Esiste da trent’anni, lo tengono nei cassetti

Allora se il futuro è nei cassetti, io voglio aprirli questi cassetti perché se tengono un’auto così da trent’anni in un cassetto per vendere quello stramaledetto petrolio, se tengono nel cassetto una cosa così allora vuol dire che in un altro cassetto magari c’è una pillola che costa 30 lire che guarisce dall’AIDS.

Queste erano le parole urlate da Grillo nel 95 subito dopo aver fatto un aerosol con i gas di scarico di una probabile auto all’idrogeno: sono passati quasi vent’anni e Beppe Grillo questa auto all’idrogeno usata nei suoi spettacoli l’ha chiusa in un cassetto. Perché?

Parliamo per un momento d’altro: quest’anno o forse il prossimo verrà messo in vendita l’Oculus Rift ovvero un caschetto per la realtà virtuale finalmente fatto come si deve: il prototipo è già commercializzato da tempo, e se guardate qualche video vedrete che è qualcosa di molto diverso da quello che è stato fatto fin’ora: per prima cosa ha due schermi, quindi la visuale è stereoscopica, in parole povere vediamo in 3D. Poi abbiamo tutte le altre caratteristiche di un caschetto virtuale migliorate e attualizzate con la tecnologia odierna.

Eppure anche l’Oculus Rift è una tecnologia nascosta nei cassetti da decenni.

L’idea di far vedere due immagini diverse a due occhi è molto molto antica: nel 1832 con lo stereoscopio potevamo già vedere una immagine fissa tridimensionale.

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Certo, era un’immagine fissa, in bianco e nero. Ma con l’avvento del colore questa tecnologia passò dal piccolo visore al grande schermo era il primo cinema 3D degli anni 50. La cosa andò di moda per un po’ ma già negli anni 70 aveva rotto le balle e rimase confinata nei parchi di divertimento fino a quando Cameron decise di tediarci con la sua personalissima versione dei Puffi: da quel giorno non ce la siamo più tolta dalle sale cinematografiche.

Ma sto divagando: torniamo ai caschetti virtuali.

Un brutto Oculus è stato fatto nel 1968 con “la spada di Damocle

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In realtà i piccoli schermi erano semitrasparenti, quindi questo dispositivo oltre ad essere una versione antica del caschetto virtuale è anche un primissimo esempio di Google Glass.

Certo, quello che ci vedevi era un cubo e avevi il piccolo inconveniente del macchinario che pendeva sopra la tua testa (da cui il nome). Senza parlare del costo naturalmente.

Nei ’90 i caschetti per la realtà virtuale ebbero la loro prima diffusione, più che altro nelle sale giochi e nelle fiere di settore. Ricordo di averlo provato in 2 occasioni. La prima volta con un FPS “on rail” (ovvero dove potevi muovere solo la testa e sparare ma non potevi muovere il personaggio) Eccezionale. La volta successiva con Duke Nukem 3D. Deprimente.

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La tecnologia, ma mancavano i software adatti, oltre che naturalmente gli hardware per far funzionare qualcosa di più complesso di una bella demo.

Dopo un momento di hype ci fu il classico flop: come per il cinema 3D ma più velocemente.

Quello che non fu distrutto dal mercato se lo portò via la bolla delle .com che diede la botta di arresto alle startup tecnologiche facendo cambiare il panorama: tutto quello che si faceva prima di colpo non andava più bene. Nacquero nuove console tra cui l’xbox e il mondo continuò a girare senza realtà virtuale.

Nel corso dei 2000 i caschetti si riciclarono come “televisioni portatili”: da molti anni ne ho uno su uno scaffale a prender polvere, preso su ebay da un’altra persona che era stanca di fargli prender polvere.

In ogni caso dal 2000 la tecnologia era praticamente pronta. Quello che mancava era qualcuno che ci volesse investire i soldi per farlo diventare un prodotto: era passato troppo poco dagli anni 90 nella quale una tecnologia acerba aveva fatto una scarsa impressione, e il virtuale era passato di moda: ora andavano molto il web 2.0 e più avanti gli smartphone.

Oculus arrivò quando oramai la tecnologia era alla portata di chiunque fosse in grado di raccogliere un po’ di soldi.

Se non sbaglio l’azienda ha raccolto al momento meno di 100 milioni di dollari, che è molto meno di quello che Nintendo investe in ricerca e sviluppo in un trimestre. Il fatto che si siano mossi prima “i ragazzi nel garage” (modo di dire: non sono proprio alla prima esperienza) rispetto alle grandi aziende come Sony è una delle tante contraddizioni dell’innovazione, che non proviene dalla azienda leader di mercato che appunto tende ad essere conservatrice in quello che sviluppa (Sony appunto: aggiorna la sua console e copia le cose tecnologiche che fanno gli altri) ma viene da chi ha il coraggio di rischiare.

Ed è esattamente questo il punto: non basta che una tecnologia esista, deve essere anche abbastanza economica per essere messa sul mercato: il prototipo di Oculus costa 350$ completo di sensori al quale se vuoi puoi aggiungere un 1.200$ per una buona macchina da gioco, i caschetti nei novanta con cabinato stavano sui 60.000$!

Seconda cosa ci vuole la volontà imprenditoriale di chi – una volta che le condizioni diventano favorevoli – si prenda il rischio di portare il prodotto sul mercato. Se lo fai troppo presto vai verso il sicuro fallimento; troppo tardi e ti troverai ad inseguire.

Nel 1994 c’erano sia le auto all’idrogeno, sia i caschetti virtuali.

Nel 2014 non sono ancora diffuse ne auto all’idrogeno ne caschetti virtuali: entrambe le tecnologie esistono, ma non c’è ancora stato nessuno in grado di portarle sul mercato.

E giusto per essere chiari non c’è un grande complotto delle case petrolifere contro la realtà virtuale.

Aggiornamento 25/3/201$

Neanche a farlo apposta proprio oggi Facebook ha comprato Oculus per 2 Miliardi di dollari. E questo vuol dire una sola cosa: Zuckerberg legge questo blog 🙂

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