Questo articolo risponde all’esigenza di capire cosa sia il “sovranismo” e quali siano le possibili ripercussioni sociali ed economiche che tale ideologia sviluppa. Qui ci siamo sempre detti di aver visto prima quella che era la vera natura del grillismo, abbiamo assistito con un sorrisetto tra l’ironico e lo sprezzante alle analisi che i giornalisti hanno fatto del fenomeno grillino in colpevole ritardo, praticamente “sovrascrivendo” i nostri post. Per questo, e cioè se vogliamo cercare di vedere oltre alle banali dispute contrapposte sul sovranismo — e di contorno, neanche tanto contorno, sull’immigrazione — che le diverse “anime” politico e sociali danno nei media mainstream, cerchiamo di capire se un’analisi un po’ più approfondita si può fare.
Analisi, ché le soluzioni favoleggianti le si lascia volentieri ai valorosi venditori di pentole nostrane.
Comincio col dire che i pochi dati che cito nell’articolo sono, per chi vuole approfondire, reperibili sulle solite fonti (eurostat, ocse) e che a me servono solo per misurare trend. Ancora, le conclusioni che faccio per ogni sotto-argomento sono mie e come tali sono soggette alla mia visione del mondo e quindi non “scientifiche” e contestabili sulla base di ragionamenti altrettanto validi.
Primo sbaglio, anzi abbaglio: limitare il sovranismo salviniano con lo “spezzettamento” in vari “compartimenti” del tipo “sulla immigrazione ha ragione ma sull’economia no”.
Sbagliato, sbagliatissimo.
Il sovranismo è una ideologia che tutto incorpora — come del resto ogni ideologia — e che non ammette deviazioni dall’unica radice ideale. I confini vanno difesi, sia si parli di persone che di merci. Il potere esecutivo, essendo di derivazione popolare, non ha controbilanciamenti all’interno dello stato; l’invasione di campo nei confronti della magistratura ne è un esempio: “non metti al gabbio quella persona allora ti cambio”. Il cambio visto non come ammodernamento o miglioramento di una istituzione statale ma per renderla disponibile a fare quello che “il popolo tramite il suo leader vuole”.
Insomma il pacchetto Orban o lo si prende completo o lo si rinnega.
L’Ungheria è un modello molto importante da studiare perché dimostra come l’ideologia sovranista, messa di fronte alle realtà, non ha strumenti — almeno non li ha ancora fatti vedere — per contrastare le difficoltà del mondo globalizzato.
Grazie agli aiuti europei in questa nazione sono stati creati molti posti di lavoro (165K lavorano in programmi di lavoro pubblico e della loro produttività nel lungo periodo se ne potrà discutere); questo, unito al fatto che molte aziende tedesche hanno traslocato qui per il basso costo del lavoro, ha permesso all’Ungheria di avere un tasso di disoccupazione molto basso del 3,8%. E’ di poco tempo fa la notizia che il governo Orban ha messo a punto una legge (definita schiavista dalle opposizioni) che porta a 400 ore il tetto massimo di straordinari e i pagamenti degli stessi a 3 anni. Le contrattazioni potranno essere fatte singolarmente e non tramite sindacati; lascio a voi concludere se questi straordinari avranno, nella realtà, carattere di volontarietà.
Blocco della immigrazione, salari che non crescono o che crescono a maggiori ore (il che vuol dire che o rimangono così o diminuiscono). Leggi anti-libertarie contro la stampa. Ne deriva che molti se ne vanno nei paesi dove o hanno stipendi maggiori (emigrazione economica) oppure in stati con più libertà sociale (emigrazione politica). Sfortunatamente per Orban i confini europei sono aperti e parecchi giovani vanno in Germania o Austria. La paga oraria lorda (siamo nel 2014 ma per rendere l’idea) nei comparti industria e servizi era nell’Ungheria di 4,8 euro contro la media europea di 15 euro.
Cosa questo comporti nel lungo periodo — e noi italiani non siamo messi molto meglio — è facile da intuire. Il fatto di importare persone per lavori poco qualificati non è molto “di sinistra” e offre contestazioni comprensibili del tipo “vuoi essere dalla parte dei più deboli però non dici niente se gli immigrati vengono sfruttati”.
Vero.
Ma non è il punto qui per discuterne altrimenti l’articolo diventa più lungo di quanto non sia.
Durante l’invasione dell’Unione Sovietica nel 1956 emigrarono 200K ungheresi, adesso nell’arco di 4 anni ne sono emigrati 400K; 170K secondo il governo ma in Ungheria non esiste un istituto terzo per la misurazioni dei dati (anche il fatto di non averlo fa parte del pacchetto sovranista).
Sempre nello stesso pacchetto abbiamo il controllo totale-militare dei grandi mezzi di informazione. Questo controllo è spietato e va ben al di là della semplice spartizione (che ,lo dice il nome stesso, lascia campo anche ad altre voci). Giornalisti come veri e propri fan e che concepiscono il mezzo televisivo come propedeutico ad uno stato etico.
Certo, in modo minore c’era anche prima, ma non a questo livello di intensità e quantità. In pratica la quantità che diventa qualità, cioè il grosso numero di informazioni diventa così imponente da egemonizzare un tema nascondendone altri. Qui c’è un articolo del corriere che lo dimostra. Pensate ai tg nazionali che “ogni singolo giorno per tre volte al giorno” aprono le informazioni con l’emigrazione dei giovani italiani e lo spopolamento. Come pensate che varierebbero quei numeri percentuali?
In europa abbiamo avuto in precedenza una immigrazione simile a questa con 1,2 milioni di richiedenti asilo — 240K solo nel 1992 — durante la guerra della ex jugoslavia. Salvini non era ancora al centro di tutta la informazione nostrana. In 2 anni, dal 1993 al 1995, in Italia si stabilirono 80K profughi provenienti dai territori in guerra. In pratica 1,4 ogni 1K abitanti mentre nel 2015 il tasso era di 1,5 ogni 1k abitanti e al picco degli sbarchi, nel 2017, 2,0; in Germania, sempre nel 2017, il tasso è stato del 2,4.
Non c’è nessun complotto, nessun interesse a far risaltare le immigrazioni e Salvini al centro dei media (quelli non controllati direttamente dal governo). Semplicemente i media corrono dietro alle leggi di mercato. Se ne parla di più quindi si vende meglio. Questo per dire che i partiti di opposizione se ( e il se è bello grosso ) pensano che il problema della immigrazione non sia “un problema per la tenuta democratica” lo dicano, anche se questo non corrisponde alle paure dei più.
Le mode cambiano, quando ero pischello io, tutti i giovani erano “clandestino” à la Manu Chao; la cantavano anche senza sapere cosa volesse dire. Adesso siamo nel ’68 delle destre sovraniste (un bella descrizione che ho trovato in rete) e non c’è verso di tornare al potere senza essere chiari su quello che ho definito pacchetto Orban.
L’ideologia quando ha tendenza totalitaria ( e il sovranismo di Orban è così, controllo della stampa e della magistratura) non offre spazio agli aggiustamenti.
Se non c’è manodopera in Ungheria, non la si importa, andrebbe contro gli schemi sovranisti, allora si schiavizza e si abbassano gli stipendi a chi lavora. Politiche economiche di estrema destra (flat tax ring a bell?).
Se la magistratura non segue la scia sovranista la si mette sotto il controllo del ministro governativo. In Ungheria le cause che avranno natura “pubblica” — appalti pubblici, conti pubblica amministrazione, leggi elettorali, diritti di assemblea — saranno guidate da tribunali amministrativi controllati dal governo (Montesquieu do you know?).
Questo è il futuro dell ‘italia. O per meglio dire “de te fabula narratur” ché la citazione marxiana fa molto radical chic.
Non si tratta di decidere come vogliamo l’immigrazione. Di più, di meno, accordi bilaterali, contenimento flussi o altro. O meglio se ne può parlare ma avendo in mente qual è la natura del sovranismo. Come abbiamo parlato di politica in passato mentre avevamo ben in mente cosa era il grillismo nella sua più intima e illiberale natura. Si tratta di decidere se vogliamo un sistema classista ed autoritario o imperfetto ma liberale. Il giorno che l’opposizione riuscirà a far luce su questo aspetto, forse uno spiraglio per i liberali italiani si potrà aprire.