Vulcani, i degni compari dei terremoti

A volte ci fa bene staccare dalla politica e occuparci di altro, non credete?

Qualche mese fa abbiamo visto un approfondimento sui terremoti, perché sono poco conosciuti dall’opinione pubblica (cosa assurda in una nazione ad alto rischio sismico come la nostra) e anche per contrastare la vergognosa disinformazione di certi “complottari” che vogliono i fenomeni sismici come gli affetti di qualche assurda arma fantascientifica di proprietà degli Stati Uniti d’America.

Il precedente articolo lo trovate qui; consiglio di rileggere la parte sull’interno del pianeta e sulla tettonica delle placche, perché ci servirà anche per capire meglio i numerosi fenomeni che rientrano nelle manifestazioni vulcaniche.

Fatto? Bene, possiamo procedere.

Il vulcanismo è un insieme molto vario di fenomeni che viene originato dalla presenza di rocce fuse, quindi alla base di ogni manifestazione vulcanica si ha un fenomerno chiamato anatessi. L’anatessi è, in sostanza, la fusione di una roccia, che può avvenire per tre cause (che possono agire anche insieme):

  • aumento di temperatura;
  • diminuzione di pressione;
  • aggiunta di volatili (principalmente acqua).

Lo stato di aggregazione di un materiale dipende dalle condizioni di temperatura e pressione cui è sottoposto. Questo significa che una roccia molto vicina al mantello sarà abbastanza calda da fondere ma la pressione dei chilometri di altre roccie sopra la mantengono solida; se si verficasse un calo di pressione la roccia fonderebbe creando un magma. Questo avviene principalmente presso le dorsali oceaniche (margini costruttivi) dove i continenti che si allontanano generano un calo di pressione che fa fondere le rocce sotto la dorsale, che risalgono in superficie perché meno dense di quelle rimaste solide. Una volta giunto all’esterno, il fluido solidifica a contatto con l’acqua di mare formando “lave a cuscini”. Questo è il motivo per cui i fondali oceanici sono formati da basalti a cuscini, ricoperti da sedimenti vari man mano che ci si allontana dalla dorsale.

Tipico basalto a cuscino

Anche i margini distruttivi possono formare magmi, ma oltre al calo di pressione entra in gioco la presenza di acqua nei sedimenti trascinati verso il mantello, che abbassa il punto di fusione delle rocce che poi risalgono fluide. Questi magmi molto più ricchi di gas rispetto ai precedenti danno origine a fenomeni molto più esplosivi.

In generale si può dire che i vulcani esplosivi si trovano sui margini distruttivi e quelli effusivi sui margini costruttivi. Ma ci sono delle eccezioni che vedremo alla fine legate a un singolare fenomeno detto “punto caldo”.

Esistono molti tipi differenti di vulcani, per esempio gli esplosivi danno luogo a fenomeni diversi e a differenti gradi di “esplosività”. Ciò dipende da due motivi: la composizione chimica del magma e la quantità di gas in soluzione.
I magmi poveri di silice (SiO2) sono i più fluidi, mentre quelli ricchi in silice sono i più viscosi. In Geologia si usa definire i primi “magmi basici” e i secondi “magmi acidi”, con vari gradi intermedi. ATTENZIONE: in questo caso i termini acido e basico hanno un significato completamente diverso da quello che hanno in chimica, dove indicano rispettivamente la concentrazione in soluzione di ioni idronio e idrossido. Mi rendo conto che si presti a confusione, quindi attenzione!

I vulcani dei margini distruttivi sono alimentati da una camera magmatica, che è un accumulo di magma all’interno della croste terrestre situato abbastanza in superficie. Non dovete però immaginare un lago di magma, perché il fluido si accumula al’interno delle fratture della roccia un po’ come fa l’acqua in una spugna. Quando questo magma trova uno sfogo verso l’esterno si ha un’eruzione vulcanica la cui tipologia dipende, come dicevo prima, dalla viscosità e dal contenuto in gas volatili.
Vediamo i principali tipi di vulcano e il tipo di eruzione che producono.

Eruzione di tipo Hawaiano

Questo tipo di vulcano è effusivo ed emette lave molto fluide e con pochi gas; dato che i fenomeno sono abbastanza tranquilli pericolosità dei questi vulcani è molto bassa e, praticamente, fanno danni solo quando una colata passa su un centro abitato. Si può tranquillamente sostare vicino a una di queste colate correndo rischi minimi.
Questi vulcani producono spesso fontane di lava, laghi di lava e tunnel lavici (che si possono trovare anche sull’Etna).

Tunnel lavico ancora pieno di magma

Le lave molto fluide colano dalla bocca del vulcano costruendo nel tempo una colossale struttura denominata “vulcano a scudo”, per esempio l’isola di Hawaii è un enorme vulcano a scudo che costituisce il rilievo più alto in termini assoluti del nostro pianeta: dal fondo del Pacifico alla sommità del vulcano il dislivello supera gli undicimila metri! Il cratere principale di Hawaii, il Mauna Loa, è il più grande vulcano al mondo.

Sulla stessa isola si trova il vulcano più attivo del mondo, il Kilauea, che da luogo a fenomeni veramente spettacolari come questo:

Fontana di lava del Kilauea

Le Hawaii sono alimentate dai punti caldi e non dalla tettonica, ne parleremo a breve perché questo fenomeno riguarda a che un vulcano molto pericoloso situato praticamente sotto i nostri piedi.

Nonostante l’Etna non sorga su un punto caldo, la sua attività è molto simile al tipo hawaiano sebbene possa a volte dar luogo a piccole esplosioni che sollevano parecchie polveri.

Eruzione di tipo islandese

Anche in questo caso vegono emesse lave molto fluide, ma esse fuoriescono da lughe fessure e non da crateri circolari. Ciò avviene perché l’Islanda è situata sopra la dorsale atlantica e quindi si può vedere in superficie il vulcanismo effusivo dei margini costruttivi di cui parlavamo prima, a proposito delle lave a cuscini, e rappresenta un’occazione unica per studiare le dorsali oceaniche, visto che quel tratto non si trova sotto chilometri d’acqua. Le emissioni di lave sono tali che spesso creano dei grandi altopiani di basalto chiamati plateaux basaltici, che possono ricoprire le fratture alla cessazione dell’attività.
Di norma sono anche questi fenomeni tranquilli, tranne nel caso in cui eruttino sotto uno strato di ghiaccio (come capita spesso in Islanda) provocando massicce e improvvise valanghe d’acqua e detriti.
Riguardo l’Islanda si deve anche dire che l’isola produce molte più lave rispetto ai normali margini costruttivi perché in quella zona si trova un altro punto caldo, simile a quello chelle Hawaii, che ha indotto la produzione di lave sufficienti a creare una grande isola.

Eruzione di tipo stromboliano

Questo tipo di fenomeni prende il nome dall’isola di Stromboli, che da luogo a fenomeni eruttivi abbastanza particolari. Sebbene i magmi stromboliani siano a viscosità intermedia, sono molpo ricchi di gas; questo provoca delle piccole esplosioni a intervalli abbastanza regolari che lanciano in aria brandelli di lava che poi si accumulano costruendo il cono del vulcano. Anche questa è classificabile come un’attività effusiva. Curiosità: l’isola di Strombili anticamente era nota come “faro del Mediterraneo” perché i suoi sbuffi di lava erano visibili a grande distanza e potevano essere usati per orientarsi durante la navigazione.

Sbuffi di lava di Stromboli

Eruzione di tipo vulcaniano

Questo buffo gioco di parole dipende dal fatto che il tipo di vulcano e l’intera fenomenologia vulcanica prendono il nome dall’isola di Vulcano, nelle Eolie (come Stromboli, visto che le Eolie sono tutte vulcaniche). Le eruzioni di Vulcano sono simili a quelle di Strombili ma possono produrre esplosioni più potenti a causa della maggiore viscosità del magma, si può dire che Vulcano rappresenti un ponte fra l’attività effusiva (vista finora) e quella esplosiva che ora vedremo.

Eruzione di tipo pliniano

I vulcani pliniani hanno questo nome in onore di Plinio il Giovane che, nel 79 d.C., descrisse fin nei minimi dettagli l’esplosione del Vesuvio che distrusse Pompei ed Ercolano. I vulcani pliniani sono alimentati da lave molto viscose ma con relativamente pochi gas che, lentamente, si accumulano dentro la camera magmatica e il camino del vulcano (il condotto che porta dalla camera al cratere) finché il “tappo” di roccia non cede. L’esplosione scaglia verso l’alto grandi nubi di polveri incandescenti che possono arrivare ad alcuni chilometri di altezza, dopo un certo tempo le polveri ricadono lungo i fianchi vulcano formano delle colate piroclastiche, che sono delle valanghe di rocce, polveri e gas a circa 700°C che bruciano ogni cosa che investono. Pompei fu distrutta da questo tipo di fenomeno, Ercolano invece no: l’altra città distrutta dal Vesuvio non fu colpita dalla colata piroclastica ma da un lahar, cioè una valanga di fanghiglia formata dalle ceneri dell’esplosione e da acqua, che può seppellire intere città. I lahar poi si induriscono in una massa compatta e dura quasi quanto il cemento.

Tipica colata piroclastica

Eruzione di tipo peleano

Questo tipo di eruzione prende il nome dal La Peleè, in Martinica, che esplose nel 1902 devastando l’isola e sterminandone gli abitanti. Il magma che genera questo tipo di eruzioni è viscoso e ricco di gas, quindi all’interno del camino si raggiungo alte pressioni che fanno cedere il fianco più debole della montagna scagliando via con violenza lava nebulizzata, polveri e fremmenti di roccia, generando un “surge piroclastico” simile al flusso piroclastico ma più veloce e capace di risalire eventuali rilievi.
Un’eruzione molto famosa di questo tipo si verificò nel 1980 negli Stati Uniti d’America, presso il monte Sant’Elena. Qui trovate delle spettacolari fotografie montate in seguenza che mostrano la genesi del surge piroclastico del Sant’Elena.

Eruzioni di tipo freatomagmatico

Un discorso a parte meritano le eruzioni di questo tipo, che sono scatenate dal contatto diretto del magma con dell’acqua, generando esplosioni violente e colossali. Due eruzioni molto famose appartengono a questa categoria.

L’isola di Santorini oggi

L’isola di Santorini, in Grecia, generò un’eruzione freatomagmatica nel 1627 a.C. circa. L’evento fu talmente violento che al confronto al più pontete arma nuclare della storia (la sovietica Tzar, da 53 megatoni) fu solo un petardo: Santorini esplose frantumando l’isola e generando un’enorme tsunami che colpì Creta e decretò la fine della civiltà Minoica ivi presente.

Un altro caso famosissimo è l’eruzione del Krakatoa avvenuta in Indonesia nel 1883. Il vulcano dell’isola entrò in attività nel maggio del 1883 con esplosioni abbastanza piccole. Il 27 agosto 1883 si aprirono delle fratture nell’isola che fecero penetrare acqua di mare nella camera magmatica che evaporò e generò un esplosione colossale che polverizzò l’isola e produsse uno tsunami di 40 metri che devastò le coste vicine uccidendo oltre 30.ooo persone. I calcoli indicano che l’esplosione fu di circa 200 megatoni ossia quattro volte la già citata bomba Tzar.

Le polveri sparse nell’atmosfera dall’esplosione ebbero effetti globali, alterando il colore dei tramonti per circa un decennio con anomale tonalità scarlatte e verdastre.

Nel 1927 l’attività del Krakatoa riprese e dalle acque è emersa una nuova isola chiamata dai locali Anak Krakatau, cioè “figlio del Krakatoa”.

Ora osservate bene la fotografia di Santorini poco sopra: vedete quella grande depressione al centro di ciò che rimane dell’isola? Prende il nome di caldera e si forma quando un’esplosione vulcanica è così violenta da svuotare quasi del tutto la camera magmatica, che crolla facendo collassare la maggior parte del vulcano e scavando delle enormi depressioni subcircolari. I laghi del Lazio, per esempio, sono tutti ospitati all’interno di caldere vulcaniche.

 Punti caldi o hotspot

Abbiamo accennato al fenomeno dei punti caldi parlando delle Hawaii, vediamo ora cosa sono. Un punto caldo è un fenomeno non ancora compreso del tutto, ma è essenzialmente un anomalia termica, indipendente dalla tettonica, che provoca la diretta risalita del calore dal nucleo del pianeta verso la superficie. Per questo motivo i punti caldi sono fermi e i continenti si muovono sopra di essi, come si vede molto bene nel pacifico dove dalle Hawaii parte una lunga catena di vulcani ormai spenti e sommersi dall’erosione che arriva fino in Siberia.

Quando i punti caldi che si trovano sotto placche oceaniche si generano fenomeni abbastanza tranquilli come quelli delle Hawaii o dell’Islanda, le cose cambiano quando sopra si trovano dei contienti la cui fusione produce lave molto viscose, in questo caso di creano delle strutture dette “supervulcani” capaci di generare esplosioni semplicemente colossali, che fanno sembrare dei petardi Santorioni o Krakatoa. Secondo i geologi eventi di questo tipo possono disperdere così tante polveri in atmosfera da causare cambiamenti cliamtici su scala globale. L’estinzione di massa fra il Permiano e il Triassico (251 milioni di anni fa) fu la peggiore mai registrata e potrebbe essere stata provocada dall’eruzione simultanea di alcuni supervulcani. L’estinzione del Permo-Trias fu talmente devastantante che l’83% di tutti i generi (ogni genere può comprendere decine di specie) si estinse in un poche migliaia di anni.

Esempi di apparati vulcanici di questo genere si trovano a Yellowstone negli Stati Uniti, a Toba (Indonesia) e nei Campi Flegrei a nord di Napoli.

I napoletani, purtroppo, vivono stretti fra il Vesuvio a sud e il supervulcano Flegreo a nord che è molto più pericoloso del primo. Per darvi un’idea: il golfo di Pozzuoli è parte della sua grande caldera, la solfatara e i numerosi laghi della zona si trovano in altrettante caldere più piccole. Tutte queste, più il golfo, si trovano all’interno di un’unica caldera ancora più grande. Vale la pena vedere il sito dell’I.N.G.V. (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) al riguardo, dal quale scopriamo che la maggiore eruzione di questo complesso, avvenuta 39.000 anni fa, ha ricoperto un area di 30.000 chilometri quadrati con uno strato di ceneri spesso anche 50 metri. La cenere si poi compattata a formare una roccia chiamata ignimbrite campana, che si forma in seguito alla deposizione e al compattamento delle polveri prodotte dai surge piroclastici.

Per oggi finiamo qui: ho scritto parecchio e non vorrei risultare pesante. L’approfondimento sui vulcani italiani è rimandato alla prossima puntata.

Alla luce di quanto detto finora di può ben capire per quale motivo l’idea proposta da alcuni grillini di mettere delle pompe di calore sui vulcani italiani sia assolutamente PESSIMA: dare fastidio a una gigantesca bomba può avere effetti indesiderati decisamente gravi.

P.S. la geologia italiana è una delle più interessanti al mondo, che tutti i geologi ci invidiano!

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