LE BILANCIADI

Articolo di tigre della malora, ricevo e pubblico.

 

Il succedersi delle vicende romane dal 19 giugno ad oggi (in continua evoluzione, peraltro) mi ha dato lo spunto per condividere le mie riflessioni/informazioni in materia di bilanci pubblici, in particolare degli enti locali. Devo riconoscere che le vicende di cui sopra, quasi ora per ora, riescono a sorprendere anche il più scafato cronista o opinionista, figuriamoci uno come me, semplice spettatore esterno – ma col cuore sanguinante – di quel che è successo e sta succedendo: ho dovuto estendere questo articolo 3 o 4 volte prima di inviarlo a Anto per la pubblicazione perché gli eventi, in un vortice che definire dadaista è poco (ci sta anche una citazione del moto browniano, se mi permettete) quasi costringono a continue correzioni e aggiornamenti: assessori che vanno e vengono, inchieste, atti di dubbia fattura, dichiarazioni sconclusionate, balli inopportuni… C’è di tutto, in questa baldoria.

Piccola premessa: la materia, che per alcuni può essere noiosa (ah, i numeri e le leggi…!) personalmente affascina, e penso di far un’opera buona spiegando – in soldoni, se no stiamo qui sino al mese prossimo come funzionano certe faccende; perciò non pretendo di scolpire sulla pietra i 10 comandamenti, e sarò lieto se mi si faranno notare strafalcioni (che sono in buonafede, però, lo sapete). Prendetela come una piccola guida, un vecchio bignami; o, come si dice ora, un articolo for dummies.

 

Veniamo al sodo

 

I bilanci: parola magica, declinata apposta al plurale. Già, perché nel mondo ancor più magico di “chi sa le cose” (al di là del chiacchiericcio informe che infesta i media, tradizionali e non) ne esistono almeno due: il preventivo e il consuntivo.

La materia è regolata dal d lgs 267/2000, comunemente chiamato TUEL (Testo Unico Enti Locali) “erede” di almeno due norme, la l 142/1990 e il d lgs 77/1995. Ovviamente è il documento fondamentale dell’ente, un po’ come la ex “finanziaria” (da anni “legge di stabilità”) per lo Stato.

A margine – cito solo una volta per non complicare troppo la questione – dico che tale documento è strettamente legato ad altri su piani leggermente ‘inferiori’ ai fini del mio scritto (ma non per questo meno importanti) quali il Piano Esecutivo di Gestione (PEG) e il bilancio pluriennale ecc.

 

Cominciamo dalle basi

 

Il B preventivo deve essere approvato entro il 31 dicembre dell’anno precedente al quale si riferisce (si parlava di “ex finanziaria”, no?). Ed è giusto, in teoria è cosa buona, ma spesso – parliamo di enti di complessità e grandezza mica male – ciò non succede, per vari motivi:

– litigiosità nella coalizione che governa la città

– incertezza del quadro normativo

– difficoltà burocratiche

– trasferimenti statali/regionali di incerta entità e/o in ritardo rispetto alla programmazione consueta

– i “cari, vecchi” assalti alla diligenza

– varie ed eventuali.

Per fare un esempio eclatante ed estremo, a Milano il preventivo 2014 fu approvato nel dicembre dello stesso anno (!).

Se non fosse rispettata tale scadenza, si entrerebbe nel cd. esercizio provvisorio, ovvero: non si possono effettuare spese che eccedano, mese per mese, un dodicesimo delle spese dell’anno precedente, salvo contratti in essere o eventi eccezionali.

E si chiama provvisorio apposta, non può andare avanti – ovviamente – indefinitamente: può durare al massimo – salvo decreti ministeriali motivati – sino al 30 aprile; in caso contrario l’ente viene commissariato e conseguentemente giunta e consiglio vengono esautorati e sono indette nuove elezioni, a conclusione dell’ordinaria amministrazione.

 

Chi approva che cosa?

 

La competenza è del consiglio comunale. Sempre. Ed è giusto così, anche a livello statale il parlamento è sovrano; pertanto la Giunta propone, il Consiglio dispone, vi sono emendamenti, discussioni e quant’altro.

 

Un’altra distinzione fondamentale

 

Per legge, vi è una netta differenza di ruoli, tra politici e tecnici; per intenderci: tra assessori (e sindaco) e dirigenti. Il senso comune spesso ci fa confondere tali ruoli, pertanto è bene chiarire: i primi compongono l’organo di indirizzo politico amministrativo dell’ente, i secondi provvedono a far sì che tale indirizzo sia eseguito e si occupano della gestione amministrativa. Per non scadere in pedanteria, rimando all’art. 107 TUEL, e faccio un esempio concreto:

vi è bisogno di effettuare una spesa per lavori pubblici, diciamo ripavimentare un tratto di corso Garibaldi; la giunta assegna le risorse necessarie, indica che dovrà essere rispettato l’”aspetto” del corso ecc. Il dirigente impegna e approva la spesa, indice la gara, aggiudica, fa eseguire i lavori e via e via, nell’ambito di quanto deliberato dalla giunta.

 

Il passo intermedio

 

Siamo al preventivo approvato, diciamo il 15 febbraio. Ora si è a giugno, e dopo periodiche ricognizioni viene riscontrato che la spesa presunta per X di 100 sarà presumibilmente di 90 e quella per Y di 50 sarà presumibilmente di 55 (e via e via, non basterebbero tutte le lettere dell’alfabeto). Parliamo di spese correnti, per semplificare, cosa diversa da quelle in conto capitale.

Cosa ovvia, è impossibile che quanto preventivato corrisponderà al centesimo con quanto sarà consuntivato. Bene: i tecnici, su sollecitazione dei politici, segnalano tali scostamenti a questi ultimi, ed è ora dell’aggiustamento. Più correttamente: variazione, in gergo assestamento.

 

Veniamo all’attualità

 

Siamo in autunno; a Roma – in teoria – gli scostamenti sopra citati sarebbero dovuti esser recepiti. In pratica: non si sa, dato che il posto di assessore al bilancio è stato vacante sino a ieri, vi è stato il balletto dei candidati e del sindaco (a Palermo, quest’ultimo, e in senso letterale).

Diciamolo apertamente: la approvazione o meno di variazione/assestamento di bilancio non è una causa di commissariamento o di imputazione di reato ecc.

Non è questione solo di “numeretti” – che poi sono decine di milioni di €, eh: si tratta di prendere atto di scostamenti, di rivedere voci di spesa/entrata, e di tanto altro, solo così si potrà impostare il bilancio preventivo 2017 (e qui torniamo all’inizio: vi sono anche vari documenti molto importanti collegati).

 

Che cosa dovrebbe succedere, in pratica?

 

In pratica gli uffici (i tecnici) dovrebbero fornire cifre e motivazioni perché il denaro stanziato – a parte i fondi vincolati e di riserva, sui quali mi riservo almeno un altro articolo – stia in un capitolo di spesa o no, e i politici devono dare indicazioni su tali stanziamenti, una volta terminata la lotta a coltello per assicurarsi fondi (per motivi lecitissimi, per la santa carità, la coperta è cortissima) per obiettivi comuni e “individuali” – nel senso di assessorati, sia chiaro.

Ora: come si può pensare che ciò avvenga in mancanza (meglio/peggio: assenza, non esistendo praticamente assessorato al bilancio) di indirizzo?

Come si può pensare che ciò avvenga nei tempi stabiliti (ma soprattutto: “come si deve”) essendo noti burocrazia, errori materiali e formali, “incidenti” di percorso e quant’altro?

 

Mi fermo qui, se no andrei avanti per diverse pagine; preferisco rispondere a eventuali dubbi direttamente.

 

 

Fonti: d lgs. 267/2000 smi

un testo aggiornato sta qui

http://www.bosettiegatti.eu/info/norme/statali/2000_0267.htm#01.04.03

Una risposta a “LE BILANCIADI”

  1. […] fa scrissi questo, con un intento, diciamo così, “pedagogico”: si parla di bilanci, soldi, di una grande […]