OGM, Ossia Girano Menzogne

Per capire che cosa siano gli OGM occorre partire da lontano e parlare di amminoacidi, proteine e acidi nucleici.

Gli amminoacidi sono le molecole organiche che, legate l’una all’altra, formano le proteine.
Gli amminoacidi presenti negli organismi viventi sono una ventina, e differiscono l’uno dall’altro per il particolare sostituente legato al carbonio centrale della molecola; alcuni amminoacidi sono detti ‘essenziali’ in quanto l’organismo umano non è in grado di sintetizzarli da fonti non proteiche e perciò devono essere assunti con gli alimenti.
Le proteine differiscono l’una dall’altra in base al numero, al tipo e alla sequenza degli amminoacidi che le compongono, e variando questi tre fattori si possono ottenere un’infinità di proteine con caratteristiche anche molto differenti l’una dall’altra.

Ciascun tipo di organismo vivente ha le sue proprie proteine che lo costituiscono, queste proteine son tutte fatte con gli stessi 20 amminoacidi, ma saranno ovviamente assai diverse da specie a specie: le proteine degli esseri umani saranno molto differenti da quelle delle aragoste e da quelle delle querce, anche se gli amminoacidi che le compongono sono sempre gli stessi, solo presenti in percentuali e combinazioni diverse.

Gli acidi nucleici, che sono il DNA e l’RNA, sono molecole assai complesse costituite da unità monomeriche legate assieme.
Ciascun monomero (nucleotide) contiene un gruppo fosfato (debolmente acido, da cui il nome di acidi nucleici), uno zucchero (ribosio per l’RNA e 2-deossiribosio per il DNA) ed una base azotata.
Ci sono 4 basi azotate possibili negli acidi nucleici, per l’RNA sono:
Adenina (A) Guanina (G) Citosina (C) Uracile (U)
mentre per il DNA sono:
Adenina (A) Guanina (G) Citosina (C) Timina (T)

Diverse sequenze dei vari nucleotidi formano un “gene“, ossia un’unità di controllo della produzione di una (o più) proteine specifiche. Specie diverse hanno una più o meno grande percentuale di geni diversi per codificare la produzione delle proteine necessarie alla particolare specie.

Esaminiamo ora in dettaglio il DNA, che costituisce in pratica il ‘libretto d’istruzioni’ per la sintesi delle proteine da parte degli organismi viventi (e già, perché gli esseri viventi, a livello molecolare, sono dei sofisticatissimi laboratori chimici in cui, mentre io sto scrivendo e voi state leggendo, avvengono, con rese elevatissime, reazioni estremamente specifiche e selettive in condizioni di pH e temperature decisamente blande, mentre per riprodurre con una resa accettabile le stesse reazioni in un laboratorio tradizionale occorrono molto spesso condizioni drastiche e/o procedimenti laboriosi che richiedono svariati passaggi).

Il DNA di ciascun essere vivente è caratterizzato dalla particolare sequenza delle 4 basi azotate presenti nei nucleotidi, ed è in questa sequenza che sono contenute le informazioni per la biosintesi delle proteine.

Vediamo ora come sia possibile che l’informazione costituita dalla sequenza delle basi azotate venga ‘tradotta’ nella sequenza di amminoacidi che costituisce la proteina.
Se si sfruttasse una corrispondenza 1:1, una base azotata corrispondente ad un amminoacido, dal momento che le basi azotate son 4 e gli amminoacidi sono una ventina si farebbe assai poca strada: dopo i primi quattro amminoacidi non ci sarebbero più basi azotate da usare.
Con una corrispondenza 2:1, una coppia di basi azotate corrispondente ad un amminoacido, già s’andrebbe meglio, ma ancora non ci siamo: avrei 4 alla seconda, cioé 16, coppie, e ancora non si riuscirebbe a codificare tutti gli amminoacidi.
Con una corrispondenza 3:1 però, una tripletta di basi azotate corrispondente ad un amminoacido, finalmente ci siamo: a questo punto avrò 4 alla terza, cioé 64, triplette, ed ecco che ciascun amminoacido potrà essere codificato da una tripletta diversa. Anzi, dal momento che ho a disposizione 64 triplette di basi per codificare 20 amminoacidi, avrò un codice “degenere“, cioé un codice in cui lo stesso amminoacido può essere codificato da più di una tripletta (mentre, naturalmente, la stessa tripletta non può codificare due amminoacidi diversi).
Le triplette differenti che codificano lo stesso amminoacido sono assai simili tra loro, e questa è una protezione contro le mutazioni genetiche: se avviene una reazione che modifica una base azotata ci son migliori probabilità che la nuova tripletta codifichi lo stesso amminoacido.

La corrispondenza tripletta di basi – amminoacido costituisce il codice genetico degli organismi viventi ed è universale, cioé è lo stesso per tutti gli organismi della Terra, ed è rimasto inalterato nel corso dell’evoluzione.

Ecco che allora la sequenza del DNA di un essere vivente, costituita da una successione di triplette, darà tutte le informazioni sulla sequenza di tutte le proteine di quell’essere vivente, e utilizzando le informazioni del DNA l’organismo, ad opera dell’RNA, sarà in grado di sintetizzarsi tutte le proteine che lo compongono.
Ovviamente ci saranno alcune triplette dette di ‘stop’, che son quelle che separano una proteina dall’altra e che quindi avvertono l’organismo che una proteina è completata e si passa alla successiva.

Ciascun tipo di essere vivente avrà quindi la sua sequenza caratteristica del DNA, cui corrispondono le proteine caratteristiche di quell’essere vivente.

Nella sequenza del DNA si possono verificare mutazioni genetiche, cioé modifiche delle basi azotate che portano a triplette che codificano un amminoacido differente; queste mutazioni avvengono in tempi molto lunghi ed è per questo che le specie si modificano nel tempo dando origine a nuove specie, sottospecie o varietà.
Le mutazioni sono spesso assai piccole, può bastare che una sola tripletta (tra tutte quelle che costituiscono la sequenza del DNA) codifichi un solo amminoacido differente in un’unica proteina tra tutte quelle codificate da quel DNA, perché le conseguenze macroscopiche siano molto grandi: è il caso ad esempio dell’anemia mediterranea, che dipende dalla modifica di un unico amminoacido nell’emoglobina (la proteina del sangue adibita al trasporto di ossigeno nell’organismo).
La sostituzione di un amminoacido carico negativamente con uno non più carico nell’emoglobina è sufficiente a far cambiare la forma tridimensionale dell’emazia (globulo rosso) da globulare a falciforme rendendola meno capace di trasportare ossigeno rispetto alla naturale forma di disco biconcavo; d’altro canto, però, questa differenza nella forma rende il globulo rosso molto più resistente agli attacchi del parassita della malaria portato dalla zanzara anofele, e i portatori di anemia mediterranea che nascevano nelle zone infestate da questa zanzara, essendo meno soggetti alla malaria, riuscivano a sopravvivere mediamente più a lungo e quindi a trasmettere questa caratteristica genetica ad un maggior numero di discendenti rispetto ai non portatori.
Fino al recente passato, l’uomo non era altro che un ulteriore fattore ambientale che promuoveva o bocciava certe mutazioni o caratteristiche, decidendo di fatto (senza saperlo) quali sequenze genetiche venivano trasmesse ai discendenti degli organismi su cui operava.

Ci sono poi mutazioni genetiche indotte da agenti esterni, come l’esposizione a radiazioni o a particolari agenti chimici, che possono agire sulle basi azotate modificandole (è a questo punto, di solito, che accenno al benzopirene, presente nel fumo di sigaretta, come uno dei reagenti che possono modificare le basi azotate: a buon intenditor…).

Il grano Creso è stato ottenuto irraggiando con raggi X i semi di un’altra varietà di grano: le radiazioni provocarono delle modifiche nelle basi azotate del DNA dei semi di partenza, e tra i semi mutanti prodotti ne venne isolato uno che portò ad ottenere piante più basse, più resistenti e più produttive del grano di partenza; questa nuova varietà, che è a tutti gli effetti geneticamente modificata rispetto alla precedente, venne successivamente incrociata con altre varietà e portò all’ottenimento del grano Creso.

Gli OGM (e finalmente s’arriva a parlarne!) non son altro che organismi vegetali il cui DNA viene modificato non in modo casuale ed incognito, bensì in modo mirato: si vanno a modificare solo quelle basi azotate che porteranno a modifiche di particolari proteine responsabili di particolari funzioni, oppure s’introducono nuovi tratti di sequenza, provenienti in genere da altri organismi, in cui svolgono la funzione che si desidera “importare” anche nell’organismo sotto modifica.

Ad esempio le modifiche potranno avere lo scopo d’aumentare la difesa del vegetale nei confronti di parassiti o di malattie fungine, permettendo così l’ottenimento di piante più sane con una resa migliore, oppure si aumenterà la resistenza della pianta all’azione dei diserbanti, permettendo di agevolare l’operazione di diserbo delle colture.
Il che ci porta poi alla necessaria compatibilità tra il gene ospite e l’organismo ospitante, perché un conto è inserire il gene che produce l’insulina nel codice di un batterio, ma gene e batterio continuano a lavorare ognuno per conto proprio senza influenzarsi l’un l’altro, un altro è inserire geni che vanno a modificare il funzionamento delle cellule (e quindi degli organismi) nel cui DNA sono stati inseriti, con tutta un serie di conseguenza a cascata che in definitiva impediscono di mescolare come si vuole geni animali e vegetali, o di specie dello stesso regno ma troppo diverse tra loro.

Ecco che allora, qualora ci fosse qualche mentecatto che per qualche suo aberrante scopo desiderasse ottenere bambini con rami d’albero al posto delle braccia (o, quanto a questo, fragole – pesce oppure pomodori – pesce…), costui si scontrerebbe col fatto che un DNA ottenuto ‘mescolando’ DNA di specie così differenti non avrebbe alcuna possibilità di portare ad un individuo vivente perché una modifica così profonda modificherebbe l’intera chimica delle cellule, e quindi tutte le reazioni e le relazioni tra le varie parti dell’organismo in funzione della temperatura esterna.

In pratica, tra gli OGM che si possono davvero creare e la famigerata fragola – pesce c’è la stessa differenza che esiste tra il costruire un aeroplanino di carta oppure l’Enterprise di Star Trek.

Ma c’è chi sfrutta l’ignoranza (intesa come ‘mancanza di conoscenza’) delle persone per suscitare rabbia e paura, e il buon vecchio mito di Frankenstein è sempre utile per far affiorare la parte irrazionale delle persone e trasformarle in una massa ottusa, rabbiosa ed intollerante da convogliare per i propri scopi.

Un altro timore assai frequente è che gli OGM possano essere pericolosi per la salute.

Nel caso del MON810, ad esempio, il DNA del mais è stato addizionato di un gene proveniente da un batterio della famiglia del Bacillus thuringiensis che codifica una particolare proteina (una tossina) che è nociva per particolari tipi d’insetti.
La modifica non va praticamente a toccare nulla del funzionamento generale delle cellule del mais: aggiunge solo la codifica di una proteina del tutto inutile al mais, che non la usa né metabolizza, ma tossica per certe specie di insetti.

L’obiezione è: ma io qua mi mangio del mais che contiene tossine!
Già, ma si ha forse la sicurezza che il mais non OGM non contenga tossine di sorta? O che, parlando più in generale, i vegetali non OGM non contengano ‘veleni’ di sorta?

E non sto parlando di vegetali notoriamente velenosi, con buona pace di coloro che propugnano il “naturale è sano” a tutti i costi (citofonare Socrate per referenze), ma dei vegetali commestibili i quali, per difendersi dai predatori e dalle malattie, hanno sviluppato nel tempo delle sostanze tossiche a scopo di difesa.
E se ci si pensa è anche logico: se ci si trovasse a non potersi muovere perché si hanno le radici ben confitte nel terreno, e quindi non si fosse in grado di scacciare i parassiti o i predatori, un buon meccanismo di difesa potrebbe essere quello di sviluppare sostanze irritanti o tossiche.
(Apro qui una breve parentesi per accennare al triste destino dei peperoni piccanti, i quali sintetizzano una sostanza irritante, la capsaicina, a scopo di difesa, e proprio per questa loro caratteristica vengono ricercati da un ‘predatore’ assai più temibile dell’occasionale erbivoro che avrebbe potuto appetirli…).

C’è poi anche il discorso che i vegetali non OGM potrebbero essere meno resistenti alle malattie: ho visto con i miei occhi nel Consorzio Agrario del paese in cui vivo i campioni di mais del raccolto dell’anno scorso, che a causa dell’eccessiva siccità eran pieni di aflatossine che son cancerogene, e la cui presenza ha impedito di poter utilizzare il raccolto per l’alimentazione umana.
A proposito di aflatossine segnalo un articolo di Bressanini in risposta al solito “OGM no, dieci volte no!”: le tossine prodotte dal mais “naturale” (ossia geneticamente manipolato dall’uomo per secoli senza sapere esattamente cosa faceva, ma guidato solo dai risultati) usato per l’alimentazione animale, possono passare al latte e alla carne prodotti, e da lì accumularsi nei nostri corpi, con particolari pericoli per le donne incinte (effetti teratogeni o tossici sul feto).
Riguardo alle tossine Bt segnalo un articolo di Guidorzi con un particolare interessante: le tossine Bt sono state usate per la prima volta in… agricoltura biologica!

In pratica, secondo me l’essere OGM free non è totale garanzia d’innocuità, e potrebbe essere pure possibile che un prodotto non OGM sia più pericoloso per la salute di uno OGM.

Certo, la sperimentazione dei nuovi prodotti è indispensabile per individuare possibili problemi ed inconvenienti, ma demonizzare gli OGM non ci farà certo progredire sulla strada della conoscenza, anzi, come sempre succede in questi casi, un eventuale ritorno ai “buoni tempi antichi” (quelli che, come si sa, esistono solo nella mente di chi s’illude), ci riporterebbe dritti filati su quegli alberi da cui siamo scesi qualche milione d’anni fa.

E alla fine di tutto questo lunghissimo discorso vorrei offrire a chi ha avuto la forza e l’ardire d’arrivare fin qui una frase di Blaise Pascal che mi pare assai appropriata:

“L’uomo non è che una canna, la più debole della natura, ma è una canna che pensa. Per schiacciarlo non c’è bisogno che s’armi l’universo intero. Un vapore, una goccia d’acqua bastano per ucciderlo. Ma quand’anche l’universo lo schiacciasse, l’uomo sarebbe tuttavia più nobile di ciò che l’uccide, perché sa che muore; mentre l’universo che è più potente di lui non lo sa.”

G.D.E.

Un ringraziamento particolare va a Jake il cui contributo è stato essenziale per la stesura della parte ‘bio’ di quest’articolo.

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