Serenissima – il ‘500

Ci siamo lasciati con la fine della guerra di Cambrai, dove le potenze europee e gli Stati italiani coalizzati con il papa si proposero la distruzione e l’annientamento della Repubblica. Venezia ancora una volta era salva ed autonoma, unico Stato che rimase libero e indipendente per dieci secoli nella penisola, cosa non marginale, a differenza di qualunque altro Stato italiano che subì dominazioni interne o straniere. La sua libertà non solo le permise di influire sulle scelte politiche degli Stati italiani e stranieri, attraverso la sua ricchezza e la sua rete di ambasciatori e di servizi segreti (da lei per prima concepiti) Stati che calpestarono l’Italia per secoli, ma soprattutto di non farsi sottomettere dalle imposizioni papali, se non per ragioni di pura convenienza. Attraverso la Storia di Venezia si può attraversare la storia d’Italia (e parte europea) e non solo quella del nord perché, come disse il Macchiavelli, se Venezia fosse intervenuta a contrastare la discesa dei francesi, l’unica che avesse potuto farlo (come decritto nel precedente articolo) il Regno di Napoli sarebbe rimasto autonomo e i destini d’Italia completamente cambiati.

 

 

Inoltre va sempre ricordato che Venezia era ricca, nonostante le crisi economiche trascorse, ha sempre avuto una proprietà privata estremamente facoltosa a cui, volontariamente o forzatamente lo Stato attinse per risollevarsi quando stava per soccombere. E fu unico il rapporto ambiguo con il turco, amici-nemici, battaglie e commerci. Se si leggono le storie degli altri Stati italiani, si sfogliano capitoli di dominazioni, divisioni, politiche stabilite fuori dai confini, guerre civili, alternanze di poteri, tradimenti e cessioni allo straniero. Venezia fu orgogliosa fino all’ultimo e anche oltre, dopo che il Bonaparte con l’inganno la fece sua e la donò all’Austria, conservando sempre la sua natura italiana, pur nonostante sia stato l’ultimo lembo di conquista delle guerre d’Indipendenza.

 

 

Nel 1517 si disintegrò l’alleanza di Cambrai e contemporaneamente, a migliaia di chilometri di distanza, i turchi, dopo aver conquistato l’Egitto, sconfissero l’armata portoghese nel porto di Jeddah, assicurando indirettamente alla Serenissima una settantina d’anni di ripresa economica nel commercio, mentre simultaneamente il suo esercito riconquistò Verona. In seguito alla batosta portoghese il volume del commercio con le spezie raddoppiò, spiegando così lo splendore della Venezia cinquecentesca.

 

 

Pala dell'Assunta - Tiziano

Pala dell’Assunta – Tiziano

 

 

Malgrado le battaglie, le guerre e le crisi, la vita cittadina di Venezia fu  sempre piena di feste. L’amore per lo sfarzo prorompeva in continuazione ed investiva tutti senza vergogna tanto che il 23 settembre 1518 ad un ballo in casa Corner, i tre cardinali Cybo, Pisani e Corner, con vesti talari di porpora ballarono allegramente con le commensali invitate. Precedentemente, nel 1508, anno della lega anti veneziana, fu inaugurata la nuova sede del “Fondaco dei Tedeschi” colorita dagli affreschi del Giorgione. Sempre nel 1518 la pala dell”Assunta” del Tiziano venne collocata nella chiesa dei Frari. Nello stesso periodo pittori di grido, architetti, scultori vennero da Brescia, Bergamo, Udine, dalla Dalmazia e da Creta. Non solo, ma anche dalla Sicilia (Antonello da Messina) dalla Toscana e il tedesco Albrecht Dürer che scrisse in Germania “hier bin ich ein Mahler” (qui sì sono un pittore). Venezia fu per tutto il secolo la capitale internazionale delle arti, come lo fu Parigi prima della II guerra mondiale.

 

 

Però, nonostante il fallimento della congiura di Cambrai, a Venezia continuò la preoccupazione, si costruirono un po’ dovunque imponenti fortificazioni e si continuò a fondere artiglierie. (Nacquero i provveditori alle Fortezze e alle artiglierie) e alla costruzione del naviglio militare. Venezia si rese conto che la politica italiana ormai si decideva fuori dai confini nazionali, che le controparti sarebbero stati i grossi Stati soprannazionali quali l’Impero Ottomano, l’immenso gigante spagnolo e la Francia. Ma non volle e non si rassegnò mai a essere pedina, ma giocatore alla pari. Il prezzo era carissimo, ma l’alternativa poteva solo essere la fine.

 

 

Due anni dopo aver fatto la pace con Venezia, morì l’imperatore Massimiliano e salì al trono Carlo V, re di Spagna, delle Fiandre, della Borgogna e dei Paesi Bassi, l’imperatore sui cui possedimenti non tramontava mai il sole, e Venezia fu circondata. Gli spagnoli-imperiali scesero in Italia, chiamati da papa Leone, e scacciarono subito i francesi. Gli unici ad opporsi furono i veneziani. Milano e Genova furono sottomesse al controllo imperiale, ma Venezia, in cambio di una grossa quantità di denaro, venne a patti e ottenne la rinuncia di Carlo V sul suo territorio di terraferma. Ma era circondata e la cosa che le interessava maggiormente era l’indipendenza del ducato di Milano. L’ottenne tramite papa Clemente, ridotto a mitissimi consigli dall’atroce esperienza della calata dei lanzichenecchi che fecero di Roma un teatro di eccidi, il quale accettò di restituire Milano agli Sforza. A Venezia costò la perdita del suo dominio in Puglia. Tutte le città a guardia del golfo vennero sacrificate per Milano che non doveva rimanere in mani straniere, dato che i veneziani non si consideravano atti ad occupare la città, tantomeno a gestirla.

 

Espansione dell'impero Ottomano

Espansione dell’impero Ottomano

 

Frattanto Francesco I di Francia, nella sua lotta contro Carlo V, trovò come alleato Solimano II il Magnifico, che aveva portato l’impero ottomano a una estensione immensa. Venezia non raccolse l’invito di alleanza del re di Francia così si vide perdere una ad una tutte le sue isole egee, i Cavalieri di San Giovanni dovettero fuggire da Rodi a Malta, e i continui attacchi dei turchi fecero decidere a papa Farnese di contrattaccarli assieme a Carlo V e i Cavalieri di San Giovanni, oltre Venezia, ovviamente. Le flotte si contrastarono a Prevesa, nell’Epiro, dove a capo di Andrea Doria, capitano del mare per la maestà cattolica di Carlo V, i cristiani fecero una figura meschina, scappando di fronte a forze ottomane nettamente inferiori. Ci si può chiedere perché il gran capitano avesse compromesso la sua reputazione tirando indietro le prore dopo un fiacco combattimento. Si parlò di corruzione, di danneggiare Venezia, invece fu la volontà di Carlo V che diede precise istruzioni al suo ammiraglio dove in un eventuale scontro doveva lasciare si impegnassero solo i veneziani e che soprattutto non vincessero. E fu Carlo V in persona ad impegnarsi con il turco a sottomettere questa città. Il mediatore dell’accordo fu Francesco I, re di Francia.

 

 

Senato, Signoria e Consiglio dei Dieci erano caduti nella trappola, non Ottomana, ma Cristiana. Per uscirne non rimase, ancora una volta, che la via della pace. Venezia inviò a Costantinopoli Alvise Badoer con istruzioni precise di cedere Nauplia e Malvasia solo come ultima ratio, ma il Badoer trovò un’ostinazione sospetta sui suoi interlocutori. Alla fine la pace con il turco fu fatta, con le ingiurie da parte spagnola.  Successivamente si scoprì che i negoziatori turchi erano stati perfettamente informati delle istruzioni segrete di Alvise Badoer, da parte dell’ambasciatore di Francesco I. Dopo diverse investigazioni si scoprì come e da chi le informazioni segrete fossero state trapelate, ma nonostante l’impiccagione dei responsabili, in città rimase una profonda inquietudine. Ci si rese conto che il nemico era in casa, tanto che nel 1539 prese vita una nuova magistratura: gli inquisitori di Stato, la centrale di controspionaggio e di alta polizia di uno Stato che si considerava isolato, circondato e assediato

 

La Repubblica di Venezia prima di Lepanto

La Repubblica di Venezia alla vigilia di Lepanto

 

Nonostante l’indignazione generale, soprattutto spagnola, la pace con il turco le regalò trent’anni di paziente ripresa. Fu in questo periodo che vennero cambiate diverse tecniche navali, il reclutamento dei vogatori era diventato praticamente impossibile e la necessità vide sostituire le ciurme di uomini liberi con criminali provenienti dalle carceri e prigionieri di guerra. D’altronde Venezia non offriva più alcun vogatore, dell’entroterra neanche parlarne, a Creta la gente preferiva darsi alla macchia, la Dalmazia, dopo anni di aggressioni turche era allo stremo e il Peloponneso ora forniva uomini alla flotta turca. In questi anni entrò in servizio un nuovo tipo di supergalea, la galeazza, una corazzata a remi e vela, lunga cinquanta metri, vogata da trecentocinquanta rematori, armata di trentasei cannoni e capace di imbarcare, oltre ai sessanta marinai, 200 soldati e che diede un contributo fondamentale nella battaglia di Lepanto. Fu istituito il collegio di nobili alle cento galìe: incaricato di fare in modo che cento galee da guerra fossero sempre pronte ed equipaggiate a tempo di record. Tutto ciò fu motivato dall’implacabile guerra di corsa contro i pirati nordafricani, i turchi stessi, i cavalieri di Malta e in Adriatico gli Uscocchi, slavi che ricordavano le antiche gesta dei Narentani. Ma nessuno di questi impedì a Venezia una ripresa economica che nella seconda metà del ‘500 fu paragonata ad un secondo Rinascimento.

 

 

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