Cinema Totalitario II: Al fuoco, pompieri!

Poteva mancare nella nostra rassegna il film cecoslovacco? State tranquilli: non sarete sfortunati come Fantozzi. Questa volta il film cecoslovacco è arrivato. L’amico Pallacorda aveva previsto un film in lingua originale con sottotitoli in una lingua morta, e non è andato molto lontano dal vero, perché io lo vidi la prima volta in lingua originale con sottotitoli in danese, lingua di cui so quattro parole in croce, e all’epoca nemmeno quelle. Eppure fu uno dei film che mi fecero ridere di più: risate grasse e felici, circondato da un pubblico ugualmente rallegrato.

In quel periodo lavoravo presso un’università danese e gli studenti avevano organizzato una rassegna di classici del cinema. Fra questi doveva esserci “F for Fake“, splendido film-documentario di Orson Welles su Elmyr de Hory, l’amico falsario di opere d’arte. Non avevo mai visto il film, e entusiasta quel pomeriggio andai nella hall dove si tenevano le proiezioni. Mi accorsi subito che qualcosa non andava. Invece del film di Welles, c’era un film in una lingua slava a me ignota, con sottotitoli in danese, lingua di cui so quattro parole in croce, e allora nemmeno quelle. Il mio primo istinto fu di andarmene, ma la prima scena mi aveva fatto ridere, e la proiezione era gratis, cosa non trascurabile per un ligure, così rimasi, ed alla fine ne fui felice. Raramente ho riso così tanto di gusto. Per inciso, vidi “F for Fake” solo un paio di anni dopo, ed è un piccolo capolavoro, esso pure in grado di dare un po’ di allegria, ma di tipo diverso, più misurata e sofisticata. Ah, un altro aneddoto: anni dopo mi capitò di vedere un altro film in una lingua straniera che allora non conoscevo, il tedesco, e ne dedussi che tutto sommato era una lingua semplice, ma mi sbagliai; era la versione tradotta in tedesco di “The Thing” di Carpenter.

Qualche tempo dopo con mio ex-direttore di tesi, di origini russe. Non menzionai il titolo del film; dissi solo che era un film cecoslovacco. Si mise a ridere e mi chiese: “Che film era? I pompieri.” Confermai, e lui sorridendo aggiunse “eh sì, Forman prima di emigrare faceva dei film molto belli.” Già, prima di emigrare. Poi divenne noto al grande pubblico con pellicole come Amadeus e Ragtime. Per inciso, si tratta di due film spettacolari, una festa per gli occhi e ricchi di trovate, film diretti benissimo, che semplicemente detesto: il primo è costruito su un’enorme calunnia sul quel brav’uomo di Salieri; il secondo è tratto da un romanzo che plagia la sua linea narrativa principale da Michael Kohlhaas di Kleist, trasposizione non molto riuscita.

Ma torniamo al film cecoslovacco. Si tratta di “Hoří, má panenko” (Al fuoco, pompieri!, nell’edizione italiana, The Firemen’s Ball, in quella inglese), film del 1967 di Miloš Forman. Di che cosa si tratta? Di una pochade su un dipartimento di vigili del fuoco di periferia che organizza un concorso di bellezza. Non c’è nemmeno bisogno di raccontarvi la trama: dalla prima scena avete già ben chiaro di che cosa si tratti e che tutto finirà in un disastro. È una burla e nulla più, realizzata comunque molto bene; un film allegro, semplice, una commedia demenziale paragonabile al film italiano “I pompieri”, anche se quello di Forman ha un umorismo un po’ meno volgare, ma nemmeno troppo. Insomma, è un film per passare un’ora in allegria poco più di un’ora senza pretese intellettuali.

E che cosa ha a che vedere un film del genere col totalitarismo? vi chiederete. Si tratta forse di un’allegoria del Comunismo, come con altre commedie di cui parleremo in seguito, se il Signore ce lo concederà? Non ce n’è mica bisogno! Insomma, guardateli bene i comunisti: Marx, Lenin, Yagoda, Yezhov, Mao, …. Vi sembra gente allegra? Sono peggio della moglie di Lutero, che era peggio di Lutero. Gente seriosa che pensa al compito storico che hanno davanti. Come fa gente del genere a capire l’umorismo? E di fatti non troverete fra loro il sorriso amichevole di uno Scacciavillani o di un Freedman. Ammettiamolo: il liberismo è vita, allegria; il comunismo, come ogni forma di storicismo, è noia, gente che ti vuole insegnare come ti devi divertire, sorrisi meccanici perché “devi” essere felice.

Nikolay Ivanovich Yezhov (a destra di Stalin): si noti il sorriso particolarmente inespressivo tipico dei comunisti (o “sgommunisti” come qualcuno li chiama su questo sito)

Ecco allora il burocrate cecoslovacco che di fronte ad un film del genere sospetta che dietro ci sia una critica del regime, cerca un secondo significato, ed alla fine è lui stesso a darglielo. Così, il film, malvisto dal regime, divenne l’equivalente di un dissidente scomodo che non faceva politica, ma aveva il vizio di parlare troppo, e venne proibito dopo la repressione sovietica della Primavera di Praga. Ma la sua messa al bando gli diede anche un significato simbolico diverso, quello che all’inizio non aveva, e che il tristo burocrate immaginava.

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