Serenissima – Caterina Corner regina di Cipro

Di tutti i feudi, gli imperi e i principati fondati nel medio oriente dall’inizio delle Crociate, solo uno era sopravvissuto: l’isola di Cipro rimaneva il reame di una famiglia di Crociati francesi, i Lusignano. Pagavano i tributi al sultano d’Egitto, subirono una pesante tutela genovese, ma resistettero come una singolare crosta francese su un ceppo greco, con le cattedrali gotiche di Famagosta e Nicosia progettate da architetti che venivano dalla Champagne. Le abbazie romaniche in mezzo ad agavi e cipressi, e i manieri sulle vette di colline e montagne in vista delle lontane coste del Libano. Era una terra ricca, dove i profitti arrivavano dal vino, dal grano, dalla canna da zucchero, dal cotone e dalla grande quantità di sale. I genovesi la sfruttarono fino all’osso, ma dal trecento ci fu la presenza costante della famiglia Corner (italianizzato Cornaro) che aveva spesso prestato soldi ai Lusignano e che aveva stabilito un grande rapporto di amicizia con i regnanti, tanto da invitarli a Venezia con grande sfarzo, sfruttando abilmente l’amicizia per il loro giro d’affari sul sale e sullo zucchero.

 

Re Giacomo Lusignano si era sbarazzato dell’ingombrante presenza genovese e nell’intrigo i danari dei Corner c’erano entrati nella riscossa e non poco. Così qualche anno dopo re Giacomo pensò di legare ancor più le sue fortune con la famiglia Corner e indirettamente con il potente impero politico e finanziario Veneziano. Soprattutto perché le origini del re non erano così lineari, lui era un figlio naturale, ma c’era una figlia legittima, Carlotta, che aveva sposato Luigi di Savoia (ed è per questo che il nostro ex re porta ancora il titolo di re di Cipro e di Gerusalemme, oltre a quello di re d’Italia e di Sardegna) che si appoggiava a Genova e che a sua volta apparteneva in signoria al duca di Milano.

 

Ritratto di Caterina Cornaro (dipinto di Tiziano e bottega)

Ritratto di Caterina Cornaro (dipinto di Tiziano e bottega)

 

Siffatto chiese la mano di Caterina, figlia quindicenne di ser Marco Corner, mentre Venezia colse al balzo la situazione dando immediatamente la sua approvazione. Ma non solo, Caterina, signora di nascita e di discendenza, fu proclamata “figlia della Repubblica”, che significava per il re l’appoggio incondizionato della potente Repubblica di San Marco. In realtà incondizionato relativamente perché all’atto del fidanzamento la Repubblica aveva fatto firmare a Caterina uno strumento notarile di libera donazione alla Serenissima Repubblica “occorrendo il caso che lui havesse a mancare senza legittimo herede”. Quando la sposa partì per Cipro, la Signoria non le fece mancare nulla, compresi seicento ducati, “perché non importa soltanto alla dignità ed alla gloria del nostro Stato che una nobile cittadina nostra sia regina di Cipro, ma anche al comodo ed al vantaggio non mediocre dei nostri affari in Oriente”, a cui seguirono le nozze, i tornei, le giostre.

 

Ma re Giacomo morì improvvisamente a trentatré anni lasciando Caterina incinta. Immediatamente la situazione puzzò subito di bruciato. Troppi gli interessi urtati da quel matrimonio. Ferdinando di Napoli sperò subito di mettere le mani sull’isola e l’Arcivescovo di Nicosia, con alcuni notabili sobillati da Ferdinando, tentarono il colpo di mano assassinando Andrea Corner, zio della regina, compresi domestici e un nipote: “in la camera proprio in cospecto de quela povera zoveneta tagliarono a pezzi el suo proprio medico e un altro servitore e domestico…e el nepote della regina senza colpa e duolo…tolsero la cassa e le zoie, l’anello del sigillo, e l’obbligarono a scrivere letere ai castellani di cedere le loro fortezze…”

 

Il piano era quello di far sposare una bimba di sei anni, precedente figlia naturale di re Giacomo, ad un figlio del re di Napoli e costringere Caterina e il figlio a rinunciare ad ogni diritto. Ma il senato vegliava e inviò un ambasciatore a Napoli, contemporaneamente Pietro Mocenigo a Famagosta con la flotta che impiccò i congiurati, ristabilì l’ordine e mise a fianco della regina diciottenne due consiglieri e un provveditore, tutti veneziani. L’annessione dell’isola era cosa fatta, ma né Carlotta di Savoia che cercava un accordo con il re di Napoli, né il re Ferdinando che trafficava con il sultano d’Egitto furono soddisfatti.

 

Venezia prima di Cambrai

Venezia prima di Cambrai

 

La Repubblica aveva comunicato il protettorato veneziano, ma per evitare altre tensioni internazionali, pensò di far valere l’atto notarile di concessione precedentemente firmato. Fu così che i Dieci incaricarono Giorgio Corner, fratello della regina, di recarsi a Cipro per convincerla ad abdicare in favore della Serenissima Repubblica di Venezia. La regina, ormai trentacinquenne, non aveva intenzione di lasciare il trono e il fratello dovette faticare assai per convincere la “figlia della Repubblica” ad un gesto che la Repubblica stessa voleva “spontaneo e grazioso”. La povera donna, sola e spremuta da ogni parte, non aveva armi per opporsi alla ragion di Stato e disse addio per sempre al suo bel regno mediterraneo, al profumo di aranci, alle acque meravigliose del Levante, alle pianure fertili e alle montagne boscose di Cipro.

 

Il regno divenne veneziano di fatto e di diritto, accettando anche di pagare i tributi che i Lusignano avevano sempre pagato al sultano d’Egitto, dal quale Venezia ricevette l’investitura.

 

Il potere veneziano impose consapevolmente a Caterina un sacrificio, ma non volle aggravarlo ulteriormente con altre umiliazioni. Tutte le autorità si diedero da fare perché fosse ricompensata. Al suo arrivo a Venezia venne accolta dal Doge Agostino Barbarigo, la Signoria e il Prégadi al completo in pompa magna con gran seguito di signori e dame. Una folla enorme di popolani le fece festa a bordo di barche e barchette. La sua famiglia si arricchì di nuove terre a Cipro e distinzioni araldiche. Lei ricevette una pensione annua di ottomila ducati d’oro, un palazzo sul Canal Grande e la signoria feudale di una delle più graziose e ridenti cittadine venete, Asolo. Qui Caterina tenne corte, tra gite, cacciate e conversazioni letterarie con amici colti, fra cui poeti dell’epoca. Ci rimase finché a cacciarla fu la guerra di Cambrai con l’invasione del 1509.

 

La regina Caterina Cornaro dipinto di Gentile Bellini

La regina Caterina Cornaro dipinto di Gentile Bellini

 

Gentile Bellini ce la tramanda vecchia, ma ancora piacente e ingioiellata in una società ricca e fastosa. Felice? Non si è mai saputo. Dimentica dell’isola remota che era stata sua? Forse no, se fino al 1510, anno della sua morte, i tre capi dei Dieci le fecero un richiamo a causa dei maneggi di un tale che a Cipro risultava un suo agente. Maneggi da poco se i tre magistrati lo misero subito in libertà.

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