Un’opinione sul 25 aprile.

(Articolo di Lighthouse of Optimism)

Visto che oggi tutti scriveranno la loro opinione sul 25 aprile (e sull’Ucraina), anche io scriverò la mia. Il contributo della resistenza italiana alla caduta del Fascismo fu notevole, ma non determinante. L’Asse fu sconfitto principalmente degli eserciti alleati, e noi eravamo cobelligeranti, non alleati. Sarebbe però sbagliato sottovalutare l’importanza della Resistenza. La lotta e il sacrificio dei partigiani sono un atto di redenzione e di liberazione, non solo dalle truppe di Mussolini, ma anche di liberazione morale. L’Italia era una dittatura che entrò in guerra per motivi spregevoli, dopo aver approvato le leggi razziali solo per compiacere un alleato che Mussolini disprezzava, e si sarebbe anche resa complice dello sterminio di sei milioni di ebrei. Con la lotta partigiana, l’Italia rinnegò l’esperienza della dittatura fascista, e la nostra democrazia è fondata sul sacrificio di quei valorosi che si schierarono dalla parte giusta, perché, nonostante le menzogne del postmodernismo, delle “verità speciali” di Dugin, esiste una parte giusta ed esiste una parte sbagliata, se non vogliamo trasformarci in bruti.

La lotta partigiana non fu solo di una parte. Le formazioni “garibaldine” furono importanti, ma ci furono combattenti di tutti gli schieramenti politici, tranne, naturalmente, i fascisti. Il sangue degli eroi ha dato legittimità allo nostra democrazia. Il loro dono dovrebbe dunque essere un patrimonio collettivo per tutti coloro che nella democrazia credono. Sfortunatamente, non lo è. Non lo è per parte della destra, che non riesce a liberarsi dal lugubre fascino di Mussolini, e non lo è anche per molti a Sinistra. Qualcuno dice che in questo giorno noi dovremmo festeggiare unicamente la nostra liberazione, senza fare paralleli con la realtà attuale. Il problema di questa teoria è che in questo modo la celebrazione diventa un rito: ci restano i simboli, ma non gli ideali e il coraggio di quegli uomini che con generosità combatterono. Gli esempi più simili ai partigiani che abbiamo oggi sono i soldati ucraini che combattono per la libertà del loro Paese contro una nazione che dichiaratamente persegue il genocidio, gli stranieri che si sono uniti agli ucraini per difendere anche la nostra libertà, e quei valorosissimi russi che hanno deciso di combattere al fianco di Kyiv contro il dittatore di Mosca. Sono i soldati ucraini che nelle trincee oggi cantano, a pieno diritto, “Bella Ciao.”

Elie Wiesel scrisse: “Dobbiamo schierarci. La neutralità aiuta l’oppressore, mai l’oppresso. Il silenzio incoraggia l’aguzzino, mai la vittima. A volte dobbiamo interferire. Quando le vite umane sono in pericolo, quando la dignità umana è messa in questione, i confini e le sensibilità nazionali diventano irrilevanti. Ogni volta che uomini e donne sono perseguitati per la loro razza, il loro credo, le loro opinioni politiche, lì – quel luogo e quell’istante – deve essere il centro del mondo.” La democrazia non può essere difesa unicamente nei confini nazionali. E non è solo una questione di etica, ma anche una questione di opportunità e pragmatismo. Se cade l’Ucrania, Putin non si fermerà. Lui e Lukashenko all’inizio dell’invasione parlavano sfacciatamente di uno sbocco sul mare per la Bielorussia. Dopo l’Ucraina ci sarà la Moldova, e dopo la Moldova verranno le Repubbliche Baltiche, la cui legittimità è stata messa in dubbio anche dall’ambasciatore cinese a Parigi. Solo una cosa ci separa da una nuova guerra ben più sanguinosa: il coraggio di chi oggi si oppone a Putin.

Yuri Bezmenov, spia sovietica passata al Mondo Libero, nel 1983 spiegò in una sua lezione come l’arma principale del KGB fosse la sovversione, attuata principalmente attraversa la propaganda, e come lo scopo della sovversione fosse dividerci. Questi metodi non sono stati abbandonati dalla Russia post-sovietica. Ci sono rapporti dettagliati su come la propaganda russa abbia seminato discordia e dubbi in Occidente per decenni. L’anti-vaccinismo fu diffuso dai troll russi con largo anticipo rispetto alla pandemia. Il nostro Master Strategist, Dart Putin KGB, ha brillantemente sintetizzato in una frase il fine ultimo della propaganda: “Non facciamo propaganda affinché voi crediate in qualcosa, ma affinché voi non crediate più in nulla. Così non farete nulla.” Il non fare nulla, l’apatia, i dubbi sulla democrazia, il desiderio di uomini forti ci rendono deboli. Alla fine, l’essenza stessa della democrazia è in pericolo, e con essa anche i nostri standard di vita. Chi oggi sceglie di chiudere gli occhi non è solo indifferente alla vita degli ucraini, ma anche alle sorti del nostro Paese.

Spesso, organizzazioni nate per difendere ideali nobili finiscono per diventare strumenti di potere, e quegli ideali perdono interamente significato. Ad esempio, diverse ben note organizzazioni ambientaliste si opposero all’abbattimento degli alberi colpiti dalla xylella, facilitando in questo modo il contagio. Più recentemente, lo scorso anno, dopo aver sposato la retorica pacifinta anti-NATO, l’ANPI ci ha regalato un manifesto che dei valori della lotta partigiana era l’antitesi. In un’estetica da cartolina démodé, bambini giocano insieme a genitori apparentemente spensierati, e scrivono con gessetti “l’Italia ripudia la guerra.” Ricordiamo però l’articolo 11 della Costituzione.

“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.”

Riportando solo l’inizio del paragrafo il senso viene stravolto. E d’altronde, chi più degli ucraini può avere orrore della guerra? Quale popolo può avere più orrore della guerra di quello che ogni giorno vede i suoi giovani massacrati, le donne stuprate, le strutture essenziali per la vita di ogni giorno (centrali elettriche, acquedotti, ospedali, …) bombardate, le case distrutte? Eppure, per la sola colpa di preferire l’Occidente alla schiavitù offerta da Mosca, gli ucraini vengono disprezzati dai pacifinti. Abbiamo visto manifestazioni “per la pace” dove la bandiera ucraina veniva posta sotto quella russa, altre dove gli ucraini che avevano portato la bandiera del loro Paese sono stati allontanati in malo modo. Nella migliore delle ipotesi i campioni del pacifintismo, con paternalismo colonialista, considerano gli ucraini come dei selvaggi a cui noi dobbiamo insegnare che cosa sia meglio per loro e vogliono privarli di ogni difesa “per il loro bene.”

Tornando a quel manifesto, e pensando al nostro passato, viene anche da chiedersi: hanno forse i partigiani ripudiato la guerra? Se ne sono stati tranquilli, a casa, a farsi gli affari propri? Oppure hanno preso un fucile e hanno cominciato a combattere? La cosa che più ho trovato oscena è l’indifferenza che a mio avviso trasmetteva quell’immagine: un mondo ideale, sereno, in cui non c’è traccia di dolore, in un’Italia da favola, perfetta per una propaganda turistica in stile Anni Sessanta. Mancava solo una vecchia Vespa per completare il cliché. Non c’è traccia del dolore, degli infiniti lutti che la guerra ha portato nel nostro Paese, e di quelli che ora sta portando in Ucraina. La Sinistra un tempo attribuiva l’indifferenza alla borghesia, soprattutto alla piccola borghesia, che detestava massimamente. La borghesia è sempre stata in realtà molto migliore e più generosa di come veniva descritta, ma quell’immagine mi ha ricordato il ritratto che ce ne veniva fornito: gente che se ne sta nel suo paesello e passa una giornata in allegria, come fosse ferragosto. Mi è venuto in mente un tizio che scrive su twitter che si lamentava per l’invio all’Ucraina di autobotti dismesse. E meno male che la Sinistra dovrebbe essere generosa e solidale! Ovviamente, non tutta la Sinistra è così, e questo genere di Sinistra in realtà è molto simile a quella parte di destra di chi apertamente dice: “non sono affari miei.”

Il manifesto proposto dall’ANPI quest’anno comunque è migliore di quello dello scorso anno, ma solo perché quest’anno almeno l’autore non ha invertito i colori della bandiera Italiana.

La propaganda russa ha trovato megafoni in tribuni che ci dicevano che “il mondo ha bisogno di uomini forti”; in sedicenti anti-imperialisti pronti a condannare ogni orrore commesso dall’Occidente, ma non la Cina che oggi crea vassalli con la droga di un facile debito, o la Russia, che col gruppo Wagner porta terrore in mezza Africa, non certo per liberare i Paesi che hanno la sventura di trasformarsi in prede per il suo vorace leader e per i dittatori locali che governano grazie a lui; in giornalisti e uomini di spettacolo dimenticati in cerca di pubblico; in intellettuali preoccupati delle umiliazioni di Putin e dei suoi sodali, troppo raffinati, troppo superiori per pensare prima a quelle delle sue vittime, non solo ucraine, georgiane e siriane, ma anche russe, cecene e bielorusse; in difensori della cultura che inorridiscono pensando che ad una cantante da sempre schierata col regime possa essere negato un teatro, ma non scrivono una parola quando in Ucraina i teatri sono bombardati con la gente dentro, i musei sono depredati, le biblioteche distrutte, e gli artisti muoiono. Non importa se prezzolati, ipocriti o convinti delle loro idee (forse Lenin li avrebbe definiti “utili idioti”); questo vario mondo è comunque unito da un anti-americanismo viscerale. Il problema dell’anti-americanismo viscerale è che si finisce per legittimare le peggiori dittature del globo, dittature che non solo sono un flagello per il loro popolo, ma anche una minaccia per noi. Poi c’è il dettaglio seccante che furono gli americani a liberaci (e a darci un sacco di soldi per la ricostruzione dopo). La naturale conseguenza dell’anti-americanismo è che anche la liberazione deve essere messa in dubbio. In fondo, noi eravamo alleati dei tedeschi, no? Senza gli americani magari avremmo pure vinto no? Ecco, questa è la nuova modo del pacifintismo, e l’ultima, più plateale negazione della lotta antifascista. Il cerchio si chiude. Estrema destra ed estrema sinistra, come da programma, si saldano, e il pacifintismo getta a mare tutti gli ideali della Resistenza. Ci si può domandare se non abbia ragione Scacciavillani che riferendosi a Marcel Déat due giorni fa ha scritto “Il pacifismo è solo la sottile patina che nasconde il collaborazionismo.”

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