Sulla Luna 45 anni fa

Sono troppo giovane per aver visto l’uomo sulla Luna, ne il primo Neil Armstrong ne gli ultimi Scott e Irwin. Sono cresciuto con il rombo degli Shuttle e delle missioni umane orbita terrestre e delle sonde su Marte, ma nella mia infanzia ho molti ricordi dell’incredibile viaggio che l’umanità svolse nel luglio del 1969.

Ricordo un 45 giri che era in allegato con l’europeo: si chiamava “Una voce dalla Luna” e ricordo che lo ascoltavo di continuo mentre con il lego avevo ricostruito le fasi salienti delle missioni lunari.

Eccolo (ascoltandolo tenete conto che negli anni ottanta avevamo Zavoli e Biagi e oggi abbiamo Scanzi e Travaglio)

Ricordo che sul mio Comodore 64 qualche anno dopo giocavo ad Apollo 18: un gioco nel quale si simulava una delle due missioni mai realizzate del programma Apollo che fu troncato al numero 17 per gli eccessivi costi e per la mancanza di interesse del popolo americano.

Ricordo ancora quando sono andato a vedere Apollo 13, affrontando per la prima volta un viaggio epico da parte mia, ovvero andare senza genitori e accompagnato solo da un coetaneo al cinema a Monza.

Nella mia vita insomma ho avuto parecchie occasioni per appassionarmi agli eventi di quegli incredibili anni che dallo Sputnik sovietico hanno lanciato una vera e propria competizione per le stelle.

Non fu però lo Sputnik a dare la scossa agli Americani, ma Gagarin il 12 Aprile del 1961. Gli Americani allora erano ancora al punto di mandare le scimmie in test suborbitali e i sovietici erano già arrivati all’orbita con un uomo. Fu Kennedy che, in risposta a questo successo sovietico, chiese alla neonata NASA un risultato di portata storica. Il primo obiettivo poteva essere la costruzione di una base nello spazio, ma i sovietici allora avevano una maggiore capacità nel portare pesi nello spazio perché le loro testate nucleari pesavano di più di quelle americane, quindi sarebbe stata una gara persa. L’obiettivo fu quindi fissato sulla Luna: un obiettivo estremamente ambizioso e abbastanza lontano da dare la possibilità agli americani di recuperare lo svantaggio tecnologico e – con immenso impegno e un po’ di fortuna – arrivare a vincere la gara nello spazio prima della fine del decennio come promesso da JFK (che in quanto a promesse fissava date più solide di quelle di Renzi)

Furono due generazioni quelle che portarono l’uomo sulla Luna: una vecchia guardia formata da veterani della seconda guerra mondiale e della corea: piloti, collaudatori, scienziati ex nazisti… e una armata di ventenni appena usciti dalle facoltà di ingegneria, scienze e matematica andando a formare la spina dorsale che ha permesso questo enorme balzo in avanti. Un balzo in avanti che ha richiesto nuovi modi di spostare le informazioni in giro per il pianeta, anticipando in qualche modo internet; di calcolare rapidamente e di eseguire programmi, facendo fare un balzo in avanti all’informatica; e creando nuovi materiali che dopo le imprese spaziali vennero riciclati nei prodotti di consumo.

Un balzo in avanti fatto da due tipi di uomo, come descritti da Gene Kranz: quelli con la maglietta in banlon – un terrificante materiale sintetico della Monsanto che è in grado di esaltare la pancetta di chiunque non abbia un fisico da astronauta – e quelli con i porta penne salva tasca e gli occhiali con la montatura spessa, i nerd che affollavano la sala controllo a Houston.

A tutte quelle persone va la mia gratitudine e il mio plauso per l’incredibile lavoro svolto e per avere ispirato le generazioni a venire, me compreso.

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