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Le Chiese

Lo sconvolgimento dovuto agli anni del regime nazista e al conflitto lasciò tracce profonde nella cultura e nella mente tedesca. Finita la guerra dovettero farsi carico della responsabilità collettiva imposta loro dagli Alleati, riannodare i legami con il passato antecedente il 1933 e contemporaneamente cercare una strada che li riportasse sulla via della speranza. Le Chiese ebbero un ruolo essenziale in tutto questo. Gli alleati diedero loro piena fiducia nel compito di denazificazione e di rieducazione del popolo tedesco, la Legge Fondamentale, che contiene anche un riferimento a Dio nel Preambolo: (Consapevole della propria responsabilità davanti a Dio e agli uomini […]) gli concesse piena autonomia. Essendo ricche grazie all’imposta ecclesiastica, un considerevole patrimonio fondiario e alle numerose sovvenzioni, potevano disporre di tutti gli strumenti per la loro azione. In seguito allo spostamento della popolazione, i Protestanti costituivano il 50,5% contro il 44,1 dei Cattolici.

Le Chiese Protestanti riconobbero sin dal 1945 la responsabilità collettiva del popolo tedesco. Nel 1949 si riunirono nella Evangelische Kirche in Deutschland (EKD), Chiesa Evangelica di Germania, un’organizzazione federale che raccoglieva 27 Chiese territoriali e che decise di rompere la tradizione di sottomissione all’autorità politica, quindi allo Stato. All’interno delle Chiese evangeliche si profilarono due tendenze, una minoranza schierata a sinistra, le cui posizioni erano nette e spesso ostili al governo e una maggioranza, più moderata e meno intransigente che accettava anche il riarmo. Un gran numero di personalità Protestanti autorevoli faceva parte della CDU, ma nel complesso dividevano i loro voti senza porre preclusioni nei confronti dell’SPD.

La Chiesa Cattolica, al contrario, rifiutò il concetto di colpa collettiva e si preoccupò soprattutto di ricostruire la nuova Germania. La Chiesa, tramite concordati con i diversi Länder, riprese in mano scuole e organi di stampa. La sua priorità fu quella di favorire la crescita del partito democratico cristiano biconfessionale. Il Cardinale Frings di Colonia ebbe un ruolo fondamentale, appoggiando fermamente Adenauer, sia nella formazione che nello sviluppo di una CDU sostenuta dalla Chiesa mentre lo scontro con l’SPD assunse attitudini molto forti. La Chiesa Cattolica offrì ad Adenauer tutto il suo sostegno sul riarmo, il servizio militare obbligatorio e l’ingresso nella Nato. Il suo scopo era la difesa dell’ordine Cristiano contro il pericolo comunista e le utopie socialiste. Pochi vescovi cercarono di scuotere le coscienze sulle responsabilità passate e i piccoli gruppi Cattolici vicini alla rivista Esprit e all’SPD furono completamente emarginati.

 

L’informazione

I media, molto potenti, divennero veicolo di diffusione di un nuovo conformismo, mentre i giornali di partito si dissolsero. Il gruppo Springer controllava l’80% dei quotidiani nazionali. Il Bild Zeitung, con 4 milioni di copie, attirava il lettore comune, Die Welt si rivolgeva alle élite, ostentando una decisa ostilità verso i paesi dell’est, il Frankfurter Algemeine Zeitung era un sostenitore della politica governativa. Il Süddeutsche Zeitung, Die Zeitung e Der Spiegel erano giornali più aperti.

 

 

Radio e televisione non controllati dalla tutela di Bonn, dipendevano dai Länder, dove partiti, associazioni culturali, ma soprattutto le Chiese ne avevano un buon controllo. Associazioni che vagliavano i programmi affinché venisse somministrata informazione e spettacoli di un conformismo piuttosto angusto. Le stazioni regionali erano membre dell’ARD e con una convenzione del 1952 si impegnarono ad una diffusione comune nazionale, lasciando uno spazio quotidiano ai programmi regionali. Nel 1961 venne fondata la ZDF per iniziativa dei Länder.

 

La società

La società tedesca nel dopoguerra si trasformò in modo radicale: dall’integrazione dei profughi e dei rifugiati dell’est, dalla necessità di alloggi, ma anche dalla grande mobilità. Un grosso primo problema fu quello di dare un indennizzo ai quasi 13 milioni fra espulsi e rifugiati, senza provocare attriti con la popolazione esistente. Il miracolo economico creò nuovi posti di lavoro, ma spesso obbligò i singoli individui ad una riconversione professionale o li condannò a un declassamento. Erano donne e uomini con l’impressione di essere mal accolti e che diedero ascolto alle organizzazioni che si fecero interpreti delle loro istanze.

Gli Alleati, inoltre, imposero di indennizzare le vittime di guerra, mentre il governo tergiversava perché non voleva compromettere la ripresa economica. Nel 1949 venne approvata una legge per dare i primi aiuti a 3,5 mln di persone, successivamente nel 1952 una nuova legge previde un indennizzo parziale finanziandosi con un prelievo del 50% sui patrimoni. Applicata con diversi correttivi, questa legge permise di distribuire ai beneficiari 57 miliardi di marchi fino al 1965.

Per poter dare un alloggio a tutti i rifugiati vennero accantonati i principi dell’economia liberale imponendo, fino al 1961, una ripartizione d’autorità, eseguendo anche requisizioni e blocco degli affitti. Vennero incoraggiate le costruzioni attraverso la concessione di prestiti senza interesse per le abitazioni popolari e indirizzato il risparmio, attraverso strumenti fiscali, verso gli investimenti immobiliari con un contributo significativo dato dalle casse di risparmio edili (Bausparkassen). Nelle città cominciarono a nascere nuovi quartieri, in attesa che i vecchi edifici venissero ristrutturati, e i centri urbani, costretti ad accogliere un numero enorme di profughi, rischiarono di congestionarsi. Ma mancarono i grandi architetti per la ricostruzione, gli emigrati non fecero ritorno, e la fretta si impose. Gli edifici storici furono costruiti quanto più simili al precedente e per alloggiare i profughi vennero costruite città comode e spaziose, ma (all’epoca) molto anonime, che si riveleranno funzionali diversi anni dopo, mentre i quartieri degli affari, come Francoforte, si riempirono di vetro e cemento sul modello americano.

 

Frankfurt

Francoforte

 

I vecchi sindacati diedero vita nel 1949 a un’unica confederazione, il Deutsche Gewerkshaftsbund (DGB) che inizialmente a causa della disoccupazione e gli obblighi della ricostruzione, si mostrò piuttosto moderato. La sua forza contava sei milioni di iscritti e il suo obiettivo, senza cercare lo scontro sociale, era la co-gestione. Inizialmente Adenauer evitò la prova di forza facendo approvare nel 1951 una legge sulla co-gestione delle miniere e delle industrie siderurgiche, ma dopo che il DGB cercò di far estendere la rappresentanza paritaria agli altri settori industriali, l’anno seguente il governo approvò, nonostante scioperi e manifestazioni, una legge sulla costituzione delle imprese meno avanzata di quella precedente.

La federata più potente del DGB era l’IG Metall, che fu quella che negli anni cercò di contrattare condizioni sempre migliori per i lavoratori. L’aumento dei salari però non impedì la continuità degli squilibri sociali, nel 1962 più della metà delle famiglie aveva un reddito mensile inferiore agli 800 marchi e solo il 6% dei figli di operai riusciva a frequentare le università o le Technische Hochschulen.

 

 

Il DGB, che inizialmente si era appoggiato alla SPD, negli anni ne prese sempre più le distanze, finendo per convertirsi all’economia di mercato che, se da un lato si dimostrò capace di portare qualche vantaggio anche ai lavoratori, dall’altro lo trasformò in una pesante macchina burocratica che gestiva diverse attività sociali, cooperative, compagnie di assicurazione e anche una banca, perdendo credito presso i lavoratori che gli rimproveravano scarsa combattività e forza contrattuale.

Dall’altro lato, al vertice della gerarchia sociale, la precedente aristocrazia fondiaria e militare cedette il posto a un numero limitato di famiglie che amministravano la direzione delle grosse imprese. Nel mondo degli affari i vecchi patrimoni si ricostituirono grazie alle indennità versate dal governo e al boom economico, venendo affiancati da nuove fortune nate da speculazioni e talento imprenditoriale.

Nel 1950 il padronato riunì le diverse organizzazioni industriali creando il Bundesverband der Deutsche Industrie (BDI) (la nostra Confindustria) che rappresentava circa 100.000 aziende. Le camere di commercio furono coordinate dal Deutsher Industrie und Handelstag mentre un milione di coltivatori si riconobbero nel Bauernverband, artigiani, piccoli commercianti e funzionari in altre ancora.

Fu così che la RFT si apprestava ad affrontare quelli che sarebbero stati definiti i golden sixty, gli anni ’60, quelli del miracolo economico che coinvolse anche l’Italia, durante i quali la Germania fu partecipe, incrementando ancor più la sua potenza.

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In tutta questa narrazione ci sono molte lacune, perché è impossibile riassumere centinaia di pagine di storia in pochi articoli da blog, soprattutto sulla complessità di un paese come la Germania, però in linea di massima, ciò che ho stilizzato, è quello che è successo negli anni del dopoguerra e del secondo dopoguerra. Dopo Adenauer ci furono figure retoriche (compreso lo stesso Erhard che si dimostrò un cancelliere incapace, nonostante la sua alta figura come ministro delle finanze nell’era Adenauer) fino ai governi socialisti di Willy Brandt e di Helmut Schmidt che aprirono la Germania all’est e di Helmut Kohl che la riunificò. Inoltre manca soprattutto una componente essenziale in questa storia, che è Berlino. Una città dove ho abitato e lavorato negli anni ’90 e dove ho avuto la netta sensazione di aver assistito da spettatore alla fine definitiva della seconda guerra mondiale. Se avete la forza di continuare a leggermi, come ho fatto per San Pietroburgo, con un attimo di pausa perché non l’ho ancora iniziato, Berlino merita un articolo a sé stante.

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