Cartoline dall’Iran

(Questo articolo è la riproposizione in forma scritta del “graphic journalism” in edicola da venerdì scorso su Internazionale, che invito a leggere. Il testo è di Ahmad Mir, autore di fumetti di origine iraniana che vive in Francia, ad Angoulême)

 

Ho bisogno di farmi del male, devo far soffrire il mio corpo per scontare quello che sono. Di solito quando sono vicino a un’autostrada o a una stazione il mio cervello urla, chiedendomi di uccidermi. Devo provare dolore, il mio piacere è il mio dolore.

 

Sono stanca del mio cervello, voglio che muoia, voglio che stia zitto. Mi dice “Non vali niente, sei stupida e sei brutta, non mi sei mai piaciuta, vorrei che non fossi mai nata”.

Odio la mia faccia, il mio corpo e la mia voce. Ho deluso i miei genitori, sono un peso per la società…

 

Mi sussurra all’orecchio: “Nessuno vuole vederti, ti prendono in giro, ti umiliano ma tu non puoi difenderti, lo sai che è colpa tua. Sei una vergogna, per quale motivo dovresti vivere? Non ne hai nessuno”.

 

Perfino Dio non ti cerca più ormai, non vedi che ha gettato la spugna già da un po’? E dai! Facciamola finita! Chiudi gli occhi e buttati!

E’ ORA

ADESSO!

 

“OH!

La mia povera bambina!

La mia bambina così buona!”

 

Durante la terapia ho capito di avere dei problemi. Il principale è che vivo una contraddizione interna. Da un lato c’è quello che è giusto per la mia esistenza, si fonda sulla realtà ed è al servizio della mia vita; dall’altro ci sono quelli che LORO mi hanno insegnato a considerare DIRITTI, fondati sulla loro realtà, e la mia vita dovrebbe rispecchiare queste convinzioni.

 

Quindi se faccio qualcosa contro la loro volontà, cominciano a minacciarmi per farmi rientrare nei ranghi. Se continuo a non rispettare le loro regole e i loro valori, LORO mi condannano e mi danno una punizione, la loro vendetta è la mia morte.

 

La domanda è: chi sono LORO?

Sono l’interiorizzazione dei miei genitori, degli insegnanti, della religione, delle regole scritte e non scritte della mia società e della mia cultura. Sono norme e punti di riferimento sbagliati, stabiliti migliaia di anni fa.

Sto vivendo secondo la mentalità e le regole di persone morte da millenni.

 

Cosa dovrei fare, quindi?

E’ semplice, ho due possibilità: ascoltarli e diventare quello che vogliono che io sia, o l’altra via…

 

Diventerò quello che voglio essere, non quello che si aspettano che io sia. Io sono quella che penso di essere, non quella che loro pensano che io sia. Appartengo a me stessa, non a loro.

Mi sentite? Non sono qui per compiacervi. Non sono vostra, disimparerò quello che mi avete insegnato, ho abbandonato la persona che avevate fatto di me.

Sono un essere umano, la mia bellezza è il pensiero, io vivo la mia mente.

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