Blu notte

Non conosco un modo più semplice per spiegarmi, quindi lo faccio con una gag in stile Lucarelli:

22 maggio 1981. Roma. La procura della Repubblica emette un ordine di cattura per l’ex ufficiale dei carabinieri Antonio Vezzer e per Licio Gelli. Il venerabile maestro Licio Gelli.

Ad entrambi viene contestato l’articolo 257 del codice penale. Quell’articolo del codice penale è particolare, è l’articolo che si riferisce allo spionaggio politico e militare, e prevede la reclusione con non meno di quindici anni di carcere.

Firenze, Pontassieve. Ha sei anni, sta guardando estasiato il suo portamatite nuovo di Goldrake. E’un regalo del padre. E’un giorno importante quello per Matteo Renzi, è il giorno in cui si deve fare il primo dettato.

Poco distante a Tana delle Tigri arriva la notizia. E’mister X a portarla. Mister X è un tizio ambiguo, strano, bruttissimo. Lo si riconosce da un grosso sfregio sul volto. Lo stanno ancora cercando, a Palermo, Mister X. Di Matteo ne ha parlato recentemente : porta la tuba ed ha un monocolo ed un bastone Mister X.

Quel giorno di marzo, in autunno, vicino ai navigli a largo di Firenze, dove spira il vento dell’adriatico si riuniscono i massoni. Ci sono quelli grandi, che in gergo sono chiamati “macigni”, i loro sottoposti “le pietre” e poi ci sono i “sassi”. Quel giorno, di notte, Gelli va dentro e viene eletto il nuovo capo della cupola di rito corinzio.

Chi è, chi non è. Non lo sapremo mai.

Friuli-Venezia Giulia, siamo sulle rive del lago di Garda, a Regina Coeli, zona reclusi, ala reati civili, Ciancimino si alza e prende un caffé, è buono, e poi si ricorda una cosa e scrive. A chi scrive ? Cosa scrive ? In questo momento non c’interessa.

Sardegna, 1956, fa caldo nel palazzo di giustizia di Rovigo. Qualcuno apre una busta, è di Ciancimino. Siamo a fianco ai lavori per la Salerno-Reggio Calabria e qualcuno apre una finestra. C’è scritto che quel naviglio non doveva essere lì. A Massimo Ciancimino l’ha detto il padre, in un pizzino, che non c’è. Non c’è mai stato. O forse c’era e non c’è più. Chi lo sa ?

Si sa che quel naviglio non doveva esserci lì, e per quel naviglio lì qualcuno ha pagato, ed ha pagato tanto.

Siamo al 22 maggio 1981, chi ha incassato ? Matteo Renzi.

Bruxelles. Siamo in Germania, poco oltre la frontiera italo-tedesca c’è una uno bianca, la guida Stevie Wonder. Sul sedile posteriore c’è Barbara Spinelli che parla con Viktor Orban. Parlano di Nichi Vendola.

Sono anni bui quelli, ma Matteo è lì, col suo portapenne nuovo ed i pantaloni alla zuava. Sono ruvidi i pantaloni alla zuava, c’è dentro tanta sofferenza. Portano brutti ricordi quei pantaloni, come quando ha perso le primarie contro Bersani. Renzi se lo ricorda, ma va avanti lo stesso, c’è un dettato oggi.

Losanna, Svizzera, un anno a caso. C’è da eleggere il nuovo papa. Matteo Renzi non ne sa niente, ma c’è Marcinkus che agisce per lo IOR e tifa Napoli. A Napoli c’è Maradona. E la camorra. Appunto.

Passano alcuni anni, scoppia la moda del gel per capelli, in TV passa sempre quella canzone lì, quella che nessuno sa bene come si chiami e chi la canti. Vamos a la playa dei Righeira, due spie del KGB in incognito. Matteo Renzi la conosce, e la detesta.

Cerca di non farci caso. Prova di carattere, pugni stretti contro la follia. Andare avanti. Milano, interno giorno, siamo negli studi Mediaset in via Teulada. C’è una trasmissione in cui si possono vincere tanti soldi. A condurla è una vecchia cantante italiana. Ma quei soldi da dove arrivano ? Chi ce li mette ? La TV è di Berlusconi. E sappiamo chi è Berlusconi.

Renzi non lo sa, o almeno ufficialmente non lo sa. Ma si presenta e vince. E prende i soldi.  Tanti soldi. A nome di chi ? I bilanci non lo dicono ed il POS è rotto: non lo sapremo mai.

Per capirlo dobbiamo tornare indietro di qualche anno: fiume Saleph, interno notte, Federico arranca, si dimena, cerca in tutti i modi di sfuggire alla morte che lo attende… ma ha fatto un grave errore quella mattina, e quel giorno pagherà caro quell’errore: doveva vestire più leggero.

E’così che muore Federico primo, per gli amici “Barbarossa”. Chi c’ha guadagnato ?

La lista è lunga ma fra questi c’è una persona, una persona famosa, uno che è noto perché da li a qualche anno sarà sullo stemma di tutte le biciclette d’Italia, uno che si conosce solo per il nome di battesimo : Alberto, e per il luogo di nascita : Giussano.

Alberto da Giussano e Renzi, cosa li Lega ? A prima vista niente, ma i più attenti noteranno che entrambi sono italiani, e chissà che oltre a questo non ci sia altro ?

Ai tempi di Renzi Alberto da Giussano è morto ma non è del tutto morto. La sua memoria vive nel ricordo di chi ne ha fatto un icona: Umberto Bossi.

Umberto Bossi ha molto da farsi perdonare, ma la giustizia italiana lo conosce principalmente per la tangente Enimont, a portarglieli è un soggetto meno famoso che molti dicono essere vicino a Berlusconi: Luigi Bisignani.

Bisignani è l’uomo che prende i soldi della tangente Enimont e li porta allo IOR.

Bossi. Bisignani. Berlusconi. Lo IOR. Marcinkus. Licio Gelli. E Matteo Renzi.

Esterno notte. Renzi è a scuola. E’l’ora di merenda. E’l’infame merendero. Lui lo mangia e guarda lachiara. No non Chiara ma lachiara, come si dice lì in Calabria, dove nomi e cognomi femminili sono indissolubilmente preceduti dal “la”. A Renzi piace lachiara, le piace così tanto che per uscire con lei ascolterebbe anche i Righeira, gli piacerebbe offrirle un gelato, magari coi soldi di Berlusconi.

Renzi, lachiara, i Righeira ed i soldi di Berlusconi.

Lo so io, lo sapete voi e lo sa anche Pietro Pelù, in arte Piero. Piero è un ragazzo strano, gli piace cantare e farsi le treccine: a natale gli regalano una fornitura annua di Arbre Magique ed a marzo è già finita. Piero Pelù ha tanti problemi, ma la sa lunga.

Pierò Pelù fa il cantautore e con le sue treccine ci lavora. Primo Maggio, festa dei lavoratori. I lavoratori non lavorano e festeggiano. Piero Pelù lavora.

Piazza San Giovanni. Roma. Esterno notte. Nell’aria c’è quell’aroma pungente di Arbre Magique alla citronella perché all’autogrill avevano finito il muschio selvatico. Piero Pelù è sul palco e canta il suo repertorio. Dopo qualche bicchierino di troppo di analcolico moro si lascia andare e dice che Renzi è il boy Scout di Gelli. Piero Pelù conosce Gelli perché è stato a casa sua: se parla di sicuro sa qualcosa.

Scoppia uno scandalo, dopo qualche giorno è costretto a ritrattare e sparisce dai radar.

Boy scout. Renzi. Gelli. I righeira.

Certi nomi continuano a tornare.

Coincidenze ? Io non credo.

Che ho scritto ? Il nulla di nulla in salsa complottistica: fuffa e poco altro.

Oggi mi sento ispirato da un certo condirettore.

Vedete, si può essere contrari ad un qualcosa per i motivi più disparati, alcuni più seri ed altri più frivoli, si va dalle legittime preoccupazioni al mero spirito di polemica, va tutto bene fino a quando non si passa al costruire castelli in aria solo per screditare ed attaccare qualcosa che non ci piace.

Col Movimento 5 Stelle e con Travaglio putroppo si passa facilmente a questo secondo ambito, quello in cui per attaccare qualcosa di sgradito si tira in ballo mafia, tangenti, P2 e via dicendo.

Voglio essere onesto, quando Travaglio fa parallelismi con la P2 parlando di Renzi fa un favore a Renzi ed al PD: la gente dopo anni di sentirsi dire, stile litania, tutte le sparate di Travaglio non aspetta che ri-sentire lo stesso campionario per scappare a gambe levate, e se per ora ancora ci teniamo bassi non dispero che in futuro il noto pupillo di Montanelli non tiri fuori i trascorsi di Berlusconi per zavorrare Renzi. Mi aspetto che torni in auge la tessera 1816 (magari, per rendere più evidente la sua “sottile” allusione, confezionando una battuta sulla tessera 1816bis) o i due cavalli e mezzo, per il resto fra nomignoli e stoccatine c’è già tutto lo scibile del condirettore.

Il punto quindi non è se la cosa faccia o non faccia gioco al PD, il punto è che nel vano tentativo di screditare i nemici (una volta erano avversari, oggi s’è passati alle vie di fatto) si stanno portando in campo cose che in una società civile e matura dovrebbero rimanere inviolabili.

Parlo delle stragi, della mafia, dei coinvolgimenti mafiosi ed “esteri” della politica, dello stragismo e degli anni bui della Repubblica, “mostri” del nostro passato che per un futuro migliore è giusto che non vengano buttaie nella mischia per tornaconto politico, men che meno banalizzati.

Un tempo non troppo lontano dire “è un mafioso” a qualcuno era un offesa grave, e la cosa racchiudeva in sé il disgusto profondo che la società civile aveva nei confronti della mafia, di chi strangolava i figli dei pentiti e scioglieva i corpi nell’acido. Oggi appena qualcuno osa non essere d’accordo con certe idee partono subito attacchi tipo “sei un mafioso”. Ma stiamo scherzando ?

La cosa è terrificante. La cosa è terrificante non tanto per l’ingiuria in sé, che riguarda sostanzialmente chi la fa e chi la riceve, la cosa è terrificante perché a forza di dirlo di sentirselo dire e di sentirlo in generale oramai “sei un mafioso” ha perso la sua “carica” emotiva e sociale, cosicché quando si prende un mafioso sembra addirittura meno grave.

Quest’imbarbarimento, quest’abbrutimento del dialogo e del tessuto sociale è causa di qualcuno, ma a patirlo siamo tutti… e c’è chi ci sguazza in questa cloaca.

La chiudo qui, penso che c’è già abbastanza carne al fuoco, abbastanza materiale su cui riflettere. Alla prossima.

 

PS : Giorni addietro Raffaele Salvati m’ha linkato un suo pezzo in cui rivolgeva alcune domande abbastanza serie a Monia Benini. Riporto il link.

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