Cronache dal grillismo reale: 2. Cani da guardia

Inviando un grato saluto al nostro inviato embedded (suo malgrado) in quel di Mira, riprendo il discorso da dove lo avevo lasciato (Il corpo estraneo).

Ma prima di tutto, sì, bisogna ammettere che l’amministrazione grillina di Mira ha preso l’onda, mettendo in carniere un 35% di consensi. Però come quasi dappertutto nell’area, con percentuali al M5S regolarmente tra il 30% e il 40%, anche là dove non solo non amministra, ma dove non ha neppure una rappresentanza di attivisti. Frutto dello sfarinamento di PD e PDL, ma soprattutto della implosione della Lega. Insomma, gli elettori stavolta non si sono guardati intorno, ma si sono voltati tutti verso un punto lontano all’orizzonte.

Nella bufera mediatica da cui è avvolto il M5S, mi pare però che rivesta ancora interesse un abbozzo di fenomenologia, o almeno un’aneddotica, del grillismo trionfante, in uno dei luoghi in cui ha avuto la sventura di vincere davvero.

Mi pare che là si colgano allo stato nascente i sintomi del virus (la malattia infantile) che ha infettato il paese.

 

Cani da guardia

Nessuno di loro pensava a un successo elettorale: non era un sogno e neppure un incubo, semplicemente era un’ipotetica dell’irrealtà. L’obiettivo realistico e dichiarato era quello di infiltrare qualche consigliere nel “Palazzo”.

Non lo credeva Pizzarotti a Parma, né Maniero a Mira.

Poi, l’imprevista deflagrazione, che li ha proiettati dentro la stanza dei bottoni.

Ma Pizzarotti si è trovato ad amministrare un comune sull’orlo del dissesto finanziario, con un debito di svariate centinaia di milioni di euro creato principalmente dalle società partecipate, e con la classe politica di centrodestra decapitata dalle inchieste sulla corruzione e la malagestione. Così si è ritagliato, al di fuori della questione dell’inceneritore, un ruolo quasi commissariale (in continuità con la gestione del commissario Ciclosi), una sorta di governo tecnico alla Monti applicato all’amministrazione locale.

Invece Maniero si è ritrovato in mano un comune senza debiti e senza inchieste. Quale migliore occasione per dispiegare la forza dirompente delle idee del Movimento?

E lui aveva chiaro fin dall’inizio la sua missione: “noi siamo cani da guardia” del potere; e poi, con riferimento a sé e al suo ruolo di amministratore, “siamo passati da stimolatori esterni a stimolatori interni”.

Ma a guardia di cosa? Chi o cosa dovrebbe “stimolare”? Non si è reso conto di essere capitato, per uno scherzo del destino, proprio nel luogo esatto da cui il potere dovrebbe promanare, in forma di decisioni?

Probabilmente no, se sono diventate oramai proverbiali in comune le sue interlocuzioni: “Avete qualche idea? Cosa suggerite di fare? Che cosa fareste al mio posto?”, che lasciano interdette le più svariate controparti, costrette a reprimere la pronta risposta “Dimettersi no, eh?”

Ma accettare il ruolo di sindaco, completamente e senza riserve, significherebbe per lui accettare il principio di rappresentanza e quello di responsabilità, cioè rinnegare l’istanza di democrazia senza mediazione per cui “uno vale uno”. Senza contare che la gestione del potere contamina, e poi finisce che ti apparenta con la “casta”.

 

Il vuoto del potere

In effetti Maniero e i suoi si sono presentati e rappresentati fin da subito come un corpo estraneo sia alla gestione del potere (di cui è in dubbio la legittimazione in quanto frutto di delega) sia all’istituzione (come luogo simbolico di esercizio del potere).

Il primo sintomo è stato l’apparente rifiuto dei ruoli amministrativi: in una amministrazione dei cittadini, non ci può essere distinzione tra sindaco, assessori, consiglieri; e neppure tra amministratori e militanti del Movimento, avanguardia della comunità.

Il Potere ha un orientamento verticale, è gerarchico: per cui il grillismo vittorioso ostenta l’orizzontalità (L’unica verticalità possibile, anche se negata, è il rapporto diretto con il Capo Politico e il suo staff).

Ecco che i primi mesi di amministrazione grillina a Mira si sono manifestati nella forma di un confuso assemblearismo permanente: l’ufficio del sindaco un porto di mare, con riunioni fiume a composizione costantemente variabile, senza distinzione di ruoli, prerogative o competenze, discussioni senza fine e votate all’inconcludenza se non per esaurimento delle energie.

Le decisioni vengono abbozzate in una composizione dell’assise, per definizione informale e contingente, poi contraddette qualche ora dopo con partecipanti diversi; maggioranze precarie smentite da nuove maggioranze, un vero trionfo dell’effimero (disgraziatamente le discussioni verbali non hanno i vantaggi dei thread nei meetup sul web, che almeno consentono di seguire lo storico).

Perché la democrazia diretta, in questa reincarnazione primitiva, aborrisce i meccanismi formali: cose degenerate come competenze e perimetro degli organi (sindaco, giunta, consiglio, o altri organismi rappresentativi), votazioni formali, responsabilità differenziate.

Ciascun partecipante alle discussioni è portavoce della volontà della comunità dei cittadini, e in mancanza di strumenti efficaci di partecipazione (al di fuori della telepatia), è uno e molti insieme. E la decisione dovrebbe emergere come interpretazione autentica dello spirito del Movimento, cioè del popolo (“Siamo qui per servire il popolo”, ha dichiarato ai giornali Maniero senza ironia e troppo giovane per coglierne la sinistra assonanza).

Col risultato che si decide poco o nulla.

E che di quello che si decide nessuno porta davvero la responsabilità: è il Movimento che decide, non questo o quel soggetto; e se qualcosa va storto, la responsabilità non è di nessuno. 

O tutt’al più, di qualcun altro (le amministrazioni precedenti, il governo nazionale, i funzionari infidi o ostili, gli infiltrati nel Movimento, ecc.).

Peccato che poi la realtà imponga ai nostri eroi indigesti compromessi. L’emergere di posizioni diverse, dissonanti, ha costretto a superare la prassi delle discussioni aperte a favore di un comitato ristretto, promosso a quintessenza del Movimento, individuato per esclusione dei dissenzienti: Maniero, un altro paio di assessori tra cui il suo compagno di banco alle superiori, quattro o cinque consiglieri tra cui la sua fidanzata, uno o due esterni, già promossi nel consiglio di amministrazione della società partecipata dal comune.

Al di fuori di questo direttorio, non risultano al momento altre efficaci articolazioni organizzative né modalità di partecipazione dei cittadini (niente di simile alle assemblee di quartiere di Parma, strutturate da una psicoterapeuta, o al portale web per l’interazione con l’amministrazione) anche se di recente, dopo il confortante risultato elettorale, è stata promossa la rivitalizzazione del meetup (fisico) locale, da tempo dormiente.

L’incontro è stato un successo, racimolando circa una quarantina di partecipanti. Non male, rispetto agli 8.500 voti raccolti dal M5S alle politiche: circa il 4 per mille. E si è chiuso con la proposta di avviare, come forma di partecipazione dei cittadini, la presenza periodica di banchetti (gazebo) del M5S nelle frazioni come “sportello dell’amministrazione fuori dal palazzo”, articolati a tema “in base alle commissioni consiliari dove chi ne è componente spiega ai cittadini cosa si è discusso” (sic!).

E la rete? Oltre al meetup sul web, pressoché disertato, esiste soltanto un profilo Facebook piuttosto avvilente (gestito dal giovane consigliere neodiplomato, delegato alla comunicazione) ma niente Twitter, lo spazio nel blog di Grillo e un canale You Tube per i rari comunicati unilaterali, il sito istituzionale del comune con orientamento rigorosamente unidirezionale. Insomma, la partecipazione attraverso la rete per i grillini di Mira, nonostante gli slogan, rimane ancora un territorio inesplorato.

 

Intanto…

È passato un mese dalla mail della Agnoletto di denuncia delle pressioni ricevute perché si dimettesse, con la scusa della maternità, e dalle imbarazzate risposte di Maniero, che preannunciava un più ampio rimpasto di giunta con il cambio di altri due assessori oltre alla gestante, perché “non presenti a tempo pieno”.

Uno dei tre, Michele Gatti, dichiarava al Corriere il 16 febbraio scorso che « se vado via lo farò a testa alta. Ma non mi faccio togliere le deleghe: sarà un divorzio consensuale. Riconosco che la maggioranza 5 Stelle a Mira ha una incapacità di ascolto delle opposizioni, ha fatto scelte sbagliate e può cadere nella rappresentazione della setta».

A tutt’oggi, però, nessuna revoca è stata fatta.

L’Agnoletto da quel giorno ha disertato il municipio e non ha più partecipato a sedute della giunta (anche se continua a maturare l’indennità da assessore).

Gli altri due assessori invece continuano a frequentare il comune, ma sembrano portarsi appresso il peso del ripudio annunciato: non sono in grado di svolgere il proprio ruolo, non possono dare indirizzi perché non possono parlare per conto di un’amministrazione che gli ha tolto informalmente la fiducia.

E nonostante questo, Maniero e il suo piccolo clan sembrano avere paura di dare seguito alle decisioni annunciate.

Intanto si dice che salgano le quotazioni, all’interno del direttorio, di Elisa Benato, nominata dalla giunta grillina all’indomani delle elezioni nel CdA della società partecipata che gestisce le farmacie comunali e si occupa di mensa scolastica. Infatti la Benato è una cinquantenne insegnante elementare in una scuola di Mira, e quindi chi meglio di una utente della mensa nonché consumatrice occasionale di prodotti farmaceutici per gestire una società comunale con un fatturato di qualche decina di milioni di euro (se una madre di famiglia può ben fare il ministro dell’economia)? E poi, è nel Movimento dalla prima ora: risulta infatti iscritta dal 24 maggio 2012, cioè soltanto un paio di giorni dopo il ballottaggio!

E allora, tra assessori assenti o dimezzati e un sindaco evasivo e evanescente, l’amministrazione gira a vuoto.

O meglio, attorno a un vuoto.

 

P.S. L’ho fatta di nuovo troppo lunga. Ma avrei ancora qualche osservazione da proporvi, ad esempio sul programma amministrativo prêt à porter, sulla sindrome del sospetto (“siamo circondati da nemici”) e sulla inconcepibilità del conflitto di interessi (“noi siamo cittadini, che problema c’è”?).

Se vi interessa, ne faccio un’altra puntata.

I commenti sono chiusi.