L’evoluzione sociale americana

La guerra in Vietnam

Non si può non dedicare alcune riflessioni sugli storici conflitti sociali ed esteri che la società americana stava affrontando. Sebbene, specialmente nell’ultimo periodo, i componenti della comune di Charles Manson fossero quasi completamente isolati dal mondo esterno, di certo ne furono influenzati. Avevano vissuto una vita precedente e — per quanto fossero isolati — le notizie sugli aspetti politici più dirompenti filtravano comunque nella vita della comune.

Dopo la seconda guerra mondiale i francesi vollero riprendersi i territori occupati dall’impero giapponese. I territori coloniali francesi facevano parte della Unione Indocinese che comprendeva lo spazio degli odierni stati del Vietnam, Laos e Cambogia.

(Territori della Unione Indocinese Francese, 1954)

Per porre fine ai continui conflitti tra le forze occupanti francesi da una parte e le forze nazionaliste e rivoluzionarie comuniste Vietnamiti dall’altra, si organnizzò la convenzione di Ginevra il 26 Aprile 1954. La parte vietnamita venne divisa in due: la parte nord, controllata dalle forze comuniste Vietminh con capitale Hanoi e la parte sud, controllata dalle forze di ispirazione cattoliche con capitale Saigon. I territori in questione erano di importanza strategica. Siamo nel pieno della guerra fredda. Nella conferenza si stabilì che entro un anno si sarebbero dovute tenere elezioni libere in tutto il Vietnam. Le elezioni non verranno mai effettuate. Gli Stati Uniti cominciarono a mandare da subito consiglieri militari nel Vietnam del sud per impedire che anche questa parte subisse la “rivoluzione comunista“. Durante la presidenza democratica di John Fitzgerald Kennedy infatti si fece strada la paura dell’effetto domino dei territori asiatici. Caduto il sud, sarebbero caduti anche i territori confinanti all’interno del socialismo reale.

(Effetto domino in Indocina)

Dopo l’assassinio del presidente Kennedy — il 22 Novembre 1963 — il posto di presidente venne preso da Lyndon Baines Johnson. C’è da dire che la questione nord-sud vietnamita non era uno scontro tra liberalismo e comunismo classico. Insomma, non era USA ed Europa occidentale contro URSS e Cina. In Vietnam la situazione era molto diversa. Nel nord c’erano sì i comunisti ma uniti alle forze nazionaliste e nel sud c’era al potere Diem, a capo della minoranza cattolica, invisa dalla maggioranza della popolazione composta da buddisti, intellettuali e ex-combattenti Vietminh rivoluzionari di ispirazione comunista. Per conservare il potere Diem fece ampio uso di corruzione e utilizzò metodi assolutamente autoritari. In questa situazione, che definire instabile è dire poco, si inserisce il casus belli dello scontro appena accennato nel golfo del Tonchino tra forze navali USA  e Nord-Vietnamite. Il congresso americano concede pieni poteri a Johnson, compreso l’uso della forza. E’ il 7 Agosto 1964, parte la guerra. Sul serio.

Oltre ai bombardamenti col napalm, viene attuata la strategia militare del search and destroy che — in caso di guerriglia — portò più danni che benefici. Non essendo una guerra di confine e sfruttando l’agilità di movimento data dagli elicotteri, questa teoria si basava nell’atterrare in luoghi in cui si presumeva ci fossero dei rivoluzionari, cercarli e, una volta trovati, bruciare case e luoghi del posto. Questo in teoria perché in pratica i guerriglieri Vietnamiti — una volta sferrato l’attacco — si nascondevano lontano dalle case, nei loro inaccessibili nascondigli sottoterra nella foresta. Per i militari USA non c’era verso di capire chi era combattente e chi era un semplice contadino. Si bruciava tutto, inimicandosi in questo modo la popolazione locale e per di più i guerriglieri — precedentemente nascosti — potevano uscire indisturbati dai nascondigli riconquistando il territorio.

Ma l’aspetto che travolse completamente l’amministrazione Johnson fu l’aspetto mediatico. Il 30 Gennaio 1968 l’esercito regolare Nord-Vietnamita insieme ai comunisti rivoluzionari stanziati nel sud diedero vita all’offensiva del Tet. In un unico giorno vennero assaltate e prese d’assedio molte città del sud, Saigon compresa. Questa offensiva avrebbe dovuto far sollevare la popolazione per dar vita alla rivoluzione comunista. Non andò così. L’esercito regolare del Vietnam del Sud e i Marines americani respinsero l’offensiva. Ma questa vittoria militare sul campo divenne una pesantissima sconfitta mediatica in patria. I cittadini americani — e non solo i movimenti politici di sinistra e pacifisti — incominciarono a farsi delle domande alle quali non avevano ancora pensato. In effetti la guerra, per la stragrande maggioranza della cittadinanza, era un “avvenimento lontano”; se ne accorgevano appunto i movimenti più politicizzati e i familiari delle vittime che tornavano nelle bare con la bandiera nazionale sopra.

Ma come? Non era una guerra facile? Non si combatteva in qualche foresta sperduta? Come hanno fatto ad entrare i comunisti nelle città e addirittura ad occupare l’ambasciata americana?

La guerra entrò nelle case di milioni di cittadini tramite la tv, l’impatto politico fu devastante. Johnson annunciò — sempre tramite una diretta tv — la rinuncia alla prossima candidatura.

(Offensiva del Tet, attacco all’ambasciata americana, discorso di rinuncia alla candidatura di Johnson)

La tumultuosa convention democratica di Chicago

Un altro evento fondamentale di quel periodo storico fu la convention Democratica di Chigaco — in Illinois — che si tenne dal 26 al 29 Agosto del 1968. Siamo in pieno clima di contestazione pacifista e rivolte razziali dopo l’assasinio di Martin Luther King avvenuta il 4 Aprile. Johnson, che aveva stravinto le elezioni presidenziali del 1964, si era battuto per l’approvazione del Civil Rights Act nel quale si eliminavano — almeno sulla carta — le disparità razziali e la segregazione nelle scuole e negli uffici pubblici. Il partito Democratico era molto forte negli stati del sud, i quali però rimanevano sostanzialmente segrazionisti, mentre nel nord si poteva quasi parlare di un altro partito. Un ulteriore aspetto divisivo fu la guerra in Vietnam, tra chi era un sostenitore della politica interventista di Johnson e chi era fortemente contrario, come il fratello del presidente ucciso pochi anni prima, Robert Fitzgerald Kennedy. Quest’ultimo avrebbe forse potuto stemperare lo scontro interno al partito ma fu anche lui ucciso il 5 Giugno del 1968.

Si arrivò quindi alla convention con due candidature fortissimamente e ideologicamente contrarie. La parte filogovernativa facente capo a Hubert Horatio Humphrey e la parte “pacifista” e di “sinistra” con a capo Eugene Joseph McCarthy. Durante il congresso, all’esterno — nelle strade e nei parchi di Chicago — ci furono proteste e scontri tra manifestanti e polizia molto violente. I poliziotti — elettori democratici — manganellavano i pacifisti — anch’essi elettori democratici — in città. All’interno della convention le due anime del partito si scontravano senza possibilità di arrivare ad una sintesi politica. Per la prima volta nella storia la polizia entra in un congresso politico per sedare possibili violenze tra delegati. Alla fine vince la linea “governativa”. La parte pacifista perderà parecchi elettori e molti democratici del sud abbandoneranno il partito a causa della politica a favore dei neri tanto da trovare un leader indipendente George Corley Wallace, fortemente contrario ai diritti civili dei neri quando non apertamente segregazionista, che alle presidenziali decise di correre contro il suo ex partito vincendo addirittura in cinque stati — ovviamente del sud — Alabama, Arkansas, Georgia, Louisiana, Mississippi. Si dice che Johnson alla firma dei Civil Right del 1968 disse qualcosa come “Bene, però adesso abbiamo perso il sud per una generazione“. In realtà il partito democratico lo perse per molto più tempo.

Questo è Wallace — governatore democratico eletto in Alabama — in un discorso pubblico: “Segregazione ora, segregazione domani, e segregazione per sempre”

(Discorso pubblico George Wallace in Alabama, 1962)

La convention democratica del 1968 finisce in rissa. Una riproposizione in piccolo di quello che succede nelle strade di Chicago negli stessi giorni.

(Rissa alla convention democratica e proteste in strada a Chicago, 1968)

Il primo fatto criminale della comune di Charles Manson

Ecco, in un atmosfera sociale del genere si sviluppa la comune di Charles Manson. Fu incarcerato nel 1960 per sfruttamento della prostituzione fino al 1967. Ricordiamo che la società americana della fine degli anni 50 e primi anni 60 era strutturata intorno all’idea di famiglia cattolica in cui alla donna era riservato quasi esclusivamente il lavoro di casa ed era educata a “trattenere” i propri aspetti sentimentali e sessuali anche in privato. Una specie di autolimitazione psicologica. In questo senso si capisce il movimento femminile dell’epoca e — insieme alle tante battaglie giuste — lo spaesamento di molte giovani ragazze americane in bilico tra la repressione sessuale familiare e l’amore libero professato dalla controcultura del tempo. Questo spaesamento fu utilizzato spesso da Manson per manipolare le ragazze con cui faceva conoscenza.

L’altro aspetto che caretterizzò la famiglia manson fu l’helter skelter, ossia la visione totalizzante della società americana che sviluppa intrinsecamente il conflitto razziale tra bianchi e neri. C’è da dire che il “razzismo” di Manson — più che a motivi ideologici — era dovuto principalmente alla sua esperienza carceraria. In carcere ci si divideva in gruppi etnici per “autodifesa”. I bianchi da una parte, i neri dall’altra, gli ispanici da un’altra parte ancora. La paura della rivolta dei neri — almeno all’inizio — gli fu introiettata in carcere, per poi divampare con tesi strampalate e allucinate in seguito. Nel 1966 nascono le Pantere Nere, un gruppo politico armato di autodifesa. Oltre alle rivendicazioni sui diritti dei neri, si dotarono di armi per difendersi e controllare l’operato della polizia.

(Pantere Nere armate mentre subiscono un controllo della polizia)

Tex Watson — un appartenente alla comune di Manson — era solito procurare la droga ed era in contatto con gli spacciatori del luogo. Il primo luglio 1969 decise di comprare 25 Kg di marijuana per 2.500 dollari. Non avendo i soldi se li fece prestare da un altro spacciatore, Bernard Crowe, che agì come intermediario. Tex si intascò i soldi e tornò allo Spahn Ranch rubando in pratica i soldi all’intemediario. Crowe telefonò al ranch e fece arrivare il messaggio che se non avesse riavuto i soldi sarebbe venuto alla comune e avrebbe “spazzato via il ranch”.

Manson, insieme ad un altro componente della famiglia Thomas Walleman, andò con una calibro 22 (lo stesso calibro che sarà poi utlizzato per altri omicidi della comune) in casa di Crowe, sparandogli. Non lo uccise. Il giorno dopo uscì la notizia di un cadavere ritrovato di un nero appartenente alle Pantere Nere. In realtà Crowe non solo non morì, ma non faceva parte del gruppo politico e non ne era neanche un simpatizzante. Da questo momento però in Manson la paura di una rappresaglia delle Pantere Nere aumentò e cominciò la deriva totale della comunità. Chiamò una banda di automobilisti — Straight Satans —  per difendere la comune e cominciò a scambiare sempre più spesso macchine o altro per pistole, fucili e radio trasmittenti.

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