+297 =251 -35

E’ un titolo enigmatico? Vero.

E allora spieghiamolo subito: il segno + sta per vittorie, = sta per pareggi, – per sconfitte. E’ il record straordinario di Don (come lo chiamo io) José Raul Capablanca y Graupera, uno dei più grandi giocatori di scacchi di tutti i tempi. Uno dice/domanda “eh, in chissà quanto tempo”. Rispondo “quello è il conto delle partite ufficiali: se consideriamo solo i tornei, le partite col segno meno (-) scendono a 26 su 485*. In 28 anni“. Meno di una ogni anno.

*(Ci sono fonti contrastanti, ma sostanzialmente i numeri son quelli).

Capa fu campione del mondo dal 1921 (quando sconfisse l’immarcescibile Lasker, amico di Einstein. Capa non perse nemmeno una partita) sino al 1927. Fu sconfitto dal russo Alekhine (un altro ottimo campione) che – tra una pretesa e l’altra – non gli concesse mai la ‘dovuta’ rivincita.

Oltre che essere uno dei più grandi e leggendari campioni di scacchi della storia, Don Josè fu una persona sui generis: voglio dire, pur essendo ‘ossessionato’, sin da piccolo, dalle 64 case della scacchiera, non ‘nacque e diventò’ un gigante del gioco. Certo, vi sono un sacco di racconti – spesso non verificati e romanzati – sulle sue attitudini, ma teoricamente il suo futuro di ragazzo prodigio sarebbe dovuto esser altro, ovvero ingegnere chimico. E/o giocatore di baseball. E donnaiolo (si è speculato parecchio su ciò).

Pare invece che certo, ebbe avventure, e che spesso, ma a fasi alterne, gli interessassero più i pezzi sulla scacchiera che la dolce vita, ma che non disdegnasse il buon vivere. Non terminò gli studi universitari.

Fu autodidatta, e un ottimo divulgatore del gioco.

Un’altra particolarità, rispetto a quest’ultimo punto: scrisse almeno tre libri, con dei principi quasi ‘eretici’ – almeno per i profani che non conoscono gli scacchi:

  1. “bisogna imparare dalle sconfitte”
  2. è importante capire prima come funzionano i finali di partita, capire il funzionamento dei pezzi, e poi immergersi ‘professionalmente’ nel gioco e di conseguenza, dominarlo (e divertirsi)
  3. è quasi stupido – semplifico – imparare a memoria (in fondo, è quel che si fa a un livello medio-alto) subito le aperture. Anche se, per arrivare ad alti livelli, è ovvio tenere a mente l’inizio del gioco, come va impostato.

Insomma, quasi il contrario di quel che s’immagina.

Oh, poi tanti difetti: una certa supponenza – data anche la consapevolezza d’essere un ‘personaggio’ e un enorme campione; svogliatezza e a volte sottovalutazione dell’avversario. Ma anche – e soprattutto – rispetto per quest’ultimo: non ho mai letto, nemmeno tra le righe, disprezzo verso chi ha avuto di fronte. Anzi: nei suoi scritti, spesso ha elogiato – e non per piaggeria, ma per naturale cortesia e correttezza – chi ebbe di fronte. E sono stati dei giocatori davvero incredibili.

E ora, quel che è più importante: la fantastica partita contro Marshall a New York nel 1918: 36 grandi e spettacolari mosse, delle vere perle.

Don Raùl era un  attendista, un posizionale, un ‘arido’ (e allora Lasker…) “sfruttatore” degli errori altrui? A volte sì, come tutti i grandi. E come tutti i grandi, in tutti gli sport/giochi, chi non è attento ai particolari e a quasi ‘prevedere’ una debolezza dell’avversario?

 

Per approfondire:

ISBN 978-88-751-166-0 La rivincita di Capablanca, Fabio Stassi

ISBN 88-425-2419-0 Il primo libro degli scacchi, JRC

Una ricerchina su google (scherzo)

 

 

Domandate (quasi quel) che volete nei commenti.

 

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