Piter

Senza grosse pretese e con ovvie esigenze di spazio, ardisco scrivere uno scorcio della storia di San Pietroburgo durante gli anni in cui fu capitale della Russia imperiale, con uno sguardo fra gli zar e la servitù della gleba. Una città stupenda che nei suoi soli trecento anni di storia ha visto intrighi di corte, imperatori assassinati, variazioni di nome, assedi, rivoluzioni e ha dato alla luce una delle più importanti culture europee, in un percorso misurato in decenni dove in altri luoghi ha impiegato secoli. Una città europea in tutti i suoi aspetti che i suoi abitanti, forse anche stufi dei cambi di nome, chiamano affettuosamente Piter.

 

Pëtr Alekseevič Romanov

Naturalmente non si può cominciare a parlare di questa città senza iniziare da colui che l’ha sognata e concepita dal nulla chiamandola Sankt Piterburkh, in onore a quell’Olanda che gli aveva insegnato tutto sul mare, le navi e la carpenteria: Pietro I il Grande, primo imperatore di Russia.

Pietro era un uomo alto quasi due metri, fisicamente possente e forte, sempre dedito a instancabili attività anche manuali, dotato di grande autorità, aveva la capacità di apprendere facilmente ed era estremamente curioso, lucido ragionatore, ma gran bevitore, si dedicava personalmente agli affari di stato, sia tecnici che amministrativi, diplomatici, educativi, commerciali e altro. Se a tutto questo si aggiunge che era un imperatore ed un visionario, non si può non pensare a quanto fosse stato anche spietato.

Durante quasi tutto il suo regno combatté e vinse gli svedesi nella Grande guerra del Nord, consolidando l’egemonia russa nelle zone baltiche, al contempo, essendo sempre stato consapevole dell’arretratezza della Russia rispetto all’Europa, riformò profondamente il Paese iniziando un processo di occidentalizzazione prendendo a modello le grandi potenze europee del tempo e volendo a tutti i costi che la Russia si dotasse di una marina. Ma nella sua visione c’era anche una città dove creare un porto per ospitare le navi, una città sotto tutti gli aspetti europea da erigere a capitale dell’impero. Così nel 1703 fondò alle foci della Neva, sul golfo di Finlandia, in mezzo a centinaia di chilometri quadrati di lande desolate, paludose e inospitali strappate alla Svezia, la sua San Pietroburgo, seguito dai suoi sottoposti sbigottiti.

 

 

L’anno successivo vi fece costruire la fortezza Kronštadt a protezione futura della città, la cittadella (oggi fortezza di Pietro e Paolo) e diede inizio ai lavori di quella che attualmente viene chiamato Nevskij Prospekt, l’arteria principale della città, su imitazione degli Champs-Elisées parigini, che doveva essere l’inizio della strada per collegare Mosca.

Nel periodo di Pietro I un giovane maschio russo poteva essere coscritto nell’esercito o forzato ad andare a costruire San Pietroburgo, entrambe le occupazioni erano a vita. Si dice che la costruzione della città abbia fatto più morti che la battaglia di Narva, dove i russi subirono una pesante sconfitta contro gli svedesi, alcune cifre non confermate parlano di 30.000, sicuro molte migliaia. Allo stesso modo di Venezia la città appoggia sulla sabbia paludosa, sono quindi necessitati milioni di pali da conficcare nel terreno per sostenerla, come probabilmente altrettante sono state le ossa dei morti.

La Russia era sempre stato un Paese continentale, l’idea di una città sul mare non faceva parte della sua storia, né della sua anima, tantomeno della sua psiche e il mare di San Pietroburgo non rappresenta l’idea della vacanza, della libertà, dello spazio aperto, quindi non a caso successivamente Gogol la definì: “straniero nella sua stessa patria”, e Dostoveskij: “una città premeditata”, ma l’ostinazione di Pietro ottenne comunque il suo porto.

 

Sei Zar

Dopo pochi decenni venne abbandonata l’idea di costruzioni isolate e si cominciò a erigere veri e propri complessi architettonici, tanto che fra la metà del ‘700 e l’800 si riversarono in città una moltitudine di architetti francesi e italiani che la riempirono di forme barocche e neoclassiche (Rastrelli, Quarenghi, Rossi, per citare alcuni italiani) estese in modo orizzontale nello spazio che non mancava, fra la Neva, che la taglia in due biforcandosi nel centro della città, e i 93 canali che dalle paludi acquitrinose ci convogliavano formando un centinaio di isole. La città passò da zero abitanti nel 1700 a un milione e mezzo nel 1900.

Nei 37 anni di tempo intercorso fra il regno di Pietro I il Grande e quello di Caterina II la Grande, San Pietroburgo vide avvicendarsi sei sovrani fra il brulicare di ribellioni e intrighi di palazzo: tre donne (Caterina I moglie di Pietro che morì dopo un anno, Anna che si contraddistinse per la sua crudeltà ed Elisabetta che dissipò enormi quantità di denaro in palazzi e vestiti) un bambino, un ragazzo di 12 anni e un idiota. Per sette anni la capitale fu riportata a Mosca e poi ricondotta da Anna a San Pietroburgo, che non smise di crescere e la Russia a modernizzarsi continuando a inseguire l’Europa occidentale e in particolare la germanizzazione

Fu proprio in questo periodo che la piccola nobiltà, in antitesi con il volere di Pietro, si sviluppò in tutta la Russia, alimentando di pari grado la vessazione e la miseria dei contadini e della servitù della gleba, che periodicamente sfociavano in ribellioni placate nel sangue.

 

 

Ekaterina Alekseevna nata Sofia Federica Augusta di Anhalt-Zerbst

Caterina era una principessa tedesca, scelta a 15 anni per essere data in sposa a Pietro III (storicamente definito l’idiota) che nel 1762, all’età di 33 anni, contribuì a far detronizzare dopo soli sei mesi di regno, e a eliminare tramite i consueti intrighi di palazzo, salendo al trono come imperatrice Caterina II poi definita la Grande. Era una donna estremamente intelligente con una grande volontà e cresciuta in un ambiente di alto livello culturale, durante il suo matrimonio con Pietro III si dedicò alla lettura di Voltaire, Diderot, Montesquieu e gli altri del suo tempo, nutrendo notevole interesse per l’Illuminismo (successivamente riuscì anche a convincere il matematico Eulero a vivere a San Pietroburgo).

Con forte personalità, una naturale abilità in fatto di amministrazione e governo aveva un notevole senso pratico con l’impulso costante di eccellere in tutto. Durante il suo regno la città divenne cosmopolita, si riempì di splendore e si avviò a diventare una delle principali capitali europee dell’epoca.

Fu lei a mettere fine allo sfarzo del barocco di San Pietroburgo. Licenziò Rastrelli (creatore del palazzo degli zar, ora Ermitage) e prese il Quarenghi come architetto ufficiale di corte iniziando l’era della semplicità con il neoclassicismo russo. Le opere imponenti di attracco e di argine dei due lati della Neva in granito massiccio con tutte le loro decorazioni risalgono al suo periodo e anche una gran parte delle opere contenute attualmente nell’Ermitage sono suoi acquisti, dovuti al suo amore per l’arte. Arricchì l’impero ottenendo vittorie contro i turchi e con la spartizione della Polonia. Politicamente attuò radicali riforme seguendo il ciclo illuminista del tempo, seppur adattandolo alla cruda realtà russa. Nonostante ciò, durante il suo regno la nobiltà continuò ad accrescere i privilegi a scapito della servitù della gleba che continuò ad aumentare estendendosi anche in Ucraina. Da un censimento dell’epoca si apprende che i servi costituivano il 49% della popolazione totale.

 

Letteratura

Con Pietro I la Russia aveva avviato un enorme slancio da un mondo semi-medievale venendo proiettata verso la modernità, senza attraversare i periodi crescenti caratteristici dell’Europa, quindi il ‘700 fu per la Russia un secolo di apprendistato, rivolto ai maestri dell’occidente europeo. La grande riforma dell’alfabeto cirillico, seguita dalla liberalizzazione della stampa di Pietro I e l’amore per la cultura di Caterina II gettarono le basi per la nascita della letteratura russa, che nel XIX sec è sbocciata a San Pietroburgo (uscita dal cappotto di Gogol affermò Dostoevskij). Una letteratura che prese la città come soggetto, descrivendone i luoghi e le debolezze umane e che con il tempo vi si immedesimò a tal punto da diventare tutt’uno con essa. Questi scrittori erano figli della piccola nobiltà, del clero e dei proprietari terrieri, quindi del ceto medio, ma vivevano quasi tutti della loro penna, pertanto non ebbero difficoltà a riportare la miseria, l’ingiustizie e le avversioni del popolo con cui condivivevano ogni attimo di vita quotidiana.

 

 

L’800

Il figlio di Caterina, Paolo I, aveva sempre odiato la madre, si dimostrò un despota e fu detestato da tutti. Regnò sette anni prima di essere assassinato, ma fu anche lui un costruttore. Regolamentò, senza successo, la servitù della gleba, non per alleviarne le sofferenze, quanto per ritorsione verso quella nobiltà proprietaria terriera che disprezzava. Mutò la legge sull’ereditarietà voluta da Pietro I, attraverso la quale il regnante in carica sceglieva il suo successore, disponendo che il trono fosse ereditato dal primogenito maschio, quindi alla sua morte il figlio Alessandro (che aveva partecipato al complotto per detronizzare il padre) fu nominato zar di Russia.

Alessandro I fu il protagonista del congresso di Vienna, uomo sensibile, affascinante e inquieto, definito enigmatico e misterioso, educato alla cultura illuminista, ma caratterizzato dall’incertezza, condusse l’impero durante l’era napoleonica e l’invasione della Russia, con la disfatta di Napoleone del 1812. Fece alcuni tentativi riformisti verso i servi della gleba, che avevano raggiunto il culmine del 58% della popolazione, senza ottenere risultati. Con l’incremento dei commerci venne costruita una rete di canali in tutto il Paese e in questo periodo San Pietroburgo fu collegata al Volga. Molti proprietari terrieri vi si trasferirono e cominciò l’era dell’urbanizzazione, parallelamente a quella del declino della nobiltà.

Il successivo regno dello zar Nicola I, autocrate militare, accanito conservatore che organizzò tramite la polizia segreta un controllo minuzioso su ogni cittadino, incrementò la censura divenendo ancor più reazionario dopo i moti europei del ’48, fu un periodo fortemente immobilista (“Le anime morte” di Gogol è uno spaccato del periodo). Fissato sulla difesa e sulla costruzione di fortezze, gli edifici sorti a Pietroburgo durante il suo regno avevano una espressione casermesca, funzionale di tipo prussiano e lo stile neoclassico della capitale, che con Alessandro I aveva toccato l’apice, venne definitivamente abbandonato lasciando posto a una eclettica commistione di stili.

 

 

Il figlio Alessandro II non fu un uomo forte, né dotato di particolari talenti, tuttavia, costretto dalle situazioni economiche dell’epoca, nonché dal numero impressionante di ribellioni contadine degli ultimi decenni, avviò e mise in pratica una serie di riforme e liberalizzazioni senza precedenti, a cominciare dall’emancipazione dei servi della gleba, che portarono diversi sconvolgimenti fino al culmine del suo assassinio nel 1881. E fu proprio la libertà dei servi, assieme allo sviluppo della rivoluzione industriale a dare un ulteriore spinta all’urbanizzazione facendo crescere la popolazione di Pietroburgo, estendendo la città in nuovi quartieri, fino a superare gli abitanti di Mosca e facendola diventare una delle grandi città industriali europee. In questa fase la capitale cominciò a vedere i primi scioperi e i primi movimenti rivoluzionari ai quali lo zar “liberatore” rispose, nella parte finale del suo governo, con una accesa reazione.

Successivamente Alessandro III e Nicola II, entrambi uomini di strette vedute e fortemente reazionari, anche se il primo era di carattere energico a differenza di Nicola II che aveva un carattere debole, continuarono la strada del conservatorismo e della repressione, rifiutando ulteriori riforme o addirittura promuovendo alcune controriforme affidandosi alla nobiltà, classe ormai in declino, manifestando così una valutazione completamente irreale delle esigenze dell’impero. Pietroburgo era ormai diventato un centro industriale importante e la rivolta del 1905 segnò indelebilmente l’inizio della fine dei Romanov. Su decisione di Nicola II, con l’entrata in guerra contro Germania e Austria, nel 1914 il nome della capitale fu cambiato in Petrograd, abbandonando il suffisso germanofono. La rivoluzione d’Ottobre vide per l’ultima volta la città protagonista come capitale della Russia imperiale, in quei giorni concitati a seguito del pericolo di armate antibolsceviche che la minacciavano, il governo rivoluzionario fu trasferito da Lenin in via temporanea e la capitale ridivenne provvisoriamente Mosca, dove è rimasta per sempre.

Nel 1924 la città dei Romanov venne chiamata Leningrado in onore di quell’uomo a cui neppure piaceva il mare e che le tolse il titolo di capitale. Si riprese il nome datole da Pietro nel 1991 in seguito ad un referendum popolare.

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