SECONDA PARTE DEL SUTRA DEL DIAMANTE


Allora Subhuti chiese al Buddha: Onoratissimo, se un uomo virtuoso o una donna virtuosa decide risolutamente di sviluppare la Mente Supremamente Illuminata, in che modo dovrà dimorare la sua mente, e come deve essere domata?
Il Buddha disse a Subhuti: Un uomo virtuoso o una donna virtuosa che decide risolutamente di sviluppare la Mente supremamente Illuminata dovrà svilupparla così: Io devo condurre tutti gli esseri viventi a porre fine alla reincarnazione ed a sottrarsi alle sofferenze, e quando essi saranno stati condotti a tanto, nessuno di loro in realtà avrà posto fine alla reincarnazione o si sarà sottratto alla sofferenza. Perché? Perché, Subhuti, se un Bodhisattva si aggrappa alla nozione di un ego, di una personalità, di un essere e di una vita, egli non è un vero Bodhisattva. Perché? Perché Subhuti, non vi è realmente un Dharma che possa sviluppare la Mente della Suprema Illuminazione.

Da questo momento, le due concezioni sottili della realtà dell’ego e del dharma vengono spezzate. Nel sutra, all’inizio, la domanda: Come deve dimorare la mente? Come deve essere domata? Era stata formulata perché i Bodhisattva da poco iniziati erano normali uomini decisi a sviluppare una mente per la liberazione di tutti gli esseri viventi. Perciò, essi avevano attaccamenti di ogni genere alle forme. Nella coltivazione di sé, essi contavano sui loro corpi fisici dai cinque aggregati (skandha), e nella loro pratica di carità per l’acquisizione dei meriti, si aggrappavano ai sei oggetti grossolani dei sensi (guna). Nella loro ricerca dell’illuminazione, essi affermavano l’apparenza esteriore del Nirmana-kaya del Buddha. Per loro la terra del Buddha era ornata di tesori. Perciò, essi conservavano ancora attaccamento alle forme nelle loro azioni, ed erano troppo lontani dal Prajna. Il Buddha recise uno dopo l’altro tutti i dubbi che sorgevano nella mente di Subhuti, fino a quando tutti i suoi concetti d’apparenza materiale furono eliminati e poté essere realizzata la vera saggezza della reale talità della saggezza (Bhutatathata-prajna), e questo ebbe come risultato il risveglio di Subhuti e la dispersione dei dubbi dell’intera assemblea. La prima parte del sutra riguarda quei punti, che non possono venire compresi a prima vista relativi all’eliminazione dell’ego, causato dalla concezione di esso che ne ha l’uomo comune, nella forma visibile dei cinque aggregati (skhanda). Le quattro forme così percepite erano tutte grossolane.
A partire da questo punto, la seconda parte del sutra, tratta l’eliminazione di dubbi nutriti da Bodhisattva che sono già destati al Prajna, ma che non abbandonano ancora l’idea della saggezza che può realizzare. Essi intendono questa saggezza come un ego. Questa è l’autoconservazione e l’auto-consapevolezza dell’ego. Questi sono i due vincoli sottili della realtà dell’ego e del dharma, e le quattro forme sono ora sottili. Per questa ragione, la parola Io ricorre spesso, ora, nel sutra che dice: Io devo guidare tutti gli esseri viventi a distruggere l’incarnazione, e non nomina la pratica del dana. Ciò mostra che, sebbene l’adempimento meritorio sia completo, la concezione di Buddha e di esseri viventi non è ancora completa. Prima le loro concezioni erano grossolane, ma ora sono sottili.
In questa seconda domanda: Come deve dimorare la mente? Il Bodhisattva ha già abbandonato la concezione dei cinque aggregati, ma poiché non ha abbandonato le sue vecchie abitudini, ricerca ancora un luogo di quieta dimora nella Saggezza del Bhutatathata. Inoltre egli è impaziente nella sua ricerca dell’illuminazione (Bodhi) e si aggrappa all’idea che la Bodhi debba avere un luogo in cui dimorare. Poiché non può ricercarlo, la sua mente è inquieta, ed egli domanda: Come deve essere domata la mente? La mente che ricercava lo stato di Buddha era inquieta, perché si aggrappava ancora alle sue concezioni di Buddha e degli esseri viventi, e perché non riusciva a percepire l’identità di essi. La domanda è la stessa, ma il suo significato, ora, è diverso. Per questa ragione, l’Onoratissimo spazza via questo dubbio dicendo che coloro i quali sviluppano la Mente della Bodhi debbono considerare il fatto che non un solo essere vivente è stato liberato, attualmente, dopo che essi hanno liberato tutti gli esseri viventi, perché questi sono fondamentalmente Bhutatathata e non debbono essere assoggettati ad una ulteriore estinzione della reincarnazione. Se questi Bodhisattva conservano ancora la concezione della fine della reincarnazione e del sottrarsi alla sofferenza, non possono liberarsi della falsa idea delle quattro forme e non possono essere veri Bodhisattva. Perché? Perché gli esseri viventi sono fondamentalmente calmi, non si reincarnano e sono identici alla stessa Bodhi. Che altro deve essere ricercato allora? Questa è la dottrina del non vedere il frutto del Buddha.

Dubbio – Se non vi è alcun Dharma che possa consentire ad un individuo di conseguire l’illuminazione, la Bodhi che noi ora apprendiamo non è un Dharma? L’Onoratissimo, che divenne Buddha perché aveva ottenuto questo Dharma con Dipamkara Buddha, non aveva ottenuto veramente la Bodhi? Come si può dire che non è stato ottenuto nulla?

Subhuti, che cosa pensi? Quando il Tathagata fu con Dipamkara Buddha, ebbe qualche cosa per mezzo del quale Egli conseguì la Suprema Illuminazione?
No, Onoratissimo. Così come io intendo il significato dell’insegnamento del Buddha, quando Egli fu con Dipamkara Buddha, Egli non ebbe alcun Dharma per mezzo del quale raggiunse l’Illuminazione Suprema.
Il Buddha disse: Proprio così, Subhuti, proprio così! Non vi fu in realtà alcun dharma per mezzo del quale il Tathagata conseguì l’Illuminazione Suprema. Subhuti, se vi fosse stato, Dipamkara Buddha non avrebbe predetto: Nella tua prossima vita, tu sarai un Buddha chiamato Sakyamuni.

Il Buddha indicò che la Bodhi non può essere conseguita, per distruggere un dubbio causato dall’attaccamento all’idea del Buddha. Subhuti era insospettito e pensava che il Buddha avesse ottenuto qualcosa, quando era con Dipamkara Buddha. L’Onoratissimo spezzò, una dopo l’altra, le congetture erronee di Subhuti per rivelare la non-acquisizione di un singolo dharma.

Dubbio – Il prajna-dharma era la vera causa del conseguimento dello stato di Buddha. Se, come era stato detto ora, non vi è alcun dharma, non vi sarà alcuna causa. Se non è alcuna causa, come può un individuo conseguire il frutto della Bodhi?

Perché è così? Perché Tathagata significa la talità di tutte le cose. Se qualcuno dice ancora: Il Tathagata ha ottenuto la Suprema Illuminazione, io ti dico, Subhuti, che non vi è alcun dharma per mezzo del quale il Buddha ha così fatto, perché, Subhuti, quella Illuminazione non fu, in sé stessa, né reale né irreale. Ecco perché il Tathagata dice che tutti i dharma sono dharma del Buddha. Subhuti, questi così detti dharma non sono, ma vengono semplicemente chiamati tutti dharma.
Subhuti, supponendo che vi sia un uomo il cui corpo è grande..
Subhuti disse: Onoratissimo, il grande corpo di cui parla il Tathagata non è grande, ma è semplicemente chiamato un grande corpo.

Questo dimostra che il Dharma-kaya non appartiene né alla causa né a frutto. Subhuti, il quale non aveva compreso che il Dharma-kaya sta al di là dell’una e dell’altro, si aggrappava all’idea che il Tathagata avesse praticato e avesse conseguito. Il Buddha spazzò via questo concetto dicendo che Egli non aveva conseguito nulla. Poiché temeva che Subhuti non fosse sufficientemente destato a questo, Egli disse: Perché io dico che la Bodhi non consegue nulla? Perché la parola Tathagata non può essere applicata a cose materiali. E’ l’assoluto nella sostanza stessa di tutte le cose. Inoltre, tutti i dharma sono fondamentalmente assoluti. Come può questo essere realizzato per mezzo della pratica? Perciò, io dico che non vi è alcun dharma che consenta al Buddha di conseguire la Bodhi.
Nella setta Ch’an, questo è il Sentiero Trascendentale che tutti i Buddha del passato, presente e futuro proibiscono di considerare..Se lo si fa, si diventa ciechi, perché in esso non vi è spazio per ricercare ed aggrapparsi. La Tathagata-bodhi non ha caratteristiche positive a cui aggrapparsi. E’ sufficiente non conservare concezioni sovvertite di annientamento e di permanenza in rapporto a tutte le cose. Perciò il Buddha disse: Non è reale né irreale, perché tutti i dharma non sono dharma. Se un o comprende che il grande corpo non ha corpo, comprenderà prontamente che tutti i dharma in realtà non sono dharma.

Dubbio – Quando Subhuti udì che non vi è alcun dharma che consente ad un individuo di sviluppare la propria mente, dubitò: Un Bodhisattva è così chiamato perché egli ha un dharma per salvare gli esseri viventi. Ora, se non vi è alcun dharma, da dove proviene il nome Bodhisattva?

Subhuti, allo stesso modo, se un Bodhisattva dice: Io devo condurre innumerevoli esseri viventi a porre fine alla reincarnazione ed a sottrarsi alla sofferenza, egli non può essere chiamato Bodhisattva. Perché? Perché in realtà non vi è alcun dharma chiamato stadio del Bodhisattva. Perciò, il Buddha dice: Di tutti i dharma, non ve ne è neppure uno solo che possiede un ego, una personalità, un essere e una vita. Subhuti, se un Bodhisattva dice: Io devo adornare le terre del Buddha, egli non può essere chiamato Bodhisattva. Perché? Perché quando il Tathagata parla di tale adornamento, tale adornamento non è, ma viene semplicemente chiamato adornamento. Subhuti, se un Bodhisattva è perfettamente versato nella dottrina della irrealtà dell’ego e delle cose, il Tathagata lo chiamerà un vero Bodhisattva.

Questo dimostra che il Dharma-kaya non ha alcun ego, per spezzare le due sottili concezioni erronee del Bodhisattva circa la realtà dell’ego e delle cose.
Subhuti si afferrava all’idea che un Bodhisattva fosse così chiamato a causa dell’esistenza di un dharma che gli permetteva di liberare tutti gli esseri viventi. L’noratissimo gli disse che non vi era alcun dharma reale per distruggere l’idea della realtà delle cose.. Egli temeva che Subhuti avesse un dubbio circa l’irrealtà del dharma, senza il quale dharma una terra del Buddha non poteva essere adornata. Perciò, l’Onoratissimo indicò che la terra o regno della pace permanente e dell’illuminazione non aveva bisogno di adornamenti, per distruggere l’idea di una mente che vi dimora e della realtà di un ego.

Dubbio – Se un Bodhisattva non può vedere alcun essere vivente da liberare né alcun regno da purificare, perché il Tathagata ha cinque specie di vista? Per distruggere questo dubbio, il sutra indica che Egli usa per occhi le menti degli esseri viventi e, personalmente, non ha cinque specie di vista.

Subhuti, che cosa pensi? Il Tathagata possiede occhi umani?
Sì, Onoratissimo, il Tathagata possiede occhi umani.
Subhuti, che cosa pensi? Il Tathagata possiede occhi di deva?
Sì, Onoratissimo, il Tathagata possiede occhi di deva.
Subhuti, che cosa pensi? Il Tathagata possiede occhi della saggezza?
Sì, Onoratissimo, il Tathagata possiede occhi della saggezza.
Subhuti, che cosa pensi? Il Tathagata possiede occhi del Dharma?
Sì, Onoratissimo, il Tathagata possiede occhi del Dharma.
Subhuti, che cosa pensi? Il Tathagata possiede occhi di Buddha?
Sì, Onoratissimo, il Tathagata possiede occhi di Buddha.
Subhuti, che cosa pensi? Il Tathagata dice che i granelli di sabbia del Gange sono granelli di sabbia?
Sì, Onoratissimo, il Tathagata dice che sono granelli di sabbia.
Subhuti, che cosa pensi? Se vi fossero tanti fiumi Gange quanti sono i granelli di sabbia del Gange, e se vi fossero tanti regni del Buddha quanti sono o granelli di sabbia di tutti questi fiumi, vi sarebbero molti sistemi nel mondo?
Molti, Onoratissimo!
Il Buddha disse: Gli esseri viventi in tutti questi mondi hanno molte menti diverse che sono tutte note al Tathagata. Perché? Perché le menti di cui parla il Tathagata non sono menti, ma vengono semplicemente chiamate menti. E perché? Perché, Subhuti, è impossibile trovare la mente passata presente o futura.

Questo dimostra che mente, Buddha ed esseri viventi non differiscono l’uno dall’altro. Subhuti dubitava e pensava che, poiché il Buddha possiede le cinque specie di occhi, dovevano esservi cose che Egli può vedere, e mondi ed esseri viventi corrispondenti. L’Onoratissimo disse che le Sue cinque specie di occhi non sono realmente occhi, e che Egli vede usando le menti degli esseri viventi. Inoltre vi sono innumerevoli esseri viventi nei mondi e il Tathagata li conosce tutti e vede tutte le loro menti diverse perché quegli esseri sono la Sua mente. Perciò, quando la mente di un essere è agitata da un pensiero, è la mente stessa del Tathagata ad agitarsi. Come può dunque questo essergli ignoto ed invisibile?
Subhuti dubitava ancora e pensava: poiché la mente di un essere nasce e muore, anche la mente del Tathagata nasce e muore? Per questa ragione l?onoratissimo disse che in tutto questo la mente di un essere è fondamentalmente l’assoluto e non ha né nascita né morte, così come la mente del Tathagata che è nella condizione universale di Nirvana. Il Tathagata e gli esseri viventi sono chiaramente immutabili e liberi dalla nascita e dalla morte come dal venire e dall’andare. Questa è l’identità di Mente, Buddha ed essere vivente. Per questa ragione, una mente non può essere trovata nel passato, nel presente o nel futuro.
Fino a questo momento, il Tathagata aveva spazzato via ogni attaccamento, dicendo che non vi sono terre del Buddha da adornare, né esseri da liberare. Egli temeva comunque che Subhuti rivolgesse i propri pensieri alla non-esistenza delle terre e degli esseri viventi e pensasse che, poiché la carità non produceva alcun merito, era inutile praticarla. Perciò l’Onoratissimo spazzò via questo dubbio dichiarando che il merito del non-merito è il merito più grande.

Subhuti, che cosa pensi? Se qualcuno riempisse l’universo con i sette tesori e li donasse tutti nella sua pratica di dana, questa buona causa permetterebbe al donatore di acquisire un grande merito?
Sì, Onoratissimo, per questa buona causa, il donatore acquisirebbe un grande merito.
Subhuti, se il merito fosse reale, il Tathagata non lo direbbe grande. Egli lo dice perché non vi è alcun merito.

Questo indica il merito senza forma. Subhuti si aggrappava alla forma nella pratica del dana. Egli non comprendeva che il donatore e i sei oggetti dei sensi sono fondamentalmente non-esistenti, perciò ogni merito acquisito è egualmente non-esistente. Perciò, l’Onoratissimo spazzò via questa concezione errata dichiarando che il merito è grande a causa della non-esistenza del merito. Quando Egli disse: Non vi è alcun merito, Egli non intendeva dire che non vi fosse affatto nessun merito. Poiché la capacità della mente quando è libera dall’illusione è grande quanto lo spazio, il merito sarà immenso.

Dubbio – Quando Subhuti udì che la mente non deve essere attaccata alla forma, quando libera gli esseri viventi e adorna le terre del Buddha, dubitò e pensò: La liberazione di esseri viventi e l’adornamento delle terre del Buddha sono le cause del conseguimento dello stato di Buddha. Ora, se non vi sono esseri viventi da liberare né terre del Buddha da adornare, ciò significa che non vi è causa alcuna. Egli pensò inoltre che, se non vi è alcuna illuminazione da conseguire, non vi sarà alcun frutto. Se causa ed effetto vengono spazzati via, non vi sarà alcun Buddha. Tuttavia, egli vedeva la perfetta apparenza materiale del Tathagata: da dove proveniva? Questo dubbio fu reciso dal Buddha, il quale indicò che il Tathagata non deve essere percepito per mezzo della sua perfetta apparenza materiale.

Subhuti, che cosa pensi? Può il Buddha essere percepito per il suo corpo fisico (rupa-kaya) completamente perfetto?
No, Onoratissimo, il Tathagata non deve essere percepito così. Perché? Perché il Buddha dice che il rupa-kaya completamente perfetto non è, ma è semplicemente chiamato rupa-kaya completamente perfetto.
Subhuti, che cosa pensi? Può il Tathagata essere percepito per mezzo delle sue forme completamente perfette?
No, Onoratissimo, il Tathagata non deve essere percepito così, perché il Tathagata dice che le forme completamente perfette non sono, ma sono semplicemente chiamate forme completamente perfette.

Questo impedisce che le forme del Sambhoga-kaya vengano usate per rivelare l’unità del Dharma-kaya e del Sambhoga-kaya. Il Rupa-kaya completamente perfetto era il Sambhoga-kaya adornato di miriadi di perfette virtù. Poiché molti eoni sono stati impiegati per liberare esseri viventi per l’adornamento delle terre del Buddha, questo frutto che ne risulta è una ricompensa della causa perfetta ed è chiamato dal Tathagata il Rupa-kaya completamente perfetto. Inoltre, questo Sambhoga-kaya era fondamentalmente Dharma-kaya e, per questa ragione, Egli disse: Non è il Rupa-kaya completamente perfetto. Poiché Dharma-kaya e Sambogha-kaya sono una sola cosa, Egli disse: E’ chiamato il Rupa-kaya completamente perfetto. Ciò per spezzare la concezione della realtà delle forme che sono viste, cioè l’oggettivo. Nella frase successiva, Egli spazzò via la vista che era in grado di vedere, cioè il soggettivo. Poiché il Sambhoga-kaya era identico al Dharma-kaya, non esistevano forme che potevano essere viste. Poiché tanto la saggezza quanto il corpo, o sostanza, erano assoluti, il male del vedere, o vista illusoria, era eliminato. Poiché l’oggettivo veduto e la saggezza soggettiva si fondevano in una sola cosa, si era scoperto il Dharma-kaya. L’uso del termine positivo “è” o del termine negativo “non è” doveva evitare che i discepoli ricadessero nel vecchio solco, scacciando le loro false concezioni. Ecco perché il Tathagata che insegnava il Dharma in realtà non insegnava nulla.

Dubbio – Subhuti, che aveva udito che il Buddha non aveva forme visibili, dubitò e pensò: Chi insegna il Dharma se non vi sono forme fiisiche? Il Buddha sopazzò via questa falsa concezione dicendo che in realtà non vi è alcun Dharma da esporre.

Subhuti, non dire che il Tathagata pensa: Io devo esporre il Dharma. Non avere un simile pensiero! Perché? Perché se qualcuno dice così, in verità calunnierà il Buddha, e non riuscirà a comprendere il mio insegnamento. Subhuti, quando il Tathagata espone il Dharma, in realtà non vi è alcun Dharma da insegnare; ma è semplicemente chiamato insegnare il Dharma.

Questo annientò il dubbio circa il Sambhoga-kaya che esponeva il Dharma. Dalla Sua apparizione in questo mondo, il Tathagata non aveva alcun Dharma reale da esporre. Egli si limitava a infrangere, praticamente, le discriminazioni degli esseri viventi.

Dubbio – Subhuti aveva già compreso la dottrina del Dharma-kaya che non parla e non proclama nulla, che è un dharma profondissimo; ma non sapeva come gli esseri viventi, nel futuro, vi avrebbero creduto e l’avrebbero ricevuto. Questo dubbio sorse nella sua mente, e fu reciso dalla dottrina della non-esistenza degli esseri viventi, esposta nei paragrafi seguenti.

Poi il saggio Subhuti disse al Buddha: Onoratissimo, vi saranno nelle età future esseri viventi che crederanno in questo Dharma, quando lo udiranno?
Il Buddha disse: Subhuti, gli esseri viventi di cui tu hai appena parlato, non sono esseri viventi né non esseri viventi. Perché? Perché, Subhuti, il Tathagata dice che questi esseri non sono realmente, ma vengono semplicemente chiamati esseri viventi.

Ciò dimostra l’assoluta unità degli esseri viventi e del Dharma, per spazzare via la falsa concezione della realtà degli esseri viventi. Subhuti aveva ottenuto la meravigliosa comprensione della dottrina del Dharma-kaya e poteva credervi e riceverla. Tuttavia, questo Dharma era molto profondo, ed egli non sapeva se, nelle età future, vi sarebbero stati esseri viventi capaci di credervi. Ciò era dovuto alla sua visione della realtà della nascita e della morte, che ancora non aveva abbandonato; perciò egli pensò ai futuri esseri viventi. L’Onoratissimo rispose che gli esseri viventi erano fondamentalmente l’assoluto, ed erano tutt’uno col Dharma. Come poteva esservi un futuro? La talità degli esseri viventi e l’identità dei tre tempi sono lo schema supremo del Prajna assoluto.

Dubbio – Se il Dharma-kaya non aveva forma e se non era possibile acquisire alcun dharma, perché era detto che la pratica di tutte le buone virtù consente il conseguimento dell’Illuminazione? Questo dubbio viene reciso dalla seguente dottrina dell’assenza di acquisizione nella natura universale.

Subhuti disse al Buddha: Onoratissimo, il tuo conseguimento della Suprema Illuminazione significa che tu non hai acquisito assolutamente nulla?
Il Buddha rispose: Proprio così, Subhuti, proprio così; io non ho acquisito neppure il minimo dharma dalla Suprema Illuminazione. Inoltre, Subhuti, questo Dharma è universale e imparziale; perciò è chiamato Illuminazione Suprema. La pratica di tutte le buone virtù, libera da ogni attaccamento ad un ego, una personalità, un essere e una vita, avrà come risultato il conseguimento della Suprema Illuminazione. Subhuti, le così dette buone virtù, dice il Tathagata, non sono buone, ma sono semplicemente chiamate buone virtù.

Questo distrugge la falsa concezione di Buddha e Dharma.
Subhuti aveva già compreso che il Dharma-kaya era puro e mondo, e che non vi era alcun dharma che potesse venire acquisito. Tuttavia, egli dubitava ancora e pensava che vi fosse una attuale acquisizione quando il Buddha diceva che la pratica di tutte le buone virtù avrebbe consentito ad un individuo di conseguire l’illuminazione. Egli pensò: Il frutto Bodhi del Tathagata non era stato acquisito? Il Buddha rispose che nulla era stato ottenuto, perché il Buddha e gli esseri viventi sono la stessa cosa, e non due entità diverse. Bodhi significa questo e niente altro. Perciò non vi è nulla che possa essere realizzato e conseguito. Quando fu detto che la pratica delle buone virtù conduceva al conseguimento della Bodhi, ciò significava che le quattro forme dovevano essere abbandonate, quando si praticavano queste buone virtù. Così come la pratica era equivalente alla non-pratica, il conseguimento era equivalente al non-conseguimento. Poiché non vi era alcuna acquisizione, il Dharma era veramente perfetto.

Dubbio – Quale Dharma (pratica) è il migliore, se il concetto di buon Dharma (pratica) è errato? Il seguente paragrafo spiega che il Dharma che raggiunge il Prajna è quello insuperato.

Subhuti, se da una parte un uomo, nella sua pratica di carità dona i sette tesori, ammucchiati in una massa grande come tutti i monti Sumeru dell’universo messi assieme, e dall’altra parte un altro uomo riceve, tiene in mente, legge e recita anche solo una stanza di quattro versi di questo Prajna-paramita-Sutra, e l’espone ad altri, il merito derivante dal dana del primo non varrà una centesima, una millesima, una decimillesima e una centomillesima parte di quello conseguito dal secondo, poiché tra i due non è possibile fare un confronto concepibile.

Queste parole lodano i meriti insuperati dal prajna che abbandona la forma. La ragione è che il donatore dei tesori si aggrappa ancora alle forme ed al desiderio di acquisire qualcosa per sé. Poiché il prajna abbandona tutte le forme, è incomparabile e insuperabile.

Dubbio – Subhuti aveva udito che gli esseri viventi e i Buddha sono la stessa cosa. Se questo era vero, allora non vi erano affatto esseri viventi. Quindi, perché è detto che il Tathagata deve liberare gli esseri viventi? Così Subhuti si aggrappava ancora al concetto di un ego e di una personalità. Nel passo seguente, questo dubbio viene reciso, spazzando via tanto l’ego quanto la personalità.

Subhuti, che cosa pensi? Tu non devi dire che il Tathagata ha questo pensiero nella Sua mente: Io devo liberare gli esseri viventi. Subhuti, tu non devi pensare questo. Perché? Perché in realtà non vi sono esseri viventi che il Tathagata può liberare. Se vi fossero, il Tathagata conserverebbe il concetto di un ego, una personalità, un essere e una vita. Subhuti, quando il Tathagata parla di un ego, in realtà non vi è alcun ego, per quanto gli uomini comuni lo credano. Subhuti, il Tathagata dice che gli uomini comuni non sono, ma sono semplicemente chiamati uomini comuni.

Questo disperde il dubbio circa la possibilità che il Buddha conservi il concetto di un ego e di una personalità, per rivelare la vera essenza del Dharma-kaya. Era stato detto: Il Buddha e gli esseri viventi sono la stessa cosa, e se questa dottrina dell’identità regge, non vi è alcun Buddha e non vi sono esseri viventi. Perché è detto allora: Io devo liberare gli esseri viventi? Poiché un essere vivente è una personalità, se io lo libero, esiste l’io od ego. Se ego e personalità esistono realmente, non verranno eliminate le quattro forme. Questo viene indicato nell’insegnamento Ch’an come il raggiungimento della linea di confine del Dharma-kaya, – La così detta cima del palo – ma non come penetrazione nella “Frase trascendentale” del Dharma-kaya, – Od illuminazione completa – Per questa ragione , il Tathagata pronunciò le parole per distruggere questa idea, quando disse: Non dire che io, il Tathagata, ho questo pensiero di liberare gli esseri viventi. Se “io” l’avessi, “io” sarei un uomo comune. Anche gli uomini comuni, ricordati dal Tathagata, in realtà non sono uomini comuni. Come poteva Egli, allora, conservare ancora la nozione di un io? Questo spazzò via tanto il concetto di ciò che è santo quanto di ciò che è mondano, e il risultato fu l’imparziale Unica Via. Questo completa la dottrina del prajna.

Dubbio – Se il Dharma-kaya è privo di ego e se la forma di Sambogha-kaya non può essere percepita per mezzo della forma, l’Onoratissimo che era dotato di 32 caratteristiche fisiche non era un vero Buddha?

Subhuti, che cosa pensi? Può il Tathagata essere riconosciuto dalle sue 32 caratteristiche fisiche?
Subhuti rispose: Sì.
Il Buddha disse: Subhuti, se il Tathagata può essere riconosciuto dalle sue 32 caratteristiche fisiche, un sovrano del mondo (Cakravarti) sarebbe il Tathagata.
Subhuti disse al Buddha: Onoratissimo, così come io comprendo il tuo insegnamento, il Tathagata non può essere riconosciuto dalle Sue 32 caratteristiche fisiche.
Allora l’Onoratissimo recitò il seguente gatha:
“Colui che mi vede per mezzo dell’apparenza esteriore
E mi cerca nel suono
Percorre il sentiero eterodosso
E non può percepire il Tathagata”.

Il Buddha indicò che il Nirmana-kaya non poteva rivelare il Dharma-kaya, che era al di là di tutte le forme. Subhuti aveva già compreso che un Buddha era un vero Buddha quando il suo Dharma-kaya era senza ego e il suo Sambogha-kaya non aveva caratteristiche. Ma egli dubitava ancora e si chiedeva chi era il Buddha lì visibile con le sue 32 caratteristiche fisiche. L’Onoratissimo spezzò questa falsa concezione dicendo che anche un sovrano del mondo aveva le 32 caratteristiche fisiche. Subhuti comprese che il Tathagata non poteva essere riconosciuto per le Sue 32 caratteristiche fisiche, e l’Onoratissimo lesse il gatha dell’abbandono delle forme, che diceva: – Colui che mi vede per mezzo dell’apparenza esteriore – e mi cerca nel suono – percorre il sentiero eterodosso – e non può percepire il Tathagata.

Dubbio – Subhuti aveva udito che né il Dharma-kaya né i Sambogha-kaya avevano forma e che il Nirmana-kaya non era reale. Ora sorse nella sua mente, per quanto riguardava il Dharma-kaya, l’idea dell’annientamento, poiché era incapace di raggiungere la reale natura del Dharma-kaya. Il Buddha spezzò questa concezione con la Sua dottrina del non-annientamento.

Subhuti, se tu hai in mente questo pensiero: Il Tathagata non conta sul possesso di caratteristiche per ottenere la suprema Illuminazione, Subhuti, bandisci tale pensiero. Subhuti, se tu lo pensi, mentre sviluppi la Mente dell’Illuminazione Perfetta, tu sosterrai l’annientamento di tutti i dharma. Non avere un tale pensiero. Perché? Perché chi sviluppa la Mente della Suprema Illuminazione, non sostiene l’annientamento delle cose.
Subhuti, se da una parte un Bodhisattva donasse, nella sua pratica di dana, tutti i sette tesori in quantità sufficienti a riempire tanti mondi quanti sono i granelli di sabbia del Gange, e se dall’altra parte un altro uomo comprendesse che tutti i dharma sono privi di ego e così conseguisse la perfezione della pazienza (ksanti), il merito di quest’ultimo supererà quello del primo. Perché? Perché, Subhuti, tutti i Bodhisattva non ricevono ricompensa per i loro meriti.
Subhuti chiese al Buddha: Onoratissimo, perché i Bodhisattva non ricevono ricompensa per i loro meriti?
Subhuti, i Bodhisattva non devono avere desideri e attaccamenti quando praticano virtù meritorie: perciò, non ricevono una ricompensa.

Il Buddha spezzò la concezione di annientamento. Quando Subhuti udì che la forma doveva essere abbandonata per percepire il Buddha, gli sorse nella mente la concezione dell’annientamento, ed egli pensò che il Tathagata non contasse sul possesso di caratteristiche per conseguire l’illuminazione. Il Buddha gli insegnò questo: Non avere un simile pensiero, perché se lo hai nella tua mente, sosterrai l’annientamento di tutti i dharma. Coloro che sviluppano la Mente della Bodhi, non sostengono l’annientamento delle cose, ma soltanto la non-esistenza dell’ego in tutte le cose. Se un Bodhisattva sa che tutti i dharma sono senza ego e riesce a praticare la perfezione (paramita) della pazienza, il suo merito supererà quello di colui che donasse i sette tesori in quantità sufficiente a riempire mondi numerosi come i granelli di sabbia del Gange, perciò il primo non riceve ricompensa per i suoi meriti. Quando viene detto che egli non riceve nessuna ricompensa , ciò non significa che non vi è affatto ricompensa alcuna. E’ sufficiente non desiderare alcun merito né esservi attaccati. E’ detto: Nessuno che fa, nessun fatto e nessuno che riceve, ma il karma buono e malvagio non può essere spazzato via.

Dubbio – Era detto che non vi è né ego né ricevitore di meriti, ma quando si vedeva il Tathagata camminare, stare fermo, sedere o sdraiarsi, questo non era il Suo ego? Ciò era dovuto all’attaccamento alla falsa concezione di unità-con-differenziazione dei Tre Corpi (Del Buddha, cioè il Trikaya) e alla non-comprensione del Dharma-kaya universalizzato.

Subhuti, se qualcuno dice che il Tathagata viene o va, siede o giace, non comprende ciò che io intendo dire. Perché? Perché il Tathagata non ha un luogo da cui viene né un luogo a cui va.
Perciò Egli è chiamato Tathagata.

Fino a quel momento Subhuti, a causa della sua falsa concezione del venire e dell’andare, aveva pensato che il Tathagata fosse uno il cui portamento ispirava rispetto. Il Tathagata, in realtà, veniva e andava? Era venuto al momento in cui ogni attaccamento era scomparso e tutti i sentimenti e le sensazioni erano cessate, e in cui il discepolo comprese l’identità del mutevole e dell’immutabile. Egli raggiunse così la meravigliosa realtà dell’assoluto. Tuttavia, egli conservava ancora la falsa concezione dell’unità-con-differenziazione e la sua mente non poteva ancora afferrare il profondo significato del Trikaya in un unico corpo. Questa concezione errata viene spazzata via nel seguente paragrafo che parla del mondo e della polvere.

Subhuti, che cosa pensi? Se un uomo virtuoso od una donna virtuosa riducesse in polvere tutti i mondi dell’universo, quelle particelle di polvere sarebbero molte?
Subhuti rispose: Molte, Onoratissimo. Perché? Perché se esse esistessero davvero, il Buddha non direbbe che sono particelle di polvere, esse non sono, ma sono semplicemente chiamate particelle di polvere. Onoratissimo, quando il Tathagata parla di mondi, essi non sono, ma sono semplicemente chiamati mondi. Perché? Perché, se esistono davvero, sono soltanto agglomerati. Il Tathagata parla di agglomerati che non sono, ma sono semplicemente chiamati agglomerati.
Subhuti, non è possibile parlare di ciò che è chiamato un agglomerato, ma l’uomo volgare prova desiderio ed attaccamento per esso.

Questo spezzava la falsa concezione dell’Unità-con-differenziazione. Poiché la mente di Subhuti non aveva ancora afferrato la realtà del Trikaya in un unico corpo, l’Onoratissimo usò come esempio la polvere e il mondo, per indicare che la prima non era monistica, né l’altro pluralistico. Le particelle di polvere, unite insieme per formare un mondo, sembrano pluralistiche, ma in realtà non lo sono. Quando il mondo viene spazzato e ridotto in polvere, sembra monistico, ma in realtà non lo è. Perciò la così detta Unità-con-differenziazione non si realizza in alcun luogo, e quindi non è reale. Se l’Unità-con-differenziazione esistesse, sarebbe soltanto un agglomerato senza realtà permanente. Un agglomerato deve la sua esistenza apparente ad una concezione dualistica, perché il monismo non può essere pluralistico, né il pluralismo può essere monistico. Se la polvere esiste realmente, non può agglomerarsi per formare un mondo, e se esiste davvero un mondo, non può essere ridotto in polvere. L’uomo comune scambia per unità tutto questo, ma l’unità di cui parlava il Tathagata era diversa. L’uomo comune non può rinunciare ai due estremi, come esistenza e non-esistenza, o monismo e pluralismo, e si aggrappa ad essi. Questo spiega la sua incapacità di comprendere la dottrina del Trikaya in un unico corpo del Dharma-kaya universalizzato.

Dubbio – Se il Dharma-kaya è universale e se tutte le cose sono irreali e non possono essere concepite, perché il Buddha parlava della concezione delle quattro forme?

Subhuti, che cosa pensi? Se qualcuno dice: Il Buddha parla della concezione di un ego, una personalità, un essere e una vita, Subhuti, questa persona comprende ciò che io intendo dire?
No, Onoratissimo, quella persona non comprende. Perché? Perché quando il Tathagata parla della concezione di un ego, una personalità, un essere e una vita, essa non è realmente, ma è semplicemente chiamata concezione di un ego, una personalità, un essere e una vita.
Subhuti, colui che sviluppa la Mente dell’Illuminazione Suprema deve sapere, vedere, credere e comprendere tutte le cose; non deve erigere nella sua mente la percezione delle cose (dharma-laksana). Subhuti, il Tathagata dice che la così detta forma delle cose non è, ma è semplicemente chiamata forma delle cose.

Questo spazzò via la sottile concezione dell’abbandono della forma. Subhuti aveva già compreso la dottrina dell’assoluto Dharma-kaya universalizzato, ma dubitava ancora e pensava: Se il corpo, o sostanza, del Dharmakaya non poteva essere veduto per mezzo della forma, perché il Tathagata parlava dell’abbandono della concezione delle quattro forme? Il Buddha temeva che Subhuti potesse avere ancora questo dubbio celato nella mente e gli rivolse questa domanda: Se qualcuno dice: L’Onoratissimo afferma che vi è la concezione delle quattro forme, tu pensi che costui comprenda ciò che io intendo dire? Allora Subhuti comprese e rispose: No, questa persona non può comprendere ciò che intende il Tathagata. Perché? Perché quando l’Onoratissimo parla della concezione delle quattro forme, in realtà non vi è alcuna concezione del genere che possa venire indicata e discussa. Questo servì a spazzare via l’attaccamento alla concezione relativa alle forme. Perciò, Egli disse No, e questo No era di significato diverso da quello che aveva detto nelle occasioni precedenti in cui Egli aveva usato tale parola. Prima era usato frequentemente in senso negativo, mentre qui bandiva completamente la concezione relativa alle forme, conservata nelle menti degli esseri viventi. Essi, non il Buddha, conservavano questa concezione. Perciò egli disse: E’ chiamata la concezione delle forme. Qui, anche le due parole “è chiamata” differiscono nel significato da quando erano state usate prima. Gli studenti debbono esaminare attentamente questa differenza di significato.
Poiché tutti gli esseri viventi sono illusi e sconvolti dalle loro concezioni delle forme e poiché questo loro attaccamento è molto difficile da spezzare, il Buddha usò la saggezza di diamante per demolire queste concezioni una ad una, per consentire ai Suoi discepoli di percepire la fondamentale saggezza del corpo del Dharma-kaya.
Dapprima essi si aggrappavano alle forme dei cinque aggregati del corpo e della mente, e ai dati dei sensi. Erano attaccati a queste forme mentre donavano elemosine per acquisire meriti, nella loro ricerca dello stato di Buddha. L’Onoratissimo spezzò questa concezione con la dottrina del non-attaccamento.
Poi, essi si aggrapparono alla forma della Bodhi, e il Buddha spezzò questa concezione con la dottrina del non-conseguimento.
Poi, essi si aggrapparono alla forma delle terre del Buddha adornate di carità, e il Buddha spezzò questa concezione dichiarando che non vi sono terre che possano essere adornate.
Poi, essi si aggrapparono ai meriti che sarebbero apparsi sotto l’aspetto del corpo della Ricompensa (Sambhoga-kaya), e il Buddha spezzò questa concezione dichiarando che non è in realtà il corpo completamente perfetto (Rupa-kaya).
Poi, essi si aggrapparono all’apparenza del Trikaya che il Tathagata possedeva, e il Buddha spezzò questa concezione dichiarando che il Nirmana-kaya non è reale e che il Sambhoga-kaya è al di là delle forme.
Poi, essi si aggrapparono alla concezione che il Dharma-kaya debba avere forme, e il Buddha spezzò questa concezione dichiarando che il Dharma-kaya non ne ha.
Poi, essi si aggrapparono all’esistenza di un vero ego nel Dharma-kaya, e il Buddha spezzò questa concezione dichiarando che tutte le cose erano prive di ego.
Poi, essi si aggrapparono alla concezione che il Tathagata possedesse le forme del Trikaya, e il Buddha spezzò questa concezione dichiarando che in realtà non è né monistico né pluralistico.
Così tutte le loro concezioni errate vennero spezzate una dopo l’altra, e con l’eliminazione di ogni idea di forma e di apparenza, la mente non aveva più dove posarsi. Era venuto il momento in cui la Legge fondamentale era nella sua assolutezza, dopo l’abbandono di tutti i sentimenti e di tutte le sensazioni, e indicava direttamente la realtà del Dharma-kaya. Poiché tutte le false forme che “erano vedute erano non-esistenti, era svanita anche la vista che “poteva vederle”Questo era il disegno supremo del vero Prajna, che penetrava nel Sentiero Trascendentale del Dharma-kaya. Perciò il Buddha diede loro questo comandamento: Colui che sviluppa la mente della Bodhi deve, nei confronti di tutte le cose, sapere, vedere, credere e interpretare; non deve far sorgere nella propria mente cose con forme (dharma-laksana). Soltanto allora potevano esservi il vero sapere, vedere, credere e interpretare, e non sarebbero mai più sorti il falso conoscere e vedere la forma delle cose. In questo modo, le due concezioni della realtà dell’ego e delle cose sarebbero scomparse; la concezione del santo e del mondano sarebbe stata sepolta nell’oblio, e non vi sarebbe stato spazio per parole e discorsi e per attività mentali. Poiché sarebbe errato agitare la mente e far sorgere un pensiero, Egli ripeté loro: Il così detto dharma-laksana non è dharma-laksana. Questo era il vero e reale dharma-laksana, che non era quello considerato falsamente. Questa era la profonda dottrina del Prajna nella sua sottigliezza suprema.

Dubbio – Subhuti, che era stato destato alla sostanza del Dharma-kaya dubitava e pensava che, se il Dharma-kaya non poteva esporre il Dharma, chi parlava era il Nirmana-kaya e il Dharma esposto dal Nirmana-kaya non poteva raggiungere la regione del Dharma-kaya. Dunque, come potevano acquisire meriti coloro che osservavano questo Dharma? Il paragrafo seguente spiega che il Dharma esposto dal Nirmana-kaya era il vero Dharma, perché il Trikaya era in un unico corpo.

Subhuti, se da una parte qualcuno donasse in carità i sette tesori, in quantità sufficienti a riempire tutti i mondi in innumerevoli eoni, e se dall’altra parte un uomo virtuoso od una donna virtuosa sviluppasse la mente della Bodhi, e ricevesse, tenesse in mente, leggesse e recitasse anche una sola stanza di questo sutra e l’esponesse ad altri, il merito di quest’ultima persona supererebbe quello della prima. In qual modo ciò deve essere insegnato ad altri? Insegnandolo senza attaccamento alla forma, con l’immutabilità dell’assoluto.

Questo indica che il Buddha Nirmana-kaya insegna il Dharma assoluto. Subhuti dubitava e pensava che, se il Dharma insegnato dal Buddha Nirmana-kaya non raggiungeva la regione del Dharma-kya, non era possibile conseguire meriti. Il Buddha disse che il dharma insegnato dal Nirmana-kaya era, esattamente, come se venisse insegnato dal Dharma-kaya, a causa dell’unità del Trikaya; e se anche soltanto una stanza di quattro versi di questo Dharma fosse stata tenuta in mente e insegnata ad altri, i meriti risultanti sarebbero stati insuperabili, grazie al distacco della forma nell’immutabilità dell’assoluto. Questa è stata chiamata la spiegazione del Dharma per mezzo della polvere e delle regioni (Del mondo, qui si intende la Realtà che pervade ogni cosa).

Dubbio – Poiché il Dharma-kaya è calmo e non suscettibile di reincarnazione come può chi è calmo esporre il Dharma? Il passo seguente indica l’esatta meditazione. Poiché il Prajna è immateriale, per prima cosa si deve guardare nel fenomenico per ottenere la susseguente entrata nel vuoto che è chiamato vuoto assoluto, in considerazione dell’identità dell’apparente con il reale.

Perché è così?
Tutti i fenomeni sono come
Un sogno, un illusione, una bolla ed un ombra,
Come la rugiada e i lampo,
Così voi dovete meditare su di essi.

Questa meravigliosa meditazione conduce all’entrata nel vero vuoto del Prajna. Poiché il vero vuoto è immobile e silenzioso e insondabile, la meditazione deve essere fatta per mezzo dell’apparenza, e se la meditazione sulle sei cose sopra ricordate, cioè sogno, illusione, bolla, ombra, rugiada e lampo, riesce, appare il vero vuoto. Fino a questo punto è stato esposto il Principio Dominante, o legge Fondamentale, ma qui viene dato il metodo di meditazione che gli studenti debbono seguire per entrare nel Prajna. Qui viene trattato finalmente il vero regno del Dharma-kaya.

Quando il Buddha ebbe finito di esporre questo sutra, l’anziano Subhuti e tutti i bhiksu, bhiksuni, upasaka, upasika (discepolo e discepola laici), e tutti i mondi di deva, uomini e asura che avevano ascoltato il Suo insegnamento si allietarono e credettero, lo ricevettero e l’osservarono.

Gli ascoltatori si allietarono e le loro menti furono meravigliosamente unite alla dottrina. Poiché la loro fede era sincera, essi ricevettero con zelo il sutra, e l’osservarono risolutamente.

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