Rwanda 1 – fine del regno

Premessa

All’età di 600 anni, dopo aver affrontato il diluvio e salvato la sua Arca, un pomeriggio Noè si ubriacò e si addormentò completamente nudo. Quando si risvegliò scoprì che il suo figlio più giovane Cam lo aveva guardato nudo e lo aveva riferito ai suoi fratelli Sem e Jafet, che al contrario si erano preoccupati di ricoprirlo con un mantello, avanzando all’indietro per non guardarlo. Fu così che Noè maledì la posterità di Cam, il figlio Canaan, con le parole “sia servo dei servi dei tuoi fratelli”. Da questo passo della Genesi ebbe inizio la teoria che la dinastia di Cam, i camiti, fu l’origine delle popolazioni nere africane.

Servì agli americani delle piantagioni del sud per giustificare la schiavitù, e ai colonizzatori dell’epoca per formulare la storia dei popoli africani.

 

 

In particolare l’esploratore britannico John Hanning Speke (scopritore del lago Vittoria) dedicò buona parte del suo “Journal of the Discovery of the Source of the Nile”, con descrizioni di abiezione fisica e morale delle razze primitive africane a riprova della verità vivente delle Sacre Scritture. Descriveva meticolosamente la “razza nera” con i capelli ricci, il naso schiacciato e le labbra tumide e continuava con altri deprezzamenti che nel periodo vittoriano, tempi in cui la scienza della razza era al suo apice, vennero presi come verità acclarate, sproloqui che in parte, sopravvivono anche in tempi odierni.

Seguendo l’esplorazione delle sorgenti del Nilo, Speke intravide fra gli abitanti africani “una razza superiore” ai suoi grossolani indigeni, che non corrispondeva agli archetipi prefissati. I lineamenti erano più gentili, i visi ovali, i nasi sottili e tendevano ad assoggettare gli altri negroidi, le cui varie tribù (fra cui quella dei Tutsi-Watussi) assomigliavano alle popolazioni nilotiche ed erano in contraddizione con le sue teorie.

Ne fece una dettagliata descrizione e convenne che quelle popolazioni, troppo “superiori” per essere camiti, dovevano trattarsi di popoli caucasici che si erano persi e nel tempo avevano formato una etnia mista sem-camitica, quindi, secondo le sue farneticazioni, gli sarebbe bastata un po’ di educazione britannica per essere superiori, quasi quanto gli inglesi.

 

Origini

E’ appurato che i primi abitanti del Ruanda furono i Twa, discendenti dei pigmei cavernicoli (che rappresentano solo l’1% della popolazione) poi arrivarono gli Hutu (Bahutu) e i Tutsi (Watussi), ma non è chiaro da dove provenissero e chi giungesse per primo anche se la tradizione narra che gli Hutu coltivatori, popolazione bantù, migrarono da sud e da ovest e successivamente i Tutsi, possessori di bestiame, arrivarono dal nord, tradizioni basate più su leggende che su fondamenti reali.

 

 

Nel secolo in cui gli spagnoli cacciavano i saraceni, Costantinopoli fu conquistata dai turchi e Colombo arrivò nelle Americhe, in Ruanda si stava formando una comunità complessa di stampo medievale comandata da un capo chiamato mwami, il Regno del Ruanda. Qualcuno lo fa risalire addirittura al X sec, altri stimano una antichità di non più di 200 anni, la realtà è che non esistendo una lingua scritta, tutto ciò che si conosce è stato tramandato da racconti orali.

Il Regno aveva una ferrea gerarchia militare, politica e civile di capi e governatori, sottocapi e vicegovernatori amministravano sacerdoti, esattori fiscali, leader dei clan, addetti al reclutamento. Il mwami era riverito come una divinità e incarnava il Ruanda. Gli intrighi di corte oltre a essere complessi, erano ulteriormente complicati dalla poligamia e dal grosso potere detenuto dalla regina madre.

Ai più alti livelli politici e militari venivano promossi i Tutsi che in pratica rappresentavano la nobiltà, mentre gli Hutu erano i vassalli. La distinzione non era ferrea perché gli Hutu potevano salire la scala sociale per meriti, capacità, clientele, matrimonio o ereditarietà quindi il confine fra Hutu e Tutsi continuò ad essere permeabile e l’identità, in pratica, si individuava solo in relazione al potere statale.

Con il tempo i Tutsi e gli Hutu finirono per parlare la stessa lingua, avere la stessa religione, sposarsi e vivere assieme. Combattevano fianco a fianco e attraverso i matrimoni gli Hutu potevano diventare Tutsi e viceversa. Per cui etnografi e storici odierni sono arrivati alla conclusione che non possono essere considerati etnie differenti.

 

Tedeschi

Nel 1885 a Berlino, i rappresentanti delle maggiori potenze europee, tennero una conferenza per delineare i possedimenti sui territori africani. I cartografi tracciarono linee che mettevano assieme tribù diverse o che smembravano popoli della stessa etnia, ma stranamente il Ruanda e il suo cugino meridionale, il Burundi, vennero lasciati intatti e diventarono entrambi province dell’Africa Orientale Tedesca (Deutsch-Ostafrika).

Nessun bianco a quell’epoca aveva mai messo piede in Ruanda, che aveva una reputazione di “orgoglioso riserbo”, pure i mercanti di schiavi lo evitavano, ci aveva provato Stanley (quello di “Mr Livingstone, I suppose”) ma dovette desistere in quanto fu ricevuto da una pioggia di frecce.

 

 

Nel 1894 il conte tedesco Gustav Adolf von Götzen fu il primo uomo bianco ad entrare in Ruanda e a essere ricevuto alla corte reale. L’anno seguente la morte del mwami fece precipitare il regno nel caos in preda a lotte intestine per la successione. Nel 1897 nella capitale venne alzata la bandiera del Reich del kaiser Guglielmo. In realtà non fu un’invasione, i leader Tutsi della fazione vincente, indeboliti dalla sanguinosa lotta per la successione, collaborarono volentieri con la nuova potenza in cambio della loro protezione da fazioni rivali e per rafforzare l’egemonia sugli Hutu.

Nel complesso sul colonialismo tedesco in Ruanda non c’è molto da dire salvo aver gettato le basi sulla divisione Hutu-Tutsi con il loro appoggio ai leader governanti, poi ripresa e attuata a pieno regime dai belgi. Fu un protettorato, ovvero una colonizzazione indiretta che manteneva teoricamente intatte le strutture esistenti. In generale fu abbastanza discreto, forse anche troppo, visto che viene imputato ai tedeschi di essersi preoccupati poco dello sviluppo economico e di aver attuato sostanzialmente una politica di attesa. Segnò, comunque, la fine dell’antico Regno del Ruanda.

 

Belgi

Con il trattato di Versailles, la Germania perse tutte le sue colonie compresa la Deutsch-Ostafrika, il Tanganika (Tanzania) andò agli inglesi, mentre il Ruanda e il Burundi vennero affidati ai belgi che inizialmente li annesse al Congo Belga, successivamente nel 1924 sotto il mandato della Società delle nazioni (i cui termini erano quelli di sviluppare i territori per prepararli all’indipendenza) venne creato il Ruanda-Urundi che divenne una provincia del Congo Belga.

Quando nel 1916 i belgi entrarono in Ruanda, le parole Hutu e Tutsi nel linguaggio comune indicavano due etnie in dissidio fra loro e su questo punto impostarono tutta la politica coloniale del Paese. Giustificare la loro presenza in Ruanda con il mantenimento dell’ordine era difficile, il Ruanda era ed è sempre stato un paese ordinato, i ruandesi amavano il loro paese e sia Hutu che Tutsi avevano sempre sentito una forte ruandesità, tanto che il mwami era l’incarnazione del Ruanda. Inoltre c’era una struttura sociale e gerarchica molto complessa e collaudata da secoli di regno, che raramente aveva vacillato.

 

 

I belgi inviarono i militari, i funzionari amministrativi e, oltre che a una marea di preti e di ecclesiastici, anche gli scienziati. Gli scienziati, muniti di bilance, metri e compassi si misero a misurare le persone e a fare analisi comparative sui nasi, sui crani, sull’altezza e sui pesi che li portarono alle conclusioni, di cui avevano già la certezza, che i Tutsi erano una razza più nobile degli Hutu.

Ho letto che negli anni alcuni estimatori europei dei Signori del Ruanda riuscirono ad andare anche oltre le teorie di Speke, ipotizzando la loro provenienza dalla Melanesia, dalla città perduta di Atlantide o, secondo un diplomatico francese, dallo spazio.

I belgi però non si lasciarono influenzare e continuarono con la teoria camitica, ridisegnando la società ruandese, con l’appoggio e il forte contributo di Santa Romana Chiesa, su una struttura etnico-razziale distruggendo, pezzo dopo pezzo, tutta l’architettura sociale ruandese.

I commenti sono chiusi.