Il futuro della Grecia

E così tutto è andato com’era prevedibile… con Tsipras che s’impunta e le altre parti in causa che prendono le dovute contromisure.

Lo so, va per la maggiore la linea del “salviamo la Grecia, i poveri greci, la culla della civiltà” e fa anche abbastanza scena perché, diciamocelo, a nessuno piace vedere la gente che soffre, però le cose vanno sempre ponderate, anche perché salvare la Grecia è qualcosa di un po’più complesso del dargli un altro prestito e sperare che sia l’ultimo… ed è evidente che le cose non stanno così.

Per evitare equivoci vorrei quindi partire con una nota che spero spieghi bene la mia posizione: io sono convinto che la Grecia vada salvata e tenuta nell’euro, e sono abbastanza certo che alla fine di questo indecoroso teatrino questo è quello che succederà, il problema è come ci si arriverà e quale sarà il prezzo da pagare, per l’UE e per la Grecia, per portare a casa questo risultato.

Chiarito questo punto vediamo però qual’è la situazione attuale: a metà di un eurogruppo “d’emergenza” in cui si discuteva un salvataggio in extremis della Grecia (il 28 aprile) l’esecutivo greco si tira fuori, esce dai negoziati ed annuncia un referendum sulla bozza d’accordo su cui si stava discutendo. La bozza d’accordo che è attualmente il fulcro del referendum del 5 luglio era “a termine” ed è scaduta pochi giorni fa, per cui il referendum in sé non ha alcun senso in quanto quella proposta è scaduta.

Non contento Tsipras non solo annuncia il referendum ma inizia a fare campagna elettorale per il “no” (no ad una proposta che non c’è più: favoloso). Perché ?

Non ci vuole molto a capire che il punto di questo referendum è squisitamente politico e nazionale: Tsipras sta facendo tutta questa manfrina per una questione di gradimento nella stessa Grecia… io però ho un’altra ipotesi, che completerebbe il quadro.

Io credo che Tsipras e Varoufakis volessero arrivare esattamente dove sono arrivati, anche se pensavano ad un risultato differente: per mesi il modo di fare dell’esecutivo greco m’è parso (poi magari sbaglio io) studiato a tavolino per far precipitare la situazione, per portare il paese sull’orlo del baratro… in pratica per arrivare a questo risultato.

Perché ? Un politico che ha intenzione di trattare in buona fede cerca sempre di tenere rapporti il più possibile rilassati con le controparti mentre Tsipras e Varoufakis hanno fatto di tutto per irritare ed indispettire le controparti: hanno tirato fuori i debiti di guerra, hanno chiamato aguzzini i creditori ed hanno fatto sfumare in modo sistematico ogni tentativo di mediazione.

Sono pazzi ? Beh, quest’idea qualcuno potrebbe anche avercela ma viste le proposte e la sicurezza ostentata dall’esecutivo greco è più probabile che, semplicemente, abbiano semplicemente giocato in modo molto spregiudicato le proprie carte.

Tutti sappiamo (oramai è evidente) che la Grecia ha bisogno dell’UE per evitare il default, anche perché né Cina né Russia né chissà quale oscuro finanziatore s’è fatto avanti per saldare il debito greco e l’IMF da qui ad un mese avrà già avviato le procedure per dichiarare fallito lo stato ellenico… però è anche vero che l’UE ha bisogno della Grecia perché politicamente, ideologicamente e per certi versi anche economicamente l’uscita dall’euro (ed addirittura il default) di un paese così integrato nell’eurozona sarebbe un grosso shock e rimetterebbe in discussione non solo la credibilità delle istituzioni europee ma anche i paesi dell’UE che non sono economicamente solidissimi (fra cui noi).

Probabile che questo calcolo Tsipras l’abbia fatto e che la sua strategia per ottenere quanto promesso ai greci sia esattamente questa: visto che alla fine il debito greco è una goccia nel mare se paragonata ai volumi d’affari dell’UE perché non usare la crisi greca come una minaccia per farsi pagare dall’UE i propri debiti.

Lo so, detta così sembra incredibile, eppure le proposte di Tsipras in questi giorni vanno esattamente in questa direzione (inclusa la ristrutturazione del debito greco) e lo stesso premier greco quando ha parlato in TV del referendum ha detto che avrebbe potuto fermarlo se l’UE avesse fatto un offerta “irrifiutabile”.

 

Possibile quindi che almeno in parte la degenerazione della situazione sia legata al continuo tirare la corda (Varoufakis parlerebbe di “teoria dei giochi”) per spuntarla al meglio, con l’unico problema che la situazione alla fine è scappata di mano all’esecutivo greco.

 

Vedete, è vero, l’UE se volesse potrebbe anche ripagare il debito greco e liquidare la questione con un semplice trasferimento di fondi ed un paio d’accordi con la BCE ma dal punto di vista dell’Europa questo sarebbe l’inizio della fine… da un lato si sarebbe affermato il più pacioso ideale del “volemose bene” per cui chi sta messo male va aiutato ma dall’altro qualsiasi paese dell’UE da quel momento in poi avrebbe iniziato a pensare “beh, alla peggio mi greciano”… e nessuno avrebbe più pensato in modo serio al contenimento del debito.

Per noi Italia cambierebbe poco perché noi siamo troppo grossi per essere salvati, quindi Grecia o non Grecia ci tocca restare solventi ed affidabili perché nessuno può pagarci i conti o offrirci un exit strategy… al più avremmo modo di dire “non è che potete farci tutte ‘ste storie per il tetto del 3% quando la Grecia l’avete liquidata con un assegnone” ma nell’Europa nel suo insieme ci sarebbero sempre più paesi che ricorrerebbero alle misure di mutuo supporto come fossero un modo veloce per ridurre il debito e ci troveremmo prima a pagare per il continuo salvataggio questo o quel paese e poi a vedere l’UE che di disgrega quando i paesi “seri”, quelli che hanno i conti in ordine, inizierebbero inevitabilmente a salutare davanti al continuo esborso per gli stati “cicala”.

La verità è che, semplicemente, non si può salvare chi non vuol essere salvato.

 

Inoltre entra in ballo anche l’idea di Unione Europea come unione: un referendum, per demenziale che sia, è l’espressione della volontà del popolo e l’UE esiste perché si sottintende che i popoli d’Europa vogliano essere accomunati; dal punto di vista formale non si può cancellare il referendum greco dopo che è stato votato dal parlamento e da quello sostanziale non ci si può permettere di dare l’idea che l’UE per “paura” del referendum abbia fatto un offerta vantaggiosa… sarebbe troppo simile ad una tangente ed i vari populisti ed euroscettici non smetterebbero più di parlare di come l’UE basa la propria “unione” sul potere economico dell’euro.

 

Semplicemente non era accettabile, e non è accettabile neppure offrire un accordo senza sapere cosa diranno i cittadini greci, per cui alla fine la sospensione delle trattative è stata inevitabile.

E qui “casca” Tsipras perché il gioco gli è sfuggito di mano tant’è che ieri s’è mostrato possibilista verso l’ultima proposta fatta dall’UE ma s’è sentito rispondere che tutto è fermo fino a dopo le consultazioni, consultazioni in cui Tsipras punta al “no” e che, se andassero come dice di sperare, sarebbero l’anticamera per un default e l’uscita volontaria della Grecia dall’Europa.

A questo punto siamo ad un passo dal non ritorno, con Tsipras che, per calcolo politico, va in TV e mente spudoratamente ai suoi concittadini rassicurandoli che i loro conti in banca sono al sicuro anche in caso di vittoria del “no” mentre le banche greche stesse rischiano il fallimento e lo stato greco, le cui finanze non sono messe molto meglio, non sarebbe in grado di rifondere i correntisti… purtroppo il premier greco s’è chiuso da solo in una specie di trappola mortale per cui l’unica via d’uscita per il bene del suo paese è la vittoria del “sì” ma lui, per questioni politiche e di prestigio è costretto a spingere per il “no”.

 

Per intanto le agenzie di rating hanno tagliato il rating delle banche greche che stanno esaurendo la liquidità (la BCE non può continuare a mandare banconote a fondo perduto ad un paese che rischia il default), gli esercenti vogliono essere pagati in contanti (niente bancomat) e si possono prelevare solo 60 euro al giorno dai bancomat (quelli che ancora funzionano).

La situazione è tragica ma non disperata: tutto dipenderà dall’esito del referendum, dalla ripresa delle contrattazioni con l’UE (che verosimilmente ci sarà solo in caso di vittoria del “sì”) e dalla disponibilità reale (non solo politica, burocratica o di facciata) dell’UE d’aiutare la Grecia… un qualcosa di difficile visto l’attegiamento di Tsipras nei confronti dell’resto dell’Europa.

Sì, è tutta in salita, ma almeno una strada c’è ancora, speriamo che venga percorsa.

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