Terremoti, questi sconosciuti

Negli ultimi giorni del 2013 c’è stato un gran parlare di terremoti a causa di alcune scosse percepite in Italia, che alcuni “informati alternativamente” hanno attribuito a fantascientifiche armi che spediscono terremoti ai nemici, probabilmente di proprietà della NATO. Naturalmente il fatto che l’Italia sia un membro della NATO è un dettaglio trascurabile: scatenare terremoti artificiali e uccidere i propri alleati è normale amministrazione per i perfidi e malvagi americani!

Scopo di questo post divulgativo è chiarire cosa sia un terremoto, cosa lo origini e perché l’Italia sia un paese a forte rischio sismico. Aggiungo anche che scrivo un po’ per rabbia: mi infastidisce il fatto che il primo idiota che passa in rete possa blaterare impunemente di terremoti artificiali quando io, per avere il diritto di parlare di questo argomento, ho dovuto sostenere esami di Geologia, Geochimica e Petrografia. Ma smettiamo di digavare e tuffiamoci subito nel vivo della questione: cos’è un terremoto?

In geofisica, un terremoto o sisma o scossa tellurica, è una vibrazione o oscillazione rapida della superficie, provocata da uno spostamento improviso di sezioni della crosta terrestre.

In questa definizione c’è scritto tutto ciò che c’è da sapere su un terremoto, ma per i non addetti ai lavori probabilmente suona un po’ come l’arabo, quindi cerchiamo di sverlarne il significato.

I fenomeni sismici e quelli vulcanici sono manifestazioni diverse delle stesse forze endogene, ossia interne al pianeta, che ora andremo ad analizzare. L’interno del pianeta racchiude un’immensa quantità di energia che deriva dall’accrezione primordiale (ossia la formazione del pianeta attraverso l’aggregazione di detriti vari presenti nella nebulosa protoplanetaria) e dal decadimento di isotopi radioattivi vari presenti nell’interno del pianeta. Questa energia si manifesta principalmente sotto forma di calore, ma alimenta anche altri fenomeni come proprio i terremoti e le eruzioni vulcaniche, oppure come il campo magnetico che circonda il pianeta e lo protegge dal vento solare, creando le spettacolari aurore in prossimità dei due poli magnetici della Terra (che, per la cronaca, non coincidono con quelli geografici).
Per capire meglio questi fenomeni facciano un breve excursus sulla strutura interna del pianeta.

INTERNO DEL PIANETA E FORZE ENDOGENE

Schema dell’interno della Terra, in cui sono visibili tutti gli strati

Il centro del pianeta si trova a una profondità di 6.371 chilometri. Lo strato compreso fra il centro e la profondità di 2.885 chilometri è il nucleo, diviso in interno (6) ed esterno (5). L’interno è sfera di metallo formata da una lega di ferro e nichel. L’esterno è formato dalla stessa lega di ferro e nichel dell’interno, ma allo stato liquido. In sostanza, potete farvi un’idea del nucleo esterno immaginando un oceano di metallo fuso e incandescente, molto caldo e molto fluido.

Fra 2.885 e 35 chilometri di profondità si trova il mantello, diviso in inferiore (4) e superiore (3) con la transizione a 770 chilometri, ma comunque formato da materiali solidi. Principalmente troviamo minerali silicatici di ferro e magnesio, i cui cristalli cambiano in base alla pressione e quindi in base alla profondità (molti sono minerali dai nomi complicati e che nessuno ha mai visto, quindi tralasciamo). Quello che ci interessa di più è il mantello superiore che confina con la crosta vera e propria del pianeta.
Potrà sembrare assurdo, ma pur essendo solido il mantello subisce dei moti di convezione. Questo avviene perché i minerali cristallini ivi presenti, e sottoposti a elevati calore e pressione, hanno delle caratteristiche di viscosità particolari che permettono al materiale di muoversi secondo convezione nel corso di milioni di anni. Questo fenomeno è importante perché la risalita del calore dal nucleo è una delle forze che alimentano la deriva dei continenti e quindi i terremoti, come vedremo fra poco.

All’interno del mantello superiore, a una profondità compresa fra 250 e 300 chilometri, incontriamo uno strato chiamato astenosfera che ha una particolarità: è parzialmente fluido, quindi costituisce una sorta di olio lubrificante che consente alle placche tettoniche di muoversi e quindi rende possibili i terremoti.

Infine la crosta è l’ultimo strato ed è spessa in modo variabile fino a 35 chilometri. Ci sono due tipi di crosta:

  • oceanica (2); sottile (mediamente 7 chilometri), densa e formata principalmente da basalti;
  • continentale (1); spessa (mediamente 20 chilomentri) meno densa (e quindi più leggera dell’oceanica) e dalla composizione chimica molto più varia.

LA TETTONICA DELLE PLACCHE E LA DERIVA DEI CONTINENTI

La crosta del pianeta è divisa in una ventina di placche indipendenti che possono muoversi, ma cosa le fa muovere? Ci sono due fenomeni che alimentano il movimento: i moti di convezione di cui parlavamo poco fa e la rotazione del pianeta attorno al suo asse. La convezione crea delle celle convettive che hanno alla sommità un punto in cui i flussi divergono per poi ridiscendere; se questo si verifica in mezzo a un continente, nel corso i milioni di anni esso si spezza e le due metà si allontanano creando un nuovo oceano (per esempio l’Atlantico rientra in questa categoria). Questo tipo di margine fra le placche, detto divergente o costruttivo, crea nuova crosta oceanica e alimenta un vulcanismo effusivo spesso localizzato sul fondo dell’oceano (dorsali oceaniche), ma non produce terremoti; quindi è un margine piuttosto tranquillo e innocuo.

I problemi sorgono nel caso dei margini conservativi e distruttivi: questi alimentano i terremoti e il vulcanismo esplosivo.

Le celle convettive non sono di forma regolare e la rotazione del pianeta fa muovere le placche a velocità differenti, col risultato che le placche si possono scontrare. In questo caso ci sono due possibilità: uno scontro fra due placche continentali che produce un “accartocciamento” chiamato catena montuosa e forti terremoti (è il caso dell’Himalaya), oppure si scontrano una placca oceanica e una continentale con la prima che, essendo più pesante, finisce per inabissarsi sotto la seconda dando luogo a terremoti e creando delle catene montuose ricche di vulcani esplosivi. Questo è esattamente il caso delle Ande, delle Alpi Giapponesi e degli Appennini ed ecco spiegato perché l’America Centro-Meridionale, l’Italia e il Giappone sono territori così fortemente sismici e ricchi di vulcani.
Quando una placca oceanica affonda sotto una continentale (fenomeno chiamato anche subduzione), essa fonde e provoca la risalita di materiali fluidi e volatili, che danno luogo alla formazione di vulcani esplosivi (per esempio il Vesuvio o i Campi Flegrei, ma anche vulcani spenti italiani come l’Albano, le isola Pontine, il Monte Amiata e tutti gli altri). Ovviamente le rocce non sono lubrificate e lo “scorrimento” di una sotto l’altra avviene a scatti. Gli scatti sono proprio i terremoti: un movimento improvviso delle masse continentali provoca delle oscillazioni che noi percepiamo come terremoto. Naturalmente l’entità del terremoto è proporzionale all’entità dello “scatto”. Questo è anche il motivo principale per cui un terremoto NON si può prevedere: è impossibile sapere quando delle rocce cederanno facendo muovere le placche tettoniche.

Un ultimo caso è quello dei margini conservativi, dove due placche scorrono l’una rispetto all’altra. Un esempio è la famosa faglia di Sant’Andrea in California, che scatena spesso devastanti sismi a causa dello scorrimento a scatti del Pacifico rispetto al Nord America. Una curiosità: la faglia di sant’Andrea è visibile a occhio nudo e sembra un canyon:

A sinistra c’è l’Oceano Pacifico e a destra il Nord America.

La variabilità della profondità delle faglie (le spaccature fra i continenti che provocano i terremoti) fa decadere un altro cavallo di battaglia complottista: non ha senso decidere che un terremoto superficiale è artificiale e uno profondo è naturale perché c’è una grande variabilità nella profondità a cui si verificano fenomeni sismici.
Qui trovate una tabella dell’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) che raccoglie tutti gli ultimi terremoti rilevati in Italia; guardate la colonna della profondità e rendetevi conto di quanto sia variabile: da pochi chilometri a centinaia, senza nessun pattern.

Un’altra cosa da sapere per difendersi dalla disinformazione è la differenza fra ipocentro ed epicentro: l’ipocentro è il punto esatto in cui si è verificato il rilascio di energia, situato all’interno della crosta; l’epicentro è la proiezione dell’ipocentro sulla superficie terrestre, che serve a capire la località in cui hanno apparentemente avuto origine le scosse.

SCALE DEI SISMI

Quante volte in televisione si sentono giornalistucoli blaterare di scala Mercalli, scala Richter, Magnitudo, ecc.? Troppe volte, quindi facciamo un po’ di chiarezza. La scala Mercalli non si usa più da anni perché misurava i danni in modo piuttosto soggettivo, causando una discrepanza inaccettabile: due sismi caratterizzati dalla stesse energia sarebbero classificati in due gradi Mercalli diversi se registrati uno in Turchia (catastrofico) e l’altro Giappone (danni minimi). Quindi i geofisici hanno elaborato un modo per misure l’energia rilasciata dal sisma e avere così un modo univoco per classificare i terremoti: la scala Richter, che misura la magnitudo o intensità di un sisma. E’ una scala logaritmica che per ora va da 0 a 10 (quest’ultimo grado non è mai stato registrato).

Possiamo farci un’idea dell’energia che scatena un terremoto consultando i vari gradi:

  • il terremoto che colpì l’Abruzzo nel 2009 era del grado 6,3, quindi si potrebbe replicare facendo brillare 43.000 tonnellate di dinamite;
  • il sisma che ha colpito l’Emila nel 2012 era di grado 5,9, quindi come 11.000 tonnellate di dinamite;
  • il terremoto che nel 2004 devastò il Sud Est Asiatico era di magnitudo 9,3, quindi equivalente all’esplosione di circa 1,3 miliardi di tonnellate di dinamite;
  • il sisma che ha colpito il Giappone nel 2011 e ha causato il famoso incidente di Fukushima era di grado 9, equivalente a 480 milioni di tonnellate di dinamite;
  • il terremoto più potente registrato si è verificato il 22 maggio 1960 in Cile e fu di grado 9,5, rilasciando un’energia pari a 2,7 miliardi di tonnellate di dinamite;

La scala contempla un grado 10 che non è mai stato registrato, ma che sarebbe equivalente all’esplosione di 15 miliardi di tonnellate di dinamite.

CONCLUSIONI

Alla luce delle immense quantità di energia liberate dai terremoti, si può capire con facilità quanto sia imbecille l’idea complottista che i sismi siano provocati artificialmente da qualche arma segreta della NATO o degli Stati Uniti.

Secondo me non c’è altro da dire, ma nel caso voleste ulteriori approfondimenti (sulle onde sismiche, sull’interno del pianeta, su vulcanismo, sui punti caldi) non avete che da chiederlo.

EDIT: come mi è stato suggerito fra i commenti, aggiungo la mappa del rischio sismico sul territorio della Repubblica Italiana, prodotta dall’INGV.

Le zone in rosso e viola sono quelle a più altro rischio, dette megasismiche. Queste mappe vengono costruite su basi storiche e quindi può capitare che siano incomplete: l’evento sismico che ha colpito l’Emilia nel 2012 ha dimostrato che le zone megasismiche del Friuli e degli Appennini in realtà devono essere collegate assieme, quindi nelle prossime mappe ci sarà un unica linea rosso-viola dal Friuli alla Calabria.

La Sardegna è l’unica regione italiana a non presentare alcun rischio sismico perché priva di attività geologica, quindi i sardi possono dormire sonni tranquilli: nessuna forte scossa li coglierà mai di sorpresa.

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