La fallacia dell'”onestà”

Scopo di questo post ė riflettere su alcuni concetti ormai entrati nel “comune sentire”, per capire bene dove ci ha portato il populismo imperante, soprattutto quello declinato in salsa grilloide.
Il movimento di Grillo ha fatto leva soprattutto sul sentimento popolare di disaffezione per i politici professionisti, considerati in blocco come una casta malvagia di corrotti e disonesti ( e qui il noto libro di Stella ha dato una grossa mano). Nella vulgata grillica, basta liberarsi di costoro (“tutti a casa”) e sostituirli con “onesti cittadini” estranei alla politica, e tutto magicamente si sistemerà.
Nella pratica, quel che si è visto sinora degli “onesti cittadini” andati in parlamento sull’onda del populismo grillino non è certo incoraggiante. Il “ MoVimento “ degli “onesti” ha selezionato personaggi al peggio impresentabili, al meglio insignificanti, quasi tutti sprovveduti anche delle minime nozioni di educazione civica (e, frequentemente, anche di buona educazione) necessarie per svolgere con dignità un mandato parlamentare. Abbiamo visto gazzarre indecenti, scalate dei tetti, occupazione di banchi, insulti gratuiti agli altri colleghi parlamentari, aventini improvvisati, senza che tutto questo contribuisse minimamente a migliorare l’attività legislativa. Per quanto riguarda l’”onesta”, poi, abbiamo visto parenti, affini e amici assunti come portaborse o assistenti, per non parlare della precedente selezione dei candidati alle cosiddette parlamentarie, dove si sono visti casi di membri di una stessa famiglia paracadutati in parlamento grazie a pochi voti di amici e parenti. Tutta la pretesa di onestà si è in definitiva concentrata nella rappresentazione della “restituzione” di parte dei compensi parlamentari. Il succo della storia è che i parlamentari grillini ( e manco tutti) “restituiscono”, cioè versano in un fondo bancario scelto da Casaleggio e Grillo, mediamente 2-3.000 euro dei loro compensi mensili. Restano pur sempre nelle loro tasche 10- 12.000 euro, ma il messaggio truffaldino che cercano di far passare all’opinione pubblica è che vivono modestamente con 2.500 euro in tutto, mentre gli altri malvagi componenti della casta banchettano a caviale e champagne sghignazzando sulle disgrazie della povera gente.
E parliamo dell’onestà. Anche se i grillonzi fossero davvero poveri ed onesti, basta questo per fare della buona politica? Evidentemente no. La politica, oggigiorno specialmente, è una professione come un’altra, anzi più di altre complessa e difficile, che richiede capacità e competenze per essere svolta al meglio. Ma la politica richiede anche altro: una percezione disincantata, potrei anche dire cinica, della situazioni reali, dei rapporti di forza, di ciò che si può fare oppure no; di quali appoggi bisogna assicurarsi, quali concessioni si debbano fare, per raggiungere il risultato voluto. Il politico deve, in altre parole, essere spregiudicato e realista, perché senza queste qualità non si raggiunge alcun risultato. Naturalmente, ciò non vuol dire essere disonesti, e la disonestà va in ogni caso punita; ma il problema è che nella mente dell’adepto grillino compromessi e realpolitik significano di per se stessi disonestà. Nella loro mente, fare politica onestamente significa strillare da un banco parlamentare “gnenteee!! Siete gnenteee !!!”; significa rifiutare qualunque accordo o alleanza, perché “noi” siamo i buoni e gli “altri” sono i cattivi; significa che le attività parlamentari promosse dagli altri devono essere boicottate e intralciate; significa che le proposte in positivo eventualmente fatte saranno per lo più irrealizzabili, sia perché utopistiche (non tengono conto dei costi necessari, delle difficoltà tecniche) sia perché si esclude a priori la ricerca di accordi con chi potrebbe appoggiarle.
“Compromesso” è diventata una parolaccia. Ma il compromesso è il cuore della buona politica. La società non è divisa in buoni (lagggente) e cattivi (la kasta) ma si compone di gruppi diversi, con interessi diversi e spesso in contrasto fra loro. Il compito dello statista è cercare il miglior compromesso possibile fra questi vari interessi, in modo da assicurare il progresso della comunità e il miglioramento delle condizioni economiche e sociali di quanti più cittadini possibile. So, naturalmente, che anche questa è una visione ideale della politica; che i politici, essendo umani, ricercheranno abbastanza spesso più il vantaggio loro e dei loro parenti e/o clienti che il bene comune. Qui diventa cruciale il controllo della comunità degli elettori. Se questa comunità è composta di individui sufficientemente acculturati e consapevoli, certi comportamenti non saranno tollerati e la carriera del politico sarà finita: ne abbiamo visto diversi esempi nei paesi del Nord Europa. Ma schiamazzare di gggente contro kasta rende molto più difficile questo controllo. I vari gruppi di interesse in cui la gggente è pur divisa considereranno onesti i comportamenti che li favoriscono e disonesti quelli che favoriscono il gruppo rivale. Darsi patenti a priori di bontà rende molto più facile e giustificabile sabotare i progetti altrui: ne sono un esempio varie fisime ecologiste che hanno superato da tempo il limite di ciò che è ragionevole per sconfinare nel fanatismo.
In conclusione, il mondo è un posto complesso. I “buoni” sono spesso coloro che ancora non hanno avuto l’opportunità di essere cattivi. Per contro, i “cattivi” sono spesso coloro che semplicemente perseguono interessi in contrasto con qualche altro gruppo sociale autoproclamatosi “buono”. Sapere queste cose, riflettere sui nostri scopi e i nostri fini, abbandonare una visione infantile e magica della realtà per studiare e sapere più cose può aiutare a migliorare la nostra vita più di certe utopistiche istanze di purezza.

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