Il Ciclo di Vita di una Maglietta: il Cotone

Dacca, e il Bangladesh sono entrati violentemente nel nostro quotidiano in seguito agli atti terroristici che hanno coinvolto alcuni nostri connazionali che lavoravano presso le locali industrie tessili. Una delle tante conseguenze è stata per alcuni italiani l’aver cominciato ad interrogarsi su come vengano prodotti i nostri vestiti e perché molti di questi abbiano l’etichetta “Made in Bangladesh”.

Penso che i vestiti siano un ottimo metodo per analizzare il fenomeno della globalizzazione perché tutti abbiamo bisogno di vestirci, i vestiti sono un tipo di merce non deperibile e quindi più facile da trasportare, il tessile è contemporaneamente uno dei primi settori coinvolti dalla rivoluzione industriale (se non il primo) e uno dei settori manifatturieri per impiego di personale (se non il primo).

Per questa ragione ho pensato di seguire il ciclo di vita di un prodotto del tessile. Ho scelto la maglietta perché è probabilmente il prodotto più semplice: non ha bottoni o cerniere e nel nostro caso è composta 100% di cotone e per mantenere ulteriormente le cose semplici è bianca.

Nella mia analisi mi sono aiutato con diversi articoli e documentari tra i quali in particolare Planet Money Makes a TShirt e The True Cost, ma ho notato che in quasi tutto il materiale che ho trovato è identificabile una agenda politica per muovere il sistema produttivo in una direzione o nell’altra. Per questa ragione cercherò ove possibile di fornire solo dei dati rintracciabili e di mostrare i probabili pro e contro del sistema attuale, senza volervi illudere che sia tutto rose e fiori, ma nel contempo senza neppure voler trasformarvi in indignati consumatori critici con le loro tshirt bio e sostenibili da 100€. Mi interessa analizzare la situazione per quello che è capire come siamo arrivati qui, e in che direzione stiamo andando.

Torniamo alla maglietta: nonostante il prodotto sia semplice, i passi del suo ciclo di vita sono articolati. Vediamo questi passi

  1. Coltivazione del cotone
  2. Filatura e tessitura
  3. Produzione
  4. Vendita
  5. Consumo
  6. Riciclo o riutilizzo

Questi passi si svolgono in punti diversi del pianeta quindi dobbiamo parlare anche di trasporto.

Ma cominciamo dai campi di cotone

La produzione del cotone

Dove si produce il cotone

produzione-cotone
fonte Cotton incorporated
Dove viene prodotto il cotone? Come vediamo dal grafico del 2015 i paesi principali che producono metà del cotone sono India e Cina. Gli Stati Uniti sono sempre il terzo paese, e poi via via tutti gli altri. L’europa produce solo 1,3 milioni di balle, praticamente tutte in Grecia, e il resto in Spagna, numeri comunque irrisori se comparati anche solo alla vicina Turchia.

La produzione di cotone naturalmente può essere influenzata dai cambiamenti climatici se portano alluvioni e siccità possono compromettere parzialmente i raccolti, inoltre dato che Cina e India oltre a produrre sono anche dei paesi trasformatori il prezzo del cotone sul mercato può subire anche brusche variazioni quando questi paesi agiscono in maniera protezionista come nell’eccezionale picco del 2010-2011.

Come si produce il cotone

A seconda del paese la produzione del cotone può essere più o meno meccanizzata: negli Stati Uniti la produzione è automatizzata con l’utilizzo di grossi macchinari ma se ci spostiamo in India o in altri paesi produttori asiatici e africani la situazione che ci troviamo di fronte è probabilmente questa
Cotton_picking_in_India

Potrebbe esserci qualche vantaggio nel raccogliere il cotone a mano dato che è possibile effettuare una selezione, ma a mio parere nel mondo attuale si tratta di un lavoro meccanizzabile e che non contribuisce al miglioramento della società. Oltre a quello il lavoro minorile, e condizioni non lontane dallo schiavismo sono ancora parecchio diffuse.

Naturalmente al momento l’etichettatura del cotone prodotto in India, Cina o simili non è ancora ad un livello in grado di garantire che sia stato prodotto in modo minimamente equo, almeno nei casi dove c’è bisogno di una produzione di massa come H&M e Inditex (Zara) nonostante, per una questione etica e di immagine, molte grosse aziende stanno provando ad operare per migliorare le condizioni di produzione ad un minimo.

Le biotecnologie

Per completare il quadro dobbiamo fare un ulteriore passo indietro e vedere da dove proviene il seme e come viene coltivato. Il 95% del cotone indiano è GM, e percentuali simili si possono riscontrare negli Stati Uniti, sulla Cina non ho trovato una percentuale recente ma già nel 2004 passava il 60%. Il cotone quindi è sostanzialmente un prodotto GM, e oramai quasi tutti quelli che scelgono di non usare semi GM lo fanno per produrre cotone biologico, o per creare delle aree di rifugio.

Cosa sono le aree di rifugio? Il cotone GM come tutti gli altri sistemi insetticidi quando usati in massa selezionano una razza di “superinsetti”, e quindi occorre prevedere questa evenienza e prendere delle contromisure. Una contromisura è avere delle aree di rifugio composte da cotone naturale dove gli insetti resistenti possono accoppiarsi con insetti non resistenti.

Bene: per ora abbiamo visto qualcosa riguardo a come e dove viene prodotto il cotone: nella prossima puntata cominceremo a occuparci di filatura.

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