crisi valutaria russa proposta di articolo

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    La tempesta perfetta 1998-2014

    a partire dal 1998, l’ economia russia ha attraversato una crisi valutaria che ha provocato svalutazione forzata e default e del debito pubbico e del debito privato.

    Una crisi valutaria puo essere provocata da diversi fattori

    1) gli investitori temono che il governo finanzi il suo debito e il suo deficit stampando moneta
    2) gli investitori temono che il governo riduca il suo debito svalutando la propria valuta perchè lo stato non si puo’ permettere di sotenere il valore della propria moneta o comunque decide di non farlo. Se il governo è incapace di comprare la propria moneta con le riseve In valuta estera (o sceglie di non farlo) il valore della valuta nazionale scende: di conseguenza
    I prezzi di beni e servizi interni diventano più competitivi relativamente ai prodotti stranieri ma è probabile che l’ inflazione salga

    diamo un occhiata alle finanze pubbliche russe tra il 1995 e il 1998 per dare un idea dell’ intensità del problema nel 1997 e 1998: grafico 1[IMG]http://i60.tinypic.com/33k7iah.png[/IMG]

    nel grafico si vede che gli interessi sul debito raggiungono il 43% delle entrate statali nel 1998 (per dare un termine di paragono il debito con l’ estero a inizio luglio 2014 era di 731 miliardi di dollari)

    Dopo la fine dell’ URSS e dell’ era comunista, la Russia si è diretta verso un’ economia di mercato. In Aprile 1996 ufficialmente comincia a negoziare il pagamento dei debiti ereditati dall’ URSS. Per il 1997 sembra che la bilancia commerciale sia migliorata: grafico 2[IMG]http://i57.tinypic.com/ivib9e.png[/IMG]

    l’ inflazione scende dal 131% del 1995 all’ 11% del 1997, un trend ribaltato durante la crisi valutaria. Grafico 3[IMG]http://i61.tinypic.com/v4coqf.png[/IMG]

    Nel 1997, il petrolio si vende 23$ al barile, il doppio degli anni ’80. All’ epoca il petrolio rappresentava il 45% delle entrate da esportazione. Gli interventi del FMI e del Club di Parigi tengono il valore del rublo tra 5 e 6 rispetto al dollaro. Gli analisti prevedevano un miglioramento del rating creditizio e una crescita del 2% per il 1998. L’ altra faccia della medaglia erano I salari reali, la metà rispetto al 1991 e solo il 40% della forza lavoro pagata puntualmente. Gli incassi fiscali erano minimi con un conseguente deficit molto alto del settore pubblico.

    Sfortunatamente alla fine del 1997, la crisi valutaria asiatica provoco’ un attacco speculativo sul rublo con questo risultato: grafico 4[IMG]http://i62.tinypic.com/r20njm.png[/IMG]

     La banca centrale russa interviene per proteggere il rublo, spendendo 6 miliardi delle proprie riserve in moneta estera. Contemporaneamente il prezzo del petrolio e delle materie prime cominciano a scendere, riducendo le entrate in valuta pregiata di 2/3

    All’ inizio di maggio 1998 la BCR avverte il governo che ci sarebbe stata un’ altra probabilità di una crisi del debito nei successivi tre anni. Questo avvertimento è stato male interpretato all’ estero e inteso come un segnale dell’ intenzione da parte della BCR di svalutare il rublo: la fiducia nella stabilità economica russa è diminuita significativamente. Per il 18 maggio gli interessi sui bond russi erano arrivati al 47%. Ed è sempre più difficile piazzare titoli russi. In risposta la BCR aumenta il tasso d’ interesse al 50% e spende un ulteriore miliardo di dollari delle già indebolite riserve per sostenere il rublo.

    IL prezzo del petrolio continua a diminuire, scendendo fino a 11$ al barile, provocando una calo delle entrate in valuta pregiata di 4 miliardi
    Gli oligarchi dell’ industria petrolifera russa cominciano ad accusare la BCR di svalutare ulteriormente il rublo, in modo di aumentare il valore (in rubli pero’) delle esportazioni.
    Il risultato è il seguente: grafico 5[IMG]http://i58.tinypic.com/f3bad0.png[/IMG]

    E di conseguenza gli interessi a breve: grafico 6[IMG]http://i59.tinypic.com/qoxhxz.png[/IMG]

    Nonostante gli sforzi, la scadenza di miliardi di dollari di debito pubblico in scadenza nell’ autunno 1998 costringono il FMI a intervenire con un prestito di 11,2 milliardi nel luglio 1998, ma circa 4 miliardi di dollari vengono trasferiti all’ estero tra maggio e agosto, ponendo ulteriori stress sull’ economia.

    Il 13 Agosto 1998 la borsa russa crollano per i timori che di un default del debito statale o di una ulteriore svalutazione della moneta o entrambi. Gli interessi sui titoli in rubli superano il 200% e le azioni scendono del 65%.
    il 17 agosto 1998 il governo russo svaluta il rublo, sospende il pagamento dei debiti in rubli e dichiara una sospensione di 90 giorni dei pagamenti del sistema bancario ai creditori esteri: svalutazione e default in un colpo solo. E non è stato solo un problema di debito pubblico, le banche private crollano e i depositi vengono tutti trasferiti a Sberbank, statale.

    Gli effetti della crisi sul PIL russo tra il 1995 e il 2001: grafico 7[IMG]http://i57.tinypic.com/nwlhqu.png[/IMG]

    Con questo in mente passiamo all’ attualità:

    Oggi molti sostengono che la corrente crisi sia dovuta agli effetti delle sanzioni, combinati con il crollo dei prezzi del petrolio, che anche oggi sono una parte rilevante delle entrate statali in valuta pregiata: il bilancio russo 2014 dichiara entrate per 409 miliardi e spese per 419 miliardi, 10 miliardi di deficit ($), 0,4% del PIL. Stando a Forbes le esportazioni in petrolio e gas al prezzo del 2013 (111,76$) ammontavano a 662 miliardi (25% del PIL): con un prezzo di 55 siamo alla metà. Con le ovvie conseguenze sul deficit russo per il 2014.

    ma vediamo tutte le criticità

    1) un alto livello di debito estero in valuta estera: 448,8 miliardi, ovvero il 62,6% in US$, 76,5 miliardi (US$) ovvero il 10,7% in euro. 448,8 al cambio di 68,6 diventano 30.788 miliardi di rubli (al primo aprile, cambio 35.06 erano 15735 miliardi di rubli)
    2) Un alto livello di debito estero in valuta estera e in scadenza nei prossimi due anni grafico 8 [IMG]http://i62.tinypic.com/209q2qa.png[/IMG]
    un totale di 235 miliardi sono in scadenza 33,5% del totale
    3) un alto tasso di interessi che colpisce I titoli di nuova emissione a eventule sostituzione di quelli in scadenza
    4) un economia che è largamente dipendente dalle esportazioni in materie prime e altamente vulnerabile alle fluttazioni del prezzo (stando a uno studio di Katsuya Ito, Fukuoka University, un 1% in meno sul prezzo provoca uno 0,46% in meno sul PIL)
    5) Una diminuzione delle dimensioni dell’ economia russa come risultato di una recessione e di un incremento del debito a conseguenza del cambio sfavorevole: il rapporto debito PIL russo è probabile cresca considerevolmente
    6) un sostanziale aumento della quantità (M2) di moneta, con coseguenti possibili effetti sull’ inflazione (nel 2008, prima della grande recessione, circolavano 12689 miliardi di rubli. A dicembre 2014 30268 miliardi un’ aumento del 235% http://www.cbr.ru/eng/statistics/credit_statistics/MS.asp?Year=2007)

    concludendo: la crisi valutaria del 1998 e gli avvenimenti di questi giorni ci dimostrano che il mercato non è razionale (a meno di sposare la tesi di un attacco deliberato) : nel 1998 è stata una lettura errata di una analisi della banca centrale russa a iniziare la catena di eventi, nei giorni scorsi è stato il crollo del prezzo del petrolio: problema realmente serio in Russia, ma il prezzo è comunque, per il momento, 5 volte quello del 1998 (e le compagnie petrolifere russe guadagnano fino a quando il prezzo rimane superiore ai 30$): criticità che da sola non basta a giustificare I timori di default e la svendita di rubli. Inoltre le interconnessioni tra l’ economia russa e quella mondiale sono da valutare: quando una parte del mondo soffre, la sofferenza ha la tendenza a diffondersi. Nel caso specifico, in caso di peggioramento della situazione russa, I paesi creditori soffrirebbero a loro volta: solo le banche Italiane sono esposte per 26 miliardi di euro.
    Ci dimostra inoltre che la continua immissione di moneta nel sistema, non risolve I problemi, ne crea dei nuovi, e non è certo indice di una economia sana e di una situazione stabile.

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