Le origini del terrorismo in Italia – seconda parte –

“Piazza Fontana, Pinelli, poliziotti che sparano, compagni in galera, Della Torre e tanti altri licenziati, squadracce fasciste protette dalla polizia, giudici-politicanti-governanti, servi dei padroni…
Questi sono gli strumenti della violenza che i padroni riversano contro la classe operaia per spremerla sempre di più. Chiederci di lottare rispettando le leggi dei padroni è come chiederci di tagliarci i coglioni!”

5 Febbraio 1971, Volantino “Brigata Rossa”

 

I movimenti estremisti

In Italia, dopo Piazza Fontana, si moltiplicarono movimenti e gruppi rivoluzionari e apertamente anti-sistema. Farne un elenco — seppur sommario — qui è impresa improponibile. Si può dire che all’epoca erano più numerosi ed avevano maggior seguito quelli della estrema sinistra extra-parlamentare. Non meno agguerriti però furono quelli di estrema destra.


La strage di Piazza Fontana fu subito vista dai movimenti di sinistra come una “strage di stato”; le prime — discutibili e dilettantesche — indagini puntarono fin da subito ad una “pista anarchica”; indagini inoltre macchiate dal seguente non meglio chiarito “suicidio” di Giuseppe Pinelli nella questura di Milano. Questo fatto non fece altro che aumentare tensioni e dubbi. Il processo, che non arrivò mai ad individuare i colpevoli, fece comunque luce sugli ambienti poco trasparenti dei servizi segreti e la loro vicinanza ad ambienti di destra eversiva. 


Personaggi come gli informatori del SID Giannettini, Serpieri e i terroristi di estrema destra Freda e Ventura furono al centro di polemiche roventi che videro qualche barlume di chiarezza solo nel processo di Catanzaro (il processo venne spostato da Roma a Milano e poi a Catanzaro) del 1977. Nei primi anni 70 il ricorso alla lotta armata — prima solo accennata come possibilità del tutto teorica e lontana — divenne, per molti militanti, una scelta — dal loro punto di vista — obbligata. I sindacati — di ogni sigla e colore — furono i primi ad essere travolti da questa ondata di ribellione contro ogni forma istituzionale che derivasse direttamente o indirettamente dall’autorità statale; nelle fabbriche i sindacalisti vennero boicottati e gruppi autonomi di studenti ed operai decisero una propria scelta di lotta senza passare dalla rappresentanza sindacale. Va anche ricordato che il 22 luglio 1970 ci fu il deragliamento del treno Palermo – Torino (il treno del sole) causato da una esplosione nei binari all’altezza della stazione di Gioia Tauro; 6 morti e 66 feriti. La strage di Gioia Tauro fu subito associata politicamente alla rivolta che si stava svolgendo a Reggio Calabria. Rivolta che prese le mosse dalla scelta dello stato di nominare come capoluogo di regione Catanzaro, decisione non priva di aspetti politici e ricadute economiche.


E’ in questo periodo che — nella sinistra extra-parlamentare — si fa strada e prende corpo la teoria della “resistenza tradita”, e cioè quella teoria che postula un tradimento dei valori nati durante la resistenza e successivamente non applicati nella nuova società italiana nata dopo la guerra al nazi-fascismo. L’artefice e il più importante divulgatore di questa dottrina fu certamente Giangiacomo Feltrinelli, uscito prima dal PSI e poi dal PCI per formare i GAP (Gruppi d’Azione Partigiana). Nel 1949 aprì una biblioteca dal nome  “Biblioteca Giangiacomo Feltrinelli”; questa biblioteca diventò presto un centro studi sui movimenti operai e servì anche per propagandare idee rivoluzionarie. Pochi anni dopo, nel 1954 a Milano, l’esperienza culturale della fondazione si sviluppò in quella che poi divenne una delle più importanti case editrici italiane: “LaFeltrinelli”. 

 

[“La notte della repubblica” Sergio Zavoli]

Strategia della tensione o incoscienza criminale?


Si parla spesso di “strategia della tensione” come di un progetto atto a disseminare paura e insicurezza nei cittadini tramite attentati e stragi al fine di provocare uno slittamento delle politiche di governo in senso autoritario se non addirittura favorire un colpo di stato. Questa teoria non trovò mai un riscontro penale anche se approfondimenti giornalistici e pezzi di inchieste giudiziarie fecero un po’ di luce su ambienti poco chiari dei reparti militari e dei servizi segreti. Se non si può parlare di “strategia della tensione” come di un fatto giuridicamente e storicamente incontrovertibile è invece definitivamente provato il “depistaggio” continuato del SID e la vicinanza di alcuni suoi esponenti ad ambienti della destra eversiva.


A titolo di esempio e proprio al fine di evitare di parlare dei depistaggi come di un qualcosa di aleatorio o peggio di natura “complottista”, porto uno stralcio del processo di Catanzaro in cui si discute del segreto politico militare in Italia. Si sa che le prime indagini sulla strage di Piazza Fontana vennero depistate; il fatto che qui tratto (non il solo venuto a galla in questo ed in altri processi) riguarda una serie di informative del SID che presagivano una possibile attività della destra eversiva per fermare “l’avanzata delle sinistre” in parlamento e fuori, ed una in special modo in cui — tramite l’informatore dei servizi segreti Stefano Serpieri — si faceva espressamente richiamo ad ambienti di estrema destra romana per le bombe esplose in quel 12 dicembre 1969 a Roma. Un nome che venne fuori fu quello di Mario Merlino, definito “anarchico”, seppur il SID fosse già a conoscenza del fatto che fosse un militante fascista infiltrato negli ambienti anarchici romani. Al contrario venne battuta subito la pista anarchica, infruttuosamente, che portò, tra le altre cose, alla morte oscura di Pinelli nella questura di Milano.


Questo specifico caso riguarda due note del SID compilate dal confidente Serpieri il 16 e il 17 dicembre (quindi subito dopo la strage); in queste note si fece il nome di Mario Merlino, presunto esecutore materiale degli attentati, ordinato — secondo la nota — da Stefano Delle Chiane e due altri terroristi neo-fascisti stranieri. In una successiva comunicazione dei servizi segreti si “consiglia” di non portare all’attenzione degli inquirenti queste notizie; la stessa risposta la darà più tardi il capo dei servizi segreti Eugenio Henke al magistrato inquirente, tacendo ancora la scoperta della “copertura” anarchica dei neo-fascisti operanti in Italia. Le titubanze, i tentennamenti, i “dico non dico”, insomma le arrampicate sugli specchi sono una conferma delle fortissime coperture che certe sfere continuarono ad avere anche durante il processo.


Ripeto: questo non è né il solo né il più grave episodio di depistaggio ma almeno un riscontro provato a livello giuridico penale lo devo mettere per dimostrare il nesso — almeno in forma dubitativa — tra i servizi segreti deviati e la teoria della “strategia della tensione”. Questo nesso di per sé non prova nulla; di contro si può affermare senza ombra di dubbio (perché provando il singolo caso si prova il quadro generale) che non solo alcune componenti del SID nascondevano informazioni importanti alla magistratura ma lo facevano per favorire i gruppi della destra eversiva con la quale era in stretto rapporto.


(Consiglio di non focalizzarsi tanto sulla trama, per altro molto oscura, ma sulle risposte omissive e omertose dei militari e tutori dell’ordine. Comunque sia per una minima comprensibilità del testo:

Stefano Serpieri, informatore del SID infiltrato negli ambienti anarchici romani

Guido Giannettini, informatore del SID vicino al gruppo veneto della destra eversiva

Franco Freda, militante del gruppo veneto di estrema destra

Marco Ventura, militante del gruppo veneto di estrema destra

Mario Merlino, militante fascista infiltrato negli ambienti anarchici romani

Stefano Delle Chiaie, fondatore Avanguardia Nazionale

Eugenio Henken, capo del SID che nascose le informazioni sulla pista nera)

 

[“Il processo di Catanzaro, 1977” Paolo Mieli ]

[“Il processo di Catanzaro, 1977” Paolo Mieli ]

 


Tanto tuonò che piovve


In Italia dopo le due stragi di Milano e Gioia Tauro gli scontri di piazza tra manifestanti e polizia si fecero sempre più agguerriti e comparvero le prime armi; anche tra gli opposti gruppi estremisti si passò alle vie di fatto. In questo periodo si possono individuare tre campi in cui si fronteggiano le rivendicazioni sociali. Un primo livello è quello istituzionale: DC, PCI e gli altri partiti nazionali, insieme ai sindacati e associazioni politiche di base. Il secondo livello: quello dei gruppi extra-parlamentari, di destra, di sinistra e anarchici, artefici di una lotta spesso violenta tra di loro e contro lo stato ma che non va oltre la violenza di “strada” e di puro conflitto sociale. La terza, quella più oscura e inquietante: gruppi di ispirazione rivoluzionaria e insurrezionale di estrema sinistra e quella eversiva di estrema destra. Il terzo livello di scontro portò i gruppi rivoluzionari o eversivi ad armarsi e ad organizzarsi per il rovesciamento dell’ordine sociale.


Il livello politico istituzionale — per lo meno quello “visibile” — rimase nella dialettica aspra ma democratica. Comunque cercò in ogni modo di tracciare un confine netto e soprattutto riscontrabile dall’opinione pubblica nei confronti sia dei movimenti estremi ma comunque non sovversivi sia ovviamente anche nei confronti di quelli che — a partire dagli anni 70 — propugnarono esplicitamente la lotta armata contro il nemico politico e lo stato. E’ di tutta evidenza che i “confini” tra i livelli — alcune volte — potevano essere passati da personalità ambigue o doppiogiochiste; inoltre il clima difficile di quei tempi induceva molti militanti o simpatizzanti non apertamente anti-sistema a “giocare” pericolosamente su più livelli.


Prima dell’avvento conclamato dei gruppi armati, nell’area della sinistra extra-parlamentare si formarono due anime: quella più operaista fedele all’ortodossia marxista-leninista, come Potere Operaio e Avanguardia Operaia, che postulava un ruolo predominante della classe operaia; quella di stampo maoista, diffusa soprattutto nelle università come Lotta Continua, che prediligeva la rivoluzione di stampo culturale che abbracciasse tutte le classi in lotta. 

 

[“Anni di piombo – Arcipelago rosso” Andrea Vianello ]

Anche nella destra eversiva ci furono due grosse ramificazioni: Avanguardia Nazionale e Ordine Nuovo di natura spiccatamente anti-comunista e che vedeva come principali nemici i gruppi di sinistra, sia parlamentare che estrema, e per questo cercava sponde negli ambienti militari e dei servizi segreti; quella prettamente di natura eversiva, spontaneista, dei NAR — gruppo formato molto più tardi nel 77 — che avevano come obiettivo principale l’abbattimento con ogni mezzo dello stato ed in subordine la lotta armata contro i gruppi di estrema sinistra. Queste differenze dottrinarie però erano spesso sconosciute ai militanti ed erano utilizzate più dai “quadri” delle organizzazioni estremiste in una guerra simulata per l’egemonia culturale della propria aria di riferimento.

 

[“Anni di piombo – Arcipelago nero” Andrea Vianello ]

Il 1970 fu anche l’anno del “Golpe Borghese”, il presunto tentativo di colpo di stato ordito da Junio Valerio Borghese, ex capo della X MAS, aderente alla Repubblica Sociale Italiana, fondatore del Fronte Nazionale di ispirazione ultra-nazionalista e neo-fascista. Il colpo di stato fu annullato all’ultimo momento proprio da Valerio Borghese.

 

[“La notte della repubblica” Sergio Zavoli]


Se sia stato un tentativo grottesco o inquietante o ancora preparatorio per altri atti eversivi non si è riuscito a sapere. Di sicuro questa saldatura tra ambienti militari, provenienti dal fascismo storico, e il nuovo fascismo — meno “istituzionale”, molto revanscista — fatto da una galassia di gruppi di estrema destra eversiva, gettò il paese in una sorta di inquietudine continuata. I cittadini comuni cercarono di rispondere dando più potere — tramite il voto — ai partiti istituzionali (democristiani, liberali, socialisti o comunisti che fossero). Nella estrema sinistra extra-parlamentare invece presero forma i primi gruppi rivoluzionari e insurrezionalisti che “maneggiarono” pistole e fucili; i più importanti: Prima Linea e il gruppo genovese XXII Ottobre.

 

I focolai più roventi divamparono nelle tre città del nord del così detto “triangolo industriale”, Milano, Genova e Torino. A Milano si consolidò il CPM (Collettivo Politico Metropolitano) fondato l’8 settembre 1969 da Renato Curcio e Mara Cagol, appena laureati all’università di sociologia di Trento voluta e creata dalla classe dirigente della DC, comprendente studenti e gruppi di operai organizzati provenienti dalla Sit-Siemens e dalla Pirelli. Questa organizzazione — che unì l’egalitarismo sociale alla dottrina rivoluzionaria marxista-leninista — ebbe poco successo ma fu di enorme importanza storica perché, quando si dissolse, parte dei militanti e leader confluirono in Sinistra Proletaria, altri diedero vita al primo “nucleo storico” delle brigate rosse, che all’inizio si chiameranno “Brigata Rossa”.

All’interno delle fabbriche lo scollamento tra i gruppi autonomi estremisti e i sindacati fu enorme. Se prima ci fu una parvenza di dialogo — anche con i partiti istituzionali come riferimento “terzo” tra le due parti in “lotta” — subito dopo subentrò un vero e proprio odio se non, come si nota dal volantino di Sinistra Proletaria fatto circolare alla Sit-Siemens di Milano, indifferenza.

“A noi non interessa parlar male del sindacato, né accusare gratuitamente qualcuno di essere venduto al padrone. Il sindacato non è venduto, soltanto ha scelto, insieme ai cosiddetti partiti dei lavoratori, la strada delle riforme, cioè la strada dell’accordo complessivo e definitivo con i padroni.”

Sinistra Proletaria, luglio 1970

In pratica i lavoratori all’interno delle fabbriche e stabilimenti del nord si trovarono di fronte ad un bivio.


 

 

 

Aggiungo due curiosità.

L’arma che divenne il “simbolo” non solo delle Brigate Rosse ma anche degli altri gruppi armati fu la P38, arma di fabbricazione tedesca durante il periodo nazista.

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La stella a cinque punte dentro un cerchio delle Brigate Rosse venne scelto ispirandosi al simbolo del Movimento di Liberazione Nazionale (MLN) dei Tupamaros. Questo gruppo, attivo in Uruguay, era una organizzazione militare marxista-leninista.

tupamaros


Le origini del terrorismo in Italia – prima parte –

 

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