Lamerica

Ammetto di non aver mai visto il film di Gianni Amelio ma il titolo calzava a pennello, specie per l’immagine che restituiva.

Non “l’America”, con l’apostrofo, scritto correttamente… ad indicare un continente ma “lamerica”, come parola sola, come il sogno di un posto migliore, un paese in cui c’è ricchezza per tutti, benessere e giustizia… il posto mitico di chi se la passa male, di chi ad un certo punto molla tutto (o è costretto a fuggire) e ci prova, rischia quel che ha per un viaggio della speranza.

 

Sulla questione immigrati ho lasciato correre un po’ innanzitutto perché non ho trovato la cosa granché interessante (perché i morti nel Mediterraneo ci sono ogni giorno e non è l’evento di averne tanti tutti insieme a cambiare il quadro della situazione) e poi perché sono stato abbastanza disgustato dal casino che s’è venuto a creare, con gente che si sveglia e scopre la disperazione come se fino al giorno prima la questione immigrati fosse argomento per “pochi intimi” e nessuno sapesse quel che realmente accade a sud delle nostre coste. Beh non è così e le tragedie (che io definirei “di routine” visto che si ripetono quotidianamente da decenni) sono una piaga che, almeno qui, tutti conoscono fin dalla più tenera età (e convivono con la consapevolezza che lì, poco più a sud, qualcuno sta soffrendo e probabilmente morirà… sempre).

La situazione è semplice anche se non ha soluzioni semplici: c’è un continente in cui, più regola che eccezione, si vive malissimo. Signori della guerra, fondamentalisti religiosi, abusi, malversazioni, nessun rispetto per la dignità dell’uomo e povertà come se piovesse: ovvio che tanta gente realizzi che “peggio di così non si può stare” e decida di provare il “viaggio della speranza” verso nord, verso un posto in cui, per male che vada, non si sarà mai così male. Spesso non è neppure una scelta consapevole, è solo una fuga perché la situazione precipita e spunta qualcuno, armato, a sterminare villaggi o vessare la popolazione e l’unica speranza è andarsene prima che arrivi.

Per dirla in modo più asettico la qualità della vita, anche per chi se la passa peggio, qui da noi è così alta (rispetto a quella africana) che è semplicemente inevitabile che loro vengano qui. Non è semplicemente un “evento”, non sono settecento persone sul barcone e non è una situazione legata a questa o quella singola realtà da risolvere, è un lento ma inesorabile esodo verso “dove si sta meglio” e continuerà inarrestabilmente.

Finirà ? Sì, il giorno in cui gli africani non sentiranno più la necessità di venire in Europa, il che vuol dire quando l’Africa sarà pacificata e ci si vivrà decisamente meglio di come ci si vive ora… quindi mettetevi comodi perché potrebbero volerci alcuni decenni, o addirittura qualche secolo.

Come potete intuire non è una questione che si risolve dall’oggi al domani, e non c’è soluzione miracolistica che tenga… figuratevi cosa si può ottenere con qualche pannicello caldo come Mare nostrum e derivati.

Non è tanto una critica all’occidente anche se onestamente è difficile non vergognarsi davanti ai vari scaricabarile di chi al più mette a disposizione qualche soldo o qualche nave ma di accogliere i disperati non ne vuol sapere nulla (discorso molto in voga nell’Europa del nord).

 

Ad oggi nulla al di sotto d’un impossibile invasione militare del nord dell’Africa (e l’instaurazione di protettorati) potrebbe fermare questo fiume d’umanità: c’è bisogno di fermare i conflitti armati, porre un freno alla piaga (relativamente nuova) del fondamentalismo e portare in quelle terre un minimo di stabilità e ricchezza (che a dire il vero c’è già, solo che va nelle tasche di pochi signorotti locali e stranieri, mentre per i locali non c’è niente) affinché chi vive in tante parti di quel continente possa farlo decentemente… ma per far questo bisognerebbe liberarsi dei vari schiavisti, dei fondamentalisti, dei despoti, dei signori della guerra, dei governi ladri e spesso tutt’altro che legittimi che si trovano un po’ovunque da quelle parti… insomma non c’è alcuna possibità di risolvere la questione in tempi brevi ed il massimo che si possa fare è sperare che “darwinianamente” qualcosa migliori.

Men che meno ci si può aspettare che i metodi europei (che preferiscono tamponare gli eccessi piuttosto che risolvere i problemi) riescano davvero a fare una qualche differenza, per adesso il massimo che si riesce a pensare è “salviamo chi è in panne nel Mediterraneo”, ed anche questa passa come una posizione “troppo interventista” per alcuni.

D’altro canto sono decenni che la situazione è questa ed ogni tanto qualche peschereccio facendo la pesca a strascico tira su qualche resto umano (e lo ributta a mare, perché non c’è granché altro da farci) e non mi pare che, al di fuori dei due minuti d’isteria diffusa (quando e se la notizia si diffonde) si sia mai pensato seriamente a risolvere problema anzi, per alcuni già solo parlarne è considerato sconveniente. Non che ci sia granché da stupirsi, alla fine sono decenni che i pescherecci siciliani vengono sequestrati dai libici per vari motivi (anche se la parola più adatta sarebbe “pretesti”) e, a meno che non ci sia la bandierina ISIS a stuzziacare la penna di qualche giornalista, anche lì non è che sia mai fregato granché a qualcuno… e se frega poco degli italiani sequestrati figurarsi quanto frega, all’opinione pubblica, di gente che viene da chissà dove.

Chiedetevi perché i telegiornali quando danno il conto dei morti di una qualche tragedia aggiungono sempre cinicamente il numero d’italiani; io ho già dato ed onestamente la risposta m’ha un po’disgustato: più le cose ci toccano da vicino più c’importa per cui un morto italiano vale almeno cinque o sei morti europei, che a loro volta valgono venti o trenta morti extracomunitari… per cui “mille morti” nel mediterraneo fanno notizia come una cinquantina d’italiani mentre quando a morire sono solo poche decine nel solito barcone la cosa magari trova un paio di colonne in cronaca.

L’extracomunitario, lo straniero, l’altro conta solo quando delinque per cui “ladro -sottinteso “italiano”- aggredisce vecchietta” è decisamente meno interessante di “rumeno -o zingaro- aggredisce vecchietta”, che a sua volta è meno interessante di “extracomunitario aggredisce vecchietta”. Il top dell’interesse sugli stranieri per la stampa (e probabilmente per l’opinione pubblica) sono le notizie in stile Kabobo.

 

Aspettando che il disinteresse generale torni a coprire tutto e che ci si sposti nuovamente dalle tragedie in mare all’ultimo amore di Belen per qualche giorno c’è toccata la consapevolezza d’un fatto che avviene quotidianamente e che per lo più preferiamo ignorare, magari nascondendoci dietro altre considerazioni (vedasi la Lega nord degli anni passati: “i soldi delle mie tasse per aiutare i negher”).

Qualcuno continuerà a dire “aiutiamoli a casa loro” che sarebbe anche la cosa giusta da fare se il discorso non venisse da chi poi, passata la buriana, farebbe di tutto per non spendere manco un euro fuori dall’Italia / padania, qualche altro tirerà fuori argomenti come “non c’è lavoro per noi, figuriamoci per loro” e non mancherà neppure quello che s’inventa / tira fuori qualche bufala per giustificare il solito “loro vivono da signori e noi abbiamo equitalia alla porta” (il noi-vs-loro tira sempre)… insomma al più qualche spolverata di populismo, non-soluzioni a buon mercato e le solite miserie umane italiane.

Seriamente, l’intera questione è solo un enorme pozzo di tristezza, d’impotenza e di rassegnazione… possiamo solo guardare, e nel guardare quello che vedremo sempre più spesso è il disinteresse dei nostri (e, spesso non colpevolmente, nostro) davanti ad un fenomeno umano lacerante.

Meglio sarebbe stato, per tutti, se anziché lanciarsi nell’isteria del “povera gente” si fosse fatto un discorso serio sul da quanto tempo va avanti questa storia, su quali sono le cause su cosa si possa fare per porvi rimedio (poco). Non avremmo cavato un ragno dal buco lo stesso, ma ci saremmo risparmiati tante brutture.

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