fu sufficiente una parola, e questa fu la dottrina Ch’an. Ora l’Onoratissimo parlò di tanti metodi per acquietare la mente, perché il suo cuore era pieno di compassione. Questa fu la scuola dell’insegnamento. In fondo si trattava soltanto della ricerca della mente che non poteva essere trovata.
Il Sutra del Diamante perciò non è un sutra di parole profferite e scritte e non deve essere considerato tale. Il suo significato meraviglioso è al di fuori delle parole.

Il Buddha disse: Eccellente, eccellente o Subhuti! Così come tu dici il Thatagata protegge cura ed istruisce così bene i Bodhisattva. Ora ascolta attentamente ed io ti dirò come le menti di uomini e di donne virtuosi che sviluppano la mente dell’illuminazione suprema debbano dimorarvi ed essere domate.

Nella sua risposta il Buddha intendeva dire che i Bodhisattva i quali desideravano acquietare le loro menti per diventare essi stessi Buddha, non dovevano ricercare altro che la Sua mente che come Subhuti aveva inteso proteggeva, curava e istruiva. Così le loro menti si sarebbero acquietate e non vi sarebbe stata necessità di domarle.

Subuthi rispose: Oh sì Onoratissimo, sarò lieto di udire le tue istruzioni.

Subhuti disse sì perché ora credeva nella Mente-Buddha. Poiché egli aveva già visto la Mente-Buddha pareva non vi fosse bisogno di un ulteriore insegnamento, ma poiché gli altri Bodhisattva non lo sapevano, egli era lieto di udire tale insegnamento, perché quei Bodhisattva avessero la possibilità di conoscerlo a loro volta.

Il Buddha disse: Subhuti, tutti i Bodhisattva e i Mahasattva (Bodhisattva perfetto) devono domare le loro menti in questo modo.

Subhuti chiese due cose: come doveva dimorare la mente e come si doveva domarla. Ora invece il Buddha parlava soltanto del modo di domare la mente e non diceva nulla di come doveva dimorare.
Poiché erano uomini del mondo, Sravaka e Pratyeka si aggrappavano all’idea del dimorare a causa delle false abitudini acquisite attraverso l’uso di nomi e di termini, e poiché ora essi erano risoluti ad entrare nel Mahayana era molto importante per prima cosa eliminare tali false abitudini, perché né gli esseri viventi né il Nirvana sono reali, essendo gli uni e l’altro inesistenti ed avendo come unica sostanza nomi e termini. Una volta che nomi e termini fossero stati spazzati via, le loro false abitudini sarebbero scomparse completamente e la mente sarebbe divenuta automaticamente calma e serena, e in questo modo non sarebbe stato necessario domarla e sottometterla. Perciò il Buddha insegnò loro solamente come domare le loro menti e non disse nulla a proposito del mantenerla nel silenzio e nell’immobilità, per non riportare in vita queste false abitudini. Poiché il Buddha non vincolava gli altri ad un Dharma prefissato, egli non parlò del dimorare nel silenzio e nell’immobilità.

Tutti gli esseri viventi nati dagli uteri, dall’umidità o per trasformazione, con o senza forma, capaci o incapaci di pensiero, o né capaci né incapaci di pensiero, tutti sono guidati da me al nirvana finale, per l’estinzione della reincarnazione. Sebbene innumerevoli esseri viventi vengano così guidati al Nirvana finale per l’estinzione della reincarnazione, è vero che neppure un solo essere vivente vi è guidato. E perché questo Subhuti? Perché se un Bodhisattva si aggrappa ancora alla falsa nozione di un ego, di un essere e di una vita, non è un vero Bodhisattva.

Nonostante il numero incalcolabile di esseri viventi, ve ne sono soltanto 12 categorie. Un attento esame di queste 12 categorie conduce alla loro classificazione in 4 gruppi, come esposto qui sopra nel sutra. Questi 4 gruppi di nascite comprendono soltanto 2 dharma, cioè Forma (o il materiale) e Mente ( o l’immateriale). Il dharma della forma comprende i regni della Forma e della non-Forma, il dharma della mente comprende il Pensiero e il non-Pensiero. Se vengono estesi più oltre questi dharma comprendono anche i regni dell’assenza della Forma e della non-Forma, e dell’assenza del Pensiero e del non-Pensiero. Perciò queste dodici categorie comprendono l’intero regno di tutti gli esseri viventi, ed il loro numero non è grande. Inoltre essi sono chiamati esseri viventi le cui forme e menti si muovono nel mondo dei fenomeni. Poiché essi sono fenomeni, questi esseri viventi sono fondamentalmente non-esistenti. Poiché sono tali, falsamente sono considerati come esistenti. Se essi sono considerati come non-esistenti sono fondamentalmente nella condizione di talità (Buthatatathata). Poiché sono nello stato di Buthatatathata essi sono tutti nella condizione di nirvana finale.
Vimalakirti ha detto: Tutti gli esseri viventi sono fondamentalmente nello stato di calma e di estinzione (della reincarnazione, cioè nel nirvana) e non possono essere acquietati o diventare ancora più estinti. Così quando innumerevoli esseri venivano liberati, in realtà nessuno veniva liberato. E questo perché? Perché fondamentalmente non esiste alcun ego. L’idea di un ego conduce a quella d’una personalità, e l’idea d’una personalità è quella di un essere e di una vita. Colui che conserva queste quattro nozioni non può essere chiamato Bodhisattva; e come può parlare di salvare gli esseri viventi?

Dubbio inespresso – Il Buddha insegnò ai Bodhisattva a salvare gli esseri viventi, soprattutto per mezzo della carità o dell’elemosina (Dana). Coloro che ricevevano le elemosine erano tutti esseri viventi. Ora secondo il Suo insegnamento tutti gli esseri viventi sono non-esistenti; perciò, se vengono date elemosine, chi le riceverà? Nel seguente paragrafo il Buddha dice che un Bodhisattva, dando elemosine, non deve aggrapparsi alla falsa nozione di esseri viventi.

Inoltre Subuthi, la mente di un Bodhisattva non dovrebbe dimorare in alcun luogo quando dona elemosine; vale a dire egli deve donare senza una mente che dimora nella forma, e deve donare senza una mente che dimora nel suono, o nell’odorato, o nel gusto, o nel tatto o nelle cose. Subuthi, in questo modo un Bodhisattva deve donare elemosine senza una mente che dimora in false nozioni di forma (laksana).

Il Buddha spazzò via un dubbio originato dal fatto che il discepolo si aggrappava alle apparenze (laksana).

Dubbio – Se la mente non dimora nelle forme (laksana), come possono esservi meriti? Nel paragrafo seguente del sutra viene risposto che i meriti sono tanto più grandi quando è eliminato l’attaccamento alle forme.

Perché? Perché se la mente di un Bodhisattva non dimora nelle forme quando pratica la carità (dana), il suo merito sarà inconcepibile e incommensurabile. Subuthi, che cosa pensi? Riesci tu a pensare ed a misurare l’ampiezza dello spazio nell’Est?
Non posso, Onoratissimo!
Subuthi, quando un Bodhisattva pratica la carità senza una mente che dimori nelle forme, il suo merito è altrettanto inconcepibile e incommensurabile.

L’Onoratissimo giustamente additò il merito più grande derivato dalla pratica della carità senza attaccamento alle forme, per acquietare la mente di Subhuti. Se la carità viene praticata mentre la mente si aggrappa alle forme, questo atto sarà da esse condizionato, e poiché le forme degli esseri viventi sono insignificanti quanto una particella di polvere, se anche viene conseguito qualche merito, quanto sarà grande? Quando invece la carità è praticata per il bene degli esseri viventi, non si vedrà né il donatore, né il ricevente, né il dono, perciò la triplice condizione (della ruota dell’esistenza condizionata) non si realizza e non vi sono forme cui la mente si può aggrappare. Il merito ottenuto in questo modo, senza attaccamento alle forme, è inestimabile, e viene paragonato allo spazio immenso.

Subuthi, la mente di un Bodhisattva deve dimorare COSI’, come insegnato.

La precedente domanda intende acquietare la mente che non dimora nel silenzio e nell’immobilità. L’Onoratissimo insegnò il metodo, che consiste essenzialmente nel considerare la non-esistenza di un ego. Quando la concezione di un ego e di una personalità è stata eliminata, la mente è nello stato di Nirvana. Gli esseri viventi divengono calmi e liberi. Non appena tutti gli esseri viventi sono acquietati, non vi è più necessità di ricercare lo stato di Buddha.
Così la mente che ricercava è posta in stato di quiete; ogni desiderio di afferrare e di respingere scomparirà; essendo vuoto l’interno e l’esterno, la Mente Una rimane immutabile. Per questo, il Buddha usò la parola COSI’.

Dubbio – Il donare elemosine, il compiere azioni virtuose e la conversione degli esseri viventi di quaggiù hanno un unico scopo, la ricerca del frutto del Buddha lassù. Ora, se gli esseri viventi sono non-esistenti, e la triplice condizione è estinta, la causa sarà fittizia. Perciò, come può una causa senza forma condurre ad un frutto che ha forma? Inoltre il corpo del Tathagata era chiaramente visibile e non era certamente ottenuto da una causa priva di forma. Poiché questo portava a percepire il Tathagata per mezzo di forme, il Buddha spazzò via questo nuovo dubbio:

Subuthi, che cosa pensi? Può il Tathagata essere veduto per mezzo della Sua forma corporea?
No, Onoratissimo, il Tathagata non può essere veduto per mezzo della Sua forma corporea. Perché? Perché quando il Tathagata parla di forma corporea, non è forma reale.
Il Buddha disse a Subuthi: Tutto ciò che ha forma è irreale; se tutte le forme vengono vedute come irreali, si percepirà il Tathagata.

Il Buddha indicò direttamente l’atto profondissimo di percepire il nulla dei fenomeni. Quando Subuthi udì parlare di una causa che non aveva forma, nutrì un dubbio circa una causa senza forma, per mezzo della quale non gli pareva possibile che si potesse ottenere il frutto del Buddha, che aveva forma. Egli vedeva perciò il Tathagata per mezzo della forma e si aggrappava alla forma del Corpo di trasformazione del Buddha (Nirmana-kaya). Questa era la causa della sua incapacità di percepire la vera sostanza del Dharma-kaya (Il corpo nella sua Natura Essenziale, solo i Buddha possono vederlo). Ecco perché il Buddha indicò la necessità di non percepire il Tathagata (Titolo dei Buddha) per mezzo della forma, poiché il corpo di cui il Buddha parlava era in realtà il suo Dharma-kaya.
Appare così chiaro che una causa priva di forme collima esattamente con un frutto privo di forma.

Dubbio – E’ molto difficile credere e spiegare il significato della dottrina di una causa senza forma che collima con un frutto senza forma, poiché è una dottrina molto profonda.

Subuthi disse al Buddha: Onoratissimo, vi saranno esseri viventi che potranno sviluppare una vera fede in queste parole, in queste frasi e in questi capitoli, quando verranno a loro esposti?
Il Buddha disse: Subuthi, non parlare così. Negli ultimi 500 anni, dopo il trapasso finale del Tathagata, vi saranno coloro che osserveranno le regole della morale e compieranno buone azioni che produrranno benedizioni. Costoro riusciranno a sviluppare una fede in queste frasi che considereranno incarnazioni della Verità. Tu devi sapere che essi non avranno piantato buone radici soltanto in una, due, tre quattro o cinque terre del Buddha. Essi avranno piantato tali radici in innumerevoli migliaia e miriadi di terre del Buddha. Udendo queste frasi, sorgerà in loro un unico pensiero di pura fede. Subuthi, il Tathagata sa e vede tutto; gli esseri viventi acquisteranno così meriti incommensurabili. Perché? Perché essi avranno spazzato via le false nozioni di un ego, d’una personalità, di un essere e di una vita, del Dharma e del Non-Dharma. Perché? Perchè se le loro menti si aggrappano alla forma, essi continueranno ad afferrarsi alla nozione di un ego, di una personalità, di un essere e di una vita. Perché? Perché se le loro menti si aggrappano al Non-Dharma, continueranno ad aggrapparsi alla nozione di un ego, di una personalità, di un essere e di una vita. Perciò, non si deve afferrare e conservare la nozione di Dharma né quella di Non-Dharma. Ecco perché il Tathagata ha sempre detto: O voi Bhiksu (Monaci), sappiate che il Dharma che io espongo è paragonato ad una zattera. Persino il Dharma può essere posto da parte: a maggior ragione, non potrà essere posto da parte il Non-Dharma?

Dubbio – Quando Subuthi udì che il Buddha non aveva forma fisica e che il Dharma doveva essere abbandonato, un altro dubbio si levò nella sua mente: Se tanto il Buddha che il Dharma non avevano forma, allora non esisteva né Buddha né Dharma; ma perché allora il Buddha era stato visto conseguire l’illuminazione ed esporre il Dharma? Come si poteva affermare che non vi era né Buddha né Dharma? Così egli pensò che vi fosse contraddizione nel Suo dire.

Subuthi, che cosa pensi? Il Tathagata ha veramente conseguito l’Illuminazione Suprema (Anubodhi)? Il Tathagata espone veramente il Dharma?
Subuthi rispose: Così come io intendo il significato dell’insegnamento del Buddha, non vi è alcun Dharma fisso chiamato Illuminazione Suprema e non vi è ugualmente alcun Dharma fisso che il Tathagata può esporre. Perché? Perché il Dharma che il Tathagata espone non può essere afferrato e non può essere espresso: non è Dharma né Non-Dharma. Perchè questo? Tutti i Bhadra (esseri noti per la loro bontà, ma ancora di condizione umana) e gli Arya (esseri noti per la loro saggezza, essi trascendono i primi) differiscono a causa del Dharma Eterno (Asamskrta).

Ciò spazzò via la conoscenza e la visione tanto del Buddha quanto del Dharma. Poiché nella mente di Subuthi era sorta la tacita concezione di Buddha e di Dharma, il Buddha, per spezzare tale falsa concezione, lo chiamò e gli chiese: Cosa pensi? Questo significava: Che cosa sta discriminando la tua mente? Queste domande erano formulate per mettere alla prova Subuthi, il quale comprese l’insegnamento del Buddha e confermò il proprio risveglio dichiarando che non vi era alcun Dharma fisso chiamato illuminazione (Bodhi) e che il Tathagata non poteva esporlo. Tutti i Bhadra e gli Arya, incluso lo stesso Tathagata differivano a causa del Dharma Eterno (Asamskrta). Perciò non ci si deve afferrare a nulla. L’esposizione di ciò che è temporale per rivelare l’Assoluto era quindi già cominciata.

Dubbio – Subuthi aveva compreso la dottrina della non-esistenza di Buddha e Dharma, ma non aveva compreso perché fosse possibile accumulare meriti insuperati quando la mente era all’unisono con il Dharma Eterno.

Subuthi, che cosa pensi? Se qualcuno riempisse l’Universo con i sette tesori e li desse tutti in elemosine, sarebbe grande il suo merito?
Subuthi rispose: molto grande, Onoratissimo. Perchè? Perché questo merito non è la natura del merito, il Tathagata lo dice grande.
Subuthi, se d’altra parte qualcuno ricevesse e conservasse anche una sola stanza di quattro versi di questo sutra, e l’esponesse ad altri, il suo merito supererebbe quello del donatore di tesori.
Perché? Perché, Subuthi, tutti i Buddha e il loro Dharma dell’Illuminazione Suprema hanno origine da questo sutra. Subuthi, i cosidetti Buddha e Dharma non sono veri Buddha e Dharma.

Questo servì a chiarire che il merito senza forma rivelava il Dharma senza forma, che era insuperabile. Subuthi aveva già compreso la dottrina dell’assenza di forma, ma non sapeva come entrare in unione con essa. Non sapeva come meriti senza forma potessero superare meriti accumulati quando qualcuno ancora si aggrappava alle forme. Perciò il Buddha indicò per prima cosa che la carità (dana) praticata con attaccamento alle forme conseguiva un merito limitato che non poteva essere paragonato al merito insuperato che derivava dal conservare sia pure una stanza di quattro versi, perché tutti i Buddha avevano origine da quel Prajna (saggezza fondamentale), Il Prajna può produrre Buddha e Dharma, ma non è in realtà né Buddha né Dharma. Per questa ragione Egli disse: I cosidetti Buddha e Dharma non sono veri Buddha e Dharma.

Dubbio – poiché non vi era alcun Dharma da esporre e non si poteva divenire Buddha, entrambi erano perciò impossibili da raggiungere. Tuttavia, in tempi antecedenti, quando i Suoi discepoli erano Sravaka (credente del Buddha dalla saggezza incompleta, anche voi lo siete se cercate il Suo insegnamento), il Buddha aveva esposto le Quattro Nobili Verità, che erano Dharma. I discepoli avevano seguito il Suo insegnamento e avevano conseguito il frutto. Erano nel Nirvana (incompleto), che era la loro dimora. Ma perché l’Onoratissimo contraddiceva tutto il Suo precedente insegnamento affermando che nulla esisteva?
Questi erano i pensieri discriminanti dell’assemblea e l’Onoratissimo nel paragrafo seguente pone domande a proposito dei piccoli frutti (dell’insegnamento Hinayana) per recidere i loro dubbi.

Subuthi, che cosa pensi? Può uno che è entrato nel fiume (srota-apanna) avere nella sua mente questo pensiero: Ho ottenuto il frutto dell’entrare nel fiume (inteso come Via)?
Subuthi rispose: No, Onoratissimo. Perché? Perché srota-apanna significa entrare nel fiume, ma in realtà non vi è alcun entrare né nella forma, nel suono, nell’odorato, nel gusto, nel tatto o nel dharma. Perciò egli è chiamato srota-apanna.
Subuthi, che cosa pensi? Può un sakrdagamin (colui che deve nascere ancora una volta sola) avere nella sua mente questo pensiero: Ho ottenuto il frutto di un Sakrdagamin?
Subuthi rispose: No, Onoratissimo. Perché? Perché sakrdagamin significa “che dovrà venire ancora una volta”, ma in realtà non vi è né venire né andare. Perciò egli è chiamato sakrdagamin.
Subuthi che cosa pensi? Può un Anagamin (colui che non torna, che non rinascerà) avere nella sua mente questo pensiero: Ho ottenuto il frutto di un Anagamin?
Subhuti rispose: No, Onoratissimo. Perché? Perché anagamin significa “non venire”, ma in realtà il “non venire” non esiste. Perciò egli è chiamato Anagamin.
Subuthi, che cosa pensi? Può un Arhat (un sant’uomo, il tipo più elevato dello Hinayana) avere nella sua mente questo pensiero: Ho ottenuto l’illuminazione di un Arhat?
Subuthi rispose: No, Onoratissimo. Perché? Perché non vi è alcun Dharma chiamato Stato di Arhat. Onoratissimo, se un Arhat pensa: Ho ottenuto l’illuminazione di un Arhat, si aggrappa ancora alla nozione di un ego, di una personalità, di un essere e di una vita. Onoratissimo, il Buddha ha dichiarato che io ho conseguito il Samadhi Senza Passioni (in cui vi è assenza di distinzione fra sé e l’altro), e che io supero tutti gli uomini. Io sono, perciò, l’Arhat senza passioni più elevato. Onoratissimo, io non penso: Sono un Arhat senza passioni perché Onoratissimo, se io avessi pensato: Ho raggiunto lo stato di Arhat, l’Onoratissimo non avrebbe detto: Subuthi si compiace nella calma e nella quiete, libero dalla tentazione e dall’angoscia. Il fatto che Subuthi non agisce (discriminando) è chiamato la calma e la quiete in cui Subuthi si compiace.

Questo indicava la vera dottrina del non-attaccamento. Ora l’assemblea aveva udito che lo stato di Buddha non poteva essere ricercato e che il Dharma non poteva essere afferrato e conservato, il che significava che, avanzando ancora, non vi sarebbe stata dimora in alcun luogo. Perché allora, in tempi antecedenti, l’Onoratissimo aveva insegnato ai Suoi discepoli che erano allora sravaka, a sottrarsi alla nascita e morte ed a dimorare nel Nirvana, dimostrando così che vi era una dimora nel Dharma e nel frutto? Perché l’Onoratissimo aveva detto che né Buddha né Dharma erano il reale? Questo sospetto era dovuto al fatto che i seguaci del Hinayana non dimenticavano le loro vecchie abitudini di legarsi a nomi e termini e si aggrappavano ancora all’esistenza di un vero Dharma. Così essi avevano difficoltà nell’entrare nel Prajna ed avevano molti dubbi che sorgevano nelle loro menti.

Dubbio – secondo l’insegnamento del Buddha, era chiaro che non vi era alcun luogo in cui dimorare, chiamato frutto del Buddha. Se un frutto non poteva venire conseguito, perché il Tathagata era stato visto ricevere (da Dipamkara Buddha) la profezia del Suo futuro stato di Buddha? Poiché c’era un futuro Buddha, perché non doveva esservi alcun frutto che offriva un luogo in cui dimorare?

Il Buddha disse a Subuthi: Che cosa pensi? Il Tathagata ottenne qualcosa dal Dharma quando in passato fu con Dipamkara Buddha?
No, Onoratissimo. Quando il Tathagata fu con Dipamkara Egli non ottenne nulla dal Dharma.

In questo passo il Buddha insegnò la dottrina del non-conseguimento. Dopo aver udito l’insegnamento circa la mente che non dimora in alcun luogo, Subuthi aveva compreso l’illuminazione (Bodhi) che non dimora, ma dubitava e pensava che, sebbene la Bodhi non dimorasse in alcun luogo, dovesse esservi tuttavia una acquisizione del frutto di Buddha. Se non vi era tale stato di Buddha da conseguire, come poteva l’insegnamento essere trasmesso e tramandato? Per questa ragione l’Onoratissimo formulò la domanda sopra riportata, per recidere i suoi dubbi. Sebbene Dipamkara Buddha avesse fatto quella profezia, era soltanto per sigillare la realizzazione di quella mente, ma nulla era stato conseguito. Se vi fosse stato qualcosa di conseguibile, Dipamkara non avrebbe profetizzato.

Dubbio – poiché la Bodhi non dimorava in alcun luogo e poiché il frutto del Buddha non era conseguibile, allora non vi era alcun bisogno di adornare le terre del Buddha con moralità e saggezza. Ma perché l’Onoratissimo ci insegna a compiere azioni morali da Bodhisattva per adornare le terre del Buddha?

Subuthi, che cosa pensi? I Bodhisattva adornano le terre del Buddha con le loro azioni morali?
No, Onoratissimo. Perché? Perché questo non è vero adornamento; è semplicemente chiamato adornamento delle terre del Buddha.
Subhuti, ecco perché tutti i Bodhisattva e i Mahasattva (il più grande dei Bodhisattva, inferiore solo al Buddha) debbono sviluppare una mente pura e monda che non dimori nella forma, nel suono, nell’odorato, nel gusto, nel tatto e nel Dharma.
Essi devono sviluppare una mente che non dimori in alcuna cosa.

Questo è il metodo per acquietare la mente. Subuthi dubitava e pensava che poiché non v’era stato di Buddha da conseguire né Nirvana in cui dimorare, a che serviva allora adornare le terre del Buddha? Questo era uno sciocco attaccamento alle forme. Ciò che gli esseri viventi vedono intorno a sé sono terre impure, adornate di karma malvagi e di sofferenze di ogni genere. Nelle terre pure del Buddha, tutte le impurità sono state spazzate via dalla mente pura e monda. Poiché tutte le impurità sono state spazzate via, queste terre sono automaticamente diventate pure. Perciò questo adornamento consiste soltanto di menti pure e monde. Quando i Bodhisattva adornano le terre del Buddha, essi non ricercano nulla all’esterno, ma purificano semplicemente le proprie menti, e quando le loro menti diventano pure, anche le terre diventano automaticamente pure. Perciò è detto che deve essere sviluppata una mente pura e monda e non deve essere ricercato altro adornamento.
Un altro dubbio era: poiché la mente deve essere pura e monda, come può essere sviluppata? Per ottenere questo non è sufficiente non sviluppare una mente contaminata dai sei oggetti dei sensi (guna), perché non vi è nulla che sia puro e mondo in cui si possa dimorare per sviluppare tale mente. Era stato detto che che quando erano cessati attaccamento, sentimento e sensazioni, la mente pura sarebbe apparsa. Perciò il Buddha disse: essi devono sviluppare una mente che non dimora in alcuna cosa. Il Terzo patriarca (del Ch’an) ha detto: Non ricercate le cause (cooperanti) di ciò che esiste e non dimorate nella pazienza del vuoto.
Questa è la dottrina o metodo per sviluppare una mente che non dimori in alcun luogo. Nessun altro metodo per acquietare la mente può superarla. E’ per questo che il Sesto Patriarca conseguì l’illuminazione istantanea, udendo questa frase.

Dubbio – Se non vi è adornamento delle terre del Buddha, non vi saranno neppure quelle terre. Se ciò è vero, dove dimorava il Buddha alto diecimila piedi? Il dubbio di Subuthi riguardava il Sambogha-kaya (corpo della beatitudine del Buddha, visibile solamente ai Bodhisattva) del Buddha che doveva dimorare nella realtà.

Subuthi, immaginando che un uomo abbia un corpo grande quanto il monte Sumeru, che cosa pensi? Tale corpo sarebbe grande?
Subuthi rispose: Molto grande, Onoratissimo. Perché? Perché il Buddha dice che non è il vero corpo, ma è semplicemente chiamato un grande corpo.

Queste frasi indicavano la vera terra del Dharma-kaya (qui inteso come natura fondamentale).
Il Buddha recise questo dubbio dichiarando che il Dharma-kaya non era un corpo. Egli intendeva dire che il Dharma-kaya non aveva forma, e la terra reale non aveva forma.
Quando la concezione della mente e del mondo esterno è stata spazzata via, è raggiunto il prajna assoluto, per rivelare la dottrina del Dharma-kaya che non dimora in alcun luogo. Di conseguenza la Verità non ha bisogno di parole per essere espressa. Chi crede in questo insegnamento accumulerà perciò meriti che saranno incommensurabili. Nel prossimo paragrafo verrà stabilito un confronto tra questi ed altri meriti.

Subuthi, se vi fossero fiumi come il Gange tanto numerosi quanto sono numerosi i granelli di sabbia del Gange, il totale dei granelli di sabbia di tutti questi fiumi sarebbe molto grande?
Subuthi rispose: Molto grande, Onoratissimo! Quei fiumi sarebbero innumerevoli, e tanto più innumerevoli sarebbero i loro granelli di sabbia.
Subuthi, ora ti dirò, in verità: se un uomo virtuoso od una donna virtuosa riempisse con i sette tesori un numero di universi grande quanto il numero di granelli di sabbia di tutti quei fiumi e donasse questi tesori in elemosina, il suo merito sarebbe grande?
Subuthi rispose: Molto grande, Onoratissimo!
Il Buddha disse a Subhuti: Se un uomo virtuoso o una donna virtuosa riceve e conserva nella mente anche una sola stanza di quattro versi di questo sutra e la espone ad altri, il suo merito supererà quello del donatore d’elemosina. Inoltre, Subuthi, dovunque venga esposto questo sutra, od anche una sola delle sue stanze di quattro versi, sappi che tutti i deva (gli dei), gli uomini e gli asura (figura simile ai mitici titani greci) presenteranno offerte, come se quel luogo fosse uno stupa del Buddha od un suo tempio. Quanto più ciò è vero se qualcuno è capace di ricevere, di conservare, di leggere e di recitare l’intero sutra! Subhuti, sappi che una tale persona conseguirà il Dharma più elevato e più raro. Dovunque questo sutra si trovi, lì si troveranno anche il Buddha ed i suoi discepoli.

Dalle parole che ora cadono nell’oblio emerge la Verità assoluta. Poiché Subuthi comprese tutto questo, chiese come doveva essere chiamato il sutra.

Subuthi chiese allora al Buddha: Onoratissimo, quale nome deve essere assegnato a questo sutra, e come dobbiamo riceverlo e tenerlo nella mente?
Il Buddha disse: questo sutra dovrà essere chiamato “Prajna-paramita del Diamante” e con questo nome lo riceverete e lo conserverete. Perché? Perché, Subuthi, il Prajna-paramita così come è esposto dal Buddha, non è Prajna-paramita, ma è semplicemente chiamato così.

Subuthi aveva ricevuto l’insegnamento ed era stato destato ad esso. L’intero corpo del Prajna era stato esposto, e non vi era altro Dharma che doveva essere rivelato. Perciò egli chiese il nome del sutra. L’Onoratissimo gli disse: questo sutra dovrà essere chiamato Prajna-paramita del Diamante. Egli intendeva dire che questo Dharma non aveva nome, ed era soltanto la mente.
Nel paragrafo seguente viene indicato soltanto l’assoluto Dharma-kaya. E’ detto (nel Ch’an o Zen): Quando uno ha raggiunto la cima di un palo alto cento piedi, deve fare un passo avanti. Ecco perché Subuthi, che era ormai destato alla verità, si commosse fino alle lacrime e lodò l’insondabile dottrina come un uomo che torna a casa dopo una lunga permanenza in terra straniera.

Subuthi, che cosa pensi? Il Tathagata espone il Dharma?
Subuthi disse: Onoratissimo, il Tathagata non espone nulla.

Subuthi aveva compreso l’insegnamento relativo al Dharma-kaya, ma dubitava ancora: Chi espone il Dharma, se il Dharma-kaya non ha forma? Per tale ragione il Buddha gli rivolse la domanda sopra riportata. Allora Subuthi comprese che poiché il Dharma-kaya non ha corpo, non vi è neppure una esposizione del Dharma,

Dubbio – Se il Dharma-kaya non aveva forma, la concezione del Dharma-kaya senza forma cadeva nella nozione di annientamento. Se dunque il Dharma-kaya non aveva forma, dove poteva essere percepito? Poiché tutta l’assemblea aveva questo dubbio, il Buddha lo spazzò via nel seguente paragrafo.

Subuthi, che cosa pensi? Vi sono molte particelle di polvere nell’universo?
Subhuti rispose: Molte, Onoratissimo!
Subhuti, il Tathagata dice che queste particelle di polvere non sono reali, ma sono semplicemente chiamate particelle di polvere. Il Tathagata dice che l’universo non è reale, ma è semplicemente chiamato universo.

Questo significava che, sebbene tutti i dharma siano percepiti come non-esistenti, non vi è caduta nella falsa concezione dell’annientamento. Se vi fosse annientamento, non vi sarebbe luogo in cui si potrebbe trovare il Dharma-kaya. L’Onoratissimo indicò che tanto le particelle di polvere quanto l’universo erano Dharma-kaya. Se venivano considerati come particelle di polvere e come un universo, il regno dei dati dei sei sensi sarebbero dovunque, con l’apparenza di fenomeni. D’altra parte se non vengono così considerati, vi sarà nello spazio deserto soltanto il vuoto assoluto, profondo e silenzioso ed immobile che è la calma e l’estinto nulla che usa l’universo per rivelare il proprio simbolo, all’interno di un’unica natura. Perciò è stato detto: I verdi bambù sono il Bhutatathata (la talità, ciò che è) ed i fiori gialli sono Prajna. Se uno vuole percepire il Dharma-kaya, deve essere dotato del giusto occhio di diamante. Ecco perché Egli disse: L’universo non è reale, è semplicemente chiamato universo.

Dubbio – Subuthi aveva udito che il Dharma-kaya non può avere forma, se deve essere il Buddha reale. Ora, assumendo che il senza-forma fosse Buddha, il Buddha che aveva 32 caratteristiche (laksana) ed era lì presente, non era un vero Buddha? Subuthi scambiava il Nirmana-kaya per il vero Buddha. Per rimuovere il suo dubbio, il paragrafo seguente indica che il Dharma-kaya e il Nirmana-kaya sono della stessa sostanza.

Subuthi, che cosa pensi? Può il Tathagata essere percepito per mezzo delle Sue 32 caratteristiche fisiche?
No, Onoratissimo. Il Tathagata non può essere percepito per loro mezzo. Perché? Perché il Tathagata dice che esse non sono reali, ma sono semplicemente chiamate le 32 caratteristiche.

Questo indica l’identità del Dharma-kaya e del Nirmana-kaya. Perciò non si deve neppure dire che il Buddha con queste caratteristiche non è Buddha. Anche quelle 32 caratteristiche fisiche erano essenzialmente prive di forma. I tre corpi (Trikaya) sono della stessa sostanza. Ora che il corpo e la terra sono vuoti, si è raggiunto l’assoluto, e tutti i sentimenti e le sensazioni sono sprofondati nell’oblio. Poiché non vi è posto per parole e discorsi, coloro che sono d’accordo con questa dottrina vengono lodati.

Subuthi, se da una parte un uomo virtuoso od una donna virtuosa, nel donare elemosine, sacrifica vite numerose quanto i granelli di sabbia del Gange, e d’altra parte qualcuno riceve e conserva anche una sola stanza di quattro versi di questo sutra, e l’espone ad altri, il merito acquisito in quest’ultimo caso sarà assai più grande.

Fino ad ora Subuthi aveva ricevuto e compreso l’insegnamento. Nel paragrafo seguente egli proclama i suoi sentimenti al riguardo.

Dopo avere ascoltato questo sutra, Subuthi ne aveva compreso il profondo significato e si commosse fino alle lacrime. Egli disse al Buddha: Quanto è eccezionale, Onoratissimo! Il Buddha ha esposto un sutra davvero molto profondo. Da quando ho acquisito l’occhio della saggezza, non ho ascoltato un simile sutra. Onoratissimo, se qualcuno, dopo avere ascoltato questo sutra, crederà fermamente che la sua mente è pura e monda, realizzerà la verità. Noi dobbiamo sapere che una tale persona conseguirà i meriti più elevati e più rari. Onoratissimo, questa realtà non è realtà, ma il Tathagata la chiama Realtà. Onoratissimo, ora che ascolto questo sutra, non ho alcuna difficoltà nel credervi, comprenderlo, riceverlo e conservarlo, ma nell’ultima epoca, nell’ultimo periodo di 500 anni, se vi sarà un uomo che ascolterà questo sutra, vi crederà, lo comprenderà, riceverà e conserverà, sarà eccezionale. Perché? Perché egli non penserà più in termini di un ego, una personalità, un essere e una vita. Perché? Perché le forme di un ego, di una personalità, di un essere e di una vita non sono forme. Perché? Perché quando egli ha rifiutato tutte le forme, è chiamato un Buddha.
Il Buddha disse: Proprio così! Subuthi, proprio così! Se in qualche luogo vi è un uomo che ascolta questo sutra e non è pieno di allarme, di paura o di timore, sappi che tale individuo è eccezionale. Perché? Perché, Subuthi, come dice il Tathagata, la prima perfezione (paramita) non è tale, ma è semplicemente chiamata prima perfezione.

Questa è l’unione con la Mente-Buddha, l’ingresso nella saggezza del Buddha. Come Subuthi, i seguaci del Hinayana e tutti gli esseri viventi si aggrappano alle forme. Più di 20 anni erano trascorsi da quando il Buddha era apparso nel mondo. Quando esponeva il Dharma, Egli usava pensieri formali per non allarmare i Suoi discepoli. Perché? Perché il Suo voto originario era di condurre tutti gli esseri alla suprema altezza del Mahayana. Poiché si accingeva a mostrare ai seguaci del Hinayana come dovevano sviluppare la mente Mahayana, egli si servì deliberatamente di questa Mente di Diamante come di una causa coltivante e come di un mezzo per recidere tutti i dubbi, così che in essi potesse svilupparsi una vera fede. Perciò, questo Prajna era la prima porta del Mahayana. Era la mente essenziale, ciò che scoprirono quei Bodhisattva. Se vi sarà un altro uomo che, udendo ciò, potrà credere che anche la sua mente sia altrettanto pura e monda, la Realtà apparirà davanti a lui, con il dileguarsi di tutte le false concezioni. Quest’uomo sarà veramente eccezionale. Perché? Perché è molto difficile credere e comprendere questo Dharma che consiste nel dimenticare tutte le idee e tutte le forme. Perché egli sarà in grado di scartare le quattro forme di un ego, di una personalità, di un essere e di una vita. Tuttavia, queste quattro forme sono esse stesse, fondamentalmente, l’assoluto, e se si riesce a comprendere questo, si percepisce il Dharma-kaya.

Dubbio – quando il Buddha parlò di elemosine (dana), alluse a cose che avrebbero arrecato beneficio ai sei oggetti dei sensi (guna). Quello era un dono esterno. Venivano offerte, per acquisire merito, cose cui era difficile rinunciare. Poiché il dana delle vite era praticato sacrificando la propria vita, Subuthi nutriva questo sospetto: L’offerta di oggetti esterni può venire dimenticata; ma è molto difficile sacrificare la propria vita: come poteva, questo, essere trascurabile? L’onoratissimo sapeva del suo dubbio e parlò volutamente della pazienza (ksanti), per reciderlo. Quando il corpo era mutilato, l’assenza dei sentimenti di collera e di odio dimostravano che la concezione di un ego era non-esistente. Questo era il dubbio di Subuthi che il Buddha recise, ma nel sutra il significato è ancora più profondo. L’Onoratissimo spezzò l’attaccamento dei Bodhisattva alla duplice concezione di un ego e di un dharma, cioè sé e le cose.

Subuthi, il Tathagata parla della Perfezione della Pazienza (ksanti-paramita) che non è, ma è chiamata Perfezione della Pazienza. Perché? Perché , Subuthi, in una vita del passato, quando il mio corpo fu mutilato da Kaliraja, io non avevo alcuna nozione di un ego, di una personalità, di un essere e di una vita. Perché? Perché, nel passato, quando il mio corpo fu smembrato, se io avessi ancora conservato la concezione di un ego, di una personalità, di un essere e di una vita, sarei stato agitato da sentimenti di collera e di odio. Subuthi, io ricordo inoltre che nel passato, durante le mie 500 vite antecedenti, io ero un Ksantyrsi (uno dei dieci tipi di Rsi, o saggi, veggenti) e non conservavo alcuna concezione di un ego, di una personalità, di un essere e di una vita. Perciò, Subuthi, i Bodhisattva debbono dimenticare ogni concezione di forme e risolversi a sviluppare la Mente dell’Illuminazione Suprema (Anuttara-samyak-sambodhi). Le loro menti non debbono dimorare nella forma, nel suono, nell’odorato, nel gusto, nel tatto e nel Dharma. Le loro menti non debbono dimorare in alcun luogo. Se le menti dimorano in qualche luogo, quel luogo sarà la falsità. Ecco perché il Buddha dice che le menti dei Bodhisattva non debbono dimorare nella forma quando praticano la carità.
Subuthi, tutti i Bodhisattva debbono perciò fare offerte in questo modo per il bene di tutti gli esseri viventi. Il Tathagata parla di forme che non sono forme e di esseri viventi che non sono esseri viventi.

Dubbio – se, dunque, la mente non dimora nelle forme, tutte le cose saranno vuote. Se tutte le cose sono vuote, la saggezza che può essere realizzata sarà egualmente vuota e non avrà sostanza. In che modo un Dharma che non ha sostanza può essere usato come una causa per ottenere un frutto? La risposta del Buddha è che egli deve credere veramente nelle parole del Buddha, poiché lo stadio che il Tathagata aveva sperimentato non poteva essere irreale o falso.

Subuthi, le parole del Tathagata sono vere e corrispondono alla realtà. Sono parole supreme, né ingannevoli né eterodosse. Subuthi, il Dharma che il Tathagata ha conseguito non è reale né irreale.

Dubbio – Se la carità viene praticata con una mente che non dimora nella forma, come può questa mente, che non dimora in alcun luogo, ottenere il Prajna?

Subuthi, se un Bodhisattva pratica la carità con una mente che dimora nelle cose (dharma), egli è come un uomo che entra nelle tenebre, in cui non può vedere nulla; ma se un Bodhisattva pratica la carità con una mente che non dimora nel dharma, è come un uomo dagli occhi aperti, che può vedere tutto nella luce del sole.

Il Buddha indicò il vantaggio dell’avere una mente che non dimora in alcun luogo. Una mente che dimora in qualcosa si associa all’ignoranza.

Dubbio – Supponendo che una mente che non dimori in alcun luogo sia Prajna, come può essere all’unisono con la Mente-Buddha?

Subuthi, nelle età future, se un uomo virtuoso od una donna virtuosa sarà in grado di ricevere, tenere nella mente, leggere e recitare questo sutra, il Tathagata, con la sua Saggezza di Buddha, saprà e vedrà chiaramente che tale persona conseguirà meriti incommensurabili e illimitati. Subuthi, se da una parte un uomo virtuoso o una donna virtuosa sacrifica nella pratica della carità tante sue vite quanti sono i granelli di sabbia del Gange, al mattino, a mezzogiorno e alla sera, e continua a farlo per innumerevoli eoni; e se dall’altra parte una persona dopo aver ascoltato questo sutra, crede nella propria mente senza altre contraddizioni, il merito di quest’ultima supererà il merito della prima. Quanto più questo sarà vero, se questo sutra è scritto, ricevuto, conservato, letto, recitato ed esposto ad altri!

Questo dimostra l’identità della mente e del Buddha. Il Buddha intese dire che il Prajna non ha parole scritte, ma le parole scritte sono Prajna. I meriti derivano da un pensiero che si unisce per un attimo con la Mente-Buddha.

Subuthi, per riassumere, i meriti che derivano da questo sutra sono inconcepibili, inestimabili e senza limiti. Il Tathagata lo espose a coloro che sono iniziati al Mahayana e allo Yana (Veicolo) Supremo.
Se costoro saranno capaci di ricevere, tenere in mente, leggere e recitare ed esporre ad altri questo sutra, il Tathagata lo saprà e farà sì che essi acquistino meriti inesprimibili e inconcepibili, senza misura e senza limiti. Essi saranno responsabili della Suprema Illuminazione del Tathagata. Perché? Perché, Subuthi, coloro che si compiacciono nel Hinayana conservano la concezione di un ego, di una personalità, di un essere e di una vita, e non possono ascoltare, ricevere, tenere in mente, leggere e recitare questo sutra e spiegarlo ad altri.

Il Buddha lodò questo prajna che benefica soltanto coloro i quali hanno radici di qualità elevatissima. In precedenza venivano frequentemente nominate le quattro forme che sono di natura GROSSOLANA. Ora qui vengono nominate quattro concezioni che sono di natura SOTTILE.

Subuthi, dovunque si troverà questo sutra, tutti i mondi di deva, uomini e asura faranno offerte, perché tu devi sapere che tale luogo è uno stupa che deve essere onorato, venerato con offerte di fiori e di incenso.

Il Buddha lodò l’eternità del Dharma-kaya del Prajna.

Inoltre, Subuthi, se un uomo virtuoso o una donna virtuosa riceve, tiene in mente, legge e recita questo sutra ed è disprezzato da altri, questa persona, che è destinata a soffrire sorti maligne come retribuzione per i suoi passati peccati, ed i cui peccati karmici sono ora sradicati dal disprezzo altrui, conseguirà l’Illuminazione Suprema.

Il Buddha lodò qui il Prajna che consente di liberarsi di ogni ostruzione e di ogni schiavitù.

Subuthi, io ricordo che negli innumerevoli eoni passati prima dell’avvento di Dipamkara Buddha, io incontrai 84.000 miliardi di Buddha, ai quali feci offerte e che servii impeccabilmente. Ora se nell’ultimo periodo di 500 anni nel kalpa (eone) del Buddha, qualcuno sarà capace di ricevere, tenere in mente, leggere e recitare questo sutra, i suoi meriti supereranno di gran lunga i miei, derivati dalle offerte fatte ai Buddha, perché i miei meriti non possono essere considerati neppure una centesima, una millesima, una decimillesima o una centomillesima parte di tali meriti; non è possibile alcun confronto o alcun calcolo. Subuthi, se nell’ultimo periodo del kalpa del Buddha un uomo virtuoso o una donna virtuosa sarà capace di ricevere, tenere in mente, leggere e recitare questo sutra, la mia piena proclamazione dei meriti di questa persona creerà sgomento, dubbio e incredulità nelle menti di tutti gli ascoltatori. Subhuti, sappi che, come è inconcepibile il significato di questo sutra, così è inconcepibile il frutto della sua ricompensa.

Il Buddha lodò così coloro che erano destati al Prajna e che, nel pensiero di un attimo, nascevano istantaneamente nella famiglia del Buddha, e non sarebbero mai stati più separati dai Buddha. I loro meriti, perciò, erano insuperabili.
Da quando era stata formulata la prima domanda, tutti i dubbi nelle menti degli uomini decisi a sviluppare una grande mente e ad agire da Bodhisattva, erano stati completamente recisi, uno ad uno. Tuttavia, la duplice concezione della realtà dell’ego e della realtà del dharma (le cose) ha aspetti grossolani ed aspetti sottili.
In precedenza, due concezioni grossolane erano state spezzate nella ricerca dell’Illuminazione (Bodhi): 1) quella della realtà dell’ego nei cinque skhanda (forma, percezione, discernimento, ideazione e coscienza) del corpo e della mente e 2) quella della realtà del dharma, nel compimento delle sei perfezioni (paramita).
Queste due concezioni grossolane derivavano dall’attaccamento alle forme, e il Buddha spazzò via i dubbi relativi al prajna nutriti dai Bodhisattva appena iniziati.
A partire da questo momento, vengono spazzate via le due concezioni sottili della realtà dell’ego e del dharma. I Bodhisattva che erano destati al prajna si aggrappavano tuttavia alla convinzione che la saggezza che può manifestarsi sia un ego; che il Bhutatathata (la Talità, la Realtà) che si manifesta, sia una personalità; che ciò che può manifestarsi ed essere destato sia un essere; e che il manifestarsi ed il destarsi che non vengono abbandonati, ma continuano a perdurare come vita, siano una vita. Queste due concezioni sono sottili, perché le quattro forme sono sottili: questo viene chiamato conservazione e consapevolezza dell’ego.
Per questa ragione nella parte seguente del sutra ricorre frequentemente la parola “Io”. Se questa concezione della realtà dell’ego viene spezzata, non si vedrà il frutto del Buddha che può essere ricercato.
Nel paragrafo seguente, la stessa domanda posta all’inizio del sutra viene nuovamente formulata da Subuthi, ma il suo nuovo significato è diverso dal precedente. I lettori lo tengano presente.

FINE PRIMA PARTE DEL SUTRA

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