Il red wedding del PD

da un commento di Contezero

Chi pensava che poco potesse superare l’infame puntata del Trono di spade in questi giorni si sta ricredendo nel vedere come le cose stanno “marcendo” all’interno del PD.
Se le scorse politiche hanno sentenziato, in un modo o nell’altro, la fine dell’egemonia di Renzi (e della sua linea d’azione, detta “renziana”) solo ora, con la nomina di Zingaretti e l’avvicinarsi delle europee (che volenti o nolenti saranno un banco di prova per il nuovo PD) s’è arrivati alla temutissima “resa dei conti” che tutti sapevano sarebbe arrivata, ma che nel centrosinistra assume sempre più spesso i connotati di una guerra civile “in piccolo”.

Non sto a farla lunga, la questione è abbastanza semplice e lineare: la linea “ex minoritaria” in cui stava sia l’anima “di sinistra” sia le correnti che a Renzi si sono opposte (giù giù fino agli ammutinati di MdP) sta rientrando, complice uno Zingaretti iper-pacioso che fa tanto babbo natale (parla con toni distensivi ma non s’interessa alla guerra civile imperante, è completamente proiettato in un “volemose bene” che vede solo lui), e molta di ‘sta gente ha un bel po’di sassolini da togliersi nelle scarpe.
Contemporaneamente “i renziani” (che è oramai una supercategoria che ingloba tutti quelli che non sono disposti a rinnegare gli ultimi cinque anni di governo PD) non le mandano a dire e reagiscono a questi “ritorni” in modo tutt’altro che amichevole.

Sia chiaro, io sono fra quelli che vengono considerati “i renziani” e questo mi rende difficile essere imparziale sull’argomento… la situazione però, “da questo lato” è quella di chi vede rientrare nel partito che ha difeso fino all’altro ieri gente che non più tardi che alle ultime politiche “remava contro” (magari stando pure in un altro partito, magari addirittura capolista in MdP) e che oggi invece esibisce la nuova tessera del PD e discetta dei “mali” che hanno portato i democratici al 18% (mali che, per qualche ragione, non includono mai loro).

E questo c’era da aspettarselo.
Quello che sta invece venendo a mancare è lo spirito di coesione da parte dei renziani che, schifati da questo PD “sliding doors” ed attaccati anche quotidianamente dalla nuova maggioranza “di sinistra” in parte hanno deciso (me compreso) di salutare e chiamarsi fuori, votando magari un altro partito.

In tutto questo Zingaretti in sé c’entra poco e difficilmente il segretario potrebbe cambiare questo corso degli eventi, semplicemente oramai è in corso una faida e non finirà tanto presto. Certo sarebbe stato bello (almeno per me) se Zingaretti fosse stato un pelo più di polso ma sostanzialmente lui ha da portare il partito alle europee e quindi è tuttosommato normale che pensi alla campagna elettorale (anche se non so quanto questo lo aiuterà visto che avoglia cercare di convincere gli esterni quando gli interni se le danno di santa ragione).
Certo i sondaggi non aiutano, e men che meno aiuta l’ingombrante paragone con le scorse europee (quando un PD “renziano” al suo apice superò un 40% che oggi appare inavvicinabile), resta il punto che la situazione corrente mostra, nella pratica, il fallimento del progetto PD fin dalla base. A crollare è l’idea di base di mettere insieme la sinistra quasi-massimalista (‘che quella massimalista fa corsa a sé, da sempre) ed i moderati di centrosinistra.
Si torna a puntare a sinistra e per “lavarsi” dell’onta di essere stati moderati, filogovernativi e peggio ancora realisti i nuovi rappresentanti della maggioranza vogliono vedere scorrere (figurativamente) il sangue dei centristi, con tanto di abiura di una parentesi durata cinque anni e di quanto di buono s’è fatto, il tutto sull’altare delle “praterie di sinistra” (quelle in cui probabilmente pascola la mucca di Bersani).

Onestamente per come sono messe le cose la cosa che più mi dispiace è che un eccessivo tatticismo ed un mal riposto desiderio di unità (che nei fatti non c’è da nessuna parte se non nei dirigenti “renziani”, che preferiscono fare la minoranza bistrattata che andarsene) stia costringendo tanta gente a scelte impopolari.
Chi s’è avvicinato al PD liberale di Renzi (e saranno pochi, ma c’erano, ci sono e ci saranno sempre) difficilmente voteranno un PD a trazione comunista-light che ha già ripreso coi discorsi bersaniani (“ue ragassi, qui la gente non arriva a fine mese”) e sicuramente chi il PD l’ha votato o lo voterebbe solo in opposizione a Salvini e Di Maio in questi giorni probabilmente troverà più appetibile una Carfagna che con Salvini c’ha più rapporti (sottobanco) di quanti non ne vuole dare a vedere, ma se non altro è diretta e dice cose ragionevoli anche sul versante del lavoro, dell’economia, della crescita e dei diritti.

Non lo so, ho idea che questo PD voglia perdere, per dimostrare d’essere tornato “di sinistra” ed ho idea che oramai l’ultimo bastione del renzismo traballi, e mi riferisco a quel “niente alleanze col Movimento 5 Stelle” che sembra sempre meno perentorio, specie sotto le spinte di chi vede bene il “socialismo” straccione dei grillini… di chi lo vede meglio del “liberismo” (???) di un jobs act (che però nessuno oggi ha il fegato di abrogare) o di un’abolizione dell’articolo 18 (il totem sindacalista per eccellenza).

Cosa resta ?
Tanta amarezza, la certezza che dopo averci creduto tanto bisogna rassegnarsi al fatto che il PD “partito unico che contiene due anime” è fallito e comunque sarebbe inutile (ipse dicunt gli italiani, che fin dal referendum hanno sancito la loro preferenza, accontentata, per il proporzionale dei cespugli e cespuglietti ad un maggioritario che avrebbe reso necessaria una sintesi dei due modi d’intendere la politica) e, in fondo a questo mare nero, l’unica consolazione che, se non altro, col proporzionale per essere “contro” M5S e Lega basta votare altri, che non c’è bisogno di essere “del PD” per andare contro ai populisti (che, a mio avviso, ultimamente il PD hanno preso a colonizzarlo).

Tutto molto triste.

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