Ennesimo recap

Altro giorno, altro giro.

Quest’oggi ci sono alcuni eventi  di una certa rilevanza che ho deciso di commentare qui.

 

Il primo e più rilevante è quello relativo alla sostituzione di Corradino Mineo all’interno della commissione affari costituzionali del senato.

Vediamo di capire di che si tratta e perché viene fatta questa sostituzione.

Le commissioni sono piccoli organismi (rappresentanti della composizione della camera di cui sono emanazione, quindi nello specifico del Senato) in cui i disegni di legge vengono discussi, valutati e votati prima ancora d’arrivare in aula.

Per questa ragione una legge per diventare tale deve passare immutata non solo il voto delle due camere ma anche quello delle commissioni, che possono incidere non poco sui tempi e le calendarizzazioni dei disegni di legge (e che si occupano anche di fornire le relazioni, di maggioranza ed eventualmente di minoranza, in cui si riassume il disegno di legge in oggetto).

Dov’è il problema ? Il problema è dovuto alla centralità, per le riforme che si vogliono fare, delle commissioni affari costituzionali (due, una alla Camera e l’altra al Senato).

Queste commissioni sono quelle che devono valutare la riforma costituzionale e la legge elettorale, i due punti cardine di questa legislazione. Da esse dipende quindi la durata e l’efficacia dell’intera legislatura… e purtroppo per tutti in queste commissioni spesso si consumano giochi di potere ben più sporchi di quelli che si vedono nelle aule del Parlamento, anche perché le sedute del Parlamento sono pubbliche e spesso riprese e trasmesse in TV mentre le riuinioni delle commissioni sono molto meno “pubblicizzate”.

Perché sono così importanti ? Perché nelle commissioni c’è solo una rappresentanza dei parlamentari, e questi rappresentanti, in forza del loro ruolo in commissione si trovano ad avere molta più forza di quella che avrebbero in aula. I regolamenti stabiliscono che in ogni commissione c’è un rappresentante per ogni 13 parlamentari iscritti ad un gruppo.

Essendoci molte commissioni (ognuna con un suo peso ed un suo ruolo) i singoli parlamentari di un gruppo sono assegnati “strategicamente” dal capogruppo in modo da rappresentare i gruppi in questi organismi.

…solo che non sempre tutto va come dovrebbe.

 

Nella commissione affari costituzionali alla Camera non ci sono grossi problemi, questo perché l’attuale maggioranza è meglio rappresentata ed in genere meno incline ai personalismi, il problema è invece presente al Senato dove, oltre all’opposizione (legittima) degli esponenti della minoranza ci si trovava quotidianamente ad avere a che fare con tre persone che hanno approfittato del loro ruolo per giocare ai piccoli guastatori.

Queste persone sono l’ex ministro Mauro ed i due senatori Chiti e Mineo. Non mi dilungo su cosa hanno fatto e quando l’hanno fatto, basta cercare un po’ (o esercitare la memoria) per trovare queste informazioni, il punto è che semplicemente questi tre hanno insabbiato le proposte di riforma (che, dal canto loro, hanno già iter abbastanza farraginosi) sulla base delle loro convinzioni.

Chiti a quanto pare l’ha fatto sulla base dei suoi convincimenti e della sua appartenenza (di partito e di corrente) mentre Mineo sembra più che altro interessato ad opporsi per una questione di protagonismo (cosa che, già precedentemente, l’ha già messo in rotta col resto del PD… vedasi le competenze delle province con la sua assenza “strategica” come forma di protesta). La cosa comunque in questo ambito non c’interessa in questi termini.

Quello che ci interessa è che a poco a poco si è convenuto sulla necessità di facilitare l’iter delle riforme e così Casini ha sostituito Mauro ed il PD ha sostituito Chiti prima e successivamente Mineo.

 

Renzi, che da segretario può essere definito “mandante” di queste sostituzioni (anche se sono state discusse, decise e votate dal PD) ha detto, senza troppi giri di parole, che non deve esistere il diritto di veto sulle norme e la senatrice Finocchiaro (che quella commissione la presiede pure) gli ha fatto eco dicendo chiaro e tondo che in commissione i rapporti di forza sono tali che un singolo voto fa la differenza, cosa che rende l’ostruzionismo di Mineo decisivo e che nei fatti blocca quei DDL che il PD definisce prioritari.

A riprova che il ragionamento fila almeno all’interno del PD il fatto che il voto per la sostituzione (a Mineo subentra Zanda, già capogruppo al Senato) è passato a larga maggioranza con il sostegno di renziani, lettiani, giovani turchi e bersaniani… gli unici ad opporsi a quanto pare sono stati i rappresentanti dei civatiani.

 

I grillini in queste ore si sono scatenati: dopo aver epurato un quarto del loro stesso gruppo senatoriale (all’ultimo conteggio risulta che di 54 senatori  M5S oggi ne rimangono 40, e nonostante questo all’interno permangono pericolose spaccature… tant’è che solo 29 di essi hanno votato per la decadenza degli ex) oggi scoprono, per una mera questione di convenienza, la democrazia interna ai partiti (degli altri) e quindi piangono per l’epurazione, chiedono al “coraggioso” Mineo d’andare avanti, si profondono in appelli e plausi, attaccano Renzi accusandolo d’usare meccanismi fascisti e tacciano il PD d’aver adottato una linea affine a quella del PNF in cui (cito) “chi non è d’accordo col capo viene fatto sparire”.

Nella pratica non risulta né che Mineo sia stato espulso (e qualche motivo per esserlo ce l’avrebbe pure, tipo il fatto che si rifiuta di pagare la quota d’iscrizione al PD sulla base di “da direttore di RaiNews avevo uno stipendio migliore”) né che il Movimento 5 Stelle abbia mai avuto particolarmente in simpatia l’ex direttore di RaiNews (se non quando questi rilasciava interviste in cui annunciava la sua ferma opposizione all’Italicum) e non risulta neppure che il M5S sia disposto ad accogliere il “dissidente” qualora questi decida di lasciare i democratici motu proprio.

Quel che risulta invece è che a fare casino in unità d’intenti, al solito, sono i civatiani che vedono scomparire, con l’allontanamento di Chiti e Mineo, l’ultima possibilità per far deragliare l’attuale legislatura ed il governo del PD, già premiato (per il piglio decisionista, secondo me) alle urne con un ben più che lusinghiero 41%.

E qui si chiude il discorso su azioni e reazioni e si apre quello sulla politica, e sulle correnti del PD: che vogliono fare i civatiani da grandi ? Che vuole fare da grande Civati ? Capisco bene che in questo momento è difficile rappresentare l’opposizione all’interno del PD, specie quando tutti, in un modo o nell’altro sono costretti ad ammettere che Renzi ha sbancato alle urne… ma se c’è qualcosa da aspettarsi da un opposizione interna è che questa agisca costruttivamente e per un fine che sia più alto dell’azzoppare il governo di cui fa parte, e non che agisca da guastatore o in difesa di chi punta solo a minare leggi, risoluzioni ed accordi che il PD ha preso collegialmente e democraticamente.

Va bene, ci sta che Mineo abbia le sue posizioni, che si opponga personalmente ed anche che voti contro le riforme che non condivide… ma che lo faccia in aula, anche per una questione di democrazia… che approfitti della sua “fortuita” posizione in commissione per sabotare il suo partito non è tollerabile, ed ancora meno lo è che pezzi del PD desiderosi di silurarsi da soli gli vadano dietro e lo difendano anche quando è vistosamente indifendibile… e tutto questo per il solo fine d’indebolire un segretario che ritengono “scomodo”.

Aggiungo, in coda, questo comunicato di Francesco Russo, membro della stessa commissione ed anche lui del Partito Democratico:

 

Il secondo è relativo al voto di ieri sulla responsabilità civile dei giudici: c’è stato un voto alla Camera ed il governo ha “perso”, nel senso che grazie all’assenza di alcuni, l’astensione di altri ed i franchi tiratori è passato un emendamento dell’opposizione.

Stando alla maggioranza la norma verrà corretta al senato: quel che conta è altro… ma vediamo tutto con ordine.

Sulla responsabilità civile dei giudici ad astenersi sono stati SEL e Movimento 5 Stelle, a favore Lega Nord (che ha presentato l’emendamento), NCD e FI mentre fra chi ha votato a favore pur essendo del PD c’era Giachetti (che però l’ha annunciato prima, nonostante il voto fosse segreto).

Di chi è a favore e di chi è contro frega poco, alla fine frega poco anche di Giachetti che al suo voto c’è arrivato sulla base delle sue considerazioni ed in piena libertà… quello che importa non è neppure il voto dei franchi tiratori (che ci sono, sempre) ma piuttosto il non-voto degli astenuti.

La prima considerazione è legata al Movimento 5 Stelle che si dichiara da sempre fieramente contrario alla responsabilità civile dei giudici perché parte del piano della P2 (sarebbe anche una norma civile, presente in mezz’Europa e che l’UE c’ha chiesto d’implementare seriamente, ma queste per i grillini sono bazzecole) e perché (non del tutto a torto) il rischio è che i magistrati smettano di fare inchieste “pesanti” per evitare eventuali cause di risarcimento.

Di questo e di altro ne parlerò nel pezzo (che continua a slittare) sulla giustizia, il punto è che, essendo questa la posizione ufficiale non si capisce perché i grillini non abbiano votato contro, come sarebbe stato lecito aspettarsi.

A spiegarcelo sono un paio di messaggi, questi (inclusi gli errori):

Fraccaro:

Ci siamo astenuti sull’emendamento per non colpire i magistrati e per non prestare soccorso al Governo: così abbiamo stanato i franchi tiratori del Pd e il provvedimento dovrà tornare in Senato per essere modificato.

Sarti:

Non facciamo la stampella della maggioranza, la maggioranza ha detto che avrebbe votato contro l’emendamento e noi volevamo vedere se l’avrebbero fatto davvero. Noi comunque restiamo contro questa misura e infatti al Senato voteremo di coseguenza, voto palese o segreto che sia.

Buccarella:

Le manovre delle larghe intese non possono essere avallate dal segreto dell’urna e specialmente su un tema così importante quale è la responsabilità civile dei magistrati. I nostri colleghi alla Camera hanno svelato con intelligenza la spaccatura interna del Pd con la loro astensione, al Senato voteremo in maniera compatta contro questo emendamento.

 

Ecco, chiaro ?

“Siamo contro”, “ci fa schifo” ma ci asteniamo per fare i dispettucci e far fare la figura di caccapupù (che poi non ci sono manco riusciti) al PD, tanto poi si corregge tutto al Senato.

Visto che il Senato serve ? Ripetete con me : “il Senato è necessario quando in parlamento hai un gruppo parlamentare che anziché collaborare per fare le leggi passa il tempo a fare guerriglia politica per poi spammare fesserie su internet”.

Sì perché è evidente che se non ci fosse il giochetto camera-senato i parlamentari del M5S avrebbero dovuto votare responsabilmente (o prendersene la responsabilità), mentre così nella melassa del bicameralismo possono tranquillamente incasinare tutto e fare “gli scherzoni”.

Capito perché è meglio abolire il bicameralismo.

Altro capitolo dello stesso libro SEL. Posizione non del tutto chiara, l’astensione. Perché ?

Il dubbio (abbastanza lecito) è che SEL si sia astenuta per rimarcare la distanza dal Partito Democratico (e dalla maggioranza di governo) senza però voler favorire la norma. Un partito “ultra garantista” sarebbe stato a favore… ma l’astensione ?

L’idea è che SEL non sappia cosa vuol fare, né correre in aiuto del PD né andare per una sua strada… e se anche sono sicuro che una motivazione ufficiale per quest’astensione non sono altrettanto sicuro che dietro a tale motivazione ci sia una vera posizione ufficiale, solo un voler marcare le differenze senza doversi sbilanciare… che poi in politica ha un nome preciso : nanismo. SEL deve crescere e decidere che fare “da grande”, altrimenti verrà distrutto e mangiato dalle mille correnti della sinistra massimalista brava solo a marcare differenze e difendere il proprio giardino.

 

A seguire si conclude oggi l’ennesima sceneggiata del M5S (di cui parlerò in un apposito articolo domani), quella in cui il partito “né di destra né di sinistra” ha mandato a quel paese tutti i gruppi europei in modo da poter meglio corteggiare Farage.

Dopo una lunga serie di articoli sul blog di Grillo in cui si ricostruiva in modo quantomeno comico il passato di un nuclearista convinto, amico delle lobby economiche, ex-broker ed anche xenofobo alla fine Grillo s’è trovato davanti al più grosso dei problemi : convincere “la rete” a votarlo. A peggiorare le cose l’aggiunta che probabilmente Farage non riuscirà a formare un gruppo autonomo perché, semplicemente, non ci sono abbastanza europarlamentari per costituire un gruppo riconosciuto, e questo costringe il Movimento a cercare anche “oltre”.

Visto che coi verdi Grillo non vuole averci a che fare, che Le Pen e Salvini non vogliono avere a che fare con lui e considerando che PPE e PSE sono riconducibili a NCD e PD e quindi off-limits s’è provato a tirare in ballo il gruppo centrista euroentusiasta dell’ALDE giusto per far numero (per far credere che ci fosse un’alternativa), che però ha fatto un comunicato a giro di posta in cui dice che nulla ha a che spartire (e nulla vuole spartire) con Grillo.

Per questo l’unico altro partito ancora su piazza rimane l’ECR, il partito dei conservatori moderatamente euroscettico di Cameron… ed eccoci ad oggi.

Si sta votando: fino alle 19 sarà possibile votare per decidere con chi il M5S si schiererà… le alternative sono tre: EFD (Farage & co), ECR (Cameron & co) e “stiamo per conto nostro”.

Nella pratica “zuppa o pan bagnato, e se finisse la zuppa in sostituzione ci sarà pan bagnato”, sì perché alla fine dopo questo carosello a decidere sarà Grillo sulla base di con chi riesce a tirare l’accordo (e se Farage rimarrà fuori dai giochi è facile che toccherà andare con l’ECR, che fra i suoi eurodeputati potrebbe raccogliere anche diversi pezzi di Forza Italia).

Tragico veramente che il partito “né di desta né di sinistra” alla fine della fiera si trovi a dover scegliere fra due partiti ambedue conservatori, seppure con diverse sfumature… ed ancor più tragico il fatto che nella pratica nulla ha potuto la rete davanti alle continue azioni tese ad allontanare i verdi per cui alla fine il voto online tanto celebrato (anche dai media) si rivela essere solo una specie di grazioso orpello a decisioni e posizioni già prese altrove da Grillo e da Casaleggio junior.

Ovviamente molti grillini non sono granché entusiasti della cosa ma tuttosommato se fino ad ora hanno creduto alle sparate di Grillo se lo meritano pure, e chissà che magari alla fine non gli faccia pure piacere vedere i loro “giovani meravigliosi” seduti spalla a spalla con Daniela Santanché.

 

Ultima notizia di un certo valore è che Orsoni è stato “scarcerato”, il giudice delle indagini preliminari (GIP) ha revocato le misure cautelari (i domiciliari).

Stando a quello che s’apprende (Orsoni ha fatto una conferenza stampa qualche ora fa) il sindaco ha patteggiato una condanna minore (tre mesi ed un risarcimento) per il fatto materiale d’aver ricevuto denaro di provenienza illecita per la campagna elettorale, ma rivendica di non sapere dell’origine di quei fondi e di non aver tenuto nulla per sé.

Per questo, a parere del magistrato, non esiste più il pericolo di fuga o inquinamento delle prove ed il sindaco può tornare in libertà (ed a ricoprire il suo ruolo di sindaco, che ha deciso di mantenere) pur restando indagato per gli altri reati che gli vengono contestati.

 

Di più in seguito, per ora questo è quanto.

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