L’evoluzione della battaglia oplitica. III

Il momento in cui il mondo greco imparò le lezioni Tebane fu quando nel 371 a.C.a Leuttra Epaminonda sconfisse gli Spartani superiori di numero con una versione migliorata dello schieramento di Delio.

 

La battaglia iniziò con uno scontro di cavallerie nel quale i Beoti superiori qualitativamente e quantitativamente ebbero facilmente la maglio sulla cavalleria degli Spartani e dei loro alleati poi arrivò il momento dello scontro tra le falangi per combattere il quale gli Spartani si schierarono sulle consuete 8 file mentre i Tebani per sfondare le linee nemiche si schierarono in massa sulla propria ala sinistra con una profondità di ben 50 file supportata da uno schieramento di sole 5 file di opliti di profondità e per evitare che le parti meno forti della propria formazione subissero uno sfondamento prima di essere loro ad operarlo la disposero in ordine obliquo con il centro lasciato dietro l’ala sinistra e l’ala destra dietro il centro guadagnando cosi tempo prezioso per far riuscire la propria manovra.

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Battaglia di Leuttra.

Oltre alla massa dei suoi uomini Epaminonda puntò anche sulla manovra della cavalleria che attaccò alle spalle l’ala destra nemica, dove erano concentrati gli Spartani, che in contemporanea subirono anche un attacco laterale da parte di un unità di truppe scelte il famoso battaglione sacro Tebano addestrato e organizzato proprio sul modello Spartano, gli Spartani cedettero lasciando sul campo 400 dei loro e alla vista della loro fuga gli alleati Peloponnesiaci rinunciarono alla battaglia.

Approfittando della vittoria su i loro nemici i Tebani imposero la loro egemonia sulla Grecia arrivarono addirittura a invadere il Peloponneso liberando i Meseni dal dominio spartano togliendo cosi a Sparta una parte significativa delle sue risorse economiche.

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La Grecia sotto l’egemonia Tebana

Nove anni dopo Leuttra i Tebani riportarono una nuova vittoria a Mantinea usando una tattica simile a quella di Leuttra ma pagando con la vita del loro miglior comandante il grande Epaminonda e con lui morirà la loro egemonia troppo dipendente dal suo genio militare per poter continuare a esistere senza la sua guida. Durante il breve periodo della loro egemonia i Tebai erano riusciti ad estendere la loro influenza anche sull’allora debole regno di Macedonia ottenendo come pegno della lealtà Macedone il giovane principe Filippo che una volta rientrato in patria e conquistato il potere riorganizzò l’esercito Macedone sui modelli greci oltre che dai Tebai Filippo imparò anche da un altro comandate greco l’ateniese Ificrate che aveva introdotto diverse migliorie all’armamento e alla organizzazione militare dei suoi tempi cosi ne parla lo storico

Diodoro Siculo: « Da quanto si dice, dopo aver acquisito una lunga esperienza nelle operazioni militari della guerra persiana, egli escogitò numerose migliorie negli strumenti di guerra, dedicando se stesso soprattutto in questioni di armi. In primo luogo, i greci usavano scudi grandi e quindi difficili da maneggiare. Egli li scartò, facendone altri piccoli ed ovali, di dimensioni modeste, raggiungendo in questo modo due obiettivi: conferire al corpo una copertura adeguata e consentire all’utilizzatore dello scudo piccolo, in virtù della sua leggerezza, di essere completamente libero nei movimenti. Dopo un periodo di prova del nuovo scudo, la sua facilità di utilizzo ne impose l’adozione, e la fanteria che veniva precedentemente chiamata “opliti” a ragione del loro pesante scudo, da allora ebbero il nome cambiato in “peltasti”, dalla leggera pelta che portavano. Quanto alle lance e alle spade, egli fece una modifica in senso opposto: di fatto incrementò la lunghezza delle lance della metà e raddoppiò la lunghezza delle spade. L’uso pratico di queste armi confermò le prove iniziali e dal successo dell’esperimento si guadagnò grande fama di generale di genio e inventiva. Egli creò anche stivali da soldato facili da slacciare e leggeri che continuano ai giorni nostri ad essere chiamati ificratei. »
(Diodoro Siculo, XV, 44.1-3)

Filippo oltre a combinare le innovazioni dei due comandanti greci introdusse ulteriori cambiamenti da lui stesso ideati aumentò la lunghezza delle lance, portandola fino a una lunghezza massima di 6 metri, armati con queste lance i fanti macedoni potevano far partecipare contemporaneamente allo scontro le prime 6 file di fanti mentre nella falange oplitica si riusciva a far partecipare solo le prime 3 file, inoltre suddivise l’esercito in reggimenti di 1.600 uomini ognuno dei quali operava come un unità monolitica ma che potevano operare come reparti indipendenti gli uni dagli altri permettendo una flessibilità operativa ignota alla falange greca.

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La falange Macedone con il suo caratteristico aspetto a istrice.

 

La falange si dimostro uno strumento di guerra innovativo e per lungo tempo efficiente e con esso la battaglia oplitica si trasformò definitivamente in qualcosa di profondamente diverso in una battaglia manovrata e a armi combinate con le quali Filippo conquisterà la Grecia e suo figlio Alessandro l’impero Persiano.

 

 

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