Le Ragioni di una legge giusta

((L’articolo è di Thelonious))

 

Le Ragioni di una legge giusta

 

seedling

 

Il 25 Luglio sarà, nel suo piccolo, una data storica per l’Italia. Nonostante le cronache siano occupate da questioni di attualità ben più pressante, in questa data il parlamento discuterà per la prima volta di droghe non partendo da una prospettiva proibizionistica.

È in programma, infatti, la discussione della proposta di legge sulla legalizzazione della cannabis e dei suoi derivati, promossa dall’intergruppo parlamentare che negli ultimi due anni si è occupato della sua stesura, fondendo i testi già depositati in parlamento da singoli deputati o senatori,  copmpletandoli e cercando di limare per quanto possibile i difetti che questi contenevano.

L’intergruppo, sorprendentemente, è composto da 112 deputati e senatori provenienti da quasi qualsiasi gruppo parlamentare: PD, SEL, M5S, gruppo misto (da varie provenienze), GAL, SC, gruppo per le autonomie e persino Forza Italia. I firmatari della proposta di legge, che ad oggi sono 294, provengono dagli stessi gruppi. Non è difficile notare l’assenza di Lega Nord e Area Popolare da questi elenchi, ma non si può dire che sia una sorpresa. I principali animatori del dibattito sono stati Benedetto Della Vedova (ex radicale, ex tante altre cose e ora nel gruppo misto), Roberto Giachetti (primo firmatario) e Giuditta Pini del PD, Daniele Farina di SEL e  VIttorio Ferraresi del M5S.

Senza entrare nei dettagli legali, è interessante cercare di capire quali potrebbero essere le implicazioni nel remoto caso che questa legge venisse approvata, partendo dalla situazione attuale e analizzando brevemente la proposta oggi in esame.

 

Come stanno le cose?

Cercare di orientarsi nel mare di informazioni disponibili sul tema delle droghe è abbastanza difficile. Molte delle fonti sono smaccatamente di parte, pro o contro la legalizzazione, altri dati riguardano un mercato illegale e sono per forza di cose incompleti o arricchiti da stime fantastiose. Un buon punto di partenza, però, può essere la relazione annuale dell’osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (EMCDDA). Ci dice, ad esempio, che il 32% della popolazione italiana ha fatto uso almeno una volta nella vita di cannabis o dei suoi derivati (hashish, principalmente) e il 19% ne avrebbe consumata nell’ultimo anno.  A livello europeo, si legge nello stesso rapporto, il consumo è in continuo seppur leggero aumento, con un sostanziale incremento nei valori di concentrazione del principio attivo nel materiale sequestrato. Sarebbe semplicistico dedurre da questi semplici dati che la politica attuale sulla cannabis non stia funzionando, ma almeno un paio di antenne potrebbe farle rizzare.

Un rapporto dell’Istat, invece, quantifica la spesa in prodotti della cannabis a due miliardi e mezzo di euro all’anno. Una cifra enorme. Le carceri, intanto, sono ricolme di detenuti condannati o in attesa di giudizio per reati collegati alla droga, ma ci torneremo in seguito.

 

Cosa propone la nuova legge? E negli altri paesi come fanno?

 

Il testo dettagliato può essere letto qui, ma i punti principali riguardano il possesso e suoi limiti, la possibilità di coltivazione, i cosiddetti “cannabis social club” (coltivazione associativa),la vendita e la distribuzione, la regolamentazione della cannabis come farmaco e tutti i limiti legati ai punti precedenti. Pur mettendo limiti abbastanza stringenti per le quantità detenibili e acquistabili (5g in pubblico, 15 tra le mura domestiche) e per il numero di piante coltivabili, non più di cinque, la proposta di legge è sufficientemente lungimirante da esplorare tutte le possibilità di legalizzazione della cannabis, non lasciando, per quanto possibile, zone grigie non definite dalla legge, come accade in molti altri paesi.

Non sarebbe inoltre previsto il consumo in pubblico, vietato ai minori o in loro presenza e ovviamente alla guida. La vendita sarebbe sottoposta a regime di monopolio, con continui controlli sulla qualità dei prodotti e sulla concentrazione di THC.

Si sottolinea inoltre come questa legge non voglia certo incentivare il consumo di stupefacenti, ma solo regolamentare un mercato che sostanzialmente esiste già. A questo proposito, la legge prevede che il 5% per cento dei proventi della vendita, oltre a tutte le sanzioni amministrative collegate alla cannabis siano destinati al Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga.

La proposta dell’intergruppo può essere definita come vera e propria legalizzazione, a differenza di quanto succede (e di quanto si pensi spesso) in Olanda e Spagna, che sono in una situaizone di sostanziale depenalizzazione. Pur prendendo spunto dalle leggi presenti in questi due Paesi, tutta la filiera di produzione e vendita sarebbe controllata, senza lasciare teoricamente spazio a coltivazioni clandestine.

Le due legislazioni prese a modello per la proposta italiana sono sicuramente quella dell’Uruguay per quanto concerne i monopoli e quella del Colorado per la parte riguardante la vendita e la possibilità di creazione di business. Proprio il Colorado offre alcuni interessanti esempi di quello che potrebbe diventare il mercato della cannabis nel nostro Paese: moltissime opportunità di commercio non solo come rivendite di infiorescenze o resine ma come luoghi dove si tengono degustazioni, dove si vendono prodotti ricercati, di nicchia, un po’ come si potrebbe fare con un buon whisky. Per alcuni di questi negozi, la vendita destinata al fumo non è neanche la maggior parte dei proventi. Una cannabis radical chic, insomma.

grafico 1

Sì, ma chi ci guadagna?

 

A detta dei coordinatori dell’intergruppo parlamentare, lo scopo di questa legge non è quello di garantire maggiori introiti per lo stato. Tuttavia, sarebbe inutile tralasciare che le droghe leggere sono un mercato enorme, la cui regolarizzazione porterebbe costi e benefici ingenti, che val la pena cercare di quantificare.

Un testo di riferimento per questo tipo di analisi può essere l’articolo di Centorrino, David e Ofria su lavoce.info. Per questo studio sono stati presi in considerazione l’aumento dei costi per lo stato, quantificabili principalmente con l’organizzazione delle strutture per il commercio e con l’aumentato carico per il sistema sanitario nazionale nel caso in cui il consumo aumentasse (ipotesi comunque da verificare). I probabili benefici, invece, sono di molteplici tipologie, a partire da una riduzione delle spese per la repressione del consumo per poi considerare anche  la tassazione diretta su vendita e consumo, e infine la voce principale: l’emersione delle transazioni relative a un mercato finora illegale. Si possono considerare anche alcuni benefici indiretti, come la possibilità di migliore impiego delle risorse liberate per la liberalizzazione, oltre al mercato indotto dalla vendita diretta.

Cattura24

In sintesi, lo studio quantifica il possibile aumento del PIL italiano di una percentuale compresa tra l’1,20 e il 2,34%, con un fatturato che potrebbe aggirarsi tra la stima più pessimista di 24 miliardi di euro fino a 50. Ovviamente sono stime da prendere con le pinze, considerando soprattutto le difficoltà nell’emersione di un mercato nero e le possibili resistenze delle organizzazioni criminali. Sembra tuttavia abbastanza chiaro che i benefici supererebbero di gran lunga i costi.

 

 

La criminalità potrebbe aumentare?

 

Uno degli aspetti più controversi e difficili da trattare è sicuramente l’impatto che una riforma di questo tipo potrebbe avere sulla criminalità nel nostro Paese.

In Italia, la guerra alla droga occupa una quantità impressionante di risorse e i cannabinoidi hanno costituito nel 2015 più del 56% di tutte le attività delle forze dell’ordine collegate agli stupefacenti. Più di un detenuto ogni 4 è incarcerato per per imputazioni o condanne basate sull’articolo 73 del Testo unico sulle sostanze stupefacenti, ma solo una percentuale molto minore per reati collegati all’articolo 74 (associazione finalizzata al traffico). Cosa significa? Che a essere colpiti sono principalmente i piccoli spacciatori, i consumatori o i coltivatori casalinghi, mentre si fa molta più fatica a perseguire le grandi organizzazioni criminali (libro bianco sulle droghe 2016). Nel contempo però, i consumi aumentano così come la pericolosità delle sostanze reperibili sul mercato clandestino, garantendo sempre maggiori introiti alle mafie.

Proprio a partire da questo tipo di ragionamenti, è stata proprio la Direzione Nazionale Antimafia, con alcune osservazioni proprio sulla proposta di legge Giachetti, ad esprimere parere positivo per tutte le proposte di legge che mirano a legalizzare la coltivazione, la lavorazione e la vendita della cannabis e dei suoi derivati, soffermandosi in particolare sulla possibilità di impiegare meglio e in maniera più utile le risorse ora occupate nella fallimentare lotta al narcotraffico, direttamente (fdo, polizia penitenziaria) che indirettamente (magistrati, funzionari, ufficiali giudiziari) e sulla possibilità di interrompere un ingente flusso di denaro destinato alle casse dei gruppi criminali, sia sul suolo italiano che su scala internazionale, includendo possibili ricadute positive anche sui finanziamenti a gruppi integralisti in medio oriente.

A questo proposito è utile notare come, nei Paesi dove sono state introdotte liberalizzazioni simili a quella che è proposta in Italia oggi, il prezzo al dettaglio del prodotto legale sia diminuito notevolmente, nonostante la tassazione, rispetto a quello del mercato nero, portando al prosciugarsi dell’afflusso nelle casse delle organizzazioni criminali per una semplice legge di mercato.

 

Ma la cannabis fa male?

 

La questione probabilmente più spinosa, quando si parla di stupefacenti, sono gli effetti sulla salute. Se la domanda è “la cannabis fa male?”, la risposta non potrà che essere: certamente sì. In quanto sostanza psicotropa ha degli effetti, a breve e medio termine, sul nostro organismo. Quello che vale la pena domandarsi, quindi, è se faccia così che lo Stato debba decidere di vietarne la vendita e la produzione. Anche questa domanda potrebbe in realtà essere sorpassata da osservazioni sul fatto che esista già un mercato della cannabis, che lo stato lo voglia o meno, ma dal punto di vista etico è una domanda che ha decisamente più senso.

Sul piano etico, tuttavia, non si possono dare risposte che vadano bene per ognuno in quanto per definizione sono argomenti che lasciano una larga dose di soggettività. Il ministro della salute italiano, ad esempio, continua ad opporsi fortemente ad ogni proposta di legge che preveda la legalizzazione, anche se utilizza ancora argomenti (la gateway drug) che sono stati smentiti da studi autorevoli almeno dagli anni 40, e prospettando il consumo da parte di minori che, come detto, sarebbe espressamente vietato dal disegno di legge.

L’unica cosa che abbia senso far notare in un dibattito di questo tipo dal punto di vista della salute è che lo consente liberamente la vendita di sostanza che hanno un impatto altissimo tanto in termini di vite umane quanto di costi per il SSN e che sicuramente sono estremamente dannose per l’uomo, probabilmente più della cannabis, ma che per “cultura” e tradizione non possono essere vietate.
etilometro

E la politica?

 

Se siete arrivati fin qui è ora di parlare dell’argomento più divertente: i nostri amabili rappresentanti nel parlamento. Come già detto, la proposta di legge in esame è stata redatta da un intergruppo con partecipanti provenienti da praticamente tutti gli schieramenti politici dell’emiciclo, ad esclusione di Lega Nord e Area Popolare. Nulla di strano, viste le tradizionali prese di posizione di questi partiti sull’argomento.

All’esterno delle aule, tuttavia, ci sono importanti esponenti di queste aree che sono più che disponibili ad accettare la proposta di legalizzazione. È il caso, ad esempio, di Camillo Langone, che si definisce addirittura “area Giovanardi” ma che in un ottica di minimizzazione del danno si dichiara a favore della cannabis libera. Anche altri, con motivazioni discutibili ma sempre da destra, come Alberto Brambilla de Il Foglio, affermano la loro favorevolezza.

Sarebbe anche una buona occasione perché la destra autodefinita liberale battesse un colpo e facesse presente che un posticino al dibattito, in Italia, potrebbe averlo anche lei, dato che sembra latitare da diversi decenni.

Oltre alla positiva, per ora, congiunzione di vedute di persone provenienti da schieramenti così diversi sul tema, questa legge potrebbe essere l’occasione per l’Italia di ergersi, una volta tanto, come Paese avanguardista su un tema sociale. Come si è notato nella breve analisi dei sistemi normativi degli altri Paesi, nessuno in Europa ha una legislazione così completa sul tema, e forse solo alcuni stati USA (e prossimamente il Canada) sarebbero a questo livello.

Ovviamente, non potevano mancare le zuffe in casa PD, che sono cominciate ancora durante la discussione in commissione quando la relatrice della commissione Affari Sociali Anna Margherita Miotto (PD) ha tentato di spacchettare il testo per non farlo giungere in aula in forma completa, suscitando anche la reazione di alcuni esponenti del PD stesso come la deputata Giuditta Pini. Altri agguati si preannunciano in aula dalla parte cattolica conservatrice del partito democratico, visto che almeno 1700 emendamenti minacciano il testo di legge. La strada sarà lunga, tortuosa e molto probabilmente senza sbocchi.

Dulcis in fundo, non poteva mancare una nota sui protagonisti principali di questo blog: il movimento 5 stelle. Fino ad ora, salvo alcuni attacchi strumentali al PD prevedibili come Jingle Bells a Natale, si sono comportati in maniera sorprendentemente costruttiva, sia nelle riunioni dell’intergruppo che nella discussione in commissione.

Il vero timore è che il gruppo non sarà assolutamente così unito al momento del dibattito parlamentare, e che non aspettino altro che un pretesto, come loro solito, per tentare di affossare l’intera legge in maniera strumentale col solo scopo di accusare l’odiato nemico politico.

Sia come sia, una discussione nell’aula del parlamento italiano è qualcosa di storico. Certo, il timore è che i temi e i toni del dibattito siano estremamente tristi. O divertenti, dipende da quanto abbiate fumato prima di assistervi.

 

Per approfondimenti e ulteriori fonti:

Il sito dell’intergruppo: http://www.cannabislegale.org/

Relazione del dipartimento politiche antidroga: http://www.politicheantidroga.gov.it/attivita/pubblicazioni/relazioni-al-parlamento/relazione-annuale-2015/presentazione.aspx

Un articolo che praticamente usa le mie stesse fonti ma ovviamente è scritto meglio:

http://www.fanpage.it/perche-dobbiamo-legalizzare-la-cannabis/

Le ragioni di Della Vedova:

http://www.linkiesta.it/it/article/2015/10/07/le-giuste-ragioni-per-legalizzare-la-cannabis-una-risposta/27693

Cannabis Radical Chic:

http://www.linkiesta.it/it/article/2015/06/05/commestibile-bio-a-domicilio-la-marijuana-e-sempre-piu-radical-chic/26204/

Esempio di un fallimento della War on Drugs:

http://www.linkiesta.it/it/article/2015/07/01/tribunali-e-carceri-al-collasso-il-fallimento-della-lotta-alle-droghe/26511/

Relazione DNA 2015:

http://www.camera.it/temiap/2015/03/04/OCD177-1033.pdf

Articolo interessante de l’Espresso:

http://espresso.repubblica.it/affari/2015/08/19/news/marijuana-il-proibizionismo-costa-all-italia-8-5-miliardi-di-euro-all-anno-1.225591

Altro antiproibizionista di destra:

http://www.ilfoglio.it/articoli/2015/07/21/non-proibizioni-ma-responsabilit___1-v-131070-rubriche_c168.htm

I commenti sono chiusi.