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  • Questo topic ha 1 risposta, 2 partecipanti ed è stato aggiornato l'ultima volta 8 anni, 11 mesi fa da Anonimo.
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    Anonimo
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    Cronaca di un morte annunciata: URSS 1922-1991

    8 maggio 1945: la seconda guerra mondiale in Europa è ufficialmente finita (per alcuni giorni in Ungheria si continuerà a combattere). Il continente si ritrova diviso in due blocchi contrapposti che ancora prima della sua conclusione in Asia pensavano a come concludere la partita: una settimana dopo la resa tedesca, gli inglesi iniziano lo studio del piano “impensabile”, invasione immediata dell’ URSS, da attuarsi il 1 luglio 1945 (abbandonato solo perché non ritenevano di poter arrivare più in la dei tedeschi), e i sovietici uno analogo abbandonato dopo Hiroshima. 4 anni prima, all’ inizio delle invasione tedesca, nessun esperto occidentale dava all’ Unione Sovietica più di tre mesi di vita (vedi ad esempio Patton). La vittoria pero’ non era stata a buon mercato: tra i 23 e i 26 milioni di morti (164 su 1000 in rapporto alla popolazione, per dare un termine di paragone la Germania circa 100 su 1000, l’ Italia 10 su 1000), 1300 città, 26000 villaggi, 70000 fabbriche rase al suolo , milioni invalidi e di senzatetto (ancora nel 1960, nelle ex zone occupate, gli appartamenti in coabitazione nelle città e le baracche nelle campagne erano comuni), l’ equivalente di oltre 6000 miliardi di dollari attuali in danni. Dopo la fine della Grande Guerra Patriottica inizia la ricostruzione e per il 1950 l’ economia è tornata ai livelli pre-guerra. Fino agli anni ’70 rivaleggiava grosso modo alla pari con l’ altra super potenza, arrivando per prima in orbita e sulla luna con qualche mese di ritardo, e producendo 20 volte più carri armati. Nel 1992 non esisteva più. Ma che cos’ era l’ URSS? un impero (impero qui inteso come stato che controlla o influenza direttamente o indirettamente altri stati, senza connotazioni positive o negative). Un impero industrializzato alla ricerca di progresso tecnologico, crescita economica e sociale: avevano solo un’ idea diversa sul come arrivarci. Tra le spiegazioni del collasso le più gettonate sono: l’ inefficienza del sistema e la sua difficoltà a reggere la concorrenza del mercato, il calo della produttività, l’ idea che per rispondere alla corsa agli armamenti iniziata da Reagan, l’ URSS abbia aumentato troppo le proprie spese militari, provocando di conseguenza la distruzione dell’ economia e la crisi conseguente, e altre. Per ragioni di spazio vedremo, in breve, solo la teoria corsa agli armamenti. Niente di più fantasioso. L’ economia sovietica si basava su piani quinquennali, e ne nell’ 11simo piano quinquennale (1981,iniziato prima dell’ elezione di Regan e mai modificato), ne nel 12simo (e ultimo, 1986), c’è alcuna traccia di aumento di spese militari. Non c’è nessuna prova, ne documentale, ne fisica, di un aumento di spese militari almeno fino al 1988: ci sarebbe comunque voluto più tempo, non due soli anni, per vederne gli effetti. Non solo, le scelte del politburo venivano accompagnate da offensive propagandistiche sulla stampa. Invece, le parole ricorrenti sono glasnost (apertura), e uskoreniye (sviluppo), a cui in seguito si aggiunge perestroijka (ricostruzione).Non un solo accenno a uno sforzo straordinario per preparare la difesa della madre patria dall’ imperialismo americano. Dobbiamo quindi cercare la risposta da un altra parte.
    La storia del collasso dell’ URSS potrebbe essere intitolata storia di grano e petrolio (e in seguito storia del debito).
    Per quanto riguarda il grano il punto di non ritorno che ha deciso il destino dell’ URSS coincide con i suoi albori: nel 1928-29 le discussioni interne vertono sul modello di sviluppo da seguire. All’ epoca il capo del governo(Rykov) e il capo ideologo del PCUS (Bukharin) propongono di mantenere l’ agricoltura e il mercato liberi e privati, con lo stato che si limita a garantire la stabilità finanziaria, il tutto comunque sotto controllo politico da parte del partito (questa idea verrà riabilitata e inserita nella 3° e ultima costituzione dell’ URSS, approvata nel 1977): un idea del tutto simile al percorso cinese alla fine degli anni 70. Prevale pero’ la linea di Stalin (anche in conseguenza della guerra russo-polacca del 1919-21), di trasformare l’ URSS da nazione agricola a industriale, espropriando e collettivizzando i terreni: la sostanza è ben rappresentata da un dialogo, probabilmente autentico,: Bukharin “in una nazione contadina estirpare il grano con la forza non è possibile senza provocare una guerra civile” Stalin “ Lo faremo comunque”. Il risultato di una disastrosa politica agricola portata avanti fino all’ inizio degli anni 50 è stato il più rapido calo della produttività sperimentato nel ventesimo secolo. E’ interessante notare come una scelta, senza la quale la sopravvivenza all’ invasione tedesca del 1941 non sarebbe stata possibile, contiene i semi della successiva rovina. Il problema è riassunto in una lettera spedita da Nikita Khrushchev ai suoi colleghi alla guida del PCUS “negli ultimi 15 anni la produzione di grano è rimasta stabile ma la popolazione delle nostre città è aumentata: come facciamo a risolvere il problema?” la discussione all’ interno del politburo si focalizza su due possibili soluzioni: la prima un tentativo di migliorare aumentare la superficie coltivata anche al di fuori della fascia di terreno fertile del sud. L’ altra di utilizzare la pianificazione socialista, grandi progetti e concentrazione di risorse. Ovviamente c’ erano forti contrasti su quale delle due strategie avrebbe comportato i più significativi effetti a lungo termine. Ma queste considerazioni vennero ignorate e, tatticamente, la scelta di ampliare la superficie coltivata diede nell’ immediato buoni risultati. Tra il 1950 e il 1960 la produzione di grano crebbe significativamente. La popolazione urbana pero’ ancora più in fretta e nel 1963 l’ inadeguatezza della situazione appare drammaticamente evidente: quell’ anno Khrushchev informa i governi dei paesi satellite che l’ URSS non avrebbe più fornito grano e lo stato acquista (sacrificando un terzo delle proprie riserve auree) 12 milioni di tonnellate di grano: l’ URSS, che fino alla prima guerra mondiale era il primo esportatore diventa il primo importatore. Quale sistema politico puo’ funzionare all’ infinito in uno stato in cui la produzione agricola è stabile tra il 1960 e il 1980 con la popolazione urbana che aumenta di 80 milioni di persone? E lo stesso Khrushchev lo sa bene “un tale salasso non è tollerabile se la potenza sovietica vuole durare”. Mikhail Gorbachev lo dice apertamente a una riunione del Partito: “stiamo comprando grano perché non possiamo sopravvivere senza”. A differenza di altre nazioni, per dirla con Nikolai Ryzhkov , portavoce del consiglio dei ministri dell’ URSS “nessuno vuole le nostre macchine per quello esportiamo materie prime”.
    Comincia così la storia del petrolio: in aiuto dell’ URSS interviene un colpo di fortuna: nello stesso momento in cui cominciano ad esserci seri problemi con le importazioni di grano, nuovi importanti giacimenti vengono scoperti in Siberia, che già nel 1970 era considerata una regione ricca di petrolio per gli standard internazionali: nei successivi 20 anni la produzione da questa regione aumenterà di 20 volte. E anche qui c’è una lunga discussione interna su che uso fare di questa ricchezza. Gli esperti del settore petrolifero avvertono governo e partito che difficilmente la produzione sarebbe aumentata abbastanza velocemente senza ritrovarsi con seri problemi in un secondo tempo. Il primo ministro Kosygin risponde di non avere scelta: anzi testuale “è indispensabile la produzione di tre milioni di tonnellate oltre il programmato: la situazione del pane è critica”.
    A partire dal 1975 l’ URSS comincia ad avere seri problemi con la produzione di nuovi pozzi: sempre maggiori investimenti sono necessari per mantenere la produzione stabile
    Ancora una volta il destino viene in soccorso: i prezzi del periodo sono molto alti.
    Imperi costruiti su risorse relativamente affidabili non sono un’ esclusiva sovietica: il percorso è del tutto simile a quello dell’ impero spagnolo, nel XVI e XVII secolo, dipendente nella stessa misura da oro e argento: e come la Spagna, senza perdere una sola battaglia in 50 anni, ha perso tutti i suoi territori al di la dei Pirenei, alla stessa maniera l’ URSS, senza perdere una sola battaglia, nel 1989 perde il controllo sull’ Europa orientale e sul patto di Varsavia.
    Nel 1970, primi anni 80, la leadership sovietica non era preparata ad assimilare la lezione spagnola. Era invece del tutto consapevole della possibilità e della necessità di manipolare i mercati per tenere i prezzi alti. I documenti ufficiali dimostrano i contatti tra Comitato per la sicurezza dello Stato (KGB) e i terroristi arabi, a cui veniva fornita assistenza in ambio di attacchi ai pozzi. Infine una parte significativa delle entrate aggiuntive vennero impiegate per invadere l’ Afghanistan. L’ invasione cambia completamente gli equilibri in medio oriente: l’ Arabia Saudita comincia a chiedersi se non sia solo la prima mossa per allungare le mani sui suoi giacimenti. La parola fine alla storia del petrolio puo’ essere messa il 13 settembre 1985: quel giorno Ahmed Zaki Yamani, ministro del petrolio saudita, annuncia un cambio radicale nella politica petrolifera: l’ Arabia avrebbe smesso di proteggere il prezzo e avrebbe aumentato (nei fatti quadruplicato) la propria produzione: in 6 mesi il prezzo del petrolio crolla e l’ URSS perde 20 miliardi di dollari di entrate l’ anno, denaro senza il quale non puo’ sopravvivere. Il PCUS si ritrova con tre strade possibili: 1) abbandonare il patto di Varsavia e cominciare a chiedere il pagamento delle forniture in valuta pregiata dagli ex-satellite: in pratica abbandonare l’ impero costruito con la vittoria nella seconda guerra mondiale: nei fatti è stata ufficialmente proposta dall’ allora segretario generale, che ha rischiato di essere immediatamente silurato. 2) ridurre le importazioni di grano di 20 miliardi di dollari annui. In questo caso pero’ si sarebbe dovuto introdurre il razionamento come nei periodi di guerra: per il PCUS l’ URSS non sarebbe durata un mese. Questa possibilità non ci sono prove sia mai stata seriamente considerata 3) tagliare radicalmente il complesso industriale e militare. Questa possibilità pero’ avrebbe comportato significativi contrasti con le autorità regionali, se non aperte rivolte, dal momento che l’ economia di molte regioni dipendeva esclusivamente dall’ industria militare. Anche questa opzione non è mai stata presa seriamente in considerazione. Incapace di mettere in pratica alcune delle opzioni di cui sopra, il governo sovietico scelse di ignorare il problema, sperando che si risolvesse da solo in qualche maniera. Invece di fare riforme reali incomincia a prendere in prestito, quando il suo credito internazionale era elevato, somme sempre più consistenti.
    A partire dal 1989 la nostra storia diventa una storia della ricerca di prestiti: si prova a creare un consorzio di 300 istituti ma solo 5 effettivamente accettano e il prestito è 20 volte inferiore al necessario. Infine la Deutsche Bank consiglia l’ URSS di rivolgersi ai vari governi occidentali perché i fondi, che non potevano arrivare da partner commerciali potevano arrivare, per scelta politica, dai governi: nel 1985 l’ idea che l’ URSS fosse costretta a elemosinare prestiti dall’ occidente capitalista sembrava assurda, nel 1989 una realtà e Gorbachev si ritrova ad aver bisogno di almeno 100 miliardi di dollari.
    Il crollo: quando si tiene presente la situazione, il crollo dell’ URSS è molto meglio comprensibile: i fondi occidentali sono condizionati: ad esempio se l’ esercito sovietico interviene in Cecoslovacchia per fermare la “rivoluzione di velluto” il rubinetto dei fondi si chiude e i 100 miliardi di dollari ritenuti indispensabili svaniscono.
    L’ unica opzione rimanente è quella di iniziare immediate trattative per stabilire le condizioni della resa. Bush e Gorbaciov si incontrano a Malta il 3 dicembre 1989: sei settimane dopo nessun regime comunista rimane in Europa all’ infuori dell’ URSS. Quando quest’ ultima ricorre alla forza negli stati baltici, nel gennaio del 1991, la risposta occidentale è chiara: “fate quello che volete, è il vostro paese, ma scordatevi prestiti.” Quali sono le possibilità rimanenti a Gorbaciov? Non puo’ smantellare l’ impero, l’ opposizione interna è ancora troppo forte. Allo stesso tempo non puo impedirne la dissoluzione senza ricorrere alla forza. Ma se usa la forza lo stato non puo’ più ricevere i fondi necessari per sopravvivere. Intanto in URSS cominciano a scarseggiare le forniture di cibo: stando al sindaco di Mosca nel marzo del 1991 “se non arriva grano per giugno siamo alla fame….Mosca non ha mai vissuto un momento peggiore nella sua lunga storia, nemmeno negli anni più affamati” Emblematico è il colpo di stato tentato dal Comitato per lo stato di emergenza (GKChP) nell’ agosto del 1991: Anche trovando una divisione per disperdere le manifestazioni contro il colpo di stato, il grano sarebbe apparso? Dove trovare il cibo necessario per le grandi città? L’ occidente avrebbe ancora fornito credito? In tre giorni, la causa dei golpisti e quella dello stato sovietico sono perdute: uno stato che non controlla i propri confini, o le proprie forze armate, e che non ha entrate semplicemente non esiste. Tra aprile e settembre le varie repubbliche dichiarano la propria indipendenza. A Novembre 1991 l’ URSS “non ha più un copeco (centesimo) in cassa” (da una lettera della Vneshekonombank, banca statale responsabile dello sviluppo). Il 26 dicembre 1991 ufficialmente viene sciolta.

    mancano le immagini: non ho capito come inserirle: le metto in fondo cosi come le fonti segnalando in quale punto vanno messe per me

    #12817
    Anonimo
    Inattivo

    prova bis


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