Recap post europee

Sarà un pezzo lungo.

Le ripercussioni delle europee sono tante e ramificate, non solo per il risultato italiano ma anche e soprattutto per il confronto fra esso ed il resto dell’Europa, e per lo spessore che sta assumendo, spesso fortuitamente, l’attuale segretario del PD ed il PD stesso.

Prima ci siamo voluti limitare ad una visione di quel che stava accadendo ma dopo gli ultimi eventi ed in luce di quello che sta avvenendo anche nel resto d’Europa è il caso di fare un analisi un po’più approfondita.

 

Partiamo da principio, la prima cosa importante, e fatta in un momento in  cui tuttosommato sembrava avere un importanza minore in ambito internazionale, è l’ingresso del PD nel PSE. Il PD, presentandosi come sintesi di sinistra e centro non era entrato nel PSE a causa dell’opposizione da parte dell’ala centrista, che vedeva in quell’apparentamento un appiattimento a sinistra.

I precedenti segretari, tutti d’area “sinistra” non hanno potuto osare tanto perché l’azione sarebbe stata vista come prova di una deriva, e per questo per molto tempo il PD è stato colpevolmente confinato in un limbo in cui non poteva essere né di centro (PPE) né di sinistra (PSE). L’arrivo di un segretario decisionista e marcatamente centrista ha messo fine a quest’impasse che infatti è stata risolta tanto in forza del forte imprimatur popolare (Renzi è stato eletto nelle primarie con una maggioranza schiacciante) quanto del suo piglio.

Il PD è entrato nel PSE. Questo potrebbe sembrare un qualcosa di poco importante, non fosse che ora, a vedere i risultati delle europee, il PD da ultimo acquisto è diventato immediatamente la colonna portante del PSE stesso, e questo perché il partito guidato da Renzi è quello che manderà più rappresentanti al parlamento europeo, rendendo di fatto centrale la posizione del PD nostrano in quel partito.

 

A questo risultato, prestigioso ma di scarso impatto per noi italiani, s’aggiunge un altro fattore importante, il “trionfo” di Marine Le Pen in Francia. Che Hollande non fosse particolarmente carismatico si sapeva ma il tonfo della sinistra oltralpe (tonfo in parte dovuto all’eccessiva frammentazione) ha fatto sì che i francesi si riducessero ai margini, tant’è che più di un giornale in questi giorni parla di “Francia dimezzata”.

Perché è importante ? Per due fattori, il primo è che la Germania della Merkel perde il suo interlocutore prioritario, quella Francia con cui ha fatto perno ultimamente ed il secondo è che il PPE è in un grosso guaio.

 

Il primo punto riguarda il fatto che la Germania da sola non può guidare l’Europa, l’asse fra i pesi massimi che ultimamente ha deciso il passo dell’UE ha visto un Hollande sempre più appannato che, in forza anche degli scandali in patria, non ha voluto o non ha potuto opporsi alla via “conservatrice”, quella dell’austerità voluta dalla Germania. Ora che la Francia è ai margini la Germania dovrà trovare qualcun’altro con cui pianificare il percorso per l’Europa e fra i quattro grandi paesi (Germania, Francia, Regno Unito, Italia) l’unico con il peso parlamentare, le affiliazioni “a sinistra” e la credibilità in questo momento è l’Italia di Matteo Renzi.

Sia chiaro, la politica dell’UE non è fatta dai due capi di stato, tuttavia i capi di stato sono anche rappresentanti dei rispettivi partiti e delle equivalenti coalizioni in seno al parlamento europeo, ed è da questo “asse di trasmissione” che viene impostata la direttrice dell’Europa. In questo momento ad Angela Merkel ed ai popolari (che vedono nella Germania il loro campione) serve un interlocutore autorevole nel PSE, e nel PSE tutti (chi più e chi meno) hanno fatto risultati decenti ma non eclatanti… tutti tranne il PD italiano col suo 41%, che è anche la nuova spina dorsale del PSE.

Penso sia abbastanza chiaro.

 

Passiamo al secondo punto, il PPE. Il centro (e centrodestra) un po’ovunque ha tuttosommato “lasciato in pace” i vari antieuropeisti perché convinto che quei partiti andassero ad intaccare i voti di sinistra; è vero, gli euroscettici (in tutte le salse, dai cristiani fondamentalisti ai postfascisti passando per Grillo) hanno fatto una campagna assassina contro i partiti di sinistra (che vedono come il loro principale avversario) ma nel farlo hanno acquistato peso e rilevanza a destra, dove hanno guadagnato consenso a scapito dei rispettivi partiti di centro e di centrodestra.

I “tea party” nostrani in pratica hanno finito per far contrarre il PPE che oggi si presenta sì come il primo partito europeo, ma che è anche molto più piccolo e vede il PSE appena sotto.

E’vero, Juncker ha immediatamente chiesto per sé la presidenza dell’UE ma nella pratica nessuno nel resto del parlamento europeo vuole dargliela (anche perché la crisi in cui si dibatte l’UE è in buona parte figlia dell’immobilismo che il PPE stesso ha imposto) ed il PPE da solo non ha modo di prendersela.

Ora, il PPE non è tanto meglio della vecchia DC, nel senso che dentro c’è chiunque voglia starci, compresa Forza Italia… è chiaro quindi che gli altri schieramenti preferiscono prendere tempo e vedere come soffia il vento, ma attualmente l’unico vento positivo che soffia in UE è proprio quello italiano, e qui torniamo al bomba.

 

E quindi torniamo al PD… il PD in questo momento ha in mano la possibilità di fare quel che vuole e sta operando per avere il più possibile. Non so se, come si dice in questi giorni, Renzi lavori per mandare Enrico Letta la dove prima sedeva Barroso, è possibile ma non facile perché c’è già un italiano in un posto influente (Draghi) e non tutti gradirebbero un eccessivo sbilanciamento, però di sicuro sono giorni di trattative frenetiche e Renzi, a differenza di altri Presidenti del Consiglio (tipo Berlusconi) non ha intenzione di accontentarsi di una posizione centrale nella foto di gruppo.

 

Altrove in EU a brindare sono gli euroscettici che però non riescono a trovare una quadra. E’vero, sostanzialmente tutti sono spinti dal “l’UE è brutta” (anche se per molti è una posizione strumentale) ma al di fuori di questo c’è veramente poco che li lega, e questo incide molto ora che, passate le elezioni, devono riunirsi e cercare una posizione comune in modo da formare un gruppo parlamentare europeo (che richiede membri di almeno sette stati).

Non li dico tutti (anche perché non li so) ma i veti incrociati stanno provocando non pochi problemi ai vari Le Pen e Farage, in particolare proprio a loro due che per una ragione o per l’altra non staranno mai nello stesso gruppo. L’antica rivalità fra le due nazioni (Francia e Regno Unito) non aiuta, specie quando i due partiti sono espressione dei nazionalismi più sfrenati per cui i due “corrono” alla ricerca di abbastanza partner per arrivare al “sette” di cui hanno bisogno.

Ovviamente non ci sono quattordici partiti euroscettici per cui le due primedonne continuano a sgambettarsi, per cui alla fine o si alleeranno (cosa difficile) o almeno uno dei due finirà fuori dai giochi. Sì, ma questo che c’entra con noi ? C’entra relativamente perché la Le Pen ha già il suo partito euroscettico italiano, la Lega Nord di Salvini, per cui non è interessata ad altri “acquisti” in Italia mentre Farage punta (in modo anche abbastanza evidente) al Movimento 5 Stelle di Grillo.

 

Il problema qui è di domanda e d’offerta; in altre situazioni le cose potevano essere messe diversamente ma allo stato attuale delle cose Grillo ha un certo bisogno (magari non viscerale, ma abbastanza sentito sì) d’infilare il Movimento 5 Stelle in un qualsiasi gruppo europeo in modo da poter dire che almeno in EU i suoi combinano qualcosa. Se il suo partito avesse avuto un piazzamento migliore la cosa sarebbe stata diversa e molto meno sentita ma con il calo dei consensi che s’è registrato alle europee Grillo ha bisogno di mettere sul piatto qualcosa, altrimenti la nomea di “partito inutile” che già aleggia potrebbe diventare la sua tomba.

Purtroppo per Grillo gli apparentamenti più facili sono sfumati: la coalizione europea più affine è quella dei verdi “duri e puri” ma lì c’è Tspiras (in EU i verdi sono tradizionalmente di sinistra) e tutti gli altri schieramenti sono equamente indigeribili per l’elettorato pentastellato, col risultato che per il Movimento l’unica via percorribile è quella di Farage.

Purtroppo l’UKIP è esattamente l’opposto di quello che il M5S è, ed è anche la rappresentazione plastica di quello che il Movimento ha sempre detto di detestare, a partire dai trascorsi del suo leader.

Farage è un ex broker, figlio di broker e fissato sulla superiorità dell’Inghilterra, con tanto di odio (neanche tanto strisciante) per gli immigrati, che nella visione di Farage e del suo UKIP include tutti i cittadini europei nati dall’altra parte della Manica. L’UKIP, che ha fondato, è anche un partito militarista (che vorrebbe aumenti sensibili nelle spese militari), maschilista (le uscite dei vari esponenti e di Farage stesso sull’inferiorità delle donne sono facilmente reperibili online), un fermo oppositore delle energie rinnovabili ed un sostenitore del nucleare energetico. E questo per non parlare delle posizioni su gay e simili.

Capite bene che in questo momento Farage non è esattamente il massimo per un partito che già ora ha una crisi d’identità… ciononostante Grillo è praticamente scappato a Bruxelles a trattare con Farage, e purtroppo per lui è stato “beccato” sull’aereo da Salvini che (probabilmente interessatamente) ha pensato bene di far sapere a tutto il mondo CHI ha incontrato e DOVE stava andando… facendo scoppiare un putiferio.

 

E torniamo all’Italia ed alla situazione nostrana: Grillo ha perso le elezioni, e le ha perse veramente male. Sì, un risultato del 21% è un gran risultato per un qualsiasi partito, ma non è il risultato che Grillo aveva promesso ai suoi, non è il risultato che i suoi volevano.

 

Grillo ha puntato tantissimo su questo voto, a partire dalla promessa d’andarsene in caso di sconfitta. Ora, le europee non sono un elezione in cui ci sono vincitori e sconfitti ma lui per primo, durante l’intervista a Mentana ha detto che considerava una “vittoria” ottenere anche solo un voto più del PD, per cui è ovvio che per lui la sconfitta fosse arrivare “molto sotto”. A questo si aggiunge che, per caricare ulteriormente l’elettorato, Grillo aveva parlato di presidiare il Quirinale in caso di vittoria: piazzarsi davanti alla residenza di Napolitano fino a quando questi non si sarebbe dimesso, ovviamente dopo aver sciolto le camere… ha anche detto d’aver approntato il piano.

Insomma, ha spremuto tutto, puntato su tutto, usato tutto pur di portare a casa il risultato, e invece ha preso la metà dei voti del PD. Tipicamente uno che prende una botta simile si dimette anche se non l’ha promesso prima, nel suo caso invece è bastata una comoda amnesia per fargli scordare la promessa. Aggiungeteci un Giannuli (Giannuli chi? il nuovo ideologo del M5S a quanto pare) che implora Grillodi restare, Grillo stesso che dice “ma da cosa dovrei dimettermi, mica ho cariche ufficiali” ed altre niceties ed ecco la situazione attuale.

In pratica la botta è stata grossa ma Grillo a farsi da parte non ci pensa proprio e, dopo un primo momento di smarrimento, riparte alla carica minimizzando la cosa e cercando di trovare alibi per la debacle.

 

Fermiamoci qui, parliamo di quel che è successo, perché lo stato attuale del Movimento lo possiamo vedere da qui: le due talking heads del Movimento che dovevano commentare il trionfo erano Morra e Lombardi, tirati a lucido e seduti composti e ben pettinati in sala stampa davanti ad un logo gigante del Movimento 5 Stelle. Loro sono stati i primi a beccarsi una dose di realtà fra le gengive in diretta TV.

Quanto è andata male ? E’andata così male che dopo ore di spoglio, col risultato ormai certo i due hanno detto, dopo ore di silenzio, che il risultato non era ancora certo, che non volevano basarsi sulle proiezioni (come se, avendo scrutinato oltre il 50% delle schede, ci siano dubbi su come andrà a finire il voto) e che quindi avrebbero commentato in futuro davanti a dati “più solidi”.

Ok, detta così non rende. Diciamola meglio: sono stati chiusi per ore davanti ai giornalisti col volto terreo, rifiutandosi per ore di commentare il voto e chiudendo la conferenza con un “non ci sono dati solidi da commentare” dopo ore di spoglio. In pratica sono scappati.

Altrove mentre diversi giornalisti tornavano sui propri passi e rivedevano le loro tendenze politiche (è successo all’Annunziata dell’Huffington post, è successo a Santoro e penso che anche Mentana presto virerà a sinistra) i parlamentari del Movimento 5 Stelle si davano alla macchia facendo di tutto per non farsi riprendere o intervistare, il tutto mentre Grillo si rendeva irreperibile (la Lombardi ha pure provato a scusarlo dicendo che probabilmente era a letto che dormiva).

Insomma il Movimento era pronto ad una vittoria (forse anche ad una sconfitta di misura) ma non al tracollo annunciato. In questa situazione e col caos generalizzato il “colpaccio” l’ha fatto Floris che è riuscito a reperire uno dei candidati europarlamentari, a quanto pare non uno dei migliori.

Qui una parentesi bisogna aprirla: per essere “equi” nel Movimento 5 Stelle hanno pensato bene di pubblicare le liste in ordine alfabetico, vale a dire che i primi della lista erano quelli con cognomi che iniziavano con A e B… per cui alla fine della giostra su 17 europarlamentari eletti ben 11 hanno cognomi che iniziano con una lettera compresa fra A ed F, non è esistito nessun meccanismo per mettere “prima” i candidati “migliori” né alcun sistema meritocratico.

E’vero alle europee c’è la preferenza, ma moltissimi (specie nel M5S) semplicemente non l’hanno data, anche perché non tutti potevano valutare ad uno ad uno i candidati. Qualcuno dice che la scelta è stata dettata dalla volontà di premiare una certa personcina che, in ordine alfabetico, risultava capolista nel nord-est, ma non voglio addentrarmi nella questione (wink wink).

Chiusa parentesi il tizio che ha beccato Floris è un tale Alfredo Ronzino (nomen omen) che in forza del cognome che iniza con la ‘R’ non è stato eletto, pur avendo preso il ragguardevole numero di 26.000 preferenze.

Questo è Ronzino:

Ronzino ha fatto (lo dico se non volete vedere il video e rendervene conto da soli) una ben magra figura e per questa ragione è stato dichiarato non rappresentante del Movimento (con avvisaglie di espulsione a latere) in direttissima via twitter dagli stessi parlamentari che per primi hanno preferito disertare Ballarò.

Sembrerà una cosa di secondaria importanza ma non lo è, prova che in quelle ore i parlamentari del Movimento erano asserragliati a casa loro a vedere Ballarò dopo aver rifiutato di parteciparvi, il tutto in un inizio di settimana che seguiva di poche ore una maratona in cui gli stessi parlamentari hanno imperversato in lungo ed in largo per quelli ed altri studi.

La batosta è stata fortissima e nella sconfitta (perché è chiaro, hanno capito d’aver preso una sconfitta) si sono andati a nascondere mandando avanti dei comodi agnelli sacrificali, salvo rendersi conto del danno solo quand’era troppo tardi per rimediarvi.

 

Ovviamente in quelle ore anche internet testimoniava lo stato del Movimento: twitter, i vari blog e finanche La Cosa per ore sono state divise fra un silenzio assordante (e godibilissimo dopo giornate di convulsi #vinciamonoi) ed incredulità generale.

 

L’indomani Grillo, come ogni buon leader (ma dove ?) anziché aprire a tutti per una fase di autocritica, ammettere la sconfitta e chiedersi cosa s’è sbagliato si reca alla Casaleggio Associati. Ore dopo uscirà un video in cui, minimizzando, Grillo ammette che non è andato tutto benissimo, cerca di buttarla sul ridere masticando un Maalox (un antiacido comodo in caso di riflusso gastrico) e se la prende con la categoria che, a suo avviso, ha compromesso il risultato : i pensionati ed i vecchi in generale… in pratica fa tutto tranne che ammettere d’aver sbagliato.

Lasciando perdere il vigliacco attacco agli anziani (la ragione è semplice : gli attivisti sono giovani, non si può scaricare la colpa su di loro senza “danneggiare” il movimentismo che fa da motore al M5S) in tutto questo la cosa più sconvolgente è che nel video non c’è traccia di un cambio di rotta ed anzi Grillo sembra deciso ad andare avanti per la sua strada, come nulla fosse.

 

E siamo dov’eravamo all’inizio, Grillo s’imbarca ed incontra Salvini. Quando si trattò di discutere di possibili alleanze per l’Italia con Renzi il Movimento fece un sondaggio, e solo in seguito ad esso il Movimento decise d’accettare l’incontro (anche se, come sappiamo, Grillo fece naufragare tutto), qui invece il megafono “senza una carica” va a parlare con Farage (che è un po’peggio di Renzi) senza dirlo a nessuno, ed ovviamente va a parlare SOLO con Farage, tenendo fuori i vari Juncker, Schultz , Tsipras e via dicendo. Chi ha deciso ?

La cosa ovviamente gli si rivolterà contro, con la maggiorazione del fatto che a quegli incontri Grillo porta Messora (ByoBlu) ed il figlio di Gianroberto Casaleggio, che a quanto pare si occupa da lungo tempo di tenere il rapporti anche con altri partiti antieuropeisti (ed anche un po’in puzza di fascismo) a nome del Movimento 5 Stelle.

Chi è il figlio di Casaleggio ? Chi l’ha messo lì ? A che titolo si presenta ? A che titolo tratta per il Movimento 5 Stelle ?

In una fase di massima debolezza è l’ennesimo colpo, ma non l’ultimo: contemporaneamente il gruppo M5S alla camera riceve un documento dello staff di comunicazione che dice come muoversi per superare l’impasse, la cosa più vicina all’autocritica che si sia vista finora: mentre i pochi media amici ed i simpatizzanti cercano di minimizzare si decide quindi di puntare (tardivamente) sull’ammissione degli errori, errori che sarebbero di comunicazione o comunque dovuti all’incapacità di produrre risultati dei parlamentari.

Il documento non si sa bene come, arriva quasi immediatamente nelle mani dei giornalisti che immediatamente iniziano a pubblicarne stralci sempre più estesi, il tutto mentre anche nel parlamento si formano due fazioni, quelli che si adeguano ed accettano e quelli che non ci stanno a prendersi tutte le colpe.

Da un lato ci sono le “star” come Di Battista (che con due messaggi ad un giorno di distanza dimostra dei cambi d’umore e di posizione degni di una persona affetta da disturbo bipolare della personalità) e dall’altro quelli che sono sempre rimasti in secondo piano (come Currò) e che non ci stanno a fare la figura degli incapaci per giustificare una linea politica insostenibile e schizofrenica.

A questo si aggiungono i mal di pancia di alcuni soggetti di primo piano come Giulia Sarti, che vede l’UKIP di Farage come fumo negli occhi, a cui fa da contraltare la Lombardi che sollecita chi non è daccordo a farsi da parte e fa presente e minaccia ulteriori espulsioni.

Insomma, mentre Grillo continua ad incontrare (sempre e solo) Farage (ovviamente in privato e senza diretta streaming), la situazione nel parlamento italiano e fra i sostenitori continua a peggiorare: alcuni elettori si pentono del voto dato al Movimento appena domenica scorsa (anche perché restare nel vago fino all’ultimo minuto sulla posizione europea per poi correre ad accordarsi con un esponente d’estrema destra ad urne chiuse non è piaciuta granché) ed altri semplicemente spariscono e smettono di commentare e di farsi vedere… addirittura pare che lunedì ci sia stato il boom dei giorni di ferie “improvvisi”, legati probabilmente a gente che si vergognava della sua militanza.

Per farvi capire quanto sia serio il problema del Movimento in parlamento basti pensare che un riassunto lo trovate qui, io passo oltre.

 

E siamo al parlamento italiano :

  • SEL è felice d’aver tenuto, il risultato per la lista di Tsipras non era per niente certo
  • la Lega Nord di Salvini è felice perché ha invertito la tendenza passando da un 4% risicato al 6, che non è un gran numero ma gli permette d’andare ancora in EU e magari di ricominciare a costruire (e per ora quello gli importa)
  • NCD di Alfano ha avuto un risultato sotto le attese ma sopra al 4%, non molto ma abbastanza per dire d’esistere e continuare a resistere dopo la scissione; un risultato non entusiasmante ma positivo
  • FI è al settimo cielo perché nonostante tutte le questioni che hanno investito i maggiorenti del partito Forza Italia si attesta come terzo partito, con buone probabilità di sorpassare il M5S in caso di una coalizione con Lega Nord ed NCD (cosa che, di fatto, conferma l’iter su riforma della Costituzione ed Italicum)
  • Il PD è triste perché per una volta non possono fare autocritica (c’erano affezionati). I democratici a questo giro conquistano praticamente tutto, dalle due regioni a migliaia (letteralmente) di comuni

Nel dettaglio del PD l’aspetto più comico è come tutti stiano saltando sulla barca del renzismo, a partire da chi Renzi non l’ha mai potuto sopportare… ci tocca anche D’Alema che dice che lui e l’attuale segretario del PD si messaggiano con gli SMS come i giovani.

 

Nella pratica quel che si profila è un lungo periodo di pace perché a questo punto Berlusconi ed i suoi hanno molto da investire nell’Italicum e se è vero che probabilmente, essendo questi i “pesi” dei partiti alle prossime politiche vincerà il PD è altrettanto vero che con l’Italicum la coalizione di centrodestra potrebbe tornare ad affermarsi e rimettere in piedi lo zoppicante bipolarismo, specie ora che il Movimento 5 Stelle barcolla.

Nell’immediato comunque nessun partito vuole tornare alle urne, l’unico che può permettersi un voto ora è il PD che parte da un 41% (+4% di SEL/Tsipras) e che quindi spaventa tutti perché potrebbe anche arrivare ad afferrare la maggioranza assoluta col proporzionale.

Gli altri partiti si trovano quindi ad essere prigionieri  di un PD enorme e libero da vincoli di affiliazioni, ragion per cui nessuno ha interesse a tornare alle urne nel breve termine, e qui si vede la grossa vittoria di Renzi: il PD può far passare in parlamento quel che gli pare sotto forma di legge o di decreto, nessuno oserà fargli opposizione “dura” perché il rischio è che Renzi (che è un decisionista) anziché perdere tempo tagli la testa al toro e riporti tutti alle urne.

Con un 41% (che può diminuire, ma può anche aumentare ulteriormente, specie se gli elettori M5S dovessero disertare le urne al prossimo giro) i seggi del PD sono destinati ad aumentare e quelli degli altri partiti a diminuire, e questo non se lo può permettere nessuno, a partire da chi non ha un piano B in caso di mancata rielezione (grillini in primis).

Aspettiamoci quindi un periodo di riforme abbastanza serrate, un semestre europeo “trionfale” per l’Italia ed un buon risultato sui mercati (se non altro per la stabilità che stiamo acquistando).

 

G.D.E.

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