L’ossessione per le Visite

Spesso ci diciamo che i siti internet fanno di tutto per i click, ma in realtà i click non sono così importanti: vediamo perché.

(Prima di iniziare una annotazione: questo articolo contiene diversi termini che nel linguaggio professionale vengono utilizzati in inglese: per aumentare la leggibilità ho pensato di riportarli tradotti in italiano mantenendo il termine originale tra parentesi)

Gino lanciato un sito internet per che tratta magli idraulici usati: il sito non ha molti visitatori, ma comunque funziona abbastanza bene perché Gino è stato bravo a strutturare il sito in modo che i visitatori possano utilizzarlo.

Gino ha identificato diversi tipi di utente

  • Quelli che vogliono vendere un maglio idraulico
  • Quelli che vogliono comprare un maglio idraulico
  • Quelli che ancora non sanno di voler comprare un maglio idraulico
  • Tutti gli altri

Quelli che vogliono vendere un maglio idraulico sono interessati ad una valutazione del valore del proprio maglio idraulico, a informazioni su come trasferire il maglio idraulico sovietico da 450 tonnellate, e naturalmente a pubblicare l’annuncio sul sito di Gino.

Quelli che vogliono comprare un maglio idraulico sono interessati a poter ricercare sul catalogo il maglio che corrisponda alle caratteristiche che desiderano, magari ad avere informazioni su possibilità di finanziamenti, e naturalmente avere rassicurazioni sulla qualità della merce usata venduta.

Quelli che ancora non sanno di voler comprare un maglio idraulico sono persone che potrebbero per varie ragioni volere un maglio idraulico, magari perché una rivista di arredamento ha detto che la nuova moda (trend) è mettere nel proprio appartamento ricavato da un ex capannone industriale (loft) un bel maglio idraulico sovietico feng shui.

Tutti gli altri son quelli che in nessun modo possono essere interessati ad un maglio idraulico. La loro reazione probabilmente sarà quella di cliccare il tasto indietro, oppure chiudere il navigatore (Browser), o tirando un pugno al monitor. Queste visite vengono definite rimbalzi (bounce).

Il rateo di rimbalzo

Uno degli indicatori chiave di prestazione (Key Performance Indicator – KPI) di un sito internet è proprio il rateo di rimbalzo (Bounce Rate – BR). Viene normalmente espresso come una percentuale e naturalmente meno è meglio è. I visitatori che rimbalzano sono uno spreco netto: se sono arrivati sul tuo sito per caso poco male, ma se sono arrivati in seguito ad una campagna pubblicitaria allora un valore alto indica un problema.

Il rateo di conversione

Gli utenti che non rimbalzano ricadono probabilmente in una delle altre 3 categorie e per loro abbiamo stabilito quale è l’obiettivo che vogliamo raggiungano sul nostro sito (conversion).
Per chi vuole vendere vogliamo che pubblichino un annuncio, per chi vuole comprare semplicemente vogliamo che compri. Per quelli che vogliono comprare potremmo stabilire altri obiettivi intermedi quali l’iscrizione al nostro periodico via posta elettronica (newsletter) o alla nostra pagina Facebook.

Possiamo quindi calcolare i ratei di conversione per i diversi canali nello stesso modo che abbiamo utilizzato per calcolare il rateo di rimbalzo, ovvero dividendo il numero di conversioni per il numero totale di visitatori. Se abbiamo correttamente canalizzato i visitatori in percorsi diversi possiamo andare a calcolare anche i vari ratei di abbandono (drop off rate) nei vari passaggi dell’imbuto (funnel) che incanala i nostri visitatori fino alla conversione.

Ognuno di questi obiettivi può avere un valore economico. Se supponiamo che il nostro modo di far soldi (business model) sia prendere una percentuale sulla vendita allora l’unico valore viene generato nell’atto della vendita, ma naturalmente più venditori inseriscono il loro annuncio più il sito diventa interessante per i compratori. Quindi dall’altra parte possiamo stabilire come costo il costo di acquisizione di un venditore. Allo stesso modo possiamo dire che quelli che ci lasciano la loro email sono interessati in qualche modo alla vendita (lead) e quindi possiamo calcolare il costo di acquisizione per ogni lead.

Bene sappiamo dove si spende e dove si guadagna: ora facciamo i soldi

Ora che abbiamo scritto il nostro business plan, calcolato il nostro costo di acquisizione e la percentuale che riteniamo che vogliamo sulla vendita possiamo cominciare a riempire un foglio di calcolo con quello che è il nostro piano per far soldi (business plan) ovvero una serie di conti su quanti magli idraulici dobbiamo vendere ogni trimestre (quarter) per andare in pari (break even), quanto possiamo spendere per acquisire un singolo venditore, quanto per un singolo lead, e in base al costo del lead quanto spendiamo per un compratore. Oltre a quello naturalmente ci vorranno anche le valutazioni per la crescita basate naturalmente su una analisi del potenziale mercato.

Una volta fatte queste cose possiamo andare a proporre il piano agli investitori (corredato naturalmente di molti altri documenti) e cercare di farci dare i soldi (budget) per cominciare a comprare pubblicità e far girare questa bella macchina che abbiamo costruito.

Finalmente compriamo la pubblicità

Il signor Gino è felice: è riuscito a trovare i finanziatori per aver abbastanza soldi per far girare l’azienda per un anno, ovvero il tempo necessario per andare in pari e cominciare a stare in piedi con le proprie gambe (startup). Ora l’unica cosa da fare è comprare la pubblicità.

Gino sa poco di dove potrebbero nascondersi i suoi potenziali clienti nella vastità di internet: ha più o meno un’idea del profilo del proprio compratore, e quindi decide di provare qualche canale di massa come i quotidiani.

La prima fase di test di un canale pubblicitario è effettivamente un investimento in perdita: si compra un po’ di pubblicità e si vede quale ritorno si riesce ad ottenere. La pubblicità può essere comprata in vari modi, ma i più comuni sono i click e le visualizzazioni (impression): basandosi su quello che è il costo per lead che è disposto a spendere, e quale è il rateo di conversione atteso Gino stabilisce quale è il costo massimo per un click che è disposto a spendere (Cost Per Click – CPC) e stabilisce che il test durerà una settimana. Il periodo in cui la campagna pubblicitaria è attiva viene definito Flight, la pausa viene chiamata “hiatus” (contenti che ogni tanto dall’inglese ci re-importiamo il latino?).

Dopo una settimana (in realtà molto prima) Gigi va a calcolare il rendimento di quella campagna pubblicitaria e scopre che il rateo di rimbalzo sfiora il 90%. Gigi non sta tanto a ragionare sul perché di questo fatto ma semplicemente sega la campagna pubblicitaria e sposta i soldi da un’altra parte, noi invece concentriamoci un momento sul perché il rateo di rimbalzo sia così alto. Andiamo a vedere dove era finita la pubblicità

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Facile capire come visto che il banner era su una pagina generica il gran numero di click erano in realtà degli errori, magari nel tentativo di chiudere l’informativa sui cookie appiccicata sopra il banner.

Morale della storia

Se il mondo fosse pieno di signori Gino con chiare idee sugli investimenti pubblicitari, e una maniacale attenzione alla resa dei soldi spesi allora la pubblicità su internet sarebbe molto più rilevante e sopportabile. Facile capire che se il signor Gino non compra pubblicità allora il costo della pubblicità scende, e quando l’editore che campa di pubblicità vede che il costo della pubblicità scende come reagisce? La stada difficile è lavorare sul valore dei suoi contenuti in modo da selezionare i propri lettori in modo che possano essere persone interessanti per i propri inserzionisti, anche aiutato dalle aziende intermediarie di pubblicità che cercano in vari modi di fornire messaggi rilevanti per l’utente, la strada facile invece è mettere più pubblicità producendo più pagine e mettendo più annunci per pagina. La strada facile porta i lettori a vedere la pubblicità come un fastidio e quindi rapidamente ad installare soluzioni come adblock.

Ma la grande macchina continua a girare perché in realtà la fuori si ragiona ancora con le regole della televisione e della carta stampata dove la pubblicità si compra e si vende semplicemente avendo una idea generica del pubblico e un numero di spettatori o tiratura. Quando si ragiona in questi termini su internet è logico che ci si ritrovi a pensare che il valore più importante siano il numero di visite, i visitatori, e i click.

Naturalmente non sto dicendo che il numero di visitatori non sia importante, anzi è centrale, ma è molto più importante la qualità dei visitatori. Il numero di visitatori, come ci illustra il caso di Gino, è facilissimo da far salire nelle statistiche mentre è molto difficile convertire quei visitatori in vendite, e se i visitatori rimbalzano è praticamente impossibile. Ma la macchina gira perché la fuori ci sono ancora abbastanza persone che per furbizia o stupidità ritengono che il numero di visitatori sia una statistica maneggiabile, e che più visitatori equivalga proporzionalmente a più soldi. Questo assume toni drammatici quando i visitatori li paghi tramite pubblicità.

E questo ci porta all’ultimo ragionamento.

Non giocare con gli indicatori!

Tutta questa storia ci insegna che non bisogna mai giocare con gli indicatori. Mai porsi come obiettivo il cambiare un singolo indicatore in una tabella, neppure se questo indicatore sono i soldi che si guadagnano, perché ci sono modi per far soldi veloci un mese che poi non sono sostenibili nei mesi successivi. Sempre ragionare con la complessità degli indicatori che possono descrivere una situazione.

Alcuni markettari fighetti definiscono questo modo di ragionare come “olistico”, io semplicemente lo chiamo buon senso.

Quindi per questa ragione non dobbiamo ossessionarci se i visitatori vanno su o giù, se il PIL va su o giù, se l’occupazione va su o giù, se i test INVALSI vanno su o giù, perché e facile giocare con i numeri e scavare buche per far salire l’occupazione e il PIL, o insegnare agli studenti a prendere dei bei voti nei test INVALSI.

Dobbiamo invece prendere gli indicatori per quello che sono: indicatori, e utilizzarli all’interno di quello che riteniamo essere il piano per far funzionare qualcosa, e questo piano lo dobbiamo pensare tenendo in considerazione tutta la scacchiera.

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