Maxiemendamento, cosa cambia?

Piccola premessa, giusto per orientarci meglio nella lettura: quando si decide di mettere la fiducia su un disegno di legge, il Governo scrive un “maxiemendamento” da appiccicare sul vecchio testo, per sostituirlo in toto e coprirlo interamente con la fiducia. Questo comporta che, invece di diversi articoli originariamente previsti (nel caso del ddl Cirinnà parliamo di 23 articoli) c’è un unico articolo con tanti commi (qui sono 69).

 

Veniamo adesso al succo della questione. La storia dei disegni di legge sulle coppie di fatto in generale (DiCo, Pacs) e sul ddl Cirinnà in particolare è lunga e travagliata. Il ddl ha passato anni bloccato in parlamento, vittima di ostruzionismo di varia natura, e anche quando sembrava servito un accordo col M5S (al quale, devo dire, non ho mai creduto) questo si è di fatto tirato indietro nel momento della prima votazione veramente importante, quella sull’emendamento Marcucci. Questo ha lasciato il PD (unico vero sostenitore della legge, pur con qualche mal di pancia fisiologico) con due alternative: affrontare un “Vietnam” parlamentare fatto di voti segreti e centinaia di emendamenti (il che avrebbe richiesto come minimo mesi di discussione) oppure optare, come poi è stato fatto, per un voto di fiducia sacrificando una parte del testo e facendo un compromesso con le altre forze di Governo (NCD e AP). Non mi dilungherò sui motivi per cui decidere di adottare la strada parlamentare significherebbe condannare a morte l’ennesimo progetto di legge sulla regolamentazione delle coppie omosessuali e di fatto, in questo articolo vorrei piuttosto confrontare il testo del ddl Cirinnà e il maxiemendamento del Governo frutto dell’accordo di maggioranza, che dovrebbe essere votato in giornata.

Cominciamo col dire che la parte sulle coppie di fatto (etero e omo) non è stata praticamente toccata (tranne per quanto riguarda la rimozione dell’obbligo di mantenimento e alimenti, precedentemente previsto). Parliamo degli artt. 11-23 del vecchio testo, copincollati pari pari nei commi 36-69 del maxiemendamento. Non che fosse una grande sorpresa, considerato che il problema dei centristi e di NCD non era tanto quell’aspetto della legge, quanto la regolamentazione delle Unioni Civili (che sono solo fra persone dello stesso sesso) in particolare sotto due punti cardine:

  1. L’asserita equiparazione fra Unioni Civili e Matrimonio (che non c’era manco prima, ma vabbè) contenuta principalmente nell’art. 3 del vecchio testo;
  2. La presenza all’interno del testo originale (all’art. 5) di una disposizione che consentiva alla parte dell’Unione Civile l’adozione del figlio del partner (stepchild adoption), vista come “cavallo di Troia” per le adozioni gay tout court e per la pratica della maternità surrogata.

Per quanto riguarda il resto della legge non vale la pena di soffermarci troppo: le due versioni sono praticamente identiche. Ma per i due punti sollevati da NCD e centristi, che cosa cambia?

Per quanto riguarda l’art. 3 del vecchio testo, che come abbiamo detto disciplina i diritti e doveri delle parti dell’Unione Civile, traslitterato nei commi 11-21 del maxiemandamento, quasi nulla. Tutti i temutissimi riferimenti normativi, che secondo la vulgata avrebbero di fatto reso uguale l’Unione Civile al Matrimonio, rimangono tali e quali (quando nel maxiemendamento non indicano espressamente l’articolo scrivono la disposizione del codice civile direttamente in un comma), l’unica differenza sostanziale è che sparisce l’obbligo di fedeltà. All’atto pratico questo non comporta grandi sconvolgimenti: la norma sull’obbligo di fedeltà, da quando sono stati aboliti i reati di adulterio e concubinato, rileva unicamente in sede di separazione giudiziale per quanto riguarda la separazione con addebito di colpa. Se infatti la separazione è addebitabile a uno dei coniugi per violazione dei doveri matrimoniali, chi subisce l’addebito non ha diritto al mantenimento (che assicura un tenore di vita corrispondente a quello goduto durante la convivenza coniugale). Non solo, ma perché sia riconosciuto l’addebito per violazione dell’obbligo di fedeltà non è sufficiente che ci sia stato adulterio, ma che questo sia stato in concreto il fatto che ha reso intollerabile la convivenza coniugale, quindi viene applicato pure in via abbastanza restrittiva (vai te a provare che siamo entrati in crisi perché ti ho tradito, e che piuttosto non ti ho tradito perché siamo entrati in crisi… il rapporto causa-effetto in questo caso è determinante).
Oltre a ciò, è stata introdotta nel maxiemendamento (al comma 24) una forma “lampo” di scioglimento dell’Unione Civile, che può essere fatta anche disgiuntamente davanti all’ufficiale di stato civile. In pratica, una specie di divorzio immediato (altro che breve).

Le modifiche riguardo il tema della stepchild adoption invece sono molto più pesanti, anzi, direi radicali: l’art. 5 è stato del tutto rimosso («stralciato») dal testo, con la promessa che sarà trasferito in un altro ddl che riformerà in maniera più organica e complessiva tutta la normativa sulle adozioni. Ora, a mio modo di vedere è inutile girarci intorno: una norma del genere farebbe fatica a passare anche in un parlamento monocamerale a maggioranza centrosinistra, figurarsi nel Senato attuale dove il Partito Democratico (e SEL, volendo) ha un terzo dei senatori e neanche tutti sono d’accordo. Credo che quindi questa norma sia meglio non aspettarsela tanto presto, anche se in teoria le sarebbero stati dati tempi certi (prima della fine della legislatura). D’altra parte, il maxiemendamento per come è formulato non va minimamente a intaccare il filone giurisprudenziale che si è affermato sul tema, e che già adesso è molto propenso ad accogliere la stepchild adoption in via giudiziale per salvaguardare la continuità affettiva del minore (in ossequio a un principio generale, cardine, che mette in primo piano il suo “superiore interesse”). In sostanza quello che esce dalla porta rientrerà probabilmente dalla finestra, il che da un lato rende tutto meno sicuro e più complicato (visto che la giurisprudenza da un giudice all’altro può anche essere discontinua), ma dall’altro offre garanzie e speranze sia nell’immediato, sia pro-futuro, in quanto un intervento sul tema prima o poi al legislatore toccherà farlo.

Finita l’analisi vorrei, comunque, fare una considerazione. Capisco i movimenti d’opinione, capisco chi si è sentito frustrato da questo risultato, in quanto già il testo originale della Cirinnà era frutto di un compromesso abbastanza pesante. D’altra parte, in questo caso la scelta non era fra “ddl Cirinnà e maxiemendamento”, ma fra “maxiemendamento e niente di niente”. Con la retorica che “non è abbastanza” di fatto siamo fermi da dieci anni, forse sarebbe il caso di smetterla di pretendere tutto e subito e accontentarsi di quello che si riesce ad ottenere per il momento, che poi ovviamente si lotterà per migliorare ed allargare. Moltissime conquiste in tema di diritti civili sono arrivate proprio così: passo passo e un po’ per volta. Da qualche parte bisogna pur cominciare.

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