Belati letterari

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  • Questo topic ha 6 risposte, 5 partecipanti ed è stato aggiornato l'ultima volta 10 anni, 3 mesi fa da Anonimo.
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  • #8528
    Anonimo
    Inattivo

    Non esiste il cattivo tempo, ma solo un cattivo abbigliamento.
    (Proverbio tedesco)

    Ho frequentato un liceo in cui si studiava parecchia ‘letteratura’. Anche all’università, sebbene l’indirizzo fosse più tecnico, non mi è stata risparmiata. Eppure mai mi sono domandata che cosa, esattamente, stessi studiando, né la questione è stata mai posta dai miei professori.
    In seguito ho continuato a leggere. Romanzi, articoli di giornale, saggistica, procedure operative standard, curricula, bugiardini, poesia. E ho continuato a non chiedermi ‘che cosa’ stessi leggendo. Finché alcuni commenti sul sito capronico riguardanti studi letterari e letteratura mi hanno sbattuto in faccia LA domanda: “Che cosa è la (buona) letteratura?” Non avevo una risposta. Il vuoto dietro (e dentro!)di me, con un terrore di ubriaco. Così ho chiesto in giro, ho consultato dizionari, ho cercato di capire di cosa parlassimo quando parliamo di letteratura.
    Fra le definizioni che ho raccolto mi ha colpita quella essenziale, priva di qualsiasi giudizio di valore, forse tautologica, che ne dà l’autore e docente di scrittura creativa Giulio Mozzi: La letteratura è qualcosa di scritto.
    Rassicurante. Infatti nel mio primo, istintivo abbozzo di risposta avevo collegato la letteratura proprio alla scrittura. Ma… la lista delle cose da farsi che segno regolarmente sulla mia agenda è dunque letteratura? Inquietante.
    La Treccani aggiungeva alla definizione un aspetto interessante, quello del fine e, quindi, dell’intenzionalità e della funzionalità. Letteratura è l’insieme delle opere affidate alla scrittura che si propongano fini estetici, o, pur non proponendoseli, li raggiungano comunque.
    Con un sospiro di sollievo ne ho concluso che no, la lista sulla mia agenda non è letteratura. Però… è allora letteratura quello che l’autore definisce tale? Compilo la mia lista della spesa in endecasillabi e la chiamo componimento: è poesia ciò che produco? Non molto convincente. Probabilmente l’intenzionalità dell’autore è un aspetto da prendere in considerazione, mi sono detta, ma (mi sarò sciroppata troppo Roland Barthes) fatico a dare un ruolo centrale all’autore. Se la mia lista della spesa in versi restasse agli occhi di un eventuale lettore una lista della spesa, alla faccia del mio sforzo poetico? Se l’intenzionalità estetica non venisse riconosciuta, ma soltanto la funzionalità pratica?
    Sono così giunta a questa conclusione: il lettore ha, nel processo di creazione di ‘letteratura’, un ruolo fondamentale. E’ l’interpretazione che il lettore dà di un testo scritto che lo rende o meno letteratura. In questa ottica è letteratura Morte a Venezia ma anche, alle mie orecchie e alla mia mente memore di Peter Handke, la lettura che alcuni giornalisti modenesi hanno fatto degli insulti che alcuni (troppi!) utenti di Facebook hanno rivolto alla giornalista Maria Novella Oppo, così come è letteratura la parabola delle vergini sagge e delle vergini stolte (che per un credente è invece parola di Dio). Non è invece letteratura la mia lettera di dimissioni, per quanto io mi sia sforzata di scriverla in modo originale e curato (il mio datore di lavoro l’ha definita “gran seccatura”).
    A questo punto, avendo risposto, seppure in modo un po’ traballante e sicuramente attaccabile, alla domanda “che cosa è letteratura?” ho risposto anche alla questione “che cosa è buona letteratura?”
    No. La mia definizione verte sui termini di intenzionalità e interpretazione, il giudizio di valore (‘buona’ e ‘cattiva’) resta fuori.
    Ebbene, per rispondere a questa domanda (Che cosa è buona letteratura?) ho proceduto allo stesso modo: ho chiesto in giro.
    Le risposte che ho ottenuto ruotavano tutte sullo stesso concetto: buona letteratura è quella che viene ufficialmente riconosciuta come tale, quella che rientra in un canone. Risposta che, ovviamente, non mi ha soddisfatta (è vero, chiedere al vicino che sta portando il cane a fare i bisogni non è probabilmente il miglior modo di procedere). Infatti, senza scomodare a mio supporto Leopardi, con cui non voglio certo paragonarmi (io non sono gobba, anche se in passato sono stata juventina), penso che sia palese che il problema di un canone è, oltre alla sua ristrettezza, la sua instabilità e natura perennemente in fieri e anche, conseguentemente, l’inevitabile inattualità, il suo essere ‘datato’. La letteratura contemporanea, se ci si affidasse al principio del canone o anche, più generosamente, del riconoscimento unanime della critica, difficilmente risulterebbe essere ‘buona letteratura’. In base a questo principio Una vita di Italo Svevo sarebbe diventato ‘buona letteratura’ solo una trentina di anni dopo la sua pubblicazione. Fino a quel punto era, allora, una schifezza?
    E che dire di un’opera come Il Castello di Otranto, che viene citato in qualsiasi testo di letteratura inglese e riconosciuto come classico (e fa quindi parte di un canone, tant’è che, per i miei studi, l’ho pure dovuto leggere), ma che si sviluppa in base a una tecnica narrativa diciamo… mmmm… primordiale?
    Toccherà mica a noi, lettori critici, compiere il grande atto di coraggio di stabilire criteri personali di buona letteratura e giudicare di volta in volta in base alle nostre convinzioni?
    Quali sono i vostri criteri? (I miei li ho espressi, in qualche modo, nel titolo così stonato di questo post).

    #8550
    Anonimo
    Inattivo

    posso?

    certamente la mia è deformazione professionale, programmo robot industriali, non riesco a non pensare in modo matematico.
    ok.
    la butto li:

    Q=S*I/N

    “la qualità (Q) di un testo letterario è direttamente proporzionale all’intensità (I)e alla quantità di suggestioni (S) che trasmette al lettore, e inversamente proporzionale al numero di vocaboli (N) che impiega”

    ecco, l’ho scritto.

    scusate se è una cazzata

    #8559
    Pallacorda
    Amministratore del forum

    Ahahaha ma è geniale!

    #8564
    Anonimo
    Inattivo

    Grazie per il contributo, Amadiro. Formula segnata (peccato per me aver iniziato con il pippone su cosa sia da considerarsi letteratura… altrimenti mi auto-candiderei al Nobel per la mia lettera di dimissioni :-)).

    #8566
    Capretta Amaltea
    Partecipante

    Una domanda che mi sono posta molte volte: cosa è la buona letteratura?
    La formula di Amadiro è carina e certo applicabile in molti casi, ma non mi sembra di rilevanza universale perchè mi vengono in mente molti esempi di grande letteratura assai verbosi.
    Anche l’idea del “canone” non mi convince, è troppo scolastica.
    Posso solo dire cosa è la buona letteratura nella mia esperienza. Qualcosa che ti apre finestre su diverse realtà e diversi modi di guardare la realtà. Qualcosa che permette di uscire dai pregiudizi e dai ristretti “punti di vista” del singolo individuo e che mette in comunicazione con altri mondi e altri punti di vista. In definitiva, la grande letteratura entra a fare parte dell’ esperienza umana, contribuisce alla formazione della personalità e ne diventa parte. Anche le altre arti hanno da dire a questo proposito, sono formative anche le esperienze estetiche che si fanno attraverso la musica e le arti figurative. Ma la letteratura, la narrativa in particolare, permette alle menti umane di restare in comunicazione, anche a distanza di secoli, soddisfacendo il bisogno così tipicamente umano di raccontare e sentirsi raccontare le “storie”. Per questo ha un posto speciale fra le arti, almeno per me.

    #8592
    Capretta Amaltea
    Partecipante

    Ripensavo all’equazione di Amadiro e mi è venuto in mente che potrebbe funzionare molto meglio se N=numero di aggettivi invece che numero di vocaboli. Mi sembra infatti che una caratteristica distintiva della cattiva letteratura, più che la prolissità, sia l’eccesso di aggettivazione ( e particolarmente aggettivazione banale, ma questo è difficilmente quantificabile) nel tentativo di creare atmosfere e sensazioni che non si riesce a creare altrimenti.

    #8682
    Anonimo
    Inattivo

    Beh, immagino che come tutte le cose soggettive siano variabili da persona a persona. comunque, un modo un po’ empirico, ma certamente valido per me, è questo:
    Un’ opera è buona letteratura se ti dispiace quando arrivi alla parola fine. ( O devi chiudere il libro)
    E ovviamente i canoni di buona letteratura variano in funzione dell’epoca e delle persone. Per cui magari Asimov nell’epoca d’oro era ritenuto spazzatura (e onestamente non so), e adesso è il padre della moderna Science Fiction. Per fare un paragone con l’arte, i quadri impressionisti di gente come Pisarro venivano usati per pagare una notte in ostello, o gente come Fattori e Lega vennero dispregiativamente chiamati “macchiaioli”, meno che pittori.

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