Serenissima – vita e cultura di un secolo

Magari pensavate che con questo articolo saremmo arrivati finalmente a Lepanto. Invece no. La Repubblica di Venezia, e Venezia stessa nel XVI secolo visse un periodo di pace e splendore che penso vada raccontato. Non c’era solo il commercio, ma anche l’industria che la rendevano all’avanguardia sugli altri Stati. Nel 1550 la produzione dei panni di lana superò i venticinquemila pezzi, ma fu l’industria dell’arte che contraddistinse Venezia sopra ogni altro Paese europeo. La raffinatezza dei prodotti artigianali e industriali erano di gran lunga superiori. Non solo i vetri di Murano, le stoffe preziose o le pellicce rare o i cuori d’oro, fatti di cuoio e decorati di oro zecchino che decoreranno fino alla caduta il palazzo ducale. Nacque e si diffuse l’industria del ricamo e del merletto, quella della ceramica, mentre gli specchieri furono pieni di richieste, tanto da raddoppiare le loro associazioni corporative facendo modellare peltri, rami e bronzi da artisti di grido. E l’oreficeria veneziana fu celebrata in tutto il mondo conosciuto, che si disputava l’argenteria di Venezia. Pure i sultani ottomani andavano pazzi per la gioielleria veneziana. Solimano II il Magnifico ricevette “uno anello d’oro sopra il qual è un horologio bellissimo, qual lavoro dimostra le ore et sona

 

L’annessione dell’entroterra veneto e lombardo aveva contribuito al rilancio di svariate attività industriali: le armi di Brescia, dove fin dalla fine del ‘400 c’erano duecento fabbriche, tanto rinomate che se ne servivano entrambi i due grossi rivali d’Europa, Carlo V e Francesco I. Ma anche gli armaioli di Belluno godevano di una certa fama. Vicenza, Verona e Bergamo offrivano intagliatori del legno, mentre Verona e Vicenza lavoravano le pietre dure. Tutto ciò fece salire prezzi e salari e fin oltre il ‘500 si assistette all’espandersi di un vero boom economico a cui fece riscontro una stagione di vero consumismo.

 

Museo delle armi - Brescia

Museo delle armi – Brescia

 

Venezia arrivò ad una punta massima di centosettantacinquemila abitanti, prima di essere falcidiata dalla peste del 1575, e l’effetto più devastante del boom economico fu l’abbandono delle attività marittime.  Una spia preoccupante di un futuro in declino, non si trovavano più marinai perché considerato un mestiere durissimo, pericoloso e, comparato all’industria, mal retribuito. Nonostante il collegio di nobili alle cento galìe, a metà del secolo furono attive non più di cinquanta e addirittura venti alla fine del secolo e quel che è peggio, molte di queste navi non furono neppure costruite a Venezia. Contemporaneamente il patriziato e la borghesia guardavano sempre con più interesse ai più sicuri investimenti terrieri e molti mercanti pensarono alla campagna come ad un investimento meno esposto al rischio di quello commerciale.

 

Nacque da questo il fatto che la Repubblica di Venezia fu l’antesignana di grandi e radicali provvedimenti di bonifica che durarono fino alla sua fine. A metà del ‘500 lo Stato avocò il controllo delle acque di tutto il territorio sottoposti alla giurisdizione dei provveditori sopra i Beni inculti., vennero costituiti i primi consorzi di bonifica, ed è da questo periodo che prese origine il fenomeno tipicamente veneto della civiltà delle ville, di cui siamo debitori di un patrimonio d’arte unico. Fra tutte le ville che sorsero in quella metà del ‘500, primeggiarono quelle costruite da un architetto padovano di nascita e vicentino di adozione, Andrea Palladio, inventore di un modulo che ebbe seguito in Inghilterra e in America: la villa tempio.

 

Nello stesso periodo furono emanati provvedimenti tecnici e legislativi di grande maturità che esprimevano la coscienza ecologica dei veneziani nei confronti della laguna che pur essendo garanzia di libertà e sopravvivenza era vulnerabile. Dal mare che la invadeva ai fiumi che la interravano. I lavori di manutenzione ci furono anche in passato, ma mai intensi come in questo periodo. Fu deviata la foce del Brenta, anni dopo quello del Piave e quella del Bacchiglione. Venne poi eletta la magistratura dei tre esecutori dell’Adige per tenere a bada un fiume irruento e indisciplinato, da cui fiorì, assieme alle altre magistrature, una letteratura tecnico-scientifica senza precedenti.

 

Laguna di Venezia nel XVI sec

Laguna di Venezia nel XVI sec

 

La città con i suoi 175.000 abitanti fu una specie di New York cinquecentesca ed assommò i pregi e i difetti di una metropoli moderna. Anche se la maggior parte degli abitanti aveva un lavoro, le disuguaglianze rimanevano notevoli. Fu accentuata dall’ondata di consumismo che per i ricchi significava in una febbre di costruzioni, di collezionismo e di magnificenza, mentre per le classi meno abbienti ci fu una frenesia godereccia. Abitava la città gente di tutte le razze, tedeschi, italici, francesi, inglesi, ungari, ma anche slavi, tartari, mori, albanesi e turchi.

 

I poveri erano protetti da una legge emanata nel 1529 che regolamentava la pubblica assistenza, ma rimanevano sempre esposti alle carestie, all’aumento del prezzo del grano e ai periodi di ristrettezze. E naturalmente, come ogni metropoli, c’erano gli emarginati e i reietti a cominciare dai carcerati. All’inizio del secolo un tedesco emise giudizi favorevoli sulle carceri veneziane e nella seconda metà si presero seri provvedimenti per migliorarne ulteriormente le condizioni igieniche anche costruendo le nuove prigioni del ponte della Paglia, considerate rivoluzionarie per l’epoca e che rimasero attive fino metà ‘900. L’ospedale degli Incurabili provvedeva, con l’appoggio dello Stato, alle vittime del nuovo terribile morbo chiamato il mal franzese, terrore del secolo. Ospedale dove prestarono servizio infermieri d’eccezione come Ignazio di Loyola. Lo Stato provvedeva anche ai ragazzi orfani o abbandonati, imbarcandoli sulle navi o nelle botteghe a fianco agli artigiani perché imparassero un mestiere.

 

Le tre fasi del Ghetto

Le tre fasi del Ghetto

 

Gli schiavi erano sempre più numerosi, come in tutto il resto d’Europa, ma non provenivano più dall’oriente, ma dalle zone dove confluiva la guerra di corsa, Malta, Sicilia, Livorno. Erano “merce” preziosa, i più fortunati finivano come domestici nelle case dei ricchi, le donne giovani e belle come concubine e venivano liberati con la morte del padrone, ma i più sfortunati imbarcati sulle galee non godevano di alcun privilegio. Inoltre una massa cenciosa di mendicanti, non tutti bisognosi autentici se i provveditori alla Sanità emisero delle licenze di mendicare. In più la città era piena di giocatori d’azzardo, tanto che fu emanato il divieto di scommettere sull’elezione del doge.

 

E gli Ebrei. Venezia non è mai stata tanto tenera con loro, ma si rese conto dell’utilità che le potevano fornire, confinati dalla Chiesa alle attività di prestito e usura. Prima relegati sull’isola di Spinale che prese da loro il nome di Giudecca, poi a Mestre. Potevano girare liberamente, non fosse per la O gialla cucita sul vestito (per non irritare il papa) sostituita poi dal berretto giallo, anche se i rinomatissimi medici israeliti ottennero il privilegio del cappello nero. Lo Stato li proteggeva dal fanatismo di certi predicatori, salvo poi spremerli con prestiti esosi alla bisogna. Ogni tanto esplodeva uno scoppio di isterismo popolare antisemita, come nel 1515, quando venne deciso di relegarli in un’isola incastrata nel sestriere di Cannaregio, dove precedentemente si fondevano i cannoni e per questo chiamata Ghetto nuovo a cui dopo qualche anno, a causa del sovraffollamento, venne annesso anche il Ghetto vecchio. Nonostante tutto, con il tempo il Ghetto di Venezià si arricchì, sorsero splendide sinagoghe e vi trovarono rifugio Ebrei fuggiti da Spagna e Portogallo. Tutto sommato a Venezia venivano lasciati in pace, nonostante le invettive papali verso le quali Venezia chiuse occhi e orecchie.

 

Veronica Franco

Veronica Franco

 

E la città che tutti decantano e che ammirano com’era? Furono eletti due Savi con l’incarico di aver cura de ornar et commodar la Città. E nonostante la guerra, fin dall’inizio del secolo fu issato l’angelo d’oro in cima al campanile di San Marco, la Scala d’Oro di palazzo ducale, le due statue del Sansovino. Sparì il ponte levatoio di Rialto e fu costruito da Antonio Da Ponte l’attuale che tutti ammiriamo. Lo Stato voleva che tutte le sue sedi, anche le più piccole, fossero abbellite, cosa che trascinò i ricchi al mecenatismo e che si trasformò in fanatismo per gareggiare con lo Stato stesso. Prosperarono tutte le arti figurative, ma anche la musica e con una cultura in piena espansione l’università di Padova attirava studenti da tutta Europa.

 

Comparata alle città dell’epoca la vita di Venezia era di gran lunga più libera del resto d’Italia e d’Europa, con la sola limitazione della politica, saldamente in mano al patriziato. Ogni pretesto era buono per organizzare una festa, un banchetto. Libertà anche in quella che i moralisti hanno definito “corruzione del costume”. Le donne andavano ad appuntamenti galanti all’insaputa dei mariti, i seni scoperti e ravvivati col carminio. Contava una immensa quantità di prostitute (sembra ce ne fossero undicimila) conseguente all’andare e venire di innumerevoli stranieri. E nacque quel fenomeno tutto italiano della “cortigiana” (famosa fu Veronica Franco) donne colte e raffinate che pur facendo mercato del proprio corpo, non lo concedevano a tutti. Contro l’omosessualità vigevano leggi severissime, ma sembra non fossero molto rispettate se nel 1511 le prostitute si lagnarono con il patriarca Contarini perché a causa del dilagare dell’omosessualità, non potevano più vivere, niun va da lhoro.

 

Il patriarca però aveva il suo daffare con i conventi femminili che stando alle lamentele del papa molti di loro erano ridotti a pubblici postriboli. Lo Stato, in questo caso alleato con la Chiesa, non la spuntò mai per rendere i monasteri più morigerati per la semplice ragione che troppe famiglie veneziane costringevano le figlie ad entrare in convento. E forse il libertinaggio monastico era la risposta di innumerevoli donne contro questa odiosa violenza esercitata su di loro.

I commenti sono chiusi.