Andare avanti tornando indietro

Here we go again

Eccoci di nuovo qui a perdere tempo con i peronismi (non capiti) di casa nostra. Carenza culturale; o meglio: poca voglia di informarsi; o meglio ancora: incapacità di darsi un metodo di conoscenza. Quante volte ci è capitato in ufficio di essere sommersi di lavoro in un lasso di tempo piccolo e con gli altri colleghi già a casa o non ancora arrivati? Alla fine si fa tutto, e lo si fa male.

In pratica sta succedendo per la politica sociale la stessa cosa. Anche chi non ha mai seguito la politica pensa di poter esprimere concetti originali e mai venuti a galla (il famoso sveglia!), dimenticandosi che molte dinamiche sociali già sono state studiate e capite parecchio tempo fa. L’aspetto più preoccupante è che la questione sembra non conoscere limitazioni di “disciplina”; ognuno sa e — per il solo fatto di pensare di sapere — esprime. Qualcuno potrebbe obiettare: “ma tu chi razzo ti credi di essere?”. Certo, anche io sono palesemente ignorante ed è per questo che sono un fanatico della delega.

Non solo della delega, ma anche della cooperazione. Se ho problemi a lavoro delego al sindacato e spero (anzi voglio) che questo sia un insieme di individualità ma che alla fine formino una identità. Lo stesso per la politica… ho bisogno e necessità dei partiti. E anche i partiti devo riconoscerli; devono dichiararsi per essere conosciuti. Progressisti? Conservatori? Altro che “né di destra né di sinistra”. Il fatto di delegare ad un corpo identificabile come (più o meno) un tutto organico mi rende il meccanismo sociale più comprensibile; così come la decisione di prendere parte ad uno di questi corpi istituzionali rende meno chimeriche le mie ambizioni di cambiamento sociale.

Delegare chi sa e delegare a molte persone che concorrono alla stessa “opera”. Nulla di nuovo: divisione del lavoro ed economia di scala.
Il berlusconismo ha tolto di mezzo i corpi intemedi (ghe pensi mi). Il grillismo ha completato l’opera, togliendo di mezzo la cooperazione (clicka da casa, individualmente, non parlare con altri, insulta, tanto sono tutti corrotti e nessuno ha niente in comune, appunto né destra né sinistra) .

Qual è il punto? E’ la perdita di tempo, appunto.

Il peronismo berlusconiano era visibile subito (o almeno dopo poco, siamo buoni). Un monopolista che fa una “rivoluzione liberale” avrebbe fatto ridere chi avesse avuto un minimo di conoscenza dei meccanismi economico-politici. Si sono fatti girotondi su girotondi perché si riteneva che utilizzare il proprio impero economico e informativo per conquistare il potere politico e poi — una volta conquistato — utilizzarlo per incrementare tale potere fosse un’anomalia inconcepibile nel mondo occidentale. Questa anomalia (tenuto conto dei tempi) era riconosciuta in tutto il mondo occidentale e — in parte — anche in Italia.

Adesso abbiamo una azienda di marketing il cui capo nemmeno partecipa alle elezioni ma manda avanti rappresentanti che firmano una specie di contratto (che non ha ovviamente valore legale ma che è molto indicativo sul clima da stasi creato all’interno del movimento) con la ditta stessa. Di questo movimento/ditta non si conosce nulla: né bilanci, né finanziatori. A me la cosa mi sembra incredibile… non trovo altre parole.

Allora perché si perde del tempo a discutere di scontrini, trivellazioni, legge elettorale, primarie, quando non si discute delle enormità che le novità politiche — in senso prettamente tecnico — rendono palesi. Il centro-sinistra avrà di fronte per i prossimi anni nuovamente una destra “anomala”. Dico subito che — secondo me — il fatto che queste situazioni al limite della democrazia compiuta si sono sviluppate (e si svolgono) nell’area della destra non ha una motivazione univoca ma una serie di motivazioni derivanti da molteplici situazioni, anche casuali e non solo sociali e storiche.

Non sono certo un fautore della superiorità culturale di un elettorato rispetto ad un altro, sarebbe un’idea stupida e superficiale. Il berlusconismo è sceso nel campo dove c’era più spazio; malgrado il suo “campo” fosse — ricordiamolo — craxiano e quindi di sinistra (lo so, adesso fa ridere ma così era). Non credo — con l’impero televisivo che aveva — che Berlusconi avrebbe avuto difficoltà a costruirsi una retorica da leader populista di sinistra, difensore degli oppressi. Anche il grillismo ha svoltato a destra non solo per natura intrinseca dei movimenti forcaioli ma perché, come una vera azienda di marketing sa, vuole vendere il proprio prodotto dove c’è più margine commerciale. In Italia si vende bene sopra le macerie ex-berlusconiane.

Ma queste sono discussioni. Il fatto principale è che sta partendo lo stesso film del 1994. Con le istituzioni costantemente delegittimate dal gentismo e con in più il contorno di movimenti anti-sistema che si dispiegano con forza in tutta europa. In tutto questo è sempre divertente vedere come la sinistra trovi il tempo di dividersi, gli intellettuali moderati di destra e di sinistra, conservatori e progressisti discutere ma mai avere il coraggio di prendere una posizione netta. Surreali poi le disquisizioni sulla Bedori: “è disoccupata non sarebbe andata bene” e la Raggi: “parla bene ma potrebbe avere difficoltà a governare”. Come se questo fosse il punto.

Mi viene in mente un libro (L’illusione populista, Taguieff) che ho letto — e che consiglio — dove viene trattato lo choc provato dai francesi dopo l’ascesa di Le Pen. Nel libro — riassumo — si dice: “attenzione che se non si cerca di risolvere la vera questione che sta dietro al successo lepeniano, non la si studia e la si derubrica intellettualmente enunciando solo un antifascismo storico di facciata, allora la situazione si ripresenterà”.

Detto fatto.

La situazione sociale italiana non si risolve solo in questo e la discussione diverrebbe molto lunga. Altre due considerazione — a livello minimale — le voglio comunque fare.

La prima è che il populismo (è storicamente dimostrato) non si batte con la razionalità e la moderazione ma si tiene sotto controllo con altrettanto populismo. Anche recentemente la regola non ha fatto eccezione: Bersani è stato triturato, Renzi tiene botta in quanto demagogico nei modi, sebbene non nei contenuti.

La seconda è che le istituzioni europee debbono prendere atto che siamo di fronte alla necessità di attuare decisioni altamente politiche per evitare che l’europa non diventi una enorme repubblica di Weimar federata. A livello economico e culturale. Non siamo di fronte alla xenofobia storicamente conosciuta ma ad un vero e proprio straniamento della cittadinanza. Non solo fenomeni immigratori massicci ma anche emigrazione e costante cambio di vita lavorativa (la vita liquida di Bauman); una sorta di nomadismo per chi è costretto a viaggiare e di cambio continuo di “paesaggio” metropolitano e quindi di cambiamento anche per chi “rimane” che non ha eguali nella storia.

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