Europa

...questo articolo è di Gianluca Ricozzi.

Tutti sappiamo che l’Italia sia membro dell’Unione Europea, lo è sin dagli anni cinquanta, anche se all’epoca si chiamava

Comunità Economica Europea, poi divenuta Comunità Europea, infine Unione Europea, anche se per un certo periodo hanno convissuto Comunità ed Unione. Per questo motivo, per decenni, il diritto che promanava dalle istituzione europee era chiamato diritto comunitario, in riferimento alla CEE e alla CE. Anche alla CECA, in realtà, sebbene meno nota. Ancora oggi esso è spesso chiamato così, ma la definizione ufficiale è Diritto dell’Unione Europea, da alcuni chiamato anche diritto eurounitario.

Quindi l’Unione Europea ha un proprio ordinamento, distinto dall’ordinamento giuridico dello Stato membro.

Vi risparmio tutta l’evoluzione storica dei rapporti tra ordinamento comunitario e ordinamento italiano, il dibattito tra Corte di Giustizia e corti costituzionali (soprattutto italiana e tedesca), per parlare invece dell’attualità.

Come si forma, funziona, incide sulle nostre vite il diritto dell’Unione Europea?
Dopo il Trattato di Lisbona la procedura legislativa ordinaria è quella di codecisione, che attribuisce al Parlamento un ruolo quasi simile a quello di un parlamento nazionale. Infatti nell’Unione Europea il potere legislativo è esercitato dal Consiglio e dal Parlamento, il primo composto dai rappresentanti dei governi, il secondo eletto direttamente dai cittadini europei.

Esistono procedure il cui il ruolo del parlamento è molto limitato, attribuendo una prevalenza al Consiglio, ma oggi la maggior parte degli atti normativi sono approvati con procedura di codecisione, quindi con una partecipazione attiva dell’organo democratico.

In pratica, in questa procedura, il Parlamento e il Consiglio devono trovare un accordo su un testo normativo comune, perché questo possa essere adottato. Questo vuol dire che il Parlamento non solo può presentare emendamenti al progetto, che viene presentato sempre dalla Commissione, ma può anche decidere di respingerlo.

Una procedura simile è quella di parere conforme, in cui il Parlamento deve esprimere un parere vincolante, che non può essere ignorato dal Consiglio, il quale, se non intende seguirlo, non può approvare l’atto. Il Parlamento può anche dare un parere negativo, che in pratica costituisce un vero e proprio diritto di veto.

Le altre due procedure sono la cooperazione e la consultazione, in cui il parlamento non ha poteri vincolanti veri e propri, esprime dei pareri, che possono essere ignorati dal Consiglio, ma solo all’unanimità o a maggioranza qualificata.

Come si può notare il cosiddetto deficit democratico, nell’Unione Europea, è stato in gran parte colmato dal Trattato di Lisbona, anche se ancora permane. Tuttavia, gran parte della retorica politica sul tema è chiaramente infondata, visto che al Parlamento Europeo sono oggi garantiti poteri molto penetranti nel processo legislativo. Certamente si dovrà arrivare a trasformarlo in un parlamento del tutto simile a quello nazionale, ma la strada è tracciata.

A parte questo, va anche precisato che il Consiglio non è un organo burocratico, come spesso erroneamente indicato dai detrattori, ma è composto dai rappresentanti dei governi degli Stati membri, che sono tutti nominati o eletti con procedure democratiche.

Quindi, anche se non è un organo elettivo, non è un organo sprovvisto di responsabilità politica di fronte ai cittadini.

Ora vediamo quali sono i principali atti normativi dell’unione.

Innanzitutto ci sono le fonti primarie, che sono i Trattati e la Carta dei diritti, che nel loro insieme costituiscono una vera e propria costituzione europea.

Per cui si potrebbe parlare di un diritto costituzionale dell’unione, in relazione a queste norme.

Tuttavia esso è molto più efficace del diritto costituzionale nazionale, in quanto è di diretta applicabilità in tutta la sua interezza, non solo agli Stati, ma anche ai cittadini, mentre sappiamo che il diritto costituzionale nazionale solo in alcuni casi è applicabile direttamente ai cittadini. Quando dico direttamente applicabile intendo dire che il cittadino può chiedere a un tribunale di adottare una decisione conforme a tali norme, non deve aspettare l’intervento di una corte costituzionale, ma qualunque giudice può applicarle al caso concreto. E non è finita. Il giudice nazionale deve disapplicare le disposizioni del proprio diritto nazionale che siano incompatibili con il diritto dei trattati e della carta dei diritti. Quindi, se uno Stato membro approva una legge contraria a tale diritto qualunque cittadino potrebbe chiederne la disapplicazione nel corso di un giudizio avanti a un tribunale nazionale del medesimo Stato. Se il giudice nazionale è incerto sull’interpretazione del diritto eu, deve rimettere la questione alla corte di Giustizia, perché gli è precluso interpretare le disposizioni di diritto europeo. Questa procedura si chiama rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia. Attenzione, perché anche le sentenze della corte, rese in sede di rinvio pregiudiziale, sono diritto applicabile, quindi non solo il giudice che ne ha richiesto l’intervento, ma tutti i giudici futuri saranno vincolati al rispetto del principio di diritto enunciato dalla Corte. E quindi le leggi e le altre disposizioni dello stato membro dovranno essere disapplicate da qualunque tribunale, se risultassero incompatibili con tale sentenza. Per questo si dice che il diritto dell’unione prevale sul diritto interno: in caso di contrasto il secondo perde sempre.

Quanto scritto sulla diretta applicabilità vale anche per i regolamenti, che in pratica sono perfettamente identici alle nostre leggi. Attenzione, però, perché i regolamenti prevalgono sulle leggi nazionali, anche quelle che siano state emanate successivamente al regolamento. Quindi allo Stato membro è precluso sia adottare norma di attuazione del regolamento, sia modificarlo, sia abrogarlo. In caso di contrasto tra una disposizione di diritto nazionale e un regolamento il giudice nazionale deve disapplicare la norma di diritto nazionale e applicare il regolamento europeo. Anche qua si può richiedere il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, con gli stessi effetti.

Poi ci sono le direttiva, che sono invece atti obbligatori esclusivamente per gli stati membri: esse stabiliscono degli obiettivi che devono essere perseguiti, lasciando allo stato membro la decisione sul come esso debba essere fatto.

Le decisioni, infine, sono atti, direttamente applicabili come i regolamenti, ma indirizzati a uno o più stati specifici o individui particolari. Per cui non si tratta di atti normativi a contenuto generale, ma sono assimilabili a un provvedimento amministrativo.

Come si vede, per chi magari ha studiato qualcosa al riguardo, il diritto dell’unione, pur essendo codificato, ha preso molte caratteristiche della Common Law, promuovendo quindi una sorta di avvicinamento tra questo sistema e quello di Civil Law, che caratterizza o paesi continentali, come il nostro. Vedremo in futuro a cosa porterà.

Una cosa molto interessante, per chiudere, è che il singolo cittadino può richiedere un risarcimento allo Stato membro, quando questi non abbia attuato il diritto dell’unione e da tale mancanza sia derivato il mancato esercizio di taluni diritti che al cittadino sarebbero stati da questo riconosciuti.

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