La Riforma Costituzionale spiegata. Prima parte

 

 

Come saprete tutti il Parlamento italiano, il 12 aprile 2016, ha approvato in via definitiva il DDL Boschi, ovvero il progetto di riforma della Costituzione che sarà sottoposto a referendum confermativo nei prossimi mesi.

La riforma, nata con un disegno di legge presentato dal Governo Renzi l’8 aprile 2014, dichiara il seguente obiettivo: «il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione».

Con questo primo articolo, cui ne seguiranno altri, cercheremo di capire cosa prevede, in dettaglio, la riforma e come cambierebbe la carta costituzionale nel caso in cui il referendum confermasse la legge approvata dal Parlamento.

 

Dal sito web https://it.wikiversity.org/wiki/La_Riforma_Costituzionale_del_Governo_Renzi  ho preso una sintesi del contenuto della riforma, per poi cominciare un’analisi articolo per articolo.

 

Modifica del bicameralismo e nuovo iter legislativo

Il nuovo sistema bicamerale sancisce la fine del cosiddetto bicameralismo perfetto: la Camera dei deputati diventa l’unica ad esercitare pienamente la funzione legislativa, di indirizzo politico e di controllo sul Governo, diventando quindi l’unica titolare del rapporto di fiducia con il Governo. I deputati rimangono anche i soli “rappresentanti della Nazione”. Il Senato, invece, diventa rappresentante delle istituzioni territoriali, concorrendo alla funzione legislativa sui rapporti tra Stato e gli altri enti territoriali, oltre che sull’attuazione delle politiche dell’Unione europea, sulla tutela delle minoranze linguistiche, sulle leggi costituzionali ed elettorali.

Per quanto riguarda i disegni di legge approvati dalla Camera, il nuovo iter legislativo prevede che, prima della promulgazione, vengano trasmessi al Senato, che ha facoltà di discuterlo se ne fa richiesta almeno un terzo dei suoi componenti entro dieci giorni. Se sceglie di esaminarlo, ha trenta giorni di tempo per deliberare proposte di modifica, sulle quali spetta poi alla Camera la pronuncia in via definitiva. Sulle materie ricadenti nella potestà legislativa delle Regioni e di bilancio il limite di trenta giorni è ridotto rispettivamente a dieci e quindici giorni dalla trasmissione del testo in aula; per le prime la Camera può respingere le eventuali proposte di modifica solo con il voto della maggioranza assoluta dei suoi componenti.

Il Senato può proporre, con deliberazioni a maggioranza assoluta dei suoi componenti, disegni di leggi alla Camera, che ha sei mesi di tempo per pronunciarsi.

Spetta alla sola Camera anche la deliberazione dello stato di guerra, l’emanazione di provvedimenti di indulto e amnistia e la ratifica di trattati internazionali. Nelle disposizioni sulle riunioni delle camere, è inoltre introdotto un principio di garanzia dei diritti delle minoranze parlamentari nell’adozione dei rispettivi regolamenti ed è sancito il dovere dei membri del Parlamento «di partecipare alle sedute dell’Assemblea e ai lavori delle Commissioni».

 

Decreti-legge e disegni di legge del Governo

L’esecutivo ha facoltà di chiedere alla Camera dei deputati di deliberare, entro cinque giorni dalla richiesta, che un disegno di legge «indicato come essenziale per l’attuazione del programma di governo» sia inserito in via prioritaria all’ordine del giorno e arrivi ad un voto definitivo entro i successivi 70 giorni, prorogabili al massimo di 15 giorni in relazione alla complessità del ddl e dei tempi di esame da parte della Commissione. I tempi per l’eventuale esame del Senato rispetto all’iter ordinario sono inoltri ridotti della metà. Sono escluse da tale procedimento definito «a data certa» le materie di competenza di entrambe le camere e i testi di legge su bilancio, ratifica dei trattati internazionali, amnistia e indulto.

Per quanto riguarda la decretazione d’urgenza, sono inseriti alcuni limiti sul suo utilizzo, in parte derivanti da precedenti sentenze della Corte costituzionale. In particolare è specificato che sia i decreti che le leggi di conversione devono avere contenuti specifici, omogenei e coerenti al titolo, senza contenere «disposizioni estranee all’oggetto o alle finalità del decreto». È inoltre inserito un differimento di 30 giorni per la conversione in legge nel caso il Presidente della Repubblica abbia richiesto una nuova deliberazione prima della promulgazione.

 

Nuova composizione del Senato

La composizione del Senato, le cui nuove funzioni e composizione ricordano quelle del Bundesrat austriaco, si riduce a 100 senatori, diminuendo di circa un terzo rispetto ai 315 (più senatori a vita) previsti dal testo originale.

Novantacinque senatori sono nominati dai Consigli regionali e delle province autonome di Trento e Bolzano tra i propri componenti e tra i sindaci delle rispettive regioni, nella misura di un sindaco per ogni territorio. In merito all’elezione, il nuovo testo costituzionale prevede anche che in occasione del rinnovo dei consigli regionali, con modalità rinviate ad una successiva legge, gli elettori esprimano preferenze vincolanti per i consiglieri destinati a diventare senatori. La distribuzione a livello nazionale continua a essere fatta proporzionalmente alla popolazione risultante dall’ultimo censimento generale, mentre la durata del loro mandato coincide con quella dei rispettivi organi istituzioni territoriali di provenienza.

Nuova distribuzione dei seggi per regione
Regione Seggi Regione Seggi Regione Seggi
Abruzzo 2 Lazio 8 Sardegna 3
Basilicata 2 Liguria 2 Sicilia 7
Bolzano (prov.) 2 Lombardia 14 Toscana 5
Calabria 3 Marche 2 Trento (prov.) 2
Campania 9 Molise 2 Umbria 2
Emilia Romagna 6 Piemonte 7 Valle d’Aosta 2
Friuli Venezia Giulia 2 Puglia 6 Veneto 7
Complessivamente 74 consiglieri regionali e 21 sindaci, più quelli di nomina presidenziale (~5)

Fino a cinque senatori sono invece nominati «per altissimi meriti» dal Presidente della Repubblica. Tali senatori (che sostituiscono i senatori a vita) durano in carica sette anni e non possono essere nuovamente nominati. Rimangono invece senatori di diritto e a vita i Presidenti emeriti della Repubblica. Mantengono il loro ruolo anche i quattro senatori a vita in carica alla data di entrata in vigore della riforma (Elena Cattaneo, Mario Monti, Renzo Piano e Carlo Rubbia).

Ai senatori, per i quali non sono più presenti vincoli d’età, non spetta più alcuna indennità per il ruolo, tuttavia il regolamento interno potrebbe prevedere eventuali rimborsi-spese o misure simili.

 

Leggi elettorali, d’iniziativa popolare e referendum

 

Per le leggi elettorali è introdotto il principio dell’«equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza»

Le leggi elettorali, comprese quelle regionali, devono promuovere l’uguaglianza di genere nella rappresentanza. Almeno un quarto dei componenti della Camera o un terzo dei componenti del Senato hanno facoltà di chiedere alla Corte costituzionale un giudizio preventivo di legittimità prima della promulgazione di nuove leggi sull’elezione dei membri della Camera o del Senato.

Per quanto riguarda le leggi di iniziativa popolare, il numero di firme necessario per la presentazione di un disegno di legge è aumentato da 50 mila a 150 mila, con una discussione e deliberazione che dovrà essere garantita secondo tempi e modi da stabilire nei regolamenti parlamentari.

Sono inoltre introdotti referendum popolari propositivi e d’indirizzo, la cui disciplina è rinviata a una successiva legge d’attuazione. Per quanto riguarda i referendum popolari abrogativi, se sono richiesti da almeno 800 mila elettori invece che 500 mila, sono validi anche nel caso voti la maggioranza dei votanti alle ultime elezioni politiche; se richiesti da almeno 500 mila elettori ma meno di 800 mila, o da cinque consigli regionali, rimane invariato il quorum della maggioranza degli aventi diritto.

 

Elezione del Presidente della Repubblica e dei giudici della Corte costituzionale

Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento riunito in seduta comune e non più anche dai delegati regionali. Cambia anche la maggioranza necessaria per l’elezione: mentre prima, dopo i due terzi richiesti per le prime tre votazioni, dal quarto scrutinio era prevista la maggioranza assoluta, il nuovo testo dal quarto scrutinio richiede la maggioranza dei tre quinti dell’assemblea e dal settimo dei tre quinti dei votanti.

Il Presidente della Camera dei deputati diventa seconda carica dello Stato, esercitando le sue funzioni in caso di impedimento. Per l’elezione di un nuovo Presidente della Repubblica, il Parlamento è convocato in seduta comune dal Presidente della Camera o, nel caso stia sostituendo il Presidente nelle sue funzioni, dal Presidente del Senato.

Sull’elezione dei giudici della Corte costituzionale, i cinque di nomina parlamentare sono eletti separatamente dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica, che ne eleggono rispettivamente tre e due, e non più dal Parlamento in seduta comune.

 

Modifiche relative al Titolo III della Costituzione

Relativamente al Titolo III, oltre alle già citate modifiche riguardanti la modalità di concessione e revoca di fiducia al governo e di autorizzazione alla persecuzione dei reati commessi durante la carica ministeriale, attività ora relative alla sola Camera dei Deputati, vengono inserite alcune ulteriori modifiche:

  • All’articolo 97, ai principi di buon andamento e imparzialità nell’organizzazione dei pubblici uffici è aggiunto il principio di trasparenza.
  • Viene soppresso il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, con l’abrogazione integrale dell’articolo 99.

Ulteriori modifiche relative al Titolo V della Costituzione

Modifiche molto importanti sono relative anche al Titolo V della Costituzione, relativo rapporto tra Stato ed enti locali.

  • È rimosso dalla Carta costituzionale ogni riferimento alle province, eccetto quelle autonome di Trento e di Bolzano.
  • All’articolo 116, sulle concessioni di condizioni particolari di autonomia alle regioni, è richiesto che le stesse siano in una «condizione di equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio».
  • Dall’articolo 117 scompaiono le materie a legislazione concorrente tra Stato e regioni. Vengono quindi aggiunte alla lista delle materie la cui legislazione esclusiva spetta allo Stato varie materie, tra cui l’ordinamento delle professioni e della comunicazione; protezione civile; produzione, trasporto e distribuzione nazionali dell’energia; infrastrutture strategiche e grandi reti di trasporto e di navigazione; porti e aeroporti civili, di interesse nazionale e internazionale; mercati assicurativi; disposizioni generali e comuni su attività culturali e turismo; previdenza sociale; tutela, sicurezza e politiche attive del lavoro.
  • All’articolo 118, ai principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza delle funzioni amministrative sono aggiunti principi di «semplificazione e trasparenza dell’azione amministrativa, secondo criteri di efficienza e di responsabilità degli amministratori».
  • All’articolo 120, sul potere sostitutivo del Governo nei confronti degli enti locali, è introdotta la formulazione di un parere da parte del Senato e affida alla legge di stabilire «i casi di esclusione dei titolari di organi di governo regionali e locali dall’esercizio delle rispettive funzioni quando è stato accertato lo stato di grave dissesto finanziario dell’ente».
  • All’articolo 122, per gli emolumenti per i componenti degli organi di governo regionali, è introdotto un limite pari a quello dei sindaci dei comuni capoluogo di regione.
  • All’articolo 126, per il decreto di scioglimento dei consigli regionali, è adottato il parere del Senato e non più di una commissione di deputati e senatori.

 

Entrata in vigore della legge costituzionale

La potenziale entrata in vigore è prevista per il giorno successivo alla ri-pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale successiva all’eventuale promulgazione.

Le varie disposizioni contenute nella legge costituzionale si applicherebbero eventualmente a partire dalla legislatura successiva al prossimo scioglimento delle camere, eccetto alcune di immediata applicazione, tra cui l’abolizione del CNEL e delle province, e l’introduzione del principio sulla parità di genere.

 

Questo, in sintesi, l’insieme della riforma. Passeremo ad analizzarla articolo per articolo, seguendo l’ordine del DDL.

 

 

Art. 1. (Funzioni delle Camere)

  1. L’articolo 55 della Costituzione è sostituito dal seguente:«Art. 55. — Il Parlamento si compone della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Le leggi che stabiliscono le modalità di elezione delle Camere promuovono l’equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza. Ciascun membro della Camera dei deputati rappresenta la Nazione. La Camera dei deputati è titolare del rapporto di fiducia con il Governo ed esercita la funzione di indirizzo politico, la funzione legislativa e quella di controllo dell’operato del Governo. Il Senato della Repubblica rappresenta le istituzioni territoriali ed esercita funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica. Concorre all’esercizio della funzione legislativa nei casi e secondo le modalità stabiliti dalla Costituzione, nonché all’esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l’Unione europea. Partecipa alle decisioni dirette alla formazione e all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione europea. Valuta le politiche pubbliche e l’attività delle pubbliche amministrazioni e verifica l’impatto delle politiche dell’Unione europea sui territori. Concorre ad esprimere pareri sulle nomine di competenza del Governo nei casi previsti dalla legge e a verificare l’attuazione delle leggi dello Stato. Il Parlamento si riunisce in seduta comune dei membri delle due Camere nei soli casi stabiliti dalla Costituzione».

 

Appare chiaro, già dal dato normativo, che il perno del nuovo sistema parlamentare sarà la Camera, che conserva il potere di garantire la fiducia al Governo, la funzione di indirizzo politico, cioè di rappresentare in modo diretto gli orientamenti politici dei cittadini, quella legislativa e quella di controllo sull’operato del governo.

Al Senato è affidata una funzione completamente differente rispetto ad oggi. Diventerà, infatti, la camera che rappresenta le istituzioni territoriali. Quindi, non i cittadini, ma gli enti esponenziali degli interessi dei territori. Quindi, da un lato, avremo una camera che rappresenta i cittadini che compongono la Nazione, dall’altra una camera che rappresenta gli enti territoriali, a loro volta eletti dai cittadini. Operativamente, salvo le eccezioni che poi vedremo, potrà intervenire sul processo legislativo, ma solo esprimendo pareri e potrà, eventualmente, richiedere alla camera di modificare testi legislativi da adottare o anche già vigenti. Sarà, inoltre, una sorta d’interlocutore del Governo in tutti quei casi in cui si debbano adottare decisioni che possano avere un impatto sulle autonomie territoriali.

Come vedete, si tratta di una disposizione introduttiva, come tale, dal contenuto abbastanza generale, ma già ci consente di capire come potrà, tendenzialmente, strutturarsi il nuovo sistema parlamentare.

 

Art. 2. (Composizione ed elezione del Senato della Repubblica)

  1. L’articolo 57 della Costituzione è sostituito dal seguente:«Art. 57. –– Il Senato della Repubblica è composto da novantacinque senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e da cinque senatori che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica. I Consigli regionali e i Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano eleggono, con metodo proporzionale, i senatori tra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, tra i sindaci dei Comuni dei rispettivi territori. Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a due; ciascuna delle Province autonome di Trento e di Bolzano ne ha due. La ripartizione dei seggi tra le Regioni si effettua, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, in proporzione alla loro popolazione, quale risulta dall’ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti. La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti, in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le modalità stabilite dalla legge di cui al sesto comma. Con legge approvata da entrambe le Camere sono regolate le modalità di attribuzione dei seggi e di elezione dei membri del Senato della Repubblica tra i consiglieri e i sindaci, nonché quelle per la loro sostituzione, in caso di cessazione dalla carica elettiva regionale o locale. I seggi sono attribuiti in ragione dei voti espressi e della composizione di ciascun Consiglio».

Questa disposizione è stata una di quelle maggiormente criticate, in quanto esclude che i senatori siano eletti direttamente dai cittadini.

In realtà, al di la delle polemiche politiche, l’elezione indiretta è perfettamente coerente con la funzione del nuovo Senato. Esso rappresenterà gli interessi dei territori, intesi come entità collettive, pertanto è giusto che la sua composizione rifletta la composizione degli enti esponenziali dei territori stessi. Se fosse eletto direttamente, sarebbe un doppione della Camera, ma senza poteri. In quel caso non avrebbe proprio alcun senso la sua esistenza.

D’altra parte questa è la tendenza dei vari sistemi costituzionali moderni. In Europa, volendo considerare quelli che garantiscono le migliori perfomances e, contemporaneamente, appartengono a paesi grandi e complessi, come Francia e Germania, questa è stata la soluzione adottata.

Qualcuno ha sostenuto che sarebbe meglio sopprimere il Senato, visto che non ha competenze legislative.

Tuttavia, nel nostro ordinamento, manca un organo costituzionale che abbia la funzione di raccordo tra Stato e Autonomie, un organo che possa esprimere un orientamento unitario e che, in caso di necessità, possa invocare il Presidente della Repubblica o la Corte Costituzionale a tutela degli interessi autonomistici. Attualmente la Conferenza Stato Regioni non è in grado di svolgere adeguatamente tale funzione, in quanto in essa siedono tutte le regioni, ciascuna portatrice di propri interessi particolaristici, quindi scarsamente interessata a occuparsi degli interessi delle altre regioni o dei comuni o comunque dell’equilibrio costituzionale (pesi e contrappesi, se vi ricorda qualcosa) tra potere centrale e poteri periferici.

Chi mastica un po’ di diritto costituzionale o scienza politica sa che la vita di una costituzione, le prassi, non sono determinate soltanto da organi che possono modificare o approvare le leggi. Basti pensare al Presidente della Repubblica, apparentemente dotato di pochi poteri, ma in realtà in grado d’incidere profondamente sulla vita politica.

2 risposte a “La Riforma Costituzionale spiegata. Prima parte”

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