Grand Theft Auto III – Una retrospettiva

L’origine della specie.

I videogiochi di genere “Free Roam” o “Open World”, ovvero quei giochi che offrono la possibilità di muoversi liberamente all’interno di un universo fittizio non sono certo nati con la serie di Grand Theft Auto. L’idea di rendere libero il campo d’azione e di movimento risale infatti agli inizi degli anni 80 con l’avvento dei giochi di ruolo per computer ed in particolare la serie “Ultima” di Richard Garriot, la prima a presentare sin dai primi capitoli un intero continente esplorabile, incontri casuali e subquest opzionali.

Gli anni 80 hanno rappresentato per la cultura videoludica un autentico crogiolo di tecniche e idee, perciò non si è dovuto aspettare troppo tempo per vedere gli elementi “open” tipici dei videogiochi di ruolo venire mescolati assieme a tematiche prettamente d’azione e di avventura. Nacquero così Mercenary e Hunter, autentici antesignani dei giochi d’avventura open world, e poi Elite e Frontier entrambi di David Braben, che offrono al giocatore un intero universo completamente esplorabile composto da migliaia di differenti pianeti su cui atterrare e commerciare. Ed ancora Privateer, spin off della saga di Wing Commander originata da Chris Roberts e molti altri ancora, sino all’apparizione del primo Grand Theft Auto nel 1997. Fu quindi a questo punto che ci trovammo davanti ad una rivoluzione ?

Assolutamente no.


HUNTER su Amiga 500. Probabilmente il primo reale “free roam” dotato di una certa vastità e complessità. Anticipa di 10 anni l’uscita di Grand Theft Auto III.

 

Uno sguardo al passato.

Il primo Grand Theft Auto era molto differente ciò che sarebbe in seguito stato Grand Theft Auto III; la tipologia di gioco era prettamente d’azione in stile “arcade” (ovvero da sala giochi), con una progressione dei livelli classica, un numero di vite limitato, una visuale di tipo “a volo di uccello” con il personaggio inquadrato dall’alto e al centro dello schermo, ed una trama pressoché inesistente.

Lo scopo principale del gioco era quello di compiere un determinato numero di lavori criminali, commissionate da vari boss con cui era possibile comunicare tramite dei telefoni pubblici disseminati per le strade della città, il compimento con successo dei lavori forniva un numero di punti variabile a seconda del lavoro svolto, e necessari per sbloccare la città successiva e progredire così nel gioco.

Compiere le missioni non era però strettamente necessario, in quanto era possibile ottenere dei punti semplicemente rubando distruggendo macchine per la strada, oppure rubandole per rivenderle e addirittura investendo innocenti pedoni. Tuttavia completare le missioni principali garantiva oltre al punteggio ottenibile anche un bonus moltiplicatore che poteva essere incrementato svolgendo più missioni consecutivamente, e che facilitava non poco il raggiungimento del totale necessario per terminare il livello ed avanzare alla città successiva.

Seppure ancora acerbi gli elementi che avrebbero caratterizzato la serie erano già tutti presenti all’interno del primo titolo : la possibilità di compiere dei “furti d’auto aggravati”, ovvero i“grand theft auto” che danno il nome al gioco, la libertà di movimento, le missioni bonus attivabili salendo sopra determinati veicoli, varie stazioni radio ascoltabili alla guida, gli inseguimenti della polizia, il negozio di bombe in cui era possibile installare dell’esplosivo nella propria vettura per farla esploderesuccessivamente, ed un servizio di riparazione e verniciatura rapida indispensabile per seminare facilmente i poliziotti lanciati al nostro inseguimento.

Grand Theft Auto 2 ricalca interamente lo stile di gioco del suo predecessore, limitandosi a migliorare la resa grafica e ad aggiungere nel contempo una serie di oggetti da ricercare nella mappa di gioco, alcuni sottogiochi e le missioni bonus denominate “violenze”, in cui al giocatore viene richiesto di compiere una serie prefissata di uccisioni entro un tempo limite utilizzando una specifica arma.

Nonostante le migliorie e le aggiunte proposte GTA2 resta fedele all’imposizione del suo predecessore e ancora troppo lontano da offrire quell’esperienza open che appena due anni dopo sconvolgerà il mondo dei videogame.


Grand Theft Auto II con la sua visuale a volo di uccello.

 

Grand Theft Auto III

Correva l’anno 2001 e il vento del cambiamento soffiava forte nell’universo videoludico. L’oramai desueta Playstation aveva riportato l’attenzione delle masse sulle console, ripristinando parte del forte predominio che possedevano in passato, prima della crisi dei videogame degli anni 80 e del forte rafforzamento degli home computer come macchine da gioco.

Inoltre la maggiore potenza dei processori grafici delle console di sesta generazione avevano oramai sancito il definitivo passaggio dei giochi dal bidimensionale al rendering in tre dimensioni, costringendo le case produttrici a ripensare le proprie serie storiche per adattarle ai nuovi stili di gioco, con risultanti spesso deludenti.

E’ in questo frangente che viene pubblicato GTA3, e sin dalle immagini di copertina era facile renderi conto che dello stile di gioco dei due episodi precedenti era rimasto ben poco. Il vecchio gioco per computer con vista a volo di uccello ora è diventato un titolo per console, con grafica tridimensionale e telecamera in terza persona posta alle spalle del personaggio. Dall’automezzo sfrecciante lungo le strade della città come indiscusso protagonista si era passati ad un personaggio principale maggiormente caratterizzato e non più relegato al semplice ruolo di autista ed esecutore. Era stato promosso e faceva ampio sfoggio di se mostrandosi mentre passeggiava in primo piano per le strade cittadine armeggiando con lanciafiamme e fucili di precisione.

Una volta avviato il gioco l’impressione che l’intero concept della serie fosse stato snaturato sembra trovare delle secche conferme; dal frenetico trailer che faceva da introduzione a GTA2 si è passati ad un semplice elenco dei progettisti e degli artisti che ci hanno lavorato, accompagnato da un lento brano Smooth Jazz molto piacevole ma che mal si sposa con l’idea di azione veloce che da sempre è associato ai GTA.

Ma le sorprese non finiscono qui : al posto di venire catapultati immediatamente nella tanta sospirata azione veniamo invece introdotti al gioco da una sequenza animata che mostra come il protagonista, dopo essere stato colpito a tradimento dalla propria fidanzata durante una rapina in banca e lasciato per morto, venga arrestato dalla polizia curato e riesca solo fortuitamente a recuperare la libertà durante il trasferimento in carcere. Da quel momento in poi il gioco passa finalmente nelle mani del giocatore, ma non senza fornire un ultimo elemento di sconforto. I primi GTA erano frenetici e veloci; una volta avviata la partita si era immediatamente posti al centro dell’azione, liberi di vagare per le strade o di scegliere uno dei vari telefoni presenti in città ed avviare così la missione. In GTA3 la prima missione ci viene assegnata automaticamente, e mentre la portiamo a termine veniamo a scoprire nuovi particolari alieni all’esperienza dei titoli precedenti : un rifugio che ci fornisce la possibilità di registrare i progressi compiuti ed un garage a nostra disposizione, al cui interno possiamo conservare un automezzo che verrà salvato assieme al resto della partita.

Una volta completata la prima missione ce ne vedremo assegnare immediatamente una seconda, la cui obbligatorietà annullerà definitivamente gli ultimi residui di speranza e portando con se è la triste conferma del cambio di direzione della serie. Fortunatamente l’abbattimento ha breve durata e termina di colpo con il completamento della seconda missione, quando il gioco finalmente ci informa che siamo liberi di gironzolare per la città di Liberty City.

Dan Houser e il resto dei DMA Design (ora Rockstar North) hanno voluto scherzare con noi, prendendoci per mano e guidandoci attraverso una lunga introduzione interattiva per poi improvvisamente aprirci le porte ad un nuovo modo di intendere il videogioco.

Di colpo ogni cosa acquista un senso : La trama, la visuale sul personaggio principale, il rifugio dove salvare la partita ed il garage sono tutti elementi finalizzati a fornire un’esperienza di gioco completa ed innovativa. GTA è passato dalla seconda alla terza dimensione nel modo migliore possibile, non limitandosi ad un semplice aggiornamento grafico ma aggiungendo davvero una nuova dimensione a tutti gli elementi che compongono il gioco, uno spessore che ne permea ogni aspetto e di cui ci si accorge sin dai primi minuti di gioco libero.

Ben presto ci si rende conto il protagonista non è più l’anonimo personaggio che controlliamo bensì la città, passata da essere un semplice dedalo di strade e palazzi con architetture omogenee come nei giochi precedenti ad un vero e proprio agglomerato urbano, vivo e pulsante di vita.

Niente in Liberty City è lasciato al caso ed è facile meravigliarsi delle sorprese che ha in serbo per noi la ricostruzione della realtà operata dai ragazzi di DMA Design. Al giorno d’oggi il ciclo giorno/notte e gli effetti ambientali e atmosferici nei videogiochi non sono certo una novità, ma quando GTA3 è stato pubblicato nell’oramai lontano 2001 non era raro vedere giocatori inserire il gioco nel lettore della propria Playstation 2 semplicemente per fare un giro in macchina ascoltando nel contempo le radio del gioco, o una traversata in barca sotto l’infuriare di una tempesta con lampi, tuoni ed il suono del ticchettio della pioggia sopra il tettuccio, o semplicemente una passeggiata in spiaggia per ammirare le albe multicolori e gli accecanti tramonti accompagnati dal cinquettio degli uccelli in sottofondo.

Un Time Lapse di Grand Theft Auto III che mostra l’alternanza giorno/notte e differenti effetti atmosferici.

 

Ovviamente una tale atmosfera sarebbe stata inutile se non accompagnata da un sistema di gioco appagante e all’altezza della situazione. Anche in questo campo GTA3 non delude presentando un gameplay semplice ma ben implementato, e che si incastona perfettamente con tutti i restanti elementi che compongono il gioco.

La trama è essenziale ma funzionale : il nostro alter ego digitale è Claude Speed, un criminale di mezza tacca che viene colpito a tradimento dalla sua ragazza e complice Catalina dopo una rapina in banca. Riguadagnata la libertà approfittando di una situazione favorevole venutasi a creare durante il suo trasferimento in carcere inizia a svolgere dei lavoretti presso varie associazioni criminali e privati presenti a Liberty City, finendo così per incrociare nuovamente la propria strada con quella di Catalina e avere alla fine la sua vendetta.

I lavoretti consistono generalmente in atti criminali come omicidi, rapine e sabotaggi ed occasionalmente mansioni di scorta o di recupero, e presentano una meccanica sostanzialmente invariata durante tutto il corso del gioco. Dopo esserci recati da uno dei datori di lavoro verremmo introdotti alla missione da una breve scena animata di taglio cinematografico che ce ne spiegherà i dettagli, dopodiché dovremmo spostarci in macchina verso l’obiettivo e svolgere il lavoro assegnatoci, il che solitamente ci vedrà impegnati in una furiosa sparatoria ed/o uno spettacolare inseguimento in macchina.

Durante lo svolgimento della missione così come nel normale peregrinare in città il giocatore dovrà tentare di tenere il più possibile un basso profilo per evitare l’accorrere delle forze dell’ordine; compiere un crimine davanti ad un poliziotto di pattuglia ci varrà infatti la notifica di un livello di sospetto, variabile da 1 a 6 e indicativo del nostro grado di pericolosità.

Al primo livello i poliziotti si limiteranno a cercare di arrestarci, ma aumentando i crimini e salendo così il livello di sospetto la loro insistenza nel cercare di fermarci diventerà sempre maggiore, vedendo l’istituzione di posti di blocco, l’arrivo delle squadre speciali e nei casi più gravi persino l’assalto di agenti dell’FBI muniti di elicotteri e i carri armati dell’esercito. Completare con successo una missione con un alto livello di sospetto è estremamente complicato, pertanto occorrerà cercare di abbassarlo raccogliendo i bonus “tangenti” disseminati per strada oppure cercando di fare perdere le nostre tracce seminando gli inseguitori o riverniciando il nostro automezzo portandolo ad un negozio Pay&Spray.

Una volta completato il lavoro verremo nuovamente lasciati liberi e ci verrà corrisposto un quantitativo in denaro, spendibile nei negozi di armamento, e verranno sbloccate ulteriori missioni o altri elementi di gioco come la disponibilità di nuove armi o l’accesso alle altre due isole che compongono Liberty City.

Un eventuale fallimento è invece privo di particolari conseguenze, sarà infatti sufficiente ritornare dal datore di lavoro per ripetere la medesima missione come se niente fosse successo. Persino la nostra morte od un arresto non vengono puniti in maniera eccessiva, il gioco infatti è del tutto privo di Game Over e se le cose vanno male il peggio che possa capitarci è di ritrovarci fuori dall’ospedale o dal distretto di polizia privi delle nostre armi e con qualche spicciolo in meno.

Una scelta di game design che si è rivelata vincente e che ha aumentato il già alto livello di immersione evitando l’eccessivo ricorso alla funzione di salvataggio.

Nonostante le 48 missioni principali siano sufficienti per fare di GTA3 un titolo completo in realtà il gioco ha molto altro da offrire a chi si avventura nell’esplorazione di Liberty City.


Una veduta del Callahan Bridge da sopra la metropolitana di Portland. Ispirato al Manhattan Bridge è uno dei tanti luoghi di interesse in Grand Theft Auto III. In questa immagine il ponte è ancora distrutto in seguito all’assalto che ha portato alla liberazione del protagonista. Verrà riparato durante il proseguimento del gioco per permettere l’accesso al resto della città.

 

Nel tempo libero è infatti possibile rubare dei veicoli da consegnare dietro compenso ai garage di import/export, oppure svolgere compiti socialmente utili semplicemente utilizzando un automezzo di servizio com taxi, ambulanza, autopompa e volante della polizia, e attivando la missione corrispondente. Oltre a guadagnare del denaro le missioni “servizi” se completate integralmente ci doteranno di utili capacità aggiuntive, come la resistenza al fuoco e la possibilità di correre senza stancarsi.

Inoltre in ogni angolo della mappa è possibile imbattersi in missioni extra attivabili rispondendo alle chiamate in specifici telefoni pubblici, salendo a bordo di determinati veicoli parcheggiati in particolari zone o, come nel titolo precedente, trovando una delle 20 missioni “violenza” disseminate per la mappa.

Le missioni “violenza” non sono l’unica caratteristica mutuata da GTA2; anche i pacchetti collezionabili vedono il loro ritorno e con una gradita novità : ogni 10 pacchetti raccolti verrà sbloccata un’arma gratis al nostro nascondiglio, partendo dalla pistola base sino ad arrivare ad un utilissimo e devastante lanciarazzi per il centesimo ed ultimo pacchetto.

Dal punto di vista grafico il gioco invece mostra qualche incertezza, dovuta probabilmente ad una comprensione non ancora ottimale delle caratteristiche della Playstation 2 e alla necessità di concentrare la maggior parte degli sforzi nel creare un mondo aperto, credibile e ludicamente appagante.

I vari personaggi del gioco come i pedoni, i nemici e in misura minore lo stesso Claude appaiono stilizzati e dotati di animazioni limitate, talvolta quasi robotiche, e le texture degli edifici variano drammaticamente in qualità da ottime ad estremamente mediocri.

Discorso diverso per quanto riguarda invece i veicoli; gli automezzi sono infatti ben dettagliati e ognuno di essi è dotato di peculiari caratteristiche di manovrabilità, velocità e resistenza. Il gioco esegue un lavoro magistrale nello sfruttare le varie caratteristiche di cui è dotato ogni veicolo, regalando al giocatore un feeling realistico e differente per ogni automezzo guidato e obbligandolo a cambiare stile di guida per adattarsi ad ogni situazione. Guidare in maniera spericolata un veicolo poco stabile può facilmente dare luogo alla perdita di controllo del mezzo e alla conseguente uscita di strada o ribaltamento, cosa che può risultare fatale durante un inseguimento della polizia. Al contrario il medesimo stile di guida a bordo di un’automobile stabile e con buona manovrabilità potrà spingere i nostri inseguitori a compiere manovre azzardate per restare al nostro passo, innescando così spettacolari incidenti a catena e dandoci modo di fuggire più facilmente.

La palma d’oro del comparto multimediale di GTA3 spetta comunque alla colonna sonora, che nel tempo diventerà uno dei principali capisaldi della serie. Analogamente ai titoli precedenti il gioco è dotato di un certo numero di radio tematiche liberamente ascoltabili una volta saliti a bordo di un veicolo. La musica trasmessa da dette radio è di ottima qualità, e oltre ai brani appositamente composti per il gioco comprende anche una serie di canzoni tratte dalla colonna sonora del film Scarface ad opera del premio Oscar Giorgio Moroder ed una affascinante selezione di brani di musica lirica tratta da incisioni del Coro e Orchestra della RAI di Roma e di Torino.

Percorrere le strade di Liberty City sulle note del Rigoletto di Verdi, (magari arrotando nel frattempo qualche mafioso), o a preferenza canticchiando “Rush Rush” della cantante dei Blondie Deborah Harry, o ancora lasciandosi trasportare dalla musicalità ipnotica di brani Reggae o dalla frenesia sincopata della radio techno rappresenta la ciliegina sulla torta dell’esperienza di GTA3; un capolavoro che espande i confini del videogioco oltre i limiti sino a quel momento ipotizzabili, creando i presupposti per una diversa generazione di videogiochi e videogiocatori.

 

Come bonus vi offro l’intero Grand Theft Auto III, giocato e montato come un unico film in quattro tempi.  Buona visione.

1° Tempo –  2° Tempo3° Tempo4° Tempo

 

Credits.
Le immagini pubblicate sono copyright dei rispettivi detentori dei diritti.
I filmati sono copyright di Giovanni Solinas e realizzati su proprietà intellettuale di Rockstar Games LTD e altri.

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